"Assault on Precinct 13- Distretto 13: Le brigate della morte"
Thriller, CULT, 1976, John Carpenter, Usa.
“La lotta fine a sé stessa basta a riempire il cuore dell’uomo” Albert Camus
“Chi mai vorrebbe sparare ad una stazione di polizia?”-Julie
Uscito nel 1976, “Distretto 13:Le brigate della morte” nato per essere soprattutto un moderno remake di “Rio Bravo”(Un Dollaro d’onore, tit. italiano)(’58) di Howard Hawks, classico che non necessita di presentazioni, è diventato invece uno di quei film che ha influenzato maggiormente e decisamente il cinema d’azione degli anni’70 e ’80. La storia è lineare e senza fronzoli, poliziotti e cosìddetti “criminali” si trovano costretti dalla situazione ad affrontare l’assalto notturno da parte di spietate gang di assassini a sangue freddo, ad un distretto-avamposto di polizia in smobilitazione, situato nel quartiere più pericoloso di Los Angeles, il quale è in preda alla criminalità spietata delle gang del “Vodoo” e dello “Street Thunder” (da qui il titolo originale di lavorazione, “The Anderson Alamo”, da Anderson il nome del ghetto in cui è ambientato il film, ad Alamo, suggestivamente riecheggiante appunto l’assedio al celeberrimo forte texano da parte delle truppe messicane del Gen. Sant’Ana, uno degli archetipi fondanti dell’individualismo identitario americano.), -geniali e memorabili già i nomi delle bande, il secondo tradotto in italiano in un “quasi”egualmente riuscito “…quelli della Tuono verde”.
Bene, questo è secondo i più anche possibilmente il miglior film di Carpenter, con l’eccezione soprattutto di “The Thing”, e di “Escape from New York”…Io non sono certo il più indicato a stilare di queste preferenze, perché i film di Carpenter gli amo praticamente tutti allo stesso modo, ma non posso non riconoscere da sempre che proprio “Assault on Precinct 13” è uno dei miei film preferiti in assoluto, e certamente non soltanto tra quelli di Carpenter. Innanzitutto non è da sottovalutarne uno degli aspetti principali, in quanto “Distretto 13” è uno dei film che ha provato maggiormente come nella storia del cinema non ci sia poi sempre stato il bisogno di tutti questi budget multimilionari per fare un film grandioso, ancora innanzitutto, se si hanno in più tali performance degli attori, a partire ovviamente da Darwin Joston, l’immenso interprete del grandioso character Napoleon Wilson, ma anche a puro titolo di esempio per il più importante ruolo femminile nel film, Laurie Zimmer, che è incredibilmente carismatica. Ed è ancora maggiormente incredibile che questi attori, i quali a parte Austin Stoker –Lo Sceriffo Bishop, il quale era ed è un noto interprete del cinema di genere americano, in particolare della blaxploitation (con titoli importanti nei filoni tra i tanti ad esempio, come “Zebra Killer”(’74) di William Girdler, “Horror High”(’74) di Larry N.Stouffer), non abbiano praticamente più preso parte al cast di altri film (ma questa appunto, non era la Hollywood mainstreamers. Joston comunque era amico di Carpenter, e avrà un ruolo anche in “Fog”, pur se certamente avrebbe meritato tanto di più, visto che nel personaggio di Napoleone Williams dimostra un tale stile e delle tali capacità, oltre che un appeal maggiore di ogni altro attore sul suo tipo, di quel periodo ). Un’altra –fra le tantissime- delle qualità più affascinanti di questo capolavoro è la commistione bizzarra, ma mai altrettanto riuscita, fra il film d’ambientazione distopica sulla violenza metropolitana, e i topòi e gli /”stereotipi” addirittura del “western classico”, al cui modello hawksiano l’intero cinema carpenteriano si rifà molto…Un modello “ibrido” e di una tale lucentezza che con il suo splendore quasi offusca il grandissimo modello a cui si vuole “rifare”, con l’intento dell’omaggio..Altre “tracce” ineludibili sono quelle del “New horror cinema” e basilarmente a “La Notte dei morti viventi”, per il famoso modo con cui ha raffigurato le bande del Voodoo, che fuoriescono nei loro “assalti” dall’oscurità, quasi “invisibili” come gli zombies romeriani di “Night..”, ad ondate, ma anche senza lasciare traccia dei loro caduti che prontamente rimuovono, oltre a non fare praticamentealcun rumore se non dei vetrio rotti poichè dotati esclusivamente di armi silenziate…Magistrale resa visiva e sonora della tipica situazione carpenteriana dell’”assedio”, che tanto getterà le basi per tutto il suo successivo e quantomai celebre, “cinema dell’angoscia”…Comunque, una delle cose che maggiormente saltano agli occhi è il fatto che “Distretto 13” è un film che ha mantenuto intatta la sua “freschezza”, con il ritmo già tipico di Carpenter, il quale non ti dà respiro pur prendendosi in pratica tutta la prima mezz’ora di magistrale descrizione per preparare lo spettatore all’esplosione dell’azione che sarà poi il fulcro irresistibile della trama nella seconda parte. Ogni personaggio è scritto superbamente e possiede, messi loro in bocca, dei dialoghi laconici e “definitivi” –i quali sembrano anch’essi solo degli “archetipi” di cui far parte,ma non lo sono, perché descritti così bene che sono divenuti loro stessi la base, il modello, per tutti i “characters” carpenteriani successivi –e non solo- di ogni suo film, fino al Desolazione Williams /Ice Cube di “Fantasmi da Marte”…E proprio riguardo a ciò, Napoleone Williams/Darwin Joston di “Assault” rappresenta proprio il personaggio dell’eroe-antieroe carpenteriano alla perfezione.
