Tiroide, ormoni, apparato endocrino, ovaio policistico

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Tiroide, ormoni, apparato endocrino, ovaio policistico

Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 19:01



MALATTIE DELLA TIROIDE

La tiroide, con le malattie ad essa correlate, è un argomento sempre più al centro dell'attenzione. Il che non dovrebbe stupire, considerata la diffusione delle patologie tiroidee. Basti pensare che solo i noduli tiroidei, la più frequente delle malattie collegate a questa ghiandola, interessano all'incirca il 10 per cento della popolazione.
La tiroide è una ghiandola cosiddetta endocrina, cioè che ha una secrezione interna. Infatti sintetizza ormoni, principalmente due fra i più importanti per il funzionamento del metabolismo, la Triiodotironina e la Tiroxina, oltre alla Calcitonina, che è l'ormone deputato a regolare la presenza di calcio e fosforo nel corpo.

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Com'è fatta

Osservandola in un'ecografia, la tiroide appare come una farfalla posata fra trachea e laringe. La sua tipica forma è dovuta alla posizione e alla sua anatomia: situata nella parte anteriore del collo, sui primi anelli della trachea e nella parte anteriore e laterale della laringe, la ghiandola è composta da due lobi, il lobo destro e il lobo sinistro, uniti da un istmo. Osservando la tiroide si nota in moltissimi soggetti, tra il 30 e il 50 per cento dei casi, un prolungamento che parte dall'istmo, denominato lobo piramidale di Morgagn. Non è altro che un residuo del dotto tireoglosso, presente nel feto, che congiunge tiroide a lingua. Purtroppo non è del tutto ininfluente: dai residui del dotto possono generarsi cisti o fistole mediane del collo.

La tiroide si sviluppa molto con la crescita dell'individuo: se alla nascita pesa intorno ai due grammi, in età adulta in genere arriva a decuplicare il suo peso, che oscilla intorno ai 20 grammi, per quanto ci possano essere notevoli differenze tra soggetto e soggetto.
La capsula che avvolge la tiroide si aggancia tramite la guaina peritiroidea a trachea, laringe, fasci nervosi e vascolari. Si tratta di una zona anatomicamente molto complessa, tant'è che lo spazio tra la guaina e la capsula fibrosa viene chiamato spazio pericoloso: è infatti questa l'area dove si trovano i vasi sanguigni, e il nome si riferisce all'alta casistica di emorragie che si verificano in caso di intervento chirurgico. In pochi centimetri di spazio si trovano i muscoli sottoioidei e sternocleidomastoidei, che coprono la ghiandola in zona anteriore e laterale; dietro i lobi c'è il fascio nerveovascolare, con l'arteria carotide comune, la vena giugulare interna e il nervo vago; a ciò si aggiungono i nervi ricorrenti e le paratiroidi.
I primi, detti anche laringei inferiori, raggiungono quasi tutti i muscoli della laringe. Quanto alle paratiroidi, sono minuscoli organi endocrini, grandi pochi millimetri. La loro funzione è quella di secernere il Paratormone, che ha lo stesso compito della calcitonina, regolare il metabolismo di calcio e fosforo.
Le paratoidi in genere sono quattro, due superiori, due inferiori, ma a causa delle dimensioni non è possibile riuscire a localizzarle con un'ecografia, e la loro posizione non è fissa; in caso di intervento chirurgico quindi, oltre a dover fare estrema attenzione a non lesionare alcun nervo, che porterebbe a danni alle corde vocali, si pone anche il problema di questi piccoli organi endocrini, la cui rimozione causerebbe uno squilibrio del metabolismo del calcio e la necessità di una successiva terapia farmacologica.

Nella tiroide ci sono cellule apposite che sintetizzano gli ormoni tiroidei, e che circondano delle cavità chiamate follicoli. I follicoli accolgono gli ormoni prodotti, e li accumulano in forma di una molecola definita tireoglobulina; dopodiché vengono immessi nella circolazione sanguigna. La quantità di tireoglobulina che viene accumulata nei follicoli è tale che anche se per qualche motivo la tiroide smette di produrre ormoni, i risultati si notano solo dopo diversi mesi, perché nel frattempo l'organismo ha potuto contare sulle scorte immagazzinate nella ghiandola.
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A cosa serve
La tiroide, come detto, è una ghiandola endocrina, e ha la funzione di secernere ormoni.
L'ormone chiamato tiroxina, che viene convenzionalmente indicato con la sigla T4, rappresenta il 90 per cento della secrezione della tiroide; i suoi valori nel sangue variano tra i 5 e i 12 microgrammi per decilitro. Nei tessuti periferici buona parte della tiroxina viene poi trasformata in triiodotironina.
Il restante 10 per cento della secrezione ormonale riguarda direttamente la triiodotironina, sigla T3, i cui valori normali sono in genere compresi fra 80 e 180 nanogrammi per decilitro di sangue; quando si parla di questo tipo di valori, comunque, è importante considerare che possono essere molto diversi a seconda di quale ordine di misura si considera e di quale laboratorio esegue l'analisi.
Per la produzione di questi ormoni è necessario che nella dieta settimanale sia presente circa un milligrammo di iodio; per prevenire eventuali carenze nel comune sale da cucina viene spesso aggiunto ioduro di sodio. Una volta che sono in circolo, questi ormoni vengono legati a proteine che servono a trasportarli nei tessuti, e una volta lì vengono di nuovo liberati. Poiché solo da "liberi" sono biologicamente attivi, quando si esegue una ricerca per dosarli nel sangue, si dosa la frazione libera, che si indica con le sigle FT3 e FT4.
Gli effetti degli ormoni tiroidei sull'organismo sono principalmente due:
1. determinano l'aumento del metabolismo nella sua totalità (metabolismo basale e attività metabolica);
2. stimolano la crescita nei bambini.

Il metabolismo basale è la quantità di spesa energetica di un soggetto sveglio ma in stato di riposo (vedi calcolo del metabolismo basale). Se aumentano gli ormoni tiroidei, aumenta il consumo energetico.
L'attività metabolica dei tessuti indica l'accresciuta velocità di uso delle sostanze energetiche.
Questi ormoni sono anche in grado di aumentare la risposta dell'organismo ad un altro tipo di ormoni, detti catecolamine, vale a dire dopamina, adrenalina, noradrenalina, prodotte nel cervello, nel surrene e nelle terminazioni nervose del sistema simpatico. Semplificando, si tratta degli ormoni che determinano la reazione dell'organismo a ogni tipo di stress, ad esempio facendo sì che aumenti la quantità di sangue pompata dal cuore, quindi la quantità di sangue che poi arriva ai tessuti, oppure stimolando il metabolismo cellulare; è indicativo, per capire questo processo, pensare alla reazione dell'organismo di fronte ad un eventuale pericolo.

Capire qual è l'influenza che la tiroide esercita sulle cellule di tutto l'organismo, porta a comprendere perché è assolutamente indispensabile che sia prodotta la quantità di ormoni adeguata, che influisce sull'accrescimento del corpo e lo sviluppo e la maturazione degli apparati, soprattutto quello scheletrico e quello riproduttivo.

