DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

appunti

Parliamo dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), patologie sempre più diffuse nella nostra società. Anoressia Nervosa (AN), Bulimia Nervosa (BN), Disturbi dell'Alimentazione Non Altrimenti Specificati (DA-NAS o EDNOS), Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder, BED), Night Eating Syndrome, Orthorexia Nervosa, Reverse Anorexia.

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

Messaggioda Royalsapphire » 30/11/2014, 22:25



Per "Disturbo del Comportamento Alimentare", si intende una sindrome caratterizzata da un’alterazione persistente del comportamento alimentare e delle condotte connesse con il cibo che diano luogo, come risultato finale, ad una inadeguata assunzione e/o assorbimento degli alimenti. Tale disturbo, non causato direttamente da patologie internistiche o da altri disturbi psichici, può compromettere in modo significativo il funzionamento psicosociale e il benessere fisico del paziente.

Le prime descrizioni cliniche di anomalie del comportamento alimentare risalgono ad oltre 2000 anni fa. Infatti, le ricostruzioni della vita di alcune sante cristiane rappresentano chiari esempi di comportamento anoressico (es. Santa Caterina da Siena). Anche gli attacchi di fame e di voracità insaziabile caratteristici delle crisi bulimiche si ritrovano nella letteratura greca ed ebraica, così come la figura tipica e talvolta caricaturale dell’obeso.
Tali comportamenti sono stati a lungo considerati disturbi endocrini (es. l’Anoressia Nervosa veniva descritta come un disturbo endocrino primario, denominato “morbo di Simmonds”) oppure sintomi o varianti di altre patologie, quali l’isteria, la nevrosi ossessiva, la schizofrenia e i disturbi dell’umore.
Attalmente i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) hanno assunto una propria autonomia nosografica, essendo caratterizzati da un nucleo psicopatologico comune, rappresentato da:
- convinzioni distorte nei confronti del cibo e dell’alimentazione;
- convinzioni distorte nei confronti del peso;
- convinzioni distorte riguardo alla forma del corpo;
- atteggiamenti autoprescrittivi riguardo al cibo.

L’inquadramento nosografico dei DCA ha subito negli ultimi anni notevoli cambiamenti:
- nella terza edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM III), la categoria diagnostica dei DCA comprendeva Anoressia Mentale e Bulimia, ma anche altri disturbi, quali la Pica, il Disturbo di Ruminazione dell’Infanzia ed altri disturbi mentali non altrimenti classificabili. L’obesità non veniva considerata un disturbo mentale.
- l’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV; American Psychiatric Association, 1994) definisce e distingue due principali disturbi dell’alimentazione: Anoressia Nervosa (AN), Con Restrizioni e Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione, e Bulimia Nervosa (BN), Con e Senza Abbuffate/Condotte di Eliminazione. Il DSM IV designa anche una categoria diagnostica molto ampia ed eterogenea: i Disturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati (DCANAS) per gli individui con disturbi alimentari che non soddisfano i criteri di Anoressia Nervosa e di Bulimia Nervosa. In tale categoria è stato introdotto il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI). La Pica e il Disturbo di Ruminazione dell’Infanzia sono stati inseriti in un’altra categoria nosografica (Disturbi della Nutrizione), poiché tipici dell’infanzia e della fanciullezza. L’obesità continua a non comparire tra i DCA.
Nonostante questa rigida classificazione, numerosi studi hanno evidenziato come assai spesso nello stesso individuo, a partire dalla pubertà, si succedano nel corso degli anni sindromi diverse tra di loro accomunate dal nucleo psicopatologico precedentemente esposto, e che tale nucleo sottende manifestazioni in apparenza assai lontane, ad esempio un regime dietetico rigido con eccessive preoccupazioni per la forma di una parte del corpo in un’adolescente sovrappeso che successivamente svilupperà una Anoressia Nervosa conclamata.
Inoltre è stato osservato come problemi alimentari insorti nei primi anni dell’infanzia possono predisporre all’insorgenza di Anoressia e Bulimia Nervosa durante l’adolescenza. Si è giunti così alla formulazione del concetto di Spettro dei Disturbi del Comportamento Alimentare, intendendo con questo termine un continuum di sindromi, più o meno ricche dal punto di vista sintomatologico, che si estende da soggetti eccessivamente preoccupati per il loro peso e la forma del corpo che si impongono rigide restrizioni alimentari, fino alla Anoressia Nervosa, passando attraverso le varie forme paucisintomatiche, il Disturbo da Alimentazione Incontrollata e la Bulimia Nervosa.


