Sono una ragazza di 20 anni da nove mesi priva della gamba destra amputata a causa di un incidente, non sto a raccontare quello che ho passato insieme ai mie familiari, voglio dire soltando che questa esperienza ha rafforzato la mia fede che mi sta aiutando molto e mi ha reso una persona migliore, e non perché i disabili siano migliori. Ho capito l’importanza dei dettagli, la bellezza di uno sguardo al mare. Se ti metti a pensare e ripensare, stai male. A me la rabbia viene quando penso al mare. Non ci vado più. La gente non è pronta a guardarmi. Mi manca il calore della sabbia sotto il piede, l’acqua. Lì non reggo, e devo cambiare pagina. C’è una parte della mia mente che è nascosta, butto via quello a cui non voglio pensare. Una delle prime domande che ti fai, dopo un trauma del genere, è: riuscirò a fare questo e quello, riuscirò a studiare, ad avere un lavoro, una famiglia? I momenti più brutti dei primi giorni sono quando ti chiedi che cosa cambierà nella tua vita, e ancora non lo sai. Nessuno ti sa dire niente, però ti riempiono di frasi di circostanza: vedrai, tutto tornerà come prima. Io sento la gamba che non ho. A me a volte fa male il ginocchio e il piede, anche se mi hanno amputata. Sento il prurito o quando fa male. Perché le nervature rimangono.
Peccato perchè ero una ragazza promettente