Un metabolismo normale dipende dalla secrezione della perfetta quantità di ormoni tiroidei: un disvalore anche minimo può comportare conseguenze anche molto importanti su tutto l'organismo. La sintesi e la secrezione di questi ormoni da parte della tiroide viene controllata da altre due ghiandole, situate nel cervello: si tratta dell'ipotalamo e dell'ipofisi.
L'ipotalamo produce un ormone noto con la sigla TRH, il cui compito è quello di controllare la produzione di un altro ormone da parte dell'ipofisi, la tireotropina: indicata dalla sigla TSH (ormone stimolante la tiroide), è la responsabile dell'aumentata secrezione degli ormoni tiroidei.
Per comprendere come funziona questo processo, basta pensare che ci sono molte situazioni che richiedono ad esempio l'aumento del metabolismo basale, come semplicemente il freddo: una bassa temperatura porterà quindi l'ipotalamo a secernere più TRH, che aumenterà la secrezione di TSH da parte dell'ipofisi, che porterà ad una maggiore secrezione di T3 e T4; stesso processo si andrà ad innescare non solo per cause ambientali, ma anche emozionali, come stati di grande ansia o eccitazione.

La modificazione della produzione di ormoni in base alle richieste dell'organismo viene controllata dall'asse ipotalamo-ipofisario. Un eventuale eccesso di ormoni tiroidei provoca l'inibizione della produzione di TSH e contrasta l'azione del TRH, il che porta al ritorno alla normalità dei valori. Se si verifica il caso contrario, se ad esempio a causa di carenza di iodio ci sono pochi ormoni tiroidei in circolo, il TSH aumenta e di conseguenza aumenta il volume della tiroide, perché la ghiandola cerca di produrre più ormoni. È il caso chiamato "gozzo", che è tipico delle aree in cui lo iodio è carente, tanto che se almeno il 10 per cento della popolazione locale presenta un ingrossamento della tiroide si parla di "gozzo endemico". L'ipotiroidismo gozzigeno è un tipico esempio del controllo con funzione di riequilibrio che viene fatto dall'asse ipotalamo-ipofisi: se l'alterazione del metabolismo dovuta alla mancanza di ormoni tiroidei è grave, la risposta compensatoria determina un aumento del TSH in circolo, che porta a un aumento del volume della tiroide, che però non è comunque in grado di sintetizzare l'appropriata quantità di ormoni.

Le sue malattie
La tiroide va incontro a svariate patologie, e per molti e differenti motivi. Queste malattie possono essere catalogate in base all'alterazione della quantità di ormoni in circolo, il che porta ad una suddivisione fra ipotiroidismo e ipertiroidismo, che ovviamente daranno sintomi opposti: se ad esempio nel primo caso tra i segni della malattia c'è il rallentamento psicomotorio, nel secondo si assiste invece ad un aumento di eccitabilità.

La carenza di ormoni tiroidei (con il rallentamento del metabolismo ad essa correlato), è la causa della patologia denominata Ipotiroidismo.

CAUSE
Ipotiroidismo primario
L'ipotiroidismo primario, che interessa solo la ghiandola, è la causa più diffusa di ipotiroidismo, tanto che riguarda fino al 95 per cento dei casi. Può essere di vari tipi:

Congenito.
È presente fin dalla nascita, e riguarda i casi in cui la massa del tessuto tiroideo è ridotta. Ciononostante la ghiandola riesce comunque a produrre ormoni, per cui può non esserci sintomatologia finché il soggetto non entra nell'adolescenza, o addirittura nell'età adulta. Tanto prima l'ipotiroidismo si manifesta, tanto più gravi saranno le ripercussioni, poiché il metabolismo rallentato può modificare, anche permanentemente, lo sviluppo psichico e del corpo. Già nel periodo fetale e poi in quello neonatale una quantità non adeguata di ormoni tiroidei comporta un ritardo nella formazione del sistema nervoso centrale: se non viene effettuata tempestivamente una terapia ormonale sostitutiva, i danni sono irreversibili.
Da processi autoimmuni.
Si scatena in seguito ad un'infezione della tiroide, come nel caso della tiroidite di Hashimoto: a causa dell'infezione vengono prodotti anticorpi che vanno ad attaccare il tessuto tiroideo, la ghiandola diventa fibrotica, il volume si riduce, la funzionalità è compromessa. È il caso più frequente di insorgenza di ipotiroidismo primario.
Di origine iatrogena.
L'ipotiroidismo primario iatrogeno, ossia post-terapeutico, non è molto frequente: il ridotto tessuto tiroideo è causato da interventi chirurgici alla ghiandola o da terapia radiante con radioiodio, che viene usata per l'ipertiroidismo.
Da alterazione della sintesi degli ormoni tiroidei.
L'alterazione della sintesi degli ormoni tiroidei può essere conseguente ad alterazioni delle proteine che servono per i processi biochimici di sintesi; oppure all'alterazione della giusta quantità di iodio, che sia una carenza, o al contrario una massiccia somministrazione per tempi prolungati; infine per l'uso duraturo di medicine che vanno a interagire con gli ormoni tiroidei, come amiodarone o sali di litio.

Ipotiroidismo secondario
L'ipotiroidismo secondario riguarda il restante 5 per cento circa dei casi. Si parla di disturbo secondario perché non prende origine direttamente dalla tiroide, ma dalle parti del cervello che ne regolano la produzione di ormoni. Sono interessati quindi ipotalamo e ipofisi, che per qualche motivo, come una lesione, producono una quantità insufficiente di TRH e TSH, il che va a ripercuotersi sulla quantità di ormoni tiroidei prodotti.

Sintomi

L'ipotiroidismo è una malattia che presenta un quadro clinico con un decorso estremamente lento. La sintomatologia classica vede, come prima manifestazione caratteristica, un rallentamento dell'attività fisica e psichica del soggetto, che addirittura arriva a parlare più lentamente, accusa una diminuzione della memoria e può presentare disturbi depressivi. È estremamente importante il fatto che spesso sono i congiunti ad accorgersi di questo decorso clinico.

I sintomi che si manifestano sempre sono:

stanchezza
intolleranza al freddo
sonnolenza
stipsi ostinata
aumento di peso

Un sintomo che si manifesta nei casi più gravi è la facies mixedematosa: il viso risulta gonfio, a causa dell'aumentata quantità del liquido interstiziale nei tessuti cutanei. L'edema duro chiamato mixedema può manifestarsi anche a livello della bocca, che si ingrossa, e delle corde vocali, con alterazione e arrochimento della voce. Altri sintomi visibili sono la pelle secca e la possibilità di perdere capelli, la frequente ipercarotenemia, che si manifesta soprattutto a livello dei palmi delle mani e delle piante dei piedi, che assumono una colorazione giallastra. Se all'origine dell'ipotiroidismo c'è una sintesi alterata degli ormoni, come nel caso di carenza di iodio, si può verificare il rigonfiamento della ghiandola che porta al gozzo; se questo ha estensione retrostenale può causare disturbi come compressione e spostamento della trachea o dell'esofago, con conseguente difficoltà a ingerire cibo solido.

Tra gli organi colpiti c'è anche il cuore, per cui possono verificarsi cardiomegalia, cioè ingrossamento del muscolo miocardico, e bradicardia, rallentamento del battito cardiaco. L'apparato genitale può subire alterazioni con diminuzione della libido per entrambi i sessi e, per le donne, alterazioni del ciclo mestruale. I soggetti colpiti possono accusare stanchezza muscolare, e se la malattia si manifesta già dall'infanzia, ci possono essere alterazioni anche gravi dell'apparato scheletrico.

