Schizofrenia

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Schizofrenia

Messaggioda Royalsapphire » 23/04/2014, 19:44



La schizofrenia è una forma di malattia psichiatrica caratterizzata, secondo le convenzioni scientifiche, da un decorso superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronica o recidivante), dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, con una gravità tale da limitare le normali attività della persona.
Il termine, coniato dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler nel 1908, deriva dal greco σχίζω (schizo, divido) e φρενός (phrenos, cervello), 'mente divisa'. Il termine proposto da Bleuler sostituì quello ottocentesco di Dementia Praecox, proposto da Emil Kraepelin. La pronuncia corretta della "z" di schizofrenia è come in zero, non come in nazione.
È da tenere presente che schizofrenia è un termine piuttosto generico che indica non una entità nosografica unitaria, ma una classe di disturbi, tutti caratterizzati da una certa gravità e dalla compromissione del cosiddetto "esame di realtà" da parte del soggetto. A questa classe appartengono quadri sintomatici e tipi di personalità anche molto diversi fra loro, estremamente variabili per gravità e decorso.
In casi molto gravi i sintomi possono arrivare alla catatonia, al mutismo, provocare totale inabilitazione. Nella maggioranza dei casi di schizofrenia vi è qualche forma di apparente disorganizzazione o incoerenza del pensiero. Vi sono però certe forme dove questo sintomo non compare, e compaiono invece rigide costruzioni paranoidi.
La schizofrenia si caratterizza, secondo la tradizione medica, per due tipi di sintomi:
1. sintomi positivi: sono comportamenti o esperienze del soggetto "in più" rispetto all'esperienza e al comportamento dell'individuo normale. Si possono perlopiù includere sotto il termine più generale di psicosi. Questi sintomi possono essere: le idee fisse, i deliri, le allucinazioni e il disturbo del pensiero (per la diagnosi non occorre che si manifestino tutti questi sintomi, a seconda dei casi è sufficiente che ve ne siano uno o due).

2. sintomi negativi: sono chiamati così quelli che sono diminuzione, declino o scomparsa di alcune capacità o esperienze normali del soggetto. Possono includere inadeguatezza nel comportamento della persona, distacco emotivo o assenza di emozioni, povertà di linguaggio e di funzioni comunicative, incapacità di concentrazione, mancanza di piacere (anedonia) e mancanza di motivazione.

Alcuni modelli descrittivi nella schizofrenia includono un terzo tipo di sintomi (schizofrenia di terzo tipo detta sindrome disorganizzata).
3. compaiono soprattutto disturbo del pensiero e problemi di pianificazione. I sintomi possono prendere la forma di deficit neurocognitivi: si tratta dell'indebolimento di alcune funzioni di base quali la memoria, l'attenzione, la risoluzione di problemi, la funzione esecutiva e la cognizione sociale.

Storia e prime classificazioni
È una malattia antica, nota già nel mondo classico greco-romano e non completamente sconosciuta presso gli antichi Egizi, che però per molti secoli è stata confusa con stati di possessione demoniaca.
I primi casi di schizofrenia riportati dalla letteratura medica risalgono al 1797, grazie alle opere di James Tilly Matthews, e alle pubblicazioni effettuate da Philippe Pinel nel 1809. Fu, invece, lo psichiatra Emil Kraepelin, nel 1883, il primo sia ad individuare quelle alterazioni che attualmente vengono definite neuropsicologiche, ossia demenza e la sua manifestazione precoce demenza precoce, che in seguito venne appunto rinominata schizofrenia da Eugen Bleuler, sia a introdurre una classificazione dei disordini mentali più vasta e completa (includente depressione unipolare, bipolare, maniacale, etc.).
Nel suo Trattato di psichiatria Kraepelin aveva già individuato tre forme possibili di schizofrenia:
- schizofrenia ebefrenica, in cui prevale la dissociazione del pensiero
- schizofrenia paranoica, dove prevalgono idee fisse, allucinazioni e deliri
- schizofrenia catatonica, in cui prevalgono i "disturbi della volontà" o disorganizzazione comportamentale.
La scelta del termine schizofrenia, fa riferimento alla interpretazione data all'epoca a questa malattia, alla definizione teorico-clinica del disturbo come: dissociazione, ovvero una separazione o mancata interazione tra il pensiero e la percezione della realtà da parte del soggetto. Bleuler, con le sue prime ricerche del 1908 ed in seguito con la classica sistematizzazione del 1911 (Dementia Praecox oder Gruppe der Schizophrenien), codificò anche la differenza tra sintomi positivi e negativi.