QUADRI CLINICI

• Anoressia Nervosa: Con Restrizioni
Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione

• Bulimia Nervosa: Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione
Senza Abbuffate/Condotte di Eliminazione

• Disturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati (Disturbo da Alimentazione Incontrollata e altre forme atipiche)
ANORESSIA NERVOSA
Epidemiologia
L'Anoressia Nervosa colpisce approssimativamente lo 0.5-1% della popolazione femminile adolescente e giovane adulta nei paesi industrializzati. Il disturbo ha una netta prevalenza nel sesso femminile, anche se il 5% circa dei nuovi casi, soprattutto negli ultimi anni, colpisce i maschi.
L'età di insorgenza del disturbo è generalmente compresa tra i 12 e i 19 anni, ma vengono sempre più spesso osservati casi ad insorgenza sia più precoce che tardiva. Tende a colpire soggetti di ogni livello socioeconomico e culturale.

Eziopatogenesi
L’Anoressia Nervosa può essere considerata un disturbo ad eziologia polifattoriale. Per essa sono state sviluppate nel corso degli anni numerose e differenti teorie, nessuna delle quali ha caratteristiche tali da poter essere considerata esaustiva. In ambito psicologico, tre sono i principali filoni interpretativi del disturbo:
- impostazione psicodinamica (regressione alla fase orale dello sviluppo psicosessuale; mancato superamento della posizione schizoparanoide; difesa contro inconscie fantasie di fecondazione orale)
- approccio cognitivista (organizzazione di personalità caratterizzata da schemi relativi all’attaccamento non ben definiti, bassa autostima, scarsa definizione dgli schemi relativi al sé con conseguente difficoltà ad entrare in contatto col mondo in modo autonomo, capacità previsionale modesta, ed estrema difficoltà a gestire le proprie emozioni. Tale organizzazione di personalità, in relazione ad eventi significativi, si squilibra e darebbe così origine alla sintomatologia conclamata)
- prospettiva relazionale (interazioni patologiche all’interno della famiglia, quali: un atteggiamento iperprotettivo della madre che impedisce lo sviluppo della consapevolezza della propria individualità da parte della figlia; l’assenza di una figura paterna autorevole; l’ambivalenza che pervade i messaggi, verbali e non, che circolano in famiglia)
Inoltre, dal punto di vista socioculturale, si osserva come l’affermarsi di modelli di bellezza improntati alla magrezza, alla efficienza fisica, al controllo delle dimensioni e delle forme del corpo, tipiche dei paesi occidentali, abbia quantomeno facilitato, se non addirittura determinato, la comparsa di un disturbo che, nel mondo orientale ed africano, risulta praticamente assente.
Tra i fattori di rischio riconosciuti vi sono:
• Sesso femminile
• Attività fisica eccessiva
• Bassa autostima
• Perfezionismo
• Disturbo dell’immagine corporea
• Problemi nutrizionali e/o gastroenterici
• Disturbo di personalità nell’adolescenza (in particolare il Disturbo di personalità ossessivo-compulsivo)
• Abuso sessuale/ eventi di vita avversi (lutto, trauma, separazione)
• Conflitti familiari
• Dieting/ bingeing
• Disturbo ossessivo-compulsivo
• Età adolescenziale
• Fattori genetici/ familiarità

Clinica ed elementi psicopatologici
A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo ad un livello pari o superiore a quello considerato sufficiente in rapporto all'età e all'altezza del soggetto.
B. Intensa paura di ingrassare o di aumentare di peso, anche quando si è sottopeso.
C. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del proprio corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sulla propria autostima, o rifiuto o incapacità a riconoscere la gravità della condizione di sottopeso.
D. Nelle femmine dopo il menarca, assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi.

Sottotipi:
• Con restrizioni: assenza di abbuffate o di condotte di eliminazione (es. vomito autoindotto, uso di lassativi o diuretici).
• Con abbuffate/condotte di eliminazione: il soggetto presenta regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione.

