Piango spesso. Ho sempre avuto la lacrima facile, e non me ne sono mai vergognata abbastanza dato che, dopo aver pianto, le emozioni negative se ne vanno via e tutto mi sembra più calmo, più limpido, quieto.
A volte però sto molto male. Sto così male che inizio a piangere tantissimo. Piango anche due ore di fila senza riuscirmi a fermare, ma più piango peggio sto; a un certo punto, in genere dopo la prima ora, inizio a sentirmi un nodo in gola, qualcosa che diventa sempre più pesante e si ferma da qualche parte tra il collo ed il torace, che mi impedisce di respirare. Inizio a boccheggiare, mi manca l'aria, dio santo sto soffocando. E nonostante stia soffocando non riesco a smettere di piangere, di tremare, di pigolare come un pulcino.
Allora capisco che devo fare qualcosa, che devo interrompere questo circolo vizioso prima di morire soffocata dalle mie stesse lacrime, che sarebbe davvero una morte di merda e che cavolo, io voglio morire nel sonno in pace a 90 anni.
Basta anche un solo taglio. Appena inizio a sentire dolore riapro gli occhi, mi calmo, sento i polmoni che mi si aprono come quelli di un neonato al suo primo vagito, sento fisicamente il nodo che si scioglie. Respiro di nuovo, io sono ancora viva. E' bellissimo, anche se il dolore lo odio. E' come rifiorire.
Non ho una grande stima di me. Tutto sommato, comunque, mi perdono un sacco di errori, perché non siamo mica perfetti e chi dice di esserlo è un cretino fatto e finito. Convivo bene con me stessa, credo. E' un pensiero lineare, razionale, bellino proprio.
A volte però qualcosa, in questo bel ragionamento tutto filante, si intoppa. Rimane fuori un filo, che inizia a tirare con sè altri fili, poi altri ancora ed altri ancora finchè tutto il tessuto non si storta ed esce dalla macchina e va a ficcarsi in mezzo agli ingranaggi. E manda tutto a puttane.
Viene fuori come una vocina che inizia a dirmi che è tutto sbagliato, che io sono sbagliata, che mi devo vergognare. Che sono una stupida, che non merito di essere amata, che anzi merito solo di soffrire e tutte le cose brutte che mi capitano mi stanno proprio bene, me le sono cercate io. Che se non avessi detto, che se non avessi fatto, che se mi fossi comportata così e colà ora starei molto meglio. Che sono una buona a nulla, che riesco sempre a rovinare tutto e finisco per far soffrire chi ancora, non si sa per quale scherzo del destino, mi vuole un po' di bene. Che, in due parole, sono patetica, schifosa.
Qui di tagli ce ne vogliono almeno due. E intanto mi devo ripetere che sono stupida, stupida, stupida, e mi sento stupida anche a farlo in realtà, il che rende tutto ancora più grottesco. Il dolore lo odio sempre, qui me lo merito. Quando ho finito mi sento leggera; ho espiato le mie colpe e posso permettermi di camminare di nuovo a testa alta, di perdonarmi un sacco di errori, di convivere di nuovo bene con me stessa. Almeno fino al prossimo filo storto.
A volte sto molto male, ve l'ho gia detto no? La parte spaventosa è questa.
Sto molto male dicevo, e inizio a piangere, e mi dispero, e mi sento soffocare come se mi avessero parcheggiato un'automobile sul petto, e preferirei essere sventrata come un capretto piuttosto che continuare a stare in quel modo. Però non mi taglio; perché che c***o ormai sono vecchia per ste cose, perché posso farcela anche da sola, perché qualcosa sotto sotto mi dice che non devo farlo e che è sbagliato. Incredibilmente la tempesta passa, senza lasciare morti nè feriti, senza uccidermi. E il mio cervello, istantaneamente, fa scendere su tutto quel dolore una cortina di nebbia spessa spessa, tanto spessa che inizio a dubitare di me, di aver davvero sofferto così tanto.
Già. Io non ho sofferto davvero, sono un'esagerata, drammatizzo un po' troppo i piccoli momenti di sconforto che tutti abbiamo. Quindi non sono malata, non ho bisogno di chiedere aiuto, va tutto bene, è tutto normale. Non chiedere aiuto, ripeto, non chiedere aiuto.
La volta dopo sono punto e a capo, pianto-disperazione-aiuto soffoco-qualcuno mi ammazzi o mi ammazzo io.
Stavolta però non mi freghi, bastardo. Facciamo tre tagli, belli profondi però. Incidi la pelle finchè non esce il sangue, scava nella carne che diventa morbida come il burro, fatti più male che puoi; non lasciare che il tuo corpo dimentichi tutto questo e che la tua mente lo nasconda ancora, fallo per te, ti prego.
La tempesta è passata. Sulla spiaggia, stavolta, tra le alghe è rimasta la scia di qualcosa di strano, indefinito, che il mare si è già ripreso ma che era lì, era davvero lì. E io ho bisogno di qualcuno che venga con me a trovarlo, che mi aiuti a dargli un nome, che mi protegga se ha i denti.
Non posso più fare finta che sia tutto normale, guardando quelle impronte sulla sabbia.
Ecco perchè mi taglio.