Diagnosi (criteri DSM IV-TR)
Per la diagnosi di schizofrenia conta sia la natura sia la durata dei sintomi (sintomi che differiscono per durata caratterizzano ad esempio il Disturbo schizofreniforme).
La forma abbreviata dei criteri diagnostici DSM-IV-TR: La diagnosi di schizofrenia richiede il soddisfacimento del seguente criterio:
A) (Sintomi caratteristici) La presenza persistente di due o più dei sintomi che seguono, per un periodo significativo che si considera di almeno un mese (si osserva che la durata può essere inferiore se il sintomo recede a seguito di trattamento):
- deliri
- allucinazioni
- disorganizzazione del discorso verbale (es: perdere il filo, incoerenza, divagazione e espressione troppo astratta)
- grave disorganizzazione del comportamento (es. nel vestiario, nelle abitudini diurne, disturbi del sonno, disforia, piangere o ridere frequentemente e inappropriatamente), oppure stato gravemente catatonico
- presenza di sintomi negativi, cioè che trasmettono un forte senso di disinteresse, lontananza o assenza del soggetto: appiattimento affettivo (mancanza o forte diminuzione di risposte emozionali), alogia (assenza di discorso), avolizione (mancanza di motivazione), disturbi dell'attenzione e delle capacità intellettive, assenza di contatto visivo
Nota: Il soddisfacimento del criterio A è l'unico richiesto (cioè per la diagnosi non si richiede il soddisfacimento dei punti B e C) solo nel caso che le idee fisse siano bizzarre e irrealistiche, oppure nel caso che le allucinazioni consistano nell'udire due o più voci identificabili come irreali che parlano fra loro, oppure una voce che "commenta" in diretta le azioni e percezioni del paziente.

B) Deficit o disfunzione sociale e/o occupazionale: Per un periodo di tempo significativo uno o più degli ambiti principali della vita del soggetto sono gravemente compromessi rispetto a prima della comparsa del disturbo (lavoro, relazioni interpersonali, cura del proprio corpo, alimentazione ecc.)

C) Durata: persistenza dei sintomi "B" per almeno sei mesi, che includano almeno un mese di persistenza dei sintomi "A".

Esistono ulteriori criteri (D, E ed F) che servono per diagnosi differenziali o per escludere la schizofrenia nel caso in cui sia stato diagnosticato un disturbo dell'umore grave (come la depressione maggiore); oppure in caso di grave disturbo dell'età evolutiva, o disturbi neurologici dovuti a condizioni mediche generali, o che i sintomi siano effetto dell'uso di sostanze come droghe o farmaci.

Sottotipi
La classificazione più tradizionale considera quattro forme principali di schizofrenia: la schizofrenia catatonica; la schizofrenia ebefrenica; la schizofrenia paranoide, e la schizofrenia semplice. Il criterio DSM classifica ad oggi cinque forme, indicate di seguito. È indicata a fianco la classificazione alfanumerica corrispondente nelle tabelle ICD 9 (a sinistra) e ICD 10 (a destra) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il criterio ICD 10 identifica invece 7 forme.
- (295.2/F20.2) tipo catatonico: dove sono evidenti macroscopici disturbi psicomotori, come ad esempio lo stupore catatonico, rigidità o flessibilità anomale del tono muscolare
- (295.1/F20.1) tipo disorganizzato (o ebefrenico): l'appiattimento affettivo (chiusura in sé, disinteresse ecc.) è presente insieme alla disorganizzazione del pensiero, eventuali disordini del comportamento
- (295.3/F20.0) tipo paranoide: i sintomi principali sono idee fisse (deliri) che includono allucinazioni, ma possono essere assenti i disturbi/disorganizzazione del pensiero o comportamento e appiattimento affettivo. Questa forma compare frequentemente dopo i 35 anni in pazienti che hanno già qualche disturbo strutturato, con decorso lento e insidioso[senza fonte].
- (295.6/F20.5) tipo residuo: viene definita così una forma dove i sintomi positivi (psicotici ma non paranoidi) sono presenti ma hanno bassa intensità, mentre quelli negativi sono significativi. Spesso compare come esito di un disturbo psichico maggiore (es: episodio schizofrenico acuto, depressione maggiore)
- (295.9/F20.3) tipo indifferenziato: presenza di sintomi positivi (psicosi) non strutturati secondo i criteri delle precedenti forme.

