E se tutto questo non avesse alcun senso?

La fede, per chi è credente, rappresenta una colonna portante della vita. Che questo forum possa portare nuova luce, sia per chi ha fede sia per chi non ce l'ha. Nonché stimolare la discussione su questo tema. Ognuno potrà riportare le proprie esperienze, testimonianze, preghiere, dubbi.

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E se tutto questo non avesse alcun senso?

Messaggioda Laremi » 02/10/2017, 0:51



La mia più grande paura è la morte, ho paura che tutta la vita si riveli essere inutile ho paura di venire nel nulla e di andare nel nulla, eppure non avendo nessuna fede spesso mi sembra la cosa più probabile, e questo pensiero mi toglie il sonno, mi toglie l'appetito, mi toglie la voglia di vivere.

Sono l'unico che ha paura dell'oblio, del non esistere, per me è motivo di continua preoccupazione, ma quando mi confronto con tutti il mondo è diviso in due categorie: i primi che fede cieca in una religione, e io li invidio, a volte li ammiro vorrei tanto un punto di appoggio, una consolazione, un rifugio dalla mia paura; e i secondo gli atei che alla mia domanda spesso rispondono:"scherzi? non vedo l'ora di raggiungere la pace." e questi non li capisco mi fanno paura.

Niente non so dove voglio andare a parare, volevo solo scrivere del motivo che per l'ennesima notte mi tiene sveglio. Molti troveranno stupido essere ossessionati da questa cosa, non so che farci.
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La sai una cosa? Ieri ero ad un passo dall'essere felice, per un brevissimo istante ho creduto di poter vincere nella gara della vita, però naturalmente non è andata così. Mi chiedo perché mi succede sempre, ogni volta che mi sembra che stia andando tutto a posto, la vita mi sferra un pugno.

(23:24:08) (Cho): ogni anno viviamo l'anniversario della nostra morte e nemmeno lo sappiamo: ci avete mai pensato?


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Messaggioda crisbil » 02/10/2017, 1:58



non sei l'unico.
e non è stupido per niente..

la cosa angoscia, ciclicamente, da quando son piccolo, anche me.

è terrificante e mostruosa.. la natura dell'esistenza.
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We all know the truth: more connects us than separates us.
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Messaggioda Ātman » 02/10/2017, 8:55



Il problema - che vale sia per il nostro rapporto con la vita che con la morte - è che ci aggrappiamo spasmodicamente a un senso d'identità fittizia: un parassita che si nutre delle nostre paure e della nostra inconsapevolezza, ma che non riusciamo a scrollarci di dosso perché è tutto quello che conosciamo e immaginiamo. Meglio quello dell'ignoto, no? - sembriamo dire.
Ma è davvero così?
O non c'è invece la possibilità di vivere - e morire - diversamente, scoprendo quel che realmente siamo?
Non per un atto di fede, ma esperenzialmente, concretamente.
Ma quanti hanno il coraggio d'intraprendere quest'avventura? O anche solo d'intuirne la possibilità?
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Messaggioda Ensō » 02/10/2017, 10:04



Ciao,
La morte ha sempre atterrito e affascinato il genere umano. Ognuno di noi ha sviluppato una propria concezione di questo passaggio obbligato. Ovviamente la forma più diffusa è quella della paura. Paura dell'ignoto, di ciò che non si conosce. Però, filosoficamente parlando, come non si è preoccupati di nascere, allo stesso modo non si dovrebbe averne di morire. La differenza è che quando si nasce non si è coscienti di quello che sta per accadere, invece quando si muore sì. Il ciclo naturale si compone di nascita, vita e morte. Questo è un fatto incontrovertibile in quanto tutti gli esseri viventi lo sperimentano.
La transitorietà in questo mondo va accettata, consideriamola una trasformazione, un decadimento come avviene per le particelle atomiche, il cui significato non è inteso in senso dispregiativo: una mutazione. :)
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Messaggioda Nothingface » 03/10/2017, 18:34



Laremi ha scritto:...