Per quanto riguarda i cattivi, e qui lo sono davvero, abbiamo in “Assault” i più terribili del cinema di Carpenter, con Frank Doubleday-“White Warlord”, (la bellissima definizione del suo personaggio nei crediti originali), che è rimasto e rimarrà nella memoria per quella sequenza oramai talmente famosa in cui ammazza a sangue freddo, sparandogli con una –mi pare- Magnum 45 Smith & Wesson silenziata e senza praticamente nemmeno guardarla, alla bambina Kathy -Kim Richards. Quanto “costò”a Kathy quel gelato alla vaniglia… E quale ulteriore spargimento di sangue dopo la vendetta armata del padre della bambina (l’ottimo Martin west).
Quale. sorprendente premessa solo all’apparenza semplice, per ciò che scaturirà da questo inutile e brutale atto di spietata violenza, uno scontro armato di spettacolari dimensioni nei più sinistri e trucidi bassifondi di Los Angeles.
Ed è proprio, anche per questo, per il suo riuscire ad assurgere alle vette di un “fantastico sociologico”(ma nemmeno poi tanto), che “Assault…” si è totalmente superato nella dimensione “definita” di film d’”exploitation”. La forza dirompente di questo film, e l’eccezionalità della sua colonna sonora lo avrebbero da subito reso qualcosa di troppo “cool” per poter rientrare in nessun “filone” o “moda”, ma casomai, per dettarlo/a e influenzarlo/a, essendo un film dalla personalità troppo forte, unico.
E fu anche per questo, e per la sua perentoria affermazione, che avrebbe poi avuto un’illimitata influenza su tutti i lavori successivi di Carpenter, essendo riuscito a diventare ben più forte e potente di qualsiasi altro film che abbia deciso di percorrere le sue dure strade, e alla sua maniera. E’ certamente un film violento, ma di una violenza che irrompe e sparisce quando meno te lo aspetteresti, stilizzata, iperrealista, -guardare per capire appunto la famosa scena del gelato alla vaniglia-, che tanto fastidio dette al pubblico americano -non a quello europeo- determinandone il rifiuto, e l’insuccesso iniziale del film, facendogli attribuire dalla MPAA (il potentissimo ente di classificazione “censoria” americano, il severo “R-Restricted”). E ri-vedendolo, è abbastanza chiaro quanto e come abbia influenzato certe raffigurazioni visive e stilizzate della violenza “molto a sangue freddo” (anche fino ad altri celebri capolavori come “Le Iene -Reservoir Dogs” di Tarantino), degli allora “nuovi” criminali, più spietati e amorali –come ci viene detto ad un certo punto anche nel film- di quelli della “vecchia scuola” alla Napoleone Wilson e Wells/Tony Burton (altro grande caratterista nero del cinema americano, dalla saga di “Rocky” in cui è l’imperituro trainer di Apollo Creed, addirittura nelle famose scene contenute esclusivamente nella versione cinematografica Usa di 144’ di “Shining” di Kubrick), i quali avevano una loro etica e una loro morale oltre che un codice, e soprattutto, come dirà proprio Wells, non sono dei pazzi resi così dalle droghe, come “quelli delle bande del Vodoo”.