Epidemiologia
La schizofrenia è una malattia ubiquitaria, riscontrata in ogni epoca e cultura. Il suo tasso d'incidenza per un'unità di popolazione, in un dato periodo di tempo, è del 15-25% dei casi all'anno per 100.000 abitanti. Mentre il tasso di prevalenza varia tra lo 0,6% e lo 0,8%. Nel 75% dei casi l'esordio avviene in età giovanile (tra i 15 e i 35). Dopo i 35 anni sembra più frequente nella donna che nell'uomo. Alcuni studi dimostrano che non esistono differenze nella distribuzione tra i sessi; altri, invece, sostengono una maggiore prevalenza nell'uomo. I pazienti sono spesso non coniugati, o se lo sono hanno maggiori probabilità di divorziare. Si evidenzia una maggioranza del disturbo nelle classi socio-economiche più basse e tra gli individui con un livello d'istruzione inferiore. Questo potrebbe essere attribuito a quel fenomeno descritto dagli autori inglesi come "downdrift", conseguente alla malattia.

Eziologia
Gli psicologi e gli psichiatri sono ormai concordi nell'attribuire la causa di questo disturbo a un complesso mix di fattori genetico - biologico - psicologici. Un aumento della produzione della dopamina sembra giocare un ruolo chiave nell'eziologia di questa sindrome tanto che è stata chiamata in causa l'ipotesi dopaminergica: i neuroni dopaminergici dell'area tegmentale ventrale scaricano molta più dopamina sui neuroni gabaergici situati nel sistema mesocorticale (corteccia prefrontale) e nel sistema mesolimbico (nucleo striato ventrale). Nel primo caso essendo presente sulla membrana post sinaptica dei neuroni gabaergici il recettore D1 per la dopamina si ha una iperattivazione di quest'ultimi i quali scaricando il neurotrasmettitore GABA sui neuroni glutammatergici porta ad una inibizione di quest'ultimi con conseguente rallentamento dell'attività prefrontale e comparsa dei classici sintomi negativi. Nel secondo caso essendo presente sulla membrana post sinaptica dei neuroni gabaergici il recettore D2 per la dopamina si ha una inibizione dell'attività gabaergica lasciando in questo modo il sistema limbico disinibito che porta alla comparsa dei sintomi positivi della schizofrenia. Nella popolazione cosiddetta sana la probabilità di sviluppare ex novo la schizofrenia si avvicina all' 1% del campione. Infine, non sono da sottovalutare le esperienze soggettive e il contesto familiare in cui il paziente affetto da schizofrenia viene allevato e in cui vive, poiché è dimostrato che l'ambiente è determinante nello sviluppo della malattia.

Ipotesi alternative in corso di studio
Tra le ipotesi delle cause fisiopatologiche della schizofrenia vi è un deficit e/o alterata funzione dell'acido folico che comporta:
- alterazioni della metilazione del DNA
- anormalità nella trasmissione glutaminergica [
- alterazioni della funzione mitocondriale
- deficit di folati
- iperomocisteinemia materna
Una recente ricerca ricerca indica una correlazione tra l'aumento di IL-6 e TNF-α con i livelli di omocisteina patologici dovuti alla mutazione genica C577>T dell'enzima MTHFR.
Goff, et al. 2004 mettono in relazione la comparsa della sintomatologia schizofrenica con un deficit di attività della glutamato carbossipeptidasi II (GCPII), enzima chiave per l'assorbimento dell'acido folico [14]. Mentre, un gruppo di ricerca del Massachusetts General Hospital and Harvard Medical School, di Boston, mette in relazione i sintomi negativi della schizofrenia con il deficit di acido folico dovuto al deficit dell'enzima MTHFR.
L'uso dell'acido folico nell'ambito della terapia complementare e alternativa (CAM), sembra avere un ruolo definito e interessante, certamente meritevole di ulteriori sviluppi di ricerca.