Le caratteristiche premorbose sono in genere paradigmatiche e riscontrabili in una larga parte delle pazienti: si tratta di bambine o adolescenti apparentemente remissive, introverse, con una rete sociale spesso ridotta, perfezioniste e competitive, con performance scolastica spesso superiore alla media.
La modalità di esordio è frequentemente graduale e insidiosa: la ragazza, spesso realmente sovrappeso, intraprende una dieta dimagrante per perdere i chili di troppo; altre volte comincia a ridurre l'introduzione del cibo lamentando difficoltà digestive o una non meglio precisata perdita di appetito. Secondo alcuni Autori, eventi quali il menarca, l’accesso alle scuole superiori, la separazione dei genitori, delusioni sentimentali, violenze fisiche e/o sessuali possono facilitare l’insorgenza del disturbo.
Il dimagrimento contrasta con il dinamismo e l'intensa attività fisica dell'anoressica, associata alla negazione o minimizzazione dell'esistenza di un problema corporeo. Il cibo diviene frequentemente oggetto di rituali che tendono a coinvolgere progressivamente tutta la famiglia e che comportano il rifiuto di una serie di alimenti considerati “ipercalorici”, “ingrassanti”, “non sani”. Spesso il cibo viene assunto molto lentamente, dopo che sono state calcolate le calorie che verranno assunte. Dopo un iniziale coinvolgimento dei familiari, la paziente tenderà a mangiare da sola, ad orari fissi, cibo che è cucinato con particolare cura nel più rigido rispetto di regole autoimposte. L’ingestione di una modesta quantità di cibo può modificare la sua immagine corporea (la "fa gonfiare"), tanto che, per sbarazzarsi delle calorie ingerite, può ricorrere all'uso di lassativi, diuretici, emetici, si induce meccanicamente il vomito, e spesso pratica l'esercizio fisico.
L'umore è caratterizzato da una disforia pressochè costante che talvolta prelude all’insorgenza di una vera e propria depressione maggiore.
Accanto agli elementi psicopatologici, l'evoluzione del disturbo determina la progressiva comparsa di complicanze internistiche, quali secchezza e fragilità della cute, con comparsa di lanugo; squilibri idroelettrolitici e ipoproteinemia, con comparsa di edemi declivi e insufficienza renale; alterazioni della funzionalità epatica fino alla insufficienza epatica; acidosi o alcalosi metabolica; alterazione della funzionalità del midollo osseo con comparsa di anemia, emorragie, immunosoppressione; diminuzione degli estrogeni e di altre molecole deputate alla riproduzione; osteoporosi; bradicardia sinusale.
Decorso e prognosi
Il decorso e la prognosi dell'AN sono assai variabili.
Alcuni soggetti vanno incontro a una remissione completa dopo un singolo periodo di malattia (20%) Altri alternano fasi di parziale recupero organico e psichico a ricadute periodiche, con crisi bulimiche intercorrenti (20%). Altri ancora sviluppano un decorso cronico, con marcata compromissione psico-fisica, relazionale e lavorativa; questi stessi soggetti vanno poi frequentemente incontro a episodi depressivi maggiori (40%). In una discreta percentuale dei casi (20% dei soggetti afferenti a strutture specialistiche), il deterioramento organico e le marcate compromissioni metaboliche rendono necessario il ricovero ospedaliero in reparto medico, onde evitare la morte per cachessia, che si verifica all'incirca nel 10% delle pazienti ospedalizzate.
Riguardo ai fattori prognostici, l’insorgenza durante la prima adolescenza, tratti istrionici di personalità ed un breve intervallo tra l’insorgenza dei sintomi e l’inizio del trattamento appaiono associati con una prognosi favorevole. Secondo la maggior parte degli Autori le abbuffate, il vomito, una marcata e cronicizzata perdita di peso comportano una prognosi peggiore.

Comorbidità psichiatrica
Durante il decorso dell’AN è frequente la comparsa di una sintomatologia depressiva associata a quella nucleare precedentemente descritta, che può condurre ad una diagnosi aggiuntiva di Distimia o di Episodio Depressivo Maggiore. Secondo vari autori, tali diagnosi sarebbero improprie nella maggior parte dei casi, in quanto secondarie alle conseguenze del digiuno sul tono dell’umore. Per le stesse ragioni, una diagnosi aggiuntiva di Disturbo Ossessivo-Compulsivo dovrebbe essere posta con molta cautela, sebbene siano presenti molti elementi psicopatologici comuni.
La Fobia Sociale riguardo al mangiare in pubblico è assai spesso un epifenomeno del Disturbo Alimentare. L’Abuso Alcolico o di altre Sostanze Psicoattive è raro sebbene relativamente più frequente nella Anoressia varietà Abbuffate/Condotte di Eliminazione.