Coma mixedematoso

Il coma mixedematoso è una condizione clinica molto rara, e si manifesta come stadio finale dell'ipotiroidismo solo in casi eccezionali. È più facile che si verifichi a causa di esposizione al freddo molto prolungata, infezioni, traumi, ingestione di sedativi. Tra i sintomi si annoverano bradicardia, ipotermia (con temperatura corporea inferiore ai 34 gradi), sonnolenza fino al coma.
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Diagnosi

Per diagnosticare un ipotiroidismo non è sufficiente l'analisi dei sintomi, è necessario effettuare analisi del sangue specifiche per il dosaggio degli ormoni tiroidei. Il risultato degli esami di laboratorio, in cui vengono dosate le frazioni libere degli ormoni, in caso di ipotiroidismo evidenzierà la riduzione di FT3 e FT4, e invece un'aumentata quantità di TSH, tireotropina; questo perché alla riduzione degli ormoni tiroidei l'asse ipotalamo-ipofisario avrà reagito producendo più TSH.
In caso di FT4 normale e TSH normale o basso, invece, si dovrà ipotizzare un ipotiroidismo secondario, quindi causato da ipotalamo e ipofisi. Tra i test da effettuare se si verifica questa eventualità c'è il test al TRH: si inietta TRH e si misura la variazione di TSH. Se si cercano tiroiditi, e quindi interessamenti autoimmunitari, vanno dosati gli anticorpi antitiroidei (antitireoglobulina e antiperossidasi); nel completare le analisi è opportuno ricordare che l'ipotiroidismo presenta costantemente ipercolesterolemia, mentre un esame emocromocitometrico è necessario per rilevare eventuale riduzione dei valori di emoglobina con conseguente anemia.

Terapia

Al paziente affetto da ipotiroidismo va somministrata tiroxina sintetica, nel corso di una terapia cronica che va stabilita caso per caso a seconda dei livelli di TSH nel sangue e del quadro clinico generale, e che porta il paziente a condurre una vita normale; sospendere il trattamento farmacologico può essere pericoloso per la sopravvivenza del soggetto.


L'ipertiroidismo è causato da un'eccessiva quantità in circolo di ormoni tiroidei.

Cause

Nella maggior parte dei casi, se c'è un'elevata quantità di ormoni tiroidei in circolo, ciò è conseguente a una sovraproduzione della tiroide, che è quindi aumentata di dimensioni. Questo può essere dovuto a tre motivi:

Sono tre le principali cause:

Morbo di Basedow
Adenoma tossico o morbo di Plummer
Gozzo multinodulare tossico

Morbo di Basedow o di Graves

È la forma più frequente di ipertiroidismo e colpisce più donne che uomini; la fascia d'età in cui si manifesta prevalentemente è quella compresa fra i 20 e i 40 anni; è stata dimostrata la predisposizione genetica, ma la causa che scatena questa patologia non è ancora nota. L'ipotesi formulata è che in un soggetto geneticamente predisposto, in seguito a una stimolazione del sistema immunitario causata da un'infezione della ghiandola ad opera di virus o da altri agenti, si scatenino dei fattori autoimmunitari che portano la tiroide a produrre più ormoni. I fattori autoimmunitari, riscontrabili nel sangue, sono noti come Immunoglobuline stimolanti la tiroide (TSI) o anticorpi stimolanti la tiroide (Tsab).

I sintomi tipici di questo tipo di ipertiroidismo sono i seguenti:

Gozzo tossico diffuso: la ghiandola è ingrossata e l'aumento di volume si nota simmetricamente in entrambi i lobi;
Oftalmopatia infiltrativa: i linfociti, le cellule del sistema immunitario che reagiscono agli stati infiammatori, si infiltrano nei muscoli extraoculari, provocando esoftalmo, cioè edema periorbitale con protrusione dei bulbi oculari;
Dermopatia che in genere si manifesta sulle gambe.

Adenoma tossico di Plummer o morbo di Plummer

In questo caso il fattore scatenante è la presenza nella ghiandola di un tumore benigno, un adenoma appunto, che si comporta in modo autonomo: è iperfunzionante, mentre il resto della tiroide subisce il controllo di ipotalamo e ipofisi; per questo motivo a volte l'ipertiroidismo non si manifesta, quando invece ciò succede si parla di adenoma tossico. Quando il paziente è asintomatico la patologia viene diagnosticata spesso per caso, tramite un esame obiettivo al collo, dove si riscontra la presenza di un nodulo, in genere unico; la diagnosi viene confermata tramite scintigrafia.

Gozzo tossico multinodulare
Tramite ecografia si può evidenziare la presenza di più noduli all'interno della tiroide, che però continua a produrre ormoni in quantità normale. L'ipertiroidismo si può verificare dopo anni, in genere a causa di assunzione di sostanze iodate.
Sia l'adenoma tossico sia il gozzo multinodulare possono essere risolti chirurgicamente o tramite somministrazione di iodio radioattivo.
Si verifica ipertiroidismo anche in caso di eccessiva secrezione di TSH, ad esempio per un adenoma all'ipofisi; se si assumono ormoni tiroidei, per esempio per dimagrire, si può manifestare un ipertiroidismo fittizio, il cui segno tipico è l'assenza del gozzo.

Tiroiditi

Le tiroiditi hanno una fase ipertiroidea; l'argomento viene approfondito nella quarta parte.
Sintomi

Ci sono sintomi e segni comuni ad ogni forma di ipertiroidismo, dovuti all'aumento del metabolismo e all'iperattività del sistema nervoso. Il quadro clinico generale varia da persona a persona, ad esempio negli anziani si può arrivare alla totale asintomaticità. In genere il soggetto che si reca ad effettuare una visita di controllo, lo fa a causa dell'irritabilità e della perdita di peso.


I segni più comuni sono:

Gozzo;
Tachicardia cioè aumento della frequenza cardiaca, che può diventare pericolosa e richiedere un tempestivo intervento se si trasforma in fibrillazione, cioè perdita di ritmo da parte del cuore che pompa sangue in modo caotico;
Tremori, è tipico che siano limitati alle mani;
Cute calda;
Sintomi a carico degli occhi, dall'oftalmopatia infiltrativa tipica del morbo di Basedow, alla retrazione delle palpebre con il tipico effetto di sguardo sbarrato che contraddistingue il soggetto affetto da ipertiroidismo.

I sintomi più frequenti:

Nervosismo ed iperattivita;
Palpitazione;
Tachicardia;
Insonnia;
Aumento della sudorazione;
Ipersensibilità al caldo;
Astenia;
Aumento dell’appetito;
Perdita di peso;
Diarrea;
Alterazione del ciclo mestruale.


La crisi tireotossica è una delle complicanze più gravi, consiste nell'improvviso aggravamento dei sintomi ed è causata dalla aumentata risposta dei tessuti periferici alle catecolamine. I sintomi sono ipertermia, con la temperatura corporea che può superare i 40 gradi, fibrillazione atriale, disturbi gastroenterici. Se non viene trattata immediatamente può portare alla morte per insufficienza cardiaca. In genere si manifesta in seguito a traumi, interventi chirurgici o per patologie intercorrenti concomitanti.

Diagnosi
Per diagnosticare un ipertiroidismo sono sufficienti anamnesi ed esame obbiettivo, a cui seguono gli esami ematochimici, che evidenziano un aumento degli ormoni tiroidei con TSH soppresso. Se si tratta di ipertiroidismo secondario, dovuto ad adenoma ipofisario con ipersecrezione di TSH, i valori di TSH risulteranno invece aumentati.
Se la diagnosi è dubbia è opportuno un test al TRH, che somministrato in un soggetto non affetto da patologie tiroidee provoca un aumento di TSH, mentre il TSH non aumenta nell'ipertiroideo. Anche nei soggetti affetti da adenoma o gozzo multinodulare in cui non ci sia alterazione degli ormoni tiroidei si riscontrerà una risposta ridotta o assente al test al TRH.
Altri valori che possono risultare alterati sono quelli relativi all'aumento dei globuli rossi, alla riduzione del colesterolo totale, alla moderata alterazione degli esami di funzionalità epatica, ossia fosfatasi alcalina, transaminasi, bilirubina.
La scintigrafia è un esame di utilità relativa in caso di ipertiroidismo poiché l'aumento della produzione di ormoni da parte della ghiandola è dimostrabile dal dosaggio ormonale. La scintigrafia è invece indispensabile in presenza di un adenoma tossico.