Non trovo che sia stupido, ma probabilmente dico questo perché anche io sono nella tua stessa situazione.
A qualcuno piace dire che la consapevolezza della morte sia un fattore positivo, perché permette di vivere appieno ogni momento della nostra vita. Per me no: per me è semplicemente una prospettiva devastante. Mi ha rovinato la vita, ma se fossi pienamente coerente con me stesso, questo non dovrebbe importarmi, perché alla fine la vita non ha senso nella mia prospettiva umana; invece la cosa mi importa eccome (contro il mio volere), perché ho vissuto per anni condizionato dall'idea che un senso ci fosse e probabilmente anche perché il nostro organismo è portato inconsciamente a considerarsi importante e ad attribuirsi un senso (forse perché, a livello si specie, è utile per la sopravvivenza).
Vorrei poter dire che le cose vanno diversamente, ma proprio non ci credo.

Adrien ha scritto:...


Mi sono chiesto anche io se sia possibile affrontare la vita in un modo diverso, ma non credo sia possibile - almeno per me. Alla fine si tratterebbe di sviluppare una concezione della vita completamente inedita o forse addirittura qualcosa che verrebbe considerato "non-vita", perché abbiamo una concezione della vita (intesa come atto pratico e non da un punto di vista biologico) molto ristretto, legato al nostro modo d'essere.
Una cosa che mi chiedo spesso è: "Ha senso immaginare un altrimenti? Dopotutto, se questo altrimenti fosse realmente una possibilità contemplata dallo stato reale delle cose, non si sarebbe dovuto già realizzare in un modo o nell'altro?"
Il fatto che noi siamo fatti in un certo modo ci porta a rapportarci alle cose in un determinato modo: è veramente possibile cambiare sradicandoci completamente dal nostro modo d'essere?

Ensō ha scritto:...


Mi permetto solo una piccola obiezione: è difficile preoccuparsi di dover nascere se non c'è nessuno che abbia la possibilità di preoccuparsi. Certo, si può pur sempre ribattere che c'è il feto, ma si tratta comunque di un organismo in fase di formazione completamente differente da quello che è l'organismo formato (sia fisicamente sia psicologicamente).
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Messaggioda Ātman » 03/10/2017, 18:56



Il fatto che noi siamo fatti in un certo modo ci porta a rapportarci alle cose in un determinato modo: è veramente possibile cambiare sradicandoci completamente dal nostro modo d'essere?


Ciò che consideriamo noi stessi e il nostro "modo d'essere" è solo la punta dell'iceberg di ciò che siamo o potremmo essere. Ma sembra che ci stia bene così, siamo bravissimi ad autolimitarci...
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Messaggioda TheDarkKnight » 03/10/2017, 19:20



Laremi ha scritto:La mia più grande paura è la morte, ho paura che tutta la vita si riveli essere inutile ho paura di venire nel nulla e di andare nel nulla, eppure non avendo nessuna fede spesso mi sembra la cosa più probabile, e questo pensiero mi toglie il sonno, mi toglie l'appetito, mi toglie la voglia di vivere.

Sono l'unico che ha paura dell'oblio, del non esistere, per me è motivo di continua preoccupazione, ma quando mi confronto con tutti il mondo è diviso in due categorie: i primi che fede cieca in una religione, e io li invidio, a volte li ammiro vorrei tanto un punto di appoggio, una consolazione, un rifugio dalla mia paura; e i secondo gli atei che alla mia domanda spesso rispondono:"scherzi? non vedo l'ora di raggiungere la pace." e questi non li capisco mi fanno paura.

Niente non so dove voglio andare a parare, volevo solo scrivere del motivo che per l'ennesima notte mi tiene sveglio. Molti troveranno stupido essere ossessionati da questa cosa, non so che farci.