Terapia
Il trattamento dell’Anoressia Nervosa si pone quattro obiettivi principali:
• La cura delle complicanze mediche
• Il recupero di un peso normale
• La modificazione delle abitudini alimentari
• La modificazione degli assetti cognitivi disfunzionali
Il trattamento a breve termine è finalizzato all’immediata e tempestiva correzione delle complicanze mediche (squilibri idroelettrolitici, in primis) e alla rialimentazione della paziente, al fine di garantire uno stato nutrizionale adeguato. Solamente con questi interventi è possibile ottenere un significativo miglioramento della sintomatologia depressiva, dei disturbi del sonno, dell’irritabilità e della componente ossessiva legata alle preoccupazioni relative al cibo e al corpo.
Una volta raggiunto un peso corporeo accettabile, si introduce la paziente in un percorso terapeutico che prevede una corretta educazione nutrizionale, una psicoterapia (individuale), una farmacoterapia (se necessaria e compatibilmente con le condizioni cliniche della paziente) e il reinserimento nell’ambiente socio-familiare.
Gli approcci psicoterapici più efficaci nell’AN sono quello cognitivo-comportamentale e quello relazionale sistemico, mentre la psicoterapia psicodinamica non ha dato i risultati attesi.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale sembra essere la più efficace sia nel breve che nel lungo termine. Tale approccio permette da un lato di modificare le convinzioni errate o distorte circa l’alimentazione, le forme e il peso corporeo (come la paura di ingrassare e l’influenza di questi aspetti sull’autostima, sulla propria identità e nel rapporto con gli altri), dall’altro di modificare i comportamenti anoressici o bulimici mediante la psicoeducazione alimentare (che fornisce informazioni elementari sul ruolo dei nutrienti e sul funzionamento del metabolismo corporeo e illustra gli effetti biologici della restrizione, del dimagrimento e dell’amenorrea), la prescrizione di una dieta e l’impiego del diario alimentare (=strumento di automonitoraggio sul quale le pazienti riportano ciò che hanno mangiato, le eventuali condotte di compenso e le emozioni e i pensieri connessi a tali episodi).
Il razionale per l’impiego di psicofarmaci nell’AN al momento è debole, sia se si considera l’obiettivo di incidere sul nucleo del disturbo che sulle patologie in comorbidità.
I farmaci maggiormenteb utilizzati sono:
- Antidepressivi (e.g.sertralina, citalopram, paroxetina, fluoxetina, fluvoxamina), col razionale di ridurre la sintomatologia depressiva e quella ossessiva.
- Antipsicotici a basse dosi (e.g.aloperidolo, pimozide, olanzapina, aripiprazolo), col razionale di aumentare l’appetito, ridurre la distorsione dell’immagine corporea e ridurre l’iperattività fisica. Talvolta influenzano positivamente anche la sintomatologia ossessiva.
Nessuno di questi farmaci ha mostrato risultati significativi nel breve-medio periodo, né per quanto riguarda il peso né per le distorsioni cognitive. Inoltre la sensazione di fame indotta dagli antipsicotici e dalla maggior parte degli antidepressivi viene vissuta dalla paziente anoressica come una perdita di controllo, comportando perciò un aumento della restrizione e una riduzione della compliance al trattamento. Altri problemi legati all’utilizzo dei neurolettici sono: l’iperprolattinemia, che induce amenorrea e galattorrea; l’aumentato rischio di crisi neurodislettiche, dovuto alle condizioni fisiche spesso precarie delle pazienti.
La farmacoterapia deve costituire pertanto solamente un supporto all’intervento nutrizionale e psicoterapico, finalizzato a ridurre i sintomi che il recupero ponderale non modifica, quali quelli dell’immagine corporea e della patologia ossessivo-compulsiva.
Infine è importante il coinvolgimento dei familiari nel percorso terapeutico, mediante un approccio psicoeducativo, che si propone di dare informazioni corrette e comprensibili circa la natura della patologia, e di evitare da parte dei familiari stessi comportamenti tali da compromettere ulteriormente i rapporti all’interno di un nucleo familiare già assai provato dalla malattia di base.

ANORESSIA NERVOSA
Antipsicotici perché?: bloccano i recettori D1 e D2 della dopamina situati nell’ipotalamo laterale, pertanto:
- antagonizzano l’effetto dopaminergico di riduzione dell’ assunzione di cibo, stimolando l’appetito (NB. Le amfetamine, che inducono sintesi e rilascio di DA nell’ipotalamo laterale, sono anoressizzanti!)
- intervengono sulla distorsione dell’immagine corporea, che si connota di aspetti deliranti (vedi capitolo “Psicosi”); per cui riducono l’ansia associata all’aumento di peso e aumentano la compliance al trattamento
- riducono l’iperattività fisica compulsiva, sia perché inducono sedazione (dovuta alla loro attività antistaminica) sia per gli effetti sulle vie mesocorticali/mesolimbiche (coinvolte nel comportamento stereotipato e nell’attività motoria spontanea).