Terapia

Medica
La terapia medica per l'ipertiroidismo prevede la somministrazione di farmaci tireostatici (metimazolo, in commercio come Tapazole), che bloccano la sintesi degli ormoni, e di betabloccanti, ovvero farmaci antagonisti del sistema nervoso simpatico, in quanto sintomatici, per diminuire la risposta al sistema colinergico e ridurre quindi la tachicardia e i tremori.
Chirurgica
Si adotta in caso di Adenoma tossico di Plummer: il nodulo viene asportato con conseguente guarigione permanente. In caso di gozzo tossico multinodulare, si interviene se il gozzo è voluminoso, con estensione retrosternale, e con conseguenze sulla capacità di deglutire e ingerire cibi.
Terapia radiante
Si somministra radioiodio ai pazienti che non rispondono alla terapia medica o che sono affetti da adenoma tossico ma non sono operabili. Si fa un uso limitato della terapia radiante poiché può causare un ipotiroidismo tardivo.

Altre malattie
Ci sono casi in cui, pur in presenza di malattie della tiroide, non si verifica variazione degli ormoni tiroidei, come accennato nel caso dell'adenoma di Plummer; in questo caso si parla di eutiroidismo, come vedremo nella prossima parte.


In alcuni casi, pur in presenza di malattie della tiroide, non si verifica variazione degli ormoni tiroidei, come ad esempio già accennato riguardo all'adenoma di Plummer; in questo caso si parla di eutiroidismo.
Andiamo qui ad affrontare le patologie che presentano uno stato di eutiroidismo.

Tiroiditi

È un termine che designa malattie che hanno in comune un processo infiammatorio della tiroide, ma che sono originate da cause differenti. Le più frequenti sono tre:

Tiroidite di Hashimoto
È una delle cause più frequenti di ipotiroidismo primario e si verifica con maggiore incidenza tra le donne. Si tratta di un'infiammazione cronica della tiroide di tipo autoimmunitario, cioè è causata dall'organismo stesso, che attacca il tessuto tiroideo con i propri anticorpi. La tiroide appare ingrossata e si manifesta il gozzo; i risultati degli analisi danno, in uno stato iniziale, un rialzo dei titoli anticorpali antitiroide, con valori degli ormoni tiroidei ancora nella norma; in una fase successiva invece si verifica l'ipotiroidismo.
Tiroidite subacuta di De Quervain
In questo caso si tratta di un'infiammazione acuta, alla cui origine c'è probabilmente un virus. I sintomi classici sono febbre e dolore al collo, mentre le analisi effettuate nelle prime fasi della patologia evidenziano una condizione di ipertiroidismo. Una volta guarita, è raro che questa patologia evolva in ipotiroidismo.
Tiroidite silente
Si tratta di un tipo di infiammazione che colpisce maggiormente le donne, soprattutto dopo il parto. La ghiandola tende a ingrossarsi ma non fa male, e nei primi stadi le analisi di laboratorio evidenziano un ipertiroidismo che può successivamente passare a uno stato di ipotiroidismo, ma si tratta di manifestazioni transitorie, perché poi dalla patologia si guarisce.

Neoformazioni della tiroide

Soprattutto nelle donne, ben due terzi degli esami ecografici effettuati nella regione del collo in genere per altri motivi, come i linfonodi, mostrano la presenza di noduli tiroidei, cioè formazioni circoscritte di forma nodulare e di volume maggiorato. Il nodulo, che per essere individuato nel corso di un esame obbiettivo deve avere un diametro maggiore di un centimetro, può essere del tutto asintomatico, il che spiega perché in genere viene trovato in modo del tutto casuale, effettuando altri riscontri. Comunque, appena viene scoperto la prima cosa da fare è capire se è singolo, come per l'adenoma di Plummer, o se ci sono molte formazioni, come nel caso del gozzo multinodulare; dopodiché se ne deve indagare la natura. Si può trattare di una cisti, una formazione nodulare ripiena di liquido, in genere benigna, o di un adenoma, cioè un tumore benigno solido, circondato da una capsula. In caso di nodulo solido e singolo, che si manifesta in un uomo di età giovane, si sospetta un tumore maligno, che si verifica tra il 5 e il 10 per cento dei casi. Comunque tendenzialmente i carcinomi tiroidei non sono altamente maligni.

I carcinomi primitivi della tiroide hanno una classificazione che dipende dal tessuto dove hanno origine. I seguenti derivano dall'epitelio follicolare.

Carcinoma papillare
Rappresenta tra il 60 e il 70 per cento dei casi di carcinoma, si sviluppa soprattutto in soggetti sotto i 40 anni, ha un accrescimento lento ed è quello col grado minore di malignità, che però aumenta negli anziani. All'aspetto è un nodulo duro, distinto dal tessuto che lo circonda.
Carcinoma follicolare
Carcinoma anaplastico
Colpisce tra il 5 e il 10 per cento dei casi, soprattutto soggetti anziani, è altamente maligno, si manifesta con un ingrossamento veloce e doloroso.
Il carcinoma midollare è un'altra tipologia di carcinoma, che ha origine dalle cellule dedicate alla produzione di calcitonina nel tessuto parafollicolare della tiroide. Si verifica prevalentemente in soggetti con più di 50 anni e le sue caratteristiche principali sono che secerne calcitonina, che è possibile la familiarità, che è possibile l'associazione ad altri tumori o malattie dell'apparato endocrino. Il nodulo si presenta duro e fisso, è demarcato dai tessuti circostanti ma non è incapsulato, spesso è associato a linfonodi laterocervicali; per la diagnosi, è importante il dosaggio della calcitonina nel sangue.

Diagnosi e terapia

Il primo passo della diagnosi, per quanto riguarda il nodulo, è la visita medica: tramite l'esame obbiettivo si possono individuare le caratteristiche morfologiche, il tipo e i sintomi con cui si presenta, la sede anatomica, se ci sono eventuali linfonodi. L'esame successivo è l'ecografia, che serve a confermare i primi rilievi fatti con la palpazione e definisce meglio la morfologia del nodulo, evidenziando se è solido o cistico. La scintigrafia può aggiungere ulteriori informazioni, ma la diagnosi certa viene data dall'agoaspirato.
Quanto alla terapia, se si tratta di tumori maligni è sempre chirurgica e può consistere in una tiroidectomia subtotale oppure totale. A seconda del singolo caso possono essere associate terapia soppressiva con ormoni tiroidei e terapia radiante.

Indagini strumentali

L'ecografia
Il principio dell'ecografia è che una sonda invia un fascio di ultrasuoni sulla parte, che vengono riflessi in modo proporzionale alla densità delle strutture che il fascio attraversa. L'ecografia è in grado di mettere in risalto non solo le dimensioni della tiroide ma anche la morfologia del nodulo; in base alla riflessione degli ultrasuoni si può distinguere se si tratta di una cisti, che è benigna, o di un nodulo, per cui si può iniziare a formulare una diagnosi. Inoltre si tratta di un esame non invasivo e non complicato, che per questo viene usato sia in una fase diagnostica iniziale, sia per il successivo monitoraggio.