Esordio e decorso
La schizofrenia colpisce in media più frequentemente soggetti nella tarda adolescenza e nella prima fase dell'età adulta, ma alcune forme colpiscono prevalentemente persone adulte o di mezza età. I sintomi si manifestano generalmente prima negli uomini che nelle donne, anche se vi sono anche qui specifiche casistiche di incidenza femminile, ad esempio la schizofrenia catatonica "post-partum".
Il decorso della schizofrenia è considerato dalla maggior parte degli studiosi tendenzialmente cronico, con l'alternanza di periodi di acuzie e di remissione dei sintomi. Solo in rari casi è stata osservata la scomparsa dei sintomi; la frequenza e la durata delle esacerbazioni acute successive al primo episodio non sono prevedibili. Le situazioni di stress o l’abuso di sostanze possono causare la riacutizzazione (Linszen, 1994). I sintomi che precedono la riacutizzazione includono: disforia, isolamento, disturbi del sonno, ansia, idee di riferimento (Herz, 1985). Va pur detto che in molti casi la cronicità della malattia è solo presunta, essendo basata su dati clinici ed epidemiologici parziali. In assenza di una periodica catamnesi, i casi di guarigione sfuggono all’osservazione.
Decorso favorevole, remissioni più frequenti e prognosi migliore sono più probabili negli esordi acuti e floridi; scadenti capacità intellettive e livello socio-ambientale basso, sono elementi prognostici sfavorevoli; ogni qualsivoglia elemento deficitario significa decorso sfavorevole, remissioni meno probabili e prognosi peggiore.
- La maggior parte dei soggetti che sviluppano il Disturbo perdono il posto di lavoro, oppure interrompono gli studi e riducono al minimo i contatti sociali
- I soggetti che sviluppano il Disturbo provano livelli molto alti di sofferenza
- Il 10% circa di loro si suicida
- Il 75% circa di coloro che sviluppano il Disturbo viene preso in carico in maniera pressoché definitiva dai Servizi Psichiatrici nel giro di pochi anni dopo l’esordio.

La schizofrenia presenta un quadro clinico molto complesso, caratterizzato da:

Disturbi della forma del pensiero
Alterazioni del flusso idetico fino alla fuga delle idee e all'incoerenza. Esistono vari disturbi formali del pensiero:
- Accelerazione: aumenta la velocità associativa, aumento della produzione verbale, nei casi più estremi fuga delle idee.
- Rallentamento: contrario dell'accelerazione, diminuzione della velocità associativa e del contenuto idetico, nei casi estremi, arresto del pensiero
- Deragliamento: perdere il filo del discorso passando da un argomento all'altro
- Tangenzialità: risposte collegate ad una domanda in modo obliquo oppure completamente scollegate
- Illogicità
- Ridondanza procedurale
- Neologismi: utilizzo di termini coniati ex novo per indicare concetti del tutto personali
- Concretismo: incapacità di fare astrazione e ragionare su cose astratte come fede, famiglia, stato. Tendono a far riferimento sempre a cose concrete. Incapacità di interpretare proverbi o modi di dire

Disturbi del contenuto del pensiero
Il delirio: convincimento derivante da un abnorme errore di giudizio, impermeabile alla critica, spesso a contenuto bizzarro, talvolta sostenuto da allucinazioni uditive. Corrisponde ad un modello mentale della realtà svantaggioso, dal momento che le decisioni prese in base ad un delirio conducono a comportamenti inadeguati e quindi ad un adattamento di livello inferiore. Il delirio, per essere diagnosticato come tale, deve essere fermamente sostenuto dal soggetto delirante, anche se la realtà e gli altri soggetti ne dimostrano la falsità, è assolutamente immodificabile. Non viene considerato dal soggetto come patologico, perché è assolutamente uguale alle altre idee. Totale mancanza di critica. I contenuti del delirio possono essere vari. Abbiamo deliri di:
1. Persecuzione
2. Riferimento
3. Gelosia
4. Nichilistici
5. Controllo
6. Ipocondriaci
7. Religiosi
8. Grandezza

Disturbi dell'affettività
I disturbi dell'affettività comprendono:
- Atimia: apparente mancanza di risonanza affettiva del soggetto verso se stesso e verso gli altri;
- Labilità affettiva: cioè passaggio repentino dalla gioia alla rabbia o alla tristezza;
- Incongruenza affettiva: per cui le manifestazioni affettive non risultano appropriate fino alla paratimia, in cui le manifestazioni affettive sono di segno opposto rispetto a quelle che le circostanze giustificherebbero (es. ilarità di fronte a una notizia tragica);
- Ambivalenza affettiva: ossia l'attribuzione di affetti opposti e contrastanti, come ad esempio amore/odio, nei confronti di un'altra persona, solitamente un genitore o un altro familiare.

