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Messaggioda Royalsapphire » 12/04/2014, 17:28



Marco Inviato il: 7/7/2012, 14:12 ha scritto:Ho 28 anni, e vivo in questa situazione praticamente da sempre.Già da piccolo (2~3 anni) vivevo l'angoscia del Disturbo Bipolare associato a Disturbo Dissociativo d'Identità di mio padre. Mia madre ha sempre cercato di farmi sentire felice, apprezzato...però...i bambini sentono queste cose. Sempre. Hanno tutto istinto, niente raziocinio.Non ho mai sentito di avere un padre normale. Di quelli che giocano con te, scherzano, ti vogliono felice. Non ho sinceramente ricordi di momenti di felicità con lui, non so se li ho voluti rimuovere o ci siano mai stati...Ricordo solo le urla, le botte quando "giocavo troppo", o "facevo troppo rumore" o ero semplicemente felice (e forse lo infastidiva). Non pensate a corse in ospedali o cose così estreme. Però i lividi delle cintate e il trauma psicologico c'erano, e si vedono ancora.La mia prima infanzia è stata addolcita da mio nonno e da un caro amico di famiglia. Non mi hanno dato tantissimo, ma ne ho saputo far tesoro e apprezzare la vita. Da mio nonno ho preso l'amore per la semplicità. Penso la bellezza stia nelle cose semplici...ancora oggi. L'amico di famiglia, scomparso qualche anno fa, m'ha dato una vaga idea di cos'è un uomo e soprattutto il senso di dignità verso la vita e la diversità (a prescindere da cosa sia la diversità).Arrivò poi mio fratello. Abbiamo 2 anni di differenza, siamo cresciuti come amici. Iniziavo a sentire responsabilità. Qui iniziano i miei guai.Perchè star male per te stesso...lo sopporti, ti ci abitui, diventa normale. Voler bene a qualcuno ti impone di proteggerlo. E così, a 4~5 anni facevo il fratello maggiore. Lo aiutavo a scappare quando lui voleva darcele...ho sviluppato, col tempo, un istinto che mi spinge sempre ad essere teso, concentrato su tutto l'ambiente circostante. Sempre sulla difensiva, sempre chiuso, quello che fa il duro per non dover avere a che fare con gli altri. Isolandomi e cacciando via chi si avvicinava.Il tempo passa: inizia la scuola...altri problemi. Difficoltà ad integrarmi, anche se gli altri mi prendevano ad esempio (ero già alto il doppio di loro). E col tempo anche lì, ogni volta quei "Come sta tuo papà?" e non capire nemmeno a che si riferissero (pensavo casa mia fosse normale...che volete...poco più di 6 anni). Nonostante tutto ero sempre tranquillo...troppo. "Castrato" della curiosità infantile, della vivacità, del sapersi divertire in modo sano e giocare (cosa che tutt'ora non so fare).E coi primi compiti iniziano anche i primi giudizi. Avere ottimi voti (ero bravo), essere educato, tornare a casa, mostrare orgoglioso il frutto del mio lavoro e rimediare da una parte "Solo? Per questa cosa qui? ..." e dall'altra "Sei bravissimo! Continua così che sono felice per te!". E così nessuno mi ha mai insegnato cos'è il bene e cosa è il male...e le cose che vanno bene e vanno male.I suoi primi ricoveri. Questi li ricordo in maniera confusa. Ricordo solo le urla di lui, parenti per casa che correvano pure loro...in piena notte. Le sue assenze da casa. Non sapere dove fosse finito. Tutto sommato era quasi triste, ingenuità di un bambino.E va avanti così, sino agli ultimi anni di elementari\primi anni di medie.Sempre ottimi voti, chili di troppo che m'hanno rovinato la pelle con smagliature da far invidia a donne incinta, mai un amichetto per casa (quale genitore sano avrebbe mandato suo figlio in un posto del genere? Io no).I compleanni: quelli sono sempre stati una carnevalata. Tutta la famiglia che si riuniva, a farmi gli auguri, portarmi regali. Ma non servono a nulla a un bambino che ha bisogni diversi. Ad oggi sono incapace di festeggiare i miei compleanni. Mi riprometto "Appena trovo una persona che mi sa far felice riprendo!"