La scintigrafia
La scintigrafia sfrutta la capacità della tiroide di accumulare iodio. Al paziente viene somministrato dello iodio radioattivo in piccola quantità, e poi se ne rileva la concentrazione nelle varie parti della ghiandola. La scintigrafia mette così in risalto quelle che vengono chiamate aree calde, dove è maggiore l'intensità della radioattività, e aree fredde, dove è assente. Le aree calde sono chiamate ipercaptanti, sono quelle che hanno accumulato più iodio perché sono iperfunzionanti, quindi sintetizzano ormoni; il nodulo ipercaptante, o caldo, in genere è una formazione benigna. Le aree fredde o ipocaptanti sono quelle non funzionanti; il nodulo ipocaptante viene detto freddo, e almeno nel 20 per cento dei casi si tratta di un carcinoma. La scintigrafia è utilizzata anche per diagnosticare adenoma tossico di Plummer e gozzo multinodulare.

L'agoaspirato (agobiopsia)
Più di tutti gli altri esami, dà la certezza della distinzione tra formazione benigna e maligna. Tramite un ago ecoguidato, cioè supportato ecograficamente, si prelevano frustoli di cellule dal nodulo, che vengono poi sottoposti ad esame citologico ed istologico per capire di che tipo di tessuto è fatto il nodulo. Questa tecnica deve essere sempre eseguita quando c'è un nodulo unico, che nel 5-10 per cento dei casi è maligno. Se l'esame istologico, nel 20-25 per cento dei casi, è sospetto, conviene asportare chirurgicamente il nodulo, per sottoporlo ad esame istologico e determinarne la natura.



TIROIDITE DI HASHIMOTO: DOMANDE E RISPOSTE
Con la collaborazione di Maura Peripoli


La tiroidite di Hashimoto, detta anche tiroidite linfocitaria, è una malattia collegata all'ipotiroidismo: ne è infatti una delle cause più rilevanti. Tra i vari tipi di infiammazione della ghiandola è la più diffusa a livello planetario, colpisce prevalentemente le donne (il rapporto rispetto agli uomini è di 6 casi contro 1, con un'incidenza l'anno fra le donne del 3,5 per mille, e fra gli uomini dello 0,8 per mille) e in genere ha origine familiare. Rientra nella categoria delle patologie autoimmuni: viene infatti causata dagli anticorpi dell'organismo stesso, che vengono prodotti in quantità eccessiva e aggrediscono il tessuto tiroideo, fino al punto di provocarne la progressiva distruzione. L'ipotiroidismo viene causato dal fatto che la tiroide, attaccata in questo modo, inizia ad avere problemi di funzionamento e a ridurre l'attività fino alla cessazione totale, tanto che spesso è necessario intervenire chirurgicamente per asportarla. Si può vivere bene anche senza tiroide: dopo l'asportazione infatti si inizia una terapia farmacologica che sostituisce il lavoro effettuato dalla ghiandola tiroidea.

Cosa la causa?
Una delle sue denominazioni è malattia del benessere: è molto più diffusa nelle zone con discreto apporto di iodio, mentre è raramente riscontrata nelle zone a carenza iodica. Comunque in genere è di origine virale; può essere causata da un'influenza, ma la massiccia attività degli anticorpi può anche essere correlata a situazioni di forte stress. La principale caratterizzazione della malattia resta comunque la ridotta funzionalità della tiroide, non l'aumentata presenza di anticorpi.

Come si manifesta?
La sintomatologia varia per ogni paziente, e per arrivare a una corretta diagnosi l'endocrinologo deve valutare molti fattori, compresa la storia familiare e clinica del soggetto. Il primo segno evidente è il gozzo, riscontrabile alla palpazione: in caso di tiroidite di Hashimoto la ghiandola infatti in genere aumenta di volume. Dopo la palpazione vanno effettuate delle analisi del sangue specifiche, per controllare i valori di TSH (ormone prodotto dall'ipofisi che regola l'attività della tiroide), FT4 e FT3 (le frazioni libere nella circolazione sanguigna degli ormoni tiroidei), e gli anticorpi (AC) anti-tireoperossidasi (enzima tiroideo, questo esame è positivo nel 95 per cento dei casi), e degli anticorpi anti tireoglobulina (altro valore che risulta quasi sempre alterato), a cui si può aggiungere l'esame di AC antirecettore del TSH. Altro esame diagnostico è l'ecografia, che serve per valutare le dimensioni della ghiandola e per lo studio morfologico del parenchima ghiandolare, a cui possono seguire esame citologico agoaspirato e scintigrafia. Occorre tenere presente che questa malattia tende a restare asintomatica per lungo tempo, finché la produzione degli ormoni tiroidei resta normale; quando si arriva all'ipotiroidismo, con la distruzione di almeno il 90 per cento del tessuto tiroideo, si manifestano i tipici sintomi come tachicardia, sonnolenza, astenia, insonnia, oltre all'ingrossamento e indolenzimento della tiroide. Nel caso degli adolescenti con tiroidite cronica il valore degli anticorpi antitiroidei può risultare non particolarmente alterato, il che complica la diagnosi; mentre la tiroidite post-partum è un'infiammazione autoimmune ma transitoria, che in genere regredisce, e la funzionalità tiroidea torna normale.

Quale terapia è migliore?
Se il gozzo mantiene dimensioni accettabili, non c'è particolare sintomatologia e il TSH nel sangue è nella norma (cioè con valori compresi tra 1 e 2 U/l), spesso non si effettua nessuna terapia. Se invece l'aumento del gozzo, con conseguente compressione delle parti adiacenti, crea difficoltà al paziente, e si manifestano sintomi come astenia, obesità, tachicardia e insonnia, si effettua una terapia con levotiroxina: è l'endocrinologo a decidere, in base alla funzionalità della tiroide nel momento della diagnosi, e a indicare tempi e modalità d'uso. Si consiglia di assumere il farmaco a stomaco vuoto per evitare interazioni con altri farmaci e con specifici alimenti.

È una malattia che fa ingrassare?
Gli esperti sostengono che non è questa patologia che fa ingrassare (e non è vero che provochi allergie o intolleranze alimentari), ma è l'assunzione dei farmaci insieme ad altre sostanze, come determinati cibi o integratori, che può rallentare l'effetto dell'ormone. Possono avere questo effetto gli integratori di ferro, di vitamine e quelli contenenti calcio; tra i cibi andrebbero limitati semi di rapa, cavolo, broccoli, cavolfiori, cavoletti di Bruxelles, patate dolci, maizena, fagioli di lima, soia. È anche necessario limitare il consumo di carne rossa, uova, grassi e zuccheri. Via libera, invece, a banane, pesce, barbabietole, radicchio, prezzemolo, semolino.

Ci sono fattori di rischio?
Ci può essere una familiarità, una predisposizione genetica, ma è soprattutto una malattia al femminile, che colpisce in prevalenza donne, con una percentuale tra l'8 e il 10 per cento di quelle in gravidanza, a causa dei cambiamenti ormonali. In questo caso però si tratta, in genere, di una patologia transitoria che si risolve dopo il parto. L'eccesso di iodio è un fattore di rischio importante perché le sostanze che lo contengono stimolano lo sviluppo del processo autoimmune in chi è predisposto, quindi l'eccessiva produzione di anticorpi. Secondo alcuni ricercatori ci sarebbe un collegamento tra ipotiroidismo e incidente di Chernobyl, perché hanno notato una correlazione tra esposizione a basse dosi di radiazioni e comparsa di anticorpi antitiroide. L'età è un fattore rilevante, perché la malattia si manifesta più frequentemente col passare degli anni; ed è necessario controllare le infezioni, perché si ritiene, pur in mancanza di dati certi, che siano possibili fonti di insorgenza di questa patologia in soggetti predisposti, con pregressa tiroidite.

