Ho 18 anni e tanta voglia di vivere. Tanta voglia, ma in realtà il mio disturbo non mi permette di esprimerla, nè di sentila davvero. Negli ultimi tre anni sono diventata un’altra persona, mi sono logorata dentro e distrutta fuori. Ho messo su 15 kg, odio il mio corpo e odio me stessa per come mi sono ridotta. Il cibo è il mio nemico più grande, dopo la mia testa perennemente in movimento nella quale frullano pensieri su pensieri. Da quando mio padre è morto, quando avevo 14 anni, ho cominciato a rendermi conto che in realtà mi sono sempre presa in giro, sempre adeguata a situazioni scomode, cresciuta troppo in fretta, mai abbastanza accettata. La stanchezza e la solitudine mi hanno portata a rifugiarmi nel cibo, nemesi e necessità al contempo. Cibo vomitato, buttati fuori, sputato, ripudiato, pacchi di qualsiasi cosa svuotati dentro di me nel giro di pochi minuti come fossi una pattumiera. Ormai accettarmi è un’utopia.
Guardarmi allo specchio è una pugnalata. Diete su diete, palestra, a nulla servono quando il cibo è padrone di te e tu non sei in possesso della tua bocca, del tuo stomaco, della tua mente. Rapportarmi con gli altri diventa sempre più difficile, non vorrei uscire di casa. Anche andare a scuola è una lotta contro me stessa, il giudizio degli altri pesa troppo sulle mie spalle. E sono solo leggermente sovrappeso. Ma proprio ad accettarmi e a migliorarmi non ci riesco, voglio solo riempirmi di cibo e non pensare. Mi rendo conto che la situazione non è grave o visibile come per altri che soffrono più di me, per chi ha la sfortuna di potersi identificare in un chiaro disturbo alimentare ed essere aiutato da veri esperti, ma io ho necessità di essere compresa. Frequento una psicologa ma il binge eating non accenna a volermi mollare, è il mio tallone d’Achille, è quel mostro che mi sta rovinando l’adolescenza ma che nessuno sembra riuscire a vedere.