...ma non è ancora arrivata.Sino ai 10~11 anni intrappolato in questa situazione. Poi, una sera, mentre colpiva col cinto mio fratello, steso a terra che scappava, lui scansa mia madre sul tavolo, e lei inizia a piangere. Mi paro davanti a lui e "Se rifai piangere mamma t'ammazzo!". Da allora smise di usare il cinto e di picchiarci. Cinto che feci a pezzi e gli feci ritrovare ben volentieri.La scuola sempre bene, sempre pieni voti. La cosa triste è che m'ero convinto di poter fare di più. E così l'Ottimo non mi bastava più. Cercavo sempre oltre. Ma se prendi un limone, lo spremi per prendere tutto il suo succo e continui...lo distruggi. Penso di aver fatto quella fine.Tutti crescevano felici, con amici, passioni...e poi c'ero io. Quello che s'ammazzava di studio, che parlava solo per le interrogazioni. La buona nota è che nessuno m'ha mai bullato. Grosso e alto com'ero veniva male, penso sia stato per quello. Fossi stato basso e gracilino avrei avuto anche quello.A casa sempre peggio. Mia madre iniziava a sentire il peso. Doverlo andare a trovare (anche noi)...vedere anche gli altri malati. Non voglio svilire i malati, ma siate onesti: quale bambino dovrebbe aver bisogno di conoscere i malati? ...Dovergli "voler bene" perchè gli fa bene. E' stato allora che l'ho perdonato...per quando mi faceva del male, da malato. Quando stava bene aveva comunque un carattere di m*rda! Quella era una sua scelta: e così io scelgo di non dargli alcun rispetto e dignità come persona (sana).Intanto, mentre tutti i 15enni, coetanei, sono alle prime cotte, sesso\amore, autostima a mille, si mettono in mostra...io ero quello intelligente, bravo a scuola, sempre chiuso a casa o che sta zitto.Le superiori. Nulla da notare. Uno\Due ricoveri nei 5 anni di scuola. Molta pace. Noia. Natali e festività in genere piene dei suoi deliri, e sopportarli, in silenzio. Capivo che la mia famiglia non era una famiglia. Mi butto sullo studio "Non sei fortunato in altro. Studia, fatti un nome, e gli altri ti apprezzeranno da grande..." mi dicevo. In 5^ un'altra crisi. Coltelli, forbici, punteruoli che spariscono da tutta la casa, cassette di sicurezza chiuse in auto, fogli, diari, insulti pesanti. Dico a mia madre di fare le valigie: scappiamo a casa dei miei nonni materni. Non sto nemmeno a descrivere che Babilonia...Carabinieri, zii paterni che chiamano per farci tornare, zii materni che provano a portarci via, minacce di morte...E così va a fo**rsi anche lo studio. Manco per circa 3 mesi, vivo con mia madre e mio fratello in una stanza 4 metri per 4. Un anno.La causa di seperazione. Il tribunale. Doverlo andare a trovare...e ogni volta l'unica cosa che si degnava di fare era un sorriso falso e dirmi "Pulisci qui, qui e qui."...prima di un pranzo disgustoso e senza sapore.Alla fine mi diplomo: 62\100. Esattamente come mi aspettavo, per farmi una vita migliore. Mi crolla il mondo addosso. Siamo anche costretti a tornare a casa, da lui, perchè i soldi non bastano, e una mia zia fa la st*onza a discapito di mia madre.Mia madre diventa depressa cronica. E regolarmente, ogni 5\7 mesi ci ricasca. E devo fare il suo lavoro di casalinga, perchè agli altri non frega. E devo aiutarla perchè piange e nessuno la fila (e questo ancora oggi...dopo 10 anni). Ma non so nemmeno io perchè lo faccio. Spesso mi chiedo non fosse stato meglio imbottirmi di farmaci, diventare cattivo e anzichè affrontare i problemi esserne