Quanto conta l'attività fisica?
L'attività fisica è sempre fondamentale; in questo caso lo è ancora di più, e andrebbe praticata, a seconda delle proprie condizioni, almeno tre volte a settimana, perché apatia e stanchezza sono due sintomi classici della tiroidite di Hashimoto. Gli sport più consigliati sono corsa, tennis e nuoto; lo scopo è cambiare ritmo al metabolismo che è stato rallentato dalla malattia, con la conseguenza della sensazione di astenia: lo sport praticato regolarmente aiuterà a combatterla.
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TIROIDE

Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 19:05



GLI ORMONI E L’APPARATO ENDOCRINO


Per trasmettere informazioni agli organi, l'organismo, oltre che del sistema nervoso, si serve di speciali sostanze chimiche, gli ormoni, prodotte da particolari ghiandole dette endocrine.

A differenza del sistema nervoso, dove le informazioni sono trasmesse molto rapidamente, l'apparato endocrino agisce lentamente. Gli ormoni che si diffondono nel sangue necessitano di 5-10 secondi per scatenare il primo effetto. Normalmente, agiscono nell'arco di 30 minuti fino a tre ore, mentre alcuni, come l'ormone della crescita, da effetti che sono visibili solo dopo alcuni mesi.

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Gli ormoni

Vengono definiti ormoni tutti i messaggeri chimici che provocano una reazione specifica. Ad ogni ormone corrisponde un recettore specifico sulle cellule bersaglio, a cui si lega l'ormone, in grado di riconoscerlo anche a bassissime concentrazioni.
Ogni cellula può possedere, per un determinato ormone, un solo tipo di recettore, ma diversi tessuti possono avere diversi recettori per lo stesso ormone. Ciò può causare la circostanza che lo stesso ormone possa avere effetti diversi su diversi organi. Ad esempio, l'adrenalina aumenta l'irrorazione sanguigna dei muscoli scheletrici (attraverso i recettori b ), ma riduce l'afflusso di sangue in corrispondenza del tratto gastrointestinale (recettori a ).

Gli ormoni, in genere, raggiungono i recettori attraverso il torrente sanguigno, ma possono raggiungerli anche tramite i fluidi interstiziali (ormoni paracrini) o agendo direttamente sulle cellule che li producono (ormoni autocrini).

Dal punto di vista chimico gli ormoni si dividono i 4 categorie:

Amine ( o catecolamine) Es.: adrenalina, noradrenalina, dopamina
Ormoni peptidici
catene proteiche di 8 - 100 aminoacidi
Es.: CCH, secretina; VIP; gli ormoni dell'ipotalamo e dell'ipofisi
Ormoni steroidi Es. cortisolo, aldosterone, ormoni sessuali
Acido arachidonico Es prostaglandine, tromboxani

Come agiscono

Tre sono i meccanismi fondamentali:

Meccanismo mediato da cAMP (Animazione)
L'ormone non supera la membrana cellulare, ma si lega ad un recettore esterno, sulla superficie della membrana stessa. Il recettore, dopo essersi legato all'ormone, trasmette il segnale ad una proteina G adiacente la quale attiva l'enzima adenilciclasi che scinde l'ATP in cAMP (adenosiltrifosfato) che funziona come "secondo messaggero" all'interno della celluna. L'enzima Proteinchinasi A porta alla fosforilazione della proteina bersaglio. Le proteine fosforilate modificano il loro funzionamento dando luogo al processo che l'ormone, "messaggero chimico", voleva attivare.
Meccanismo mediato da IP3/DAG (Animazione)
Anche in questo caso l'ormone si lega ad un recettore all'esterno della membrana cellulare, accoppiato con una proteina G che attiva un processo enzimatico. In questo caso si tratta dell'enzima fosfolipasi C che può scindere i fosfolipidi che compongono la membrana cellulare nei suoi componenti idrosolubili (IP3) e liposolubili (DAG) che divengono secondi messaggeri dell'ormone. L'IP3 mobilizza calcio del reticolo endoplasmatico, mentre il DAG, analogalmente al cAMP, attiva enzimi che fosforilano le proteine.
Aumento della biosintesi proteica (Animazione)
I due meccanismi descritti attivano delle proteine, modificando l'attività delle cellule, ma non hanno effetti sulla crescita cellulare o sulla sintesi o demolizione di proteine in essa contenute.
Gli ormoni sterodei penetrano nella membrana cellulare e si legano a un recettore presente nel citoplasma e, insieme a questo, penetrano nel nucleo della cellula. Qui possono provocare la sintesi di nuovo mRNA.

L'apparato endocrino

Le ghiandole che producono ormoni sono l'ipofisi, il pancreas, le ghiandole surrenali, la tiroide (descritte in questa sezione) e le ovaie e la placenta per le donne e i testicoli per gli uomini.

Ipofisi

L'ipofisi (ghiandola pituitaria) è un organo che ha le dimensioni di una nocciola ed un peso di 0,4 - 1 g.
È situata al di sotto dell'ipotalamo a cui è collegata con il peduncolo ipofisario.
L'ipofisi produce numerosi ormoni che a loro volta regolano l'attività di altre ghiandole endocrine, esercitando una funzione di controllo sul sistema ormonale. Per tale funzione è stata anche definita ghiandola "maestra".

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L'ipotalamo ha rapporto con il sistema limbico che è responsabile delle emozioni. Questo spiega lo stretto legame tra emozioni e tasso ormonale. Psiche e bilancio ormonale sono strettamente connessi: ad esempio, periodi di stress possono aumentare il livello della corteccia surrenale bloccando il ciclo mestruale.

L'ipofisi è formata da due parti: il lobo anteriore ed il lobo posteriore. Il lobo anteriore accoglie una varietà di cellule secernenti ormoni ed è perciò una vera e propria ghiandola endocrina, mentre il lobo posteriore riceve assoni di cellule nervose secernenti ormoni che si trovano nell'ipotalamo.

Il lobo anteriore produce:

L'ormone della crescita (GH) che regola la crescita, tramite la sintesi di sostanze a livello epatico, accelerando il ciclo cellulare della maggior parte dei tessuti e il consumo di proteine e carboidrati.Una carenza di ormone della crescita si manifesta con statura piccola, ma proporzionata; un eccesso, talvolta procurato da un tumore ipofisario, determina una crescita eccessiva di tutte le parti del corpo e deformità.
La prolattina che stimola le mammelle a produrre latte.
Quattro ormoni che a loro volta stimolano altre quattro ghiandole endocrine: ACTH, che stimola le ghiandole surenaliFSH, che favorisce la maturazione delle cellule germinali nell'ovaio e nel testicoloLH, che aumenta la produzione di testosteroneTSH, che aumenta la produzione di ormoni tiroidei e la proliferazione di cellule tiroidee, facendo aumentare le dimensioni dell'organo.

Gli ormoni rilasciati dall'ipotalamo si distinguono in "releasing hormones" (RH ) o liberine e "Inhibiting hormones" (IH ) o statine, rispettivamente se favoriscono o inibiscono la secrezione di determinati ormoni ipofisari.