Ricordo bene la prima volta che provai quella sensazione ero un bambino e mi sembrava non esistere alcuna consolazione, in quel momento pensai agli amici e allo stesso destino che ci avrebbe accomunato ma non servì a nulla, andai dai miei genitori ma non dissi niente, ero credente o almeno la via intrapresa era stata fin dal principio quella, ma ciononostante il pensare ad un eterno riposo riusciva a trasmettermi la medesima ansia, al punto che emergevano in me domande tipo: "cosa faremo per l'eternità?" Quest'alternativa quindi non era di certo un pensiero meno inquietante del cessare di essere. :sleep:

Anche io spesso penso che dopo morto avrò raggiunto la pace, ma lo penso appunto solo quando quel dato pensiero non è ben focalizzato altrimenti tutto ciò di positivo che potrebbe derivare dal cessare di esistere si annulla istantaneamente.

In quanto esseri viventi non ci è dato pensare in termini di tempi infiniti ecco perché non ci riesce facile pensare a qualcosa di diverso aldilà della nostra vita mortale. Credo che il segreto per superare questo trauma sia semplicemente evitare di tornarci con la mente anche perché accettarlo non penso sia umanamente possibile, gli altri animali per loro fortuna non si pongono di questi quesiti.
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“Con suo disappunto, non poter scegliere il proprio percorso è la triste condizione dell’uomo. Gli è solo dato di scegliere come atteggiarsi quando il destino chiamerà sperando che non gli manchi il coraggio di rispondere”.

"...tu per loro sei solo un mostro come me..."

"Sono cambiato, mi sono abituato, sono un sopravvissuto."

"Se Dio non può sconfiggere il male allora non è onnipotente,
Se può sconfiggerlo e non vuole farlo allora Dio è malvagio,
Se invece non vuole e non può farlo allora perché chiamarlo Dio???"


"Ho provato a essere come loro. A vivere come loro. Ma finisce sempre nello stesso modo.Mi hanno portato via tutto."

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Immagine :shifty:
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Messaggioda Premio Nobel » 04/10/2017, 22:06



Questa paura a me irruppe violentemente circa 3 anni fa (in realtà già precedentemente mi capitò di pensarvici) quando venni a sapere che una mia coetanea, a 21 anni, era deceduta a seguito di un incidente d'automobile.

In realtà non la frequentavo, abitavamo, circa, a 20 km di distanza e sapevo che frequentava la mia stessa università. Di quello che ricordo posso certamente affermare che fosse una ragazza molto solare e in quelle volte in cui mi capitò di parlare con lei effettivamente l'ho sempre vista come una persona piena di vita. Non l'ho mai frequentata ulteriormente.

Ciò comunque mi sconvolse per due motivi principali: 1) compresi la tragicità della tecnica e della statistica che avevo da poco passato (matematica finanziaria - per chi non è avvezzo, parla tra le altre cose di assicurazioni, le quali si basano, almeno per quanto avevo studiato, sostanzialmente sulle tavole di mortalità) ... fino ad allora, bene o male, l'avevo vissuta come una cosa normale, come una nozione neutrale come le altre ... da allora in realtà compresi una cosa tragica - che effettivamente quella materia si basava effettivamente sulla Morte con la M maiuscola, che quelli non erano numeri o valori fini a se stessi ma che rappresentavano qualcosa di reale della esistenza umana, molto più vicino di quanto sembri e spesso molto più tragicamente di quanto essi non trasmettano ... allo stesso tempo, compresi meglio quello che si dice essere il distacco tra il valore normale e il valore individuale (il fatto che nelle discipline, ed in particolar modo in quella, un singolo individuo può avere una esperienza del tutto diversa da quello che è la performance di tutti gli altri -> queste discipline quindi non tendono al benessere di tutti o al benessere universale, ma piuttosto ad un benessere generale, cioè, la scienza economica, ed in realtà per alcune considerazioni anche in altri rami della conoscenza, non riesce a salvare tutti).
2) mi venne in mente questa domanda "ma allora che senso ha avuto la sua esistenza? che influenza avrà avuto la sua esistenza ad esempio tra 10 anni?" - mi vennero i brividi a pensare che nel mondo non ne è rimasta sostanzialmente traccia.
Da ciò quindi una riflessione su di me "ma allora che senso ha la mia esistenza stessa?" -> analogamente, mi vennero a me stesso i brividi a pensare che, nel migliore dei casi, tra circa 100 anni, presumibilmente io non ci sarò più e non avrò lasciato sostanzialmente traccia nel mondo.

