da Ātman » 10/09/2016, 21:13
La domanda presuppone tra noi e Dio un dualismo che a mio avviso è solo un passeggero errore di percezione, un'amnesia.
Certo, finché dura l'errore, si ha il tempo di visitare molti inferni.
Ma forse è questo lo scopo del gioco.
...una volta iniziata la manifestazione, sono iniziate anche infinite possibilità, e fra le infinite possibilità che la manifestazione universale ha la funzione di elaborare, una di queste è stata ovviamente la negazione, l'apparente negazione effettiva (con tutte le sue conseguenze) del Potere, della Luce, della Pace e della Beatitudine.
Se si chiede perché tale negazione, anche se era solo una possibilità, sia stata accettata, la risposta più vicina alla Verità cosmica che l'intelligenza umana possa formulare è che nelle relazioni o nel passaggio dal Divino nell'Unità al Divino nel Molteplice, quest'infausta possibilità è divenuta a un certo punto inevitabile. Infatti, una volta che appare, essa acquista per l'Anima che scende nella manifestazione evolutiva un'attrazione irresistibile che crea l'inevitabilità — un'attrazione che, in termini umani e a livello terrestre, potrebbe tradursi con il richiamo dell'ignoto, la gioia del pericolo, della difficoltà e dell'avventura, la volontà di tentare l'impossibile, di realizzare l'incalcolabile, la volontà di creare il nuovo e l'increato con il proprio essere e la propria vita quali materiali, il fascino degli opposti e della loro difficile armonizzazione — tutte cose che, tradotte in un'altra coscienza, sovrafisica, superumana, più alta e più vasta di quella mentale, hanno costituito la tentazione che ha portato alla caduta.
Per l'essere originario di luce che si accingeva a discendere, le uniche cose ignote erano infatti le profondità dell'abisso, le possibilità del Divino nell'Ignoranza e nell'Incoscienza. Dall'altro lato, nell'Unità divina, c'era una vasta acquiescenza compassionevole, consenziente, soccorrevole, una conoscenza suprema che questa possibilità doveva essere, e che, essendo apparsa, doveva realizzarsi, che la sua apparizione faceva parte in un certo senso di un'insondabile, infinita saggezza, e che se l'immersione nella Notte era inevitabile, l'emersione in un nuovo Giorno senza precedenti era anch'essa una certezza, e solo così poteva essere effettuata una sicura manifestazione della Verità suprema — attraverso un'elaborazione dei suoi opposti fenomenici come punto di partenza dell'evoluzione, come condizione posta per un'emersione trasformatrice.
(tratto da: Sri Aurobindo - L'Enigma di questo mondo)