scappato...come fan tutti.Passa un'annetto. Sembra arrivata una cosa buona: una ragazza a cui piaccio! E anche tanto. Nonostante io fossi 20enne e lei appena 16enne (parliamo di 4 anni di differenza). Usciamo per un mesetto. I baci, le coccole, provocarla sessualmente. Mai concludere. Mai uscire in mezzo ad altre persone, perchè io non ci so stare, sempre soli. A parlare di noi, o baciarci.Mi arriva la chiamata dall'Esercito, per la leva. Decido per l'Obiezione di Coscienza.Allontanarmi da lei di 100km. Prendere un treno, ogni finesettimana, spendere quei 100€ mensili per i biglietti e andarla a trovare (vi ricordo che non guido). Dormire la notte in strada, tra alcolizzati, tossici e tassisti che si fermano a chiedermi se sono curioso di provare un p*mpino. Solo per stare mezz'ora in più con lei, e perdere l'ultimo autobus, sino alle 6 del mattino successivo. Dopo due mesetti..."Se fossi str***o saresti perfetto..." e io che la trattavo così bene. Dopo un altro incontro, dove m'ha praticamente fatto a pezzi, cercarla ancora, mollarmi per cellulare. E lì la rottura definitiva. Morirne...dentro...come uomo. Ancora una volta fallito.Intanto mi deprimo, ma sto in una Casa d'Accoglienza. Vivo coi carcerati in pemesso, senzatetto o persone che hanno grossi problemi nella vita. Dormivo lì. Mangiavo lì. Erano la mia nuova famiglia. Per 12 mesi. I miei colleghi erano simpatici...mi aiutavano. Intanto la "depressione amorosa" m'aveva isolato dalle amicizie fatte durante le superiori. Io sono così. Sparisco. Nessuno sa mai se e quando tornerò. Capitò una volta mi diedero per morto.I mesi passano. Avanti e indietro, ogni settimana. Finisco il mio Servizio Civile. Si torna a casa...Essere messo alle strette "Università o vai a lavorare! Non fai un c*zzo da mattina a sera, dici solo c*zzate e non servi a nulla!", sentirmi incapace. Essere considerato omosessuale, dai miei. Non che ci sia qualcosa di male nell'avere gusti diversi, ma penso sia come obbligare un omosessuale ad essere etero. E' vile. "Se sei confuso, e non capisci se ti piacciono gli uomini, vai dal dottore...TI CURA!". Perchè poi...mah.Riallacciare con le amicizie, e non starci bene. Provarci con le ragazze, e sentirmi invisibile. Mi butto sull'alcol. Il mio "divertimento" era diventato bere, sino allo svenimento. Ritrovarmi sbattuto fuori dai locali, o steso sul marciapiede perchè non mi reggevo in piedi.Provare, e riprovare, ad essere normale. Sparire e tornare, ricadendo sempre sull'alcol.Ora sono 3\4 anni, che sto praticamente chiuso in casa. Non guido (anche se ho la patente), lavorare (come ci vado e chi mi assume? Ho lavoricchiato senza patente...ma non dura), amici zero, ragazze sottozero, il quadretto familiare è sopradescritto.Un mesetto fa pensavo seriamente al suicidio. Prendere il coltellaccio in cucina e ficcarmelo dritto sullo sterno, di notte, quando mio fratello non è ancora tornato, il sabato sera che fa mattina. Aver voglia di piangere e non riuscire a fare nemmeno quello. Fallire anche nel compatirmi.Tutto perchè per un minuto, e dico seriamente, 60 secondi ho pensato "Io vorrei solo amare, ed essere amato un po'. Perchè io no?".Quando sto a casa e mi isolo faccio autoanalisi. Cerco di capirmi. Stavolta spero sia risolutivo. Voglio almeno vivere in pace con me stesso. Con gli altri probabilmente non riuscirò mai, non ci sono stato educato, abituato, non ne ho avuto esempi...Ma amarmi, piacermi, sarebbe già tanto. Lo faccio soffrendo, evitando le medicine (che hanno fatto bei risultati sui miei). Tengo duro, spero solo di riuscire ad andare avanti.
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