Disturbi della percezione
Sono rappresentati da allucinazioni, ovvero percezioni senza oggetto, che possono essere:
- Uditive caratterizzate da voci udite dal paziente, generalmente esse hanno caratteristiche minacciose e allusive verso il paziente stesso, fino ad imporgli di compiere determinate azioni (allucinazioni imperative) con pericolo in alcuni casi di suicidio, oppure voci udite dal paziente che conversano tra loro (colloquio di voci), senza rivolgersi a lui. Le voci possono anche parlare tra di loro sul paziente.
- Visive rare, solitamente causate dall'abuso di sostanze.
- Olfattive ancora più rare delle visive, spesso sono l'effetto di tumori cerebrali

Disturbi degli istinti
Sono riferiti al disturbo del controllo degli impulsi, quale incapacità di resistere ad un impulso o ad un desiderio che si presenta come impellente ed irrefrenabile. Possono essere identificati in:
- Cleptomania (bisogno patologico e irrefrenabile di rubare).
- Disturbo esplosivo intermittente (comprende una varia gamma di impulsi aggressivi e violenti nei confronti di persone o cose).
- Gioco d'azzardo patologico (compulsione ossessiva al gioco d'azzardo).
- Piromania (produrre incendi con intenzionalità).
- Tricotillomania (insopprimibile azione di strapparsi capelli o peli del corpo).

Disturbi dell'azione
Sono classificabili in tre categorie:
- Immobilismo - acinesia
- Perseverazioni
- Afinalismo

Disturbi della sessualità
In questa sfera la persona schizofrenica incontra molte difficoltà; di conseguenza, così come avrà problemi nel fare amicizia, avrà anche molti problemi nel trovare un partner stabile con cui avere un rapporto sessuale soddisfacente. Per questo spesso alcuni pazienti schizofrenici vivono una vita sessuale promiscua, avendo rapporti occasionali con più persone. Molto spesso invece capita che il malato si fermi a una sessualità tipicamente adolescenziale, facendo quindi ricorso alla masturbazione. Altre volte invece la persona si lamenta della caduta delle sue capacità sessuali, ma si tratta quasi sempre di un effetto collaterale degli antipsicotici.

Terapia
La terapia può essere effettuata con farmaci neurolettici (antipsicotici), i quali agiscono soprattutto sui deliri e sulle allucinazioni, diminuendo il senso di angoscia e le reazioni aggressive. Alcuni antipsicotici specifici possono essere d'ausilio anche in una moderata riduzione dei sintomi negativi. Antipsicotici atipici, o di nuova generazione, sono: la olanzapina, la clozapina, il risperidone, lo ziprasidone, la quetiapina, ed i recenti aripiprazolo ed amisulpiride.
Tra le terapie farmacologiche di supporto, recenti lavori scientifici confermano un ruolo per l'assunzione di acido folico come precursore chiave per la sintesi dei principali mediatori chimici della patologia psichiatrica; nonché come modulatore delle anormalità nella trasmissione glutaminergica, e nelle frequenti alterazioni della funzione mitocondriale presenti in corso di schizofrenia. Infine, cosa ormai nota per la correzione dei deficit dei folati presenti in corso di schizofrenia.
È indicata anche la psicoterapia, che può coinvolgere o meno familiari e conoscenti, allo scopo di individuare eventuali difficoltà relazionali col malato e gestire il suo isolamento. Inoltre la psicoterapia può aiutare il paziente a contestualizzare il problema e le risposte dell'ambiente, rendendolo maggiormente autoconsapevole, facilitando il contatto di realtà e rinforzando l' io.
Le terapie del passato, come le applicazioni elettroconvulsivanti (elettroshock) e l'insulinoterapia, non hanno mai dato risultati apprezzabili e sono sempre meno impiegate. Va detto che la TEC (terapia elettroconvulsivante) viene ancora oggi utilizzata nelle forme particolarmente resistenti ai farmaci, sebbene in condizioni molto più controllate di quanto non si facesse in passato.
I principali componenti per il trattamento della schizofrenia sono tre:
1. Farmaci, per alleviare i sintomi e prevenire le ricadute.
2. Interventi educativi e psicosociali, per aiutare i pazienti e le loro famiglie a risolvere i problemi, confrontarsi con gli stress, rapportarsi con la malattia e le sue complicanze, ed aiutare a prevenire le ricadute.
3. Riabilitazione sociale, per aiutare i pazienti a reintegrarsi nella comunità e riguadagnare le capacità sociali ed occupazionali.



(Fonte Wikipedia)
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Schizofrenia

Messaggioda Laragazzaconilcuoreinmano » 07/09/2014, 16:12



Apprezzo gli articoli che pubblichi anche se sono così lunghi che dopo due o tre diventano un libro di geografia per favore riesci a riassumere? Grazie
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