Modestamente credo che, ad un mondo ipercompetitivo, si possa rispondere in due modi:
- adattandosi ad esso, per rincorrerne i modelli (ma forse al prezzo di snaturarsi)
- accettare la propria peculiarità, rivalutando quello che si è.
Per me, vivere senza far del male non basta; vivere è per dare quel qualcosa di mio (e che è solo mio) sì da esserne gratificato se addirittura riesco a cagionare del bene in modo disinteressato; ciò per me non ha prezzo e poco mi importa che trovi rilievo o meno nell'altrui considerazione.
Comportarsi bene per "attendersi" qualcosa? Per la mia persona è proprio l'inverso: è quel me stesso, quel voler "essere" che mi spinge a comportarmi in quel determinato modo; è un volano interno (=la mia natura) cui son costretto, pena perdere proprio quello per cui io sono.
Se non si accettano (=amano) le proprie peculiarità, difficilmente si troverà altri disposti ad apprezzarle e ciò proprio per mancanza di credibilità.
Forse si deve cercare lontano dai modelli che ci vengono sbattuti in faccia e ragionare in funzione di quello che ci è più compatibile? Forse...
Credo che il primo passo sia cominciare da sè, lavorare sui propri obbiettivi, darsi dei traguardi che soddisfino come persona, che rendano fieri di sè quando ci si guarda allo specchio. Preferibile poi smetterla di dipendere dagli altri e/o dal loro amore; si è, in quanto tali e non perchè qualcuno ci ama; se si fa dipendere la propria essenza dall'umore altrui...
Lo so che mi considerete un visionario, un sognatore... ma ora vivo, prima mi limitavo a sopravvivere.