Ormoni rilasciati dall'ipotalamo:

CRH, che favorisce la liberazione di ACTH (che a sua volta stimola le ghiandole surrenali)
GH-RH, che stimola la produzione di ormone della crescita
GH-IH, che riduce la secrezione di ormone della crescita
Gn-RH che stimola la produzione di altri ormoni, regolando la funzione sessuale
M-RH , che stimola la produzione di melanotropina aumentando la pigmentazione cutanea
P-RH , che favorisce la liberazione di prolattina
P-IH , antagonista del PRH
T-RH , che stimola la secrezione di FSH nel lobo anteriore dell'ipofisi

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Pancreas

Il pancreas è una ghiandola lunga e sottile. Ha due funzioni principali: secerne grandi quantità di enzimi che intervengono in maniera determinante nella digestione dei carboidrati, dei grassi e delle proteine e secerne gli ormoni insulina, il suo antagonista glucagone, e la somatostatina, che svolgono l'importante funzione di regolare il livello di glucosio nel sangue e regolano il metabolismo dei carboidrati.
Il glucosio, contenuto in numerosi alimenti, è la fonte principale di energia per tutte le cellule dell'organismo. L'insulina agisce per abbassare il livello di glucosio nel sangue, stimolando le cellule ad assorbirlo ed il fegato ad assorbire e ad immagazzinare il resto, mentre il glucagone stimola il fegato a liberare glucosio.

La carenza o l'assenza totale di liberazione di insulina da parte del pancreas provoca un disturbo chiamato "diabete mellito".

Ghiandole surrenali

Le due ghiandole surrenali sono situate al di sopra del polo superiore dei reni. Sono al di fuori della capsula renale, ma ancora all'interno del tessuto adiposo protettivo della loggia renale e perciò seguono ogni movimento del rene, pur essendo degli organi completamente autonomi.Sono formati da due parti: la midollare e la corticale.

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La corteccia surrenale produce tre gruppi di ormoni steroidei: l'aldosterone , che che controlla la concentrazione nell'organismo di diverse sostanze chimiche tra cui il sodio e il potassio, un gruppo di ormoni, tra cui l'idrocortisone , che regola il metabolismo dei carboidrati e un terzo gruppo costituito dagli ormoni maschili androgeni e dagli ormoni femminili estrogeni e progesterone.
Da notare che sia maschi che femmine producono ormoni sia maschili che femminili, ma gli androgeni prevalgono nell'uomo e gli estrogeni nella donna.

Tiroide

La tiroide è una ghiandola situata nella regione anteriore del collo, davanti e lateralmente alla laringe ed ai primi anelli della trachea. E' formata da due lobi, destro e sinistro, riuniti da una parte trasversale, detta istmo . Con una certa frequenza, dal 30 al 50 %, è possibile apprezzare un sottile prolungamento che si origina dall'istmo tiroideo, il lobo piramidale di Morgagni , residuo del dotto tireoglosso (dotto che nel feto congiunge la tiroide alla lingua). E' bene ricordarlo, in quanto eventuali residui del dotto possono dare origine a cisti o fistole mediane del collo.
Sebbene alla nascita il peso medio della tiroide sia di circa 2 grammi, nell'adulto raggiunge il peso di circa 20 grammi, ma può subire notevoli variazioni da un individuo all'altro.
Nel suo complesso la forma della ghiandola ricorda quella di una farfalla. Ciò è bene evidente nell'immagine ecografica della tiroide.

La tiroide è circondata da una capsula che, mediante una guaina (peritiroidea ), è fissata alla laringe, alla trachea ed ai fasci nervosi e vascolari del collo. Tra la guaina peritiroidea e la capsula fibrosa propria della tiroide esiste uno spazio in cui decorrono i vasi: questo spazio viene chiamato spazio pericoloso per la facilità con cui si verificano emorragie durante gli interventi chirurgici. Anteriormente e lateralmente la tiroide è ricoperta dai muscoli (muscoli sottoioidei e muscoli sternocleidomastoidei). Posteriormente ai lobi laterali si trova il fascio nerveovascolare del collo, in cui si trovano l'arteria carotide comune, la vena giugulare interna, il nervo vago.
La tiroide è in rapporto anatomico di vicinanza, tra l'altro, con due importanti strutture: i nervi ricorrenti e le paratiroidi. I nervi ricorrenti (o laringei inferiori) innervano la maggior parte dei muscoli della laringe. Le paratiroidi, generalmente presenti in numero di quattro, due superiori e due inferiori, sono piccoli organi endocrini che secernono il Paratormone, un ormone che insieme alla calcitonina prodotta dalla tiroide, regola il metabolismo del calcio e del fosforo.
La posizione delle paratiroidi non è costante e le loro piccole dimensioni, dell'ordine dei millimetri, rende impossibile in condizioni normali l'identificazione mediante l'ecografia.
Si può perciò intuire quanto sia delicato un intervento della tiroide, in quanto la lesione di queste piccole strutture può comportare danni a livello delle corde vocali quando si provoca una lesione dei nervi ricorrenti, mentre si hanno alterazioni del controllo del metabolismo del calcio se vengono rimosse tutte le ghiandole paratiroidee. In quest'ultimo caso è necessario intervenire con una terapia farmacologica.
La ghiandola tiroidea è costituita da piccole cavità (follicoli) contenenti gli ormoni tiroidei. Questi vengono sintetizzati dalle cellule che circondano i follicoli, quindi riversati nella cavità e accumulati sotto forma di una grossa molecola chiamata tireoglobulina. Successivamente gli ormoni tiroidei vengono secreti nel sangue che li trasporterà in tutto l'organismo dove potranno esplicare le loro funzioni. La tireoglobulina, contenente gli ormoni, rimane immagazzinata nei follicoli per vari mesi. La quantità accumulata è in grado di rispondere al normale fabbisogno dell'organismo per tutto questo periodo. Questo è il motivo per cui anche in totale cessazione della sintesi ormonale, la carenza viene apprezzata dopo diversi mesi.

La tiroide ha la funzione di secernere ormoni. Il 90 % della secrezione ormonale è costituito dalla tiroxina (ormone indicato con la sigla T4), il 10 % dalla triiodotironina (ormone indicato con la sigla T3). In generale i valori normali di tiroxina nel sangue variano da 5 a 12 microgrammi su decilitro di sangue, mentre i valori di triiodiotironina variano da 80 a 180 nanogrammi su decilitro di sangue. I valori possono sensibilmente differire a seconda del laboratorio in cui viene eseguita la ricerca e dall'ordine di misura considerato. Entrambi gli ormoni sono importanti in eguale misura, infatti una parte considerevole della tiroxina viene trasformata in triiodotironina nei tessuti periferici. Per produrre normali quantità di ormoni è necessario assumere con la dieta circa 1 milligrammo di iodio alla settimana. Per prevenire la possibile carenza di iodio, il sale da cucina viene spesso arricchito con ioduro di sodio.
Gli ormoni tiroidei all'interno del circolo ematico vengono legati a proteine che li trasportano nei tessuti e liberati all'interno di questi. È la forma libera che è biologicamente attiva, perciò quando gli ormoni vengono dosati nel sangue si usa dosare la frazione libera, indicata con FT3 e FT4.
Gli ormoni tiroidei hanno nell'organismo due effetti principali:

aumento del metabolismo nella sua totalità
stimolazione della crescita nel bambino