Ri-vedendolo anche a distanza di 35 anni, si nota bene come contenga talmente tanta tensione da bastare oltre che per un film di 90' qual’è, almeno per altri due, non facendoci mancare proprio niente, perché oltre alle scene veramente shockanti quando devono esserlo, c’è uno spirito ironico molto a là Carpenter, arrabbiato, lucido e spietato, ovviamente proveniente in primis dal solidissimo personaggio di Napoleone Wilson, ma tanta grinta dei personaggi anche nelle situazioni più all’apparenza disperate (anche questo, cristallinamente a là Carpenter, e molto molto di più di quello che qualcuno potrebbe aspettarsi di trovare e leggere in un film del “genere”, che fuoriesce da esso e da ogni altro tipo di esperimento, nel'ambito dello stesso “genere”, in quanto supera qualsiasi altro “esercizio” precedente). Questa infatti, è sempre stata una delle più grandi abilità di Carpenter, da un soggetto apparentemente “senza pretese”, dandogli il giusto credito -era per lui il primo vero lungometraggio cinematografico- a lui e alla sua strepitosa regia, si è ottenuto alla fine un nuovo “classico” nel solco e nello spirito di altri classici, dei “vecchi film”, a cui Carpenter si era volontariamente ispirato, amalgamandone genialmente i molti ingredienti.
In breve, “Assault” è forse, davvero il maggior film di culto di Carpenter, quello -assieme solo ad alcuni altri-, dalla più grande influenza per moltitudini di altri film e registi ad ogni latitudinei, da parte di un cineasta veramente unico quale egli è, inimitabile, e che già con il preziosissimo esordio di “Dark Star” aveva dimostrato un suo potentissimo e riconoscibilissimo, stile personale.
Quando il film venne distribuito la prima volta in Italia, nella primavera del 1979, il “genialaccio” Luigi Cozzi (che comprò i diritti per la distribuzione del film con la sua piccola, ma lungimirante e combattiva casa di distribuzione, già distributrice tra gli altr, di titoli importantissimi della fantascienza come “2002:La Seconda odissea”[Silent Running]’72di Douglas Trumbull, “Kobra-Sssssnake!”’73di Bernard L.Kowalski, “Fase IV:Distruzione terra”[Phase IV]’74 di Saul Bass e molti altri), pensò bene di dargli il titolo”Distretto 13:Le Brigate della morte”, molto meglio di “Le Squadre” che avrebbe potuto persino fare pensare a qualcosa di “sudamericano”, o tantomeno “Le Bande”, ma a Bologna o a Torino –non ricordo esattamente bisognerebbe andare a ricercare, lo lessi per caso in un vecchio “Corriere della sera” del’79-, città dove le BR erano particolarmente attive e presenti in quel caldo (ma non di clima) 1979, a qualcuno l’idea del titolo e i manifesti del film non piacquero affatto o furono ritenuti comunque troppo provocatori..Tant’è che un cinema in cui veniva proiettato si ritrovò la facciata completamente bruciata..Quindi, non è assolutamente vero, come scrive la voce sul film di Wikipedia, che non è mai uscito al cinema in Italia, ma solo in vhs “per iniziativa di piccole case di distribuzione” fino al 2008, anno di uscita del primo dvd italiano, e in sala solo nel 1999 per una proiezione al Torino Film Festival!! Ma che enorme panzana!!! Corretta tutte le volte, la rimodificano seguendo la balzana panzana originaria, meno male che dovrebbero almeno verificare le loro fonti!
Basta andare subito su IMDB.com, ci sono le date persino della re-release cinematografica italiana del 1982, ma poi anche, i manifesti le locandine, le foto italiane dell’epoca che sono anche in mio possesso, le recensioni e i flani dei quotidiani di quei stessi giorni, compresa quella su Panorama di Kezich che, in questo caso, molto lungimirantemente, si sperticava addirittura in esaltazioni e salutava il probabile avvento di un nuovo giovane, grande regista. Come in effetti è avvenuto.
Tra l’altro, se vedete una delle locandine italiane per l’uscita cinema ’79 vedrete che c’è disegnato un’inconfondibile Clint- Callaghan con 44Magnum “posata”, e in quella principale, più famosa, sempre bellissima, disegnata, c’è uno dei “punks” della Voodoo con un gancio da angiporto in mano che sovrasta la skyline notturna della città, bè, il sinistro nerovestito è in tutto e per tutto con la faccia del Carpenter di quel tempo..! Misteri curiosissimi e mai disvelati di una spregiudicata strategia di “marketing” come si direbbe oggi, della distribuzione cozziana di quegli anni.
P.S.:Il nome del montatore “John T.Chance”, dietro il cui pseudonimo si cela lo stesso Carpenter, è il nome del protagonista interpretato da John Wayne appunto in “Un Dollaro d’onore”…
Menzione ineludibile e prioritaria per la colonna sonora elettronica e syntho-groove composta dallo stesso Carpenter, una delle dieci migliori e più celebrate,campionate, “coverizzate”, ma anche vendute, colonne sonore originali mai realizzate per il cinema, secondo i risultati di varie classifiche di riviste di cinema anglosassoni ma anche e soprattutto qui in rete.
Appena ripubblicato dalla sempre benemerita Scream!Factory in un combi dvd+Blu-ray Area A, in un'edizione "Collector's Edition" contenente nuove interviste ad Austin Stoker e a Nancy Loomis.
Cupio Dissolvi