Questo evento drammatico, comunque, fece si che cambiai visione sul mondo e sulla vita stessa - più semplicemente mi sono risposto: "se la vita ha un senso, il senso non è di questo mondo ma è trascendente".
Per spiegare ciò mi permetto di far riferimento ad un canto cattolico che viene spesso fatto in chiesa, probabilmente lo conoscerete in molti:
"Se il Signore non costruisse la città, invano noi mettiamo pietra su pietra, se la nostra casa non fosse la sua casa, invano camminiamo camminiamo insieme.
Cosa serve a noi lavorare tutto il giorno,
per costruire cose che non han valore?
Non son altro che gioie di un momento,
ma che poi svaniscono, svaniscono come il vento.
[...]
Cosa serve a noi piangere il dolore,
ridere la gioia, giocare con un fiore,
dare il nostro pane a chi muore sulla strada,
se non speriamo solo nel suo amore?"

In realtà in questo canto non si fa riferimento solo a ciò "Se non speriamo solo nel suo amore" è diverso da quanto sto dicendo io in questa sede.
Pur tuttavia, mi sembra spieghi bene una cosa - per costruire cose che non han valore? -
Ovvero sia, come affermavo precedentemente, non si crede che l'esistenza umana abbia un senso nella vita che noi in questo momento stiamo sperimentando, sia che siano azioni morali, sia che siano cose tragiche ... in realtà sostanzialmente, anche gli atei condividono questa idea, cioè che alla fine non ci sia un senso nelle cose che si sta facendo, in quanto alla fine tutto quello che stiamo facendo non ci sarà più.

Credo che però si possa essere atei o credenti anche non essendo così tranquilli nelle proprie posizioni => i primi perchè presumibilmente hanno una ragione che però non porta a niente, ritengono che l'esistenza umana non abbia più senso di quello che noi sperimentiamo; i secondi perchè è vero che ritengono che ci possa essere qualcosa di oltre alla vita terrena, ma in realtà non ne hanno la certezza, come potrei avere certezza ad esempio di respirare o che i gravi cadano.
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Messaggioda Ensō » 05/10/2017, 6:57



Premio Nobel ha scritto:2) mi venne in mente questa domanda "ma allora che senso ha avuto la sua esistenza? che influenza avrà avuto la sua esistenza ad esempio tra 10 anni?" - mi vennero i brividi a pensare che nel mondo non ne è rimasta sostanzialmente traccia.
Da ciò quindi una riflessione su di me "ma allora che senso ha la mia esistenza stessa?" -> analogamente, mi vennero a me stesso i brividi a pensare che, nel migliore dei casi, tra circa 100 anni, presumibilmente io non ci sarò più e non avrò lasciato sostanzialmente traccia nel mondo.


Ciao Premio Nobel,
noi sopravvivremo alla morte, in questo mondo, finché qualcuno ci ricorderà, moriremo effettivamente, e cesseremo di esistere, solamente il giorno in cui cadremo nell'oblio degli umani. Per questo sono necessari i memoriali, le commemorazioni, per mantenere vivo il ricordo di chi non c'è più, per perpetuarlo e celebrarlo nella memoria delle generazioni future.
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Messaggioda Ātman » 05/10/2017, 9:09



È interessante notare come in molte near-death experiences, nel momento in cui si rivede la propria vita da una prospettiva più ampia di quella comune, ci si accorge spesso che ciò che si considerava importante non lo era quanto credevamo, e che piccoli gesti che reputiamo insignificanti hanno una risonanza che va molto al di là di quanto immaginiamo. Una sorta di "effetto farfalla" spirituale. Siamo tutti interconnessi in modi impensabili.
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