Premio Nobel ha scritto:Il fatto che i fenomeni naturali possano rispondere ad una logica (o più in generale, che la logica, alcuni direbbero la matematica, funzioni) è tutto fuorché scontato. L'insieme delle leggi naturali, di conseguenza, non si spiegherebbe soltanto come una mera casualità, ma come una sorta di disegno intelligente - la natura della conoscenza non è quindi soltanto una semplice invenzione umana e non è soltanto un qualcosa che casualmente può spiegare certe cose, ma è una caratteristica necessaria. Per spiegare quindi la natura della conoscenza stessa, non sarebbe quindi possibile limitarsi a pensare che esista soltanto questo mondo, questo universo, ma che esista almeno una ragione fuori di esso in grado di permettere che esso funzioni come noi stiamo assistendo.
La concezione del disegno intelligente è però piuttosto problematica. Il motivo principale di ciò è dato dal fatto che si tratta di un'abduzione, ossia di un procedimento logico che prevede che dagli effetti si risalga alle cause, ma dagli stessi effetti posso risalire a cause diverse a seconda delle informazioni in mio possesso. Certo, la scienza può (anche) procedere in questo modo, ma ha dei criteri di controllabilità che non si applicano al concetto di disegno intelligente, fondamentalmente perché questa è un'idea che non può essere direttamente confutata.
Inoltre, tutta la concezione dell'evoluzione sembra cozzare parecchio con l'idea di disegno intelligente. Al riguardo, Richard Dawkins ha intitolato polemicamente un proprio libro "L'orologiaio cieco", recuperando la celebre metafora di Paley e riadattandola - il suo fine è poi di dimostrare che il "meccanismo" di selezione naturale può fare a meno dell'ipotesi di un'entità metafisica che guidi il mondo fisico.
Infine, mi pare che la concezione di disegno intelligente sia troppo antropocentrica (e quindi tutt'altro che assoluta), se intesa nel senso del principio antropico forte di Carter (ossia: «L'universo (e di conseguenza i parametri fondamentali che lo caratterizzano) dev'essere tale da permettere la creazione di osservatori all'interno di esso a un dato stadio [della sua esistenza]»). Le nostre conoscenze siano troppo limitate per poter arrivare a sostenere qualcosa di così spropositato.
Comunque, al di là di tutto questo, cosa mi impone di fermarmi ad un solo mondo al di là di questo? Hume, ne "I dialoghi sulla religione naturale", ad un certo punto si chiede (riporto l'idea, non la citazione letterale): «Una volta accettato che la spiegazione di questo mondo richieda un altro mondo e un'entità metafisica, cosa mi impedisce di pensare che anche quel mondo richieda a sua volta una giustificazione da parte di un altro mondo superiore ad esso e così via in un potenziale regresso all'infinito?»
In ogni caso, credo che ogni tentativo di dimostrazione del divino sia impossibile; piuttosto si può parlare di intuizione, sentimento, o simili, che non hanno propriamente a che fare con la ragione e non hanno validità dimostrativa.
Per provare a spiegare meglio cosa intendo - nella "Guida Galattica per Autostoppisti", nelle prime pagine del romanzo, c'è una divertente parodia degli argomenti per la dimostrazione dell'esistenza di Dio, in cui Douglas Adams sostiene che qualsiasi prova di questo tipo è in realtà una prova di dimostrazione della non esistenza di Dio, perché a Dio devi credere e non puoi dimostrarlo razionalmente, pena farlo dissolvere in una fitta nube di fumo teologico.