Gli ormoni tiroidei aumentano sia il metabolismo basale dell'individuo che l'attività metabolica di tutti i tessuti. Per metabolismo basale si intende l'entità della spesa energetica di un soggetto in condizioni di riposo, in stato di veglia. Ad esempio, in un soggetto con aumento degli ormoni tiroidei si avrà un consumo energetico aumentato.
Per attività metabolica dei tessuti si intende un aumento della velocità di utilizzazione delle sostanze energetiche.
Inoltre, gli ormoni tiroidei aumentano la risposta dei tessuti alle catecolamine (dopamina, adrenalina, noradrenalina). In generale si può dire che queste sostanze permettono all'organismo di reagire agli stress aumentando la quantità di sangue pompata dal nostro cuore e, quindi, il flusso di sangue che arriva ai nostri tessuti, e stimolando il metabolismo cellulare (si pensi ad esempio alla reazione che si ha di fronte ad un pericolo).L'influenza della tiroide a livello cellulare di tutto l'organismo spiega il motivo per cui la produzione di un'adeguata quantità di ormoni tiroidei è indispensabile al normale accrescimento corporeo, allo sviluppo e maturazione dei vari apparati, in particolare per l'apparato scheletrico e riproduttivo.
Per mantenere il metabolismo ad un livello normale deve essere continuamente secreta esattamente la giusta quantità di ormoni tiroidei, infatti piccole variazioni possono avere ripercussioni notevoli sull'organismo.
La sintesi e la secrezione degli ormoni tiroidei è controllata da ghiandole sopradescritte: ipotalamo e ipofisi.
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TIROIDE

Messaggioda Royalsapphire » 24/03/2015, 0:16



L’OVAIO POLICISTICO
A cura di Francesca Soccorsi

La Sindrome dell’Ovaio Policistico o PCOS (acronimo derivante dall’inglese PolyCystic Ovary Sindrome) è il disturbo ormonale di più frequente riscontro fra le donne: colpisce circa il 10% della popolazione femminile in età fertile e quasi sempre tende a scomparire con l’arrivo della menopausa. In alcuni casi si tratta di una patologia silente, che viene diagnosticata per caso, a seguito di un esame di routine, ma più spesso si manifesta con sintomi eclatanti come ritardo o assenza di mestruazioni, infertilità, obesità, irsutismo, acne.

Normalmente ogni mese, nei giorni dell’ovulazione, gli ovociti maturi sono espulsi dall’ovaio per essere fecondati dagli spermatozoi. In presenza della Sindrome dell’Ovaio Policistico, le ovaie sono più grandi del normale, presentano al loro interno numerose cisti, ovvero piccole cavità ripiene di liquido, e la loro superficie esterna è punteggiata da un gran numero di piccoli follicoli che non raggiungono quasi mai il completo sviluppo: per questo l’ovulazione avviene raramente e le pazienti presentano una condizione d’infertilità.

I sintomi
La Sindrome dell’Ovaio Policistico può non dare alcun sintomo evidente, oppure manifestarsi con assenza di mestruazioni (amenorrea), cicli mestruali poco frequenti (oligomenorrea), aumento dei peli superflui su viso e corpo (irsutismo) dovuto all’elevata quantità di ormoni androgeni in circolazione, acne, in prevalenza sul viso, infertilità, modificazioni dell’aspetto morfologico dell’ovaio rilevabili mediante l’esame ecografico, sovrappeso, obesità. L’aumento considerevole di peso, in particolare, è una condizione frequente fra le donne affette dalla Sindrome, nelle quali si verifica un fenomeno di resistenza all’azione dell’insulina, l’ormone che regola il metabolismo degli zuccheri. La resistenza all’insulina impedisce alle cellule di utilizzare gli zuccheri contenuti nel sangue, che sono quindi immagazzinati sotto forma di grasso. Fra gli altri sintomi di più frequente riscontro ci sono anche episodi ripetuti di aborto spontaneo: all’origine vi sarebbero gli elevati livelli di ormone luteinizzante (LH), che si riscontrano in presenza di PCOS. L’LH, prodotto dall’ipofisi, gioca, infatti, un ruolo fondamentale nei meccanismi di regolazione della funzione ovarica. E il 65% delle gravidanze in pazienti affette dalla Sindrome termina con un aborto spontaneo, che si verifica invece solo nel 12% delle gravidanze in donne che presentano normali livelli di ormone.

Le cause
A oggi non sono ancora chiare le cause che provocano la Sindrome dell’Ovaio Policistico. Si è, tuttavia, notata una familiarità tra donne appartenenti allo stesso nucleo familiare, che farebbe presupporre l’esistenza di una componente genetica. Ma la diversità di presentazione della patologia nell’ambito di una stessa famiglia fa ipotizzare che altri fattori siano implicati nella genesi della malattia. L’ipotesi è che all’origine della Sindrome vi siano diverse concause, tra cui geni e caratteristiche ambientali. In linea generale, una condizione di obesità e un elevato indice di massa corporea sono condizioni determinanti per il manifestarsi dei sintomi e dei segni propri della PCOS.

Cure
La Sindrome dell’Ovaio Policistico è una patologia complessa che deve essere affrontata da un team di specialisti tra i quali il ginecologo, l’endocrinologo, il nutrizionista, il dermatologo. In genere è il ginecologo il medico che fin dall’inizio segue la paziente nella diagnosi e nella cura della malattia, mentre gli altri specialisti intervengono prevalentemente sui sintomi, collaborando per migliorare la qualità della vita di chi ne è affetta. Ciascuna donna ha una sua storia e la PCOS si presenta con caratteristiche diverse da persona a persona, ma lo stretto legame che sussiste tra obesità e Sindrome rende indispensabile un cambiamento nello stile di vita: una dieta ipocalorica orientata allo smaltimento dei chili in eccesso e un’attività fisica regolare sono i presupposti fondamentali per tenere sotto controllo i disturbi. È stato, infatti, ampiamente dimostrato che seguire un corretto regime alimentare e non rinunciare al movimento aiuta a minimizzare molti sintomi della PCOS, come l’acne, e le relative condizioni, per esempio la resistenza insulinica. In più le donne che si impegnano nella riduzione del loro peso corporeo spesso assistono al ritorno spontaneo dell’ovulazione. In questo modo vedono anche aumentare le probabilità di rimanere incinte e portare a termine una gravidanza. Ma nessuna dieta o attività è riconosciuta come la più efficace: anche in questo caso sarà lo specialista a valutare caso per caso lo schema alimentare migliore e il tipo di attività fisica più adatto.

Tuttavia la dieta da sola non può certamente essere considerata risolutiva. In molti casi è necessario il supporto di una terapia farmacologica modellata sulle esigenze individuali, ovvero sull’anamnesi della paziente e sulle caratteristiche e i sintomi con cui la patologia si presenta. La cura standard per ridurre le irregolarità mestruali e gli altri effetti dell’alto livello degli androgeni in circolazione, tipico della PCOS, tra cui acne e irsutismo, è rappresentata dall’assunzione di contraccettivi orali, mentre per indurre l’ovulazione e aumentare la fertilità si utilizzano stimolanti della funzionalità ovarica, tra cui il clomifene citrato, e gonadotropine per favorire la crescita dei follicoli. Nei casi di resistenza all’insulina si utilizzano, invece, medicinali che migliorano la risposta del corpo alla secrezione d’insulina diminuendo la quantità di zuccheri nel sangue, e regolano il ciclo mestruale e l’ovulazione.

Bibliografia
Del Prato S., Insulino-resistenza e sindrome dell’ovaio policistico, Primula
Zanoio L., Barcellona E., Zacché G., Ginecologia e ostetricia, Strambini
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