Antidepressivi perché?:
Gli SSRI inibiscono selettivamente la ricaptazione della serotonina, aumentando la stimolazione serotoninergica e perciò migliorando il tono dell’umore e riducendo la sintomatologia ossessiva (vedi capitolo “Disturbi dell’umore”). Tuttavia la serotonina costituisce un segnale di sazietà, mediante azione sul nucleo paraventricolare e sull’ipotalamo ventromediale, non determinando la sensazione di fame e di perdita di controllo.
BULIMIA NERVOSA
Epidemiologia
La prevalenza della Bulimia Nervosa, nella popolazione adolescente e giovane adulta dei paesi industrializzati è pari all'1-3%. La malattia è dieci volte più frequente nelle femmine rispetto ai maschi, i quali più frequentemente hanno un’anamnesi positiva per obesità. Colpisce soggetti appartenenti a ogni classe socioeconomica e di tutti i livelli di scolarità. L'età di insorgenza è sovrapponibile a quella dell'Anoressia Nervosa, alla quale è frequentemente associata nella storia clinica delle pazienti.

Fattori di rischio
Così come l’Anoressia, la Bulimia Nervosa deve essere considerata un disturbo mentale ad eziologia polifattoriale, per la quale i modelli interpretativi psicologici e socioculturali sono sovrapponibili a quelli considerati precedentemente per l’Anoressia.
I fattori di rischio più comuni sono:
• Genere femminile
• Dieting
• Bassa autostima
• Bassa valutazione da parte dei familiari (commenti sul peso corporeo, distanza emotiva, aspettative eccessive)
• Abusi sessuali/ eventi avversi (lutto, trauma, separazione) nell’infanzia e/o in età adulta
• Familiarità per alcolismo e/o abuso di sostanze nei parenti di primo grado
• Familiarità per disturbi dell’umore nei parenti di primo grado
• Familiarità per obesità nei parenti di primo grado
• Obesità infantile
• Età adolescenziale
• Fobia sociale
• Disturbo di personalità nell’adolescenza (in particolare Disturbo borderline di personalità)
• Fattori genetici/ familiarità

Clinica ed elementi psicopatologici
A. Presenza di ricorrenti episodi di abbuffate. Ogni abbuffata è caratterizzata dal mangiare in un periodo definito di tempo (es. due ore) una quantità di cibo superiore a quella che verrebbe consumata dalla maggior parte delle persone nelle medesime condizioni, associata alla sensazione di perdere il controllo.
B. Presenza di ricorrenti comportamenti di tipo compensatorio al fine di impedire l'aumento di peso, quali l'uso del vomito, di diuretici, lassativi, o l’esercizio fisico prolungato.
C. Le abbuffate e i comportamenti di tipo compensatorio avvengono almeno due volte alla settimana per 3 mesi.
D. La stima di sè risulta eccessivamente condizionata dal peso e dal proprio aspetto fisico.
E. L’alterazione non si verifica unicamente in corso di AN.

Sottotipi:
• Con condotte di eliminazione: presenza costante di vomito, abuso di lassativi o altri farmaci.
• Senza condotte di eliminazione: presenza di altri comportamenti compensatori, quali il digiuno e l’esercizio fisico prolungato.

Le caratteristiche premorbose e la modalità di esordio della sintomatologia sono simili a quelle precedentemente descritte per l'Anoressia Nervosa. Inoltre, nel 30% dei casi è l’evoluzione di una pregressa forma di AN.
L’elemento psicopatologico più caratteristico della Bulimia Nervosa è la sensazione di perdita del controllo sul cibo e sulla quantità che ne viene ingerita, ovvero l’ abbuffata (bingeing). Essa si può manifestare in vario modo: mangiare molto rapidamente, mangiare grandi quantità anche se non affamati, mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni. I cibi vengono di solito ingurgitati, non assaporati, e spesso sono alimenti altamente calorici, al punto che in una crisi bulimica si possono ingerire fino a 10000 calorie e più.
Spesso tali comportamenti determinano senso di colpa o vero e propio disgusto, per cui, dopo l’abbuffata, la paziente mette in atto comportamenti volti ad eliminare il cibo ingerito o a neutralizzarne l'effetto sull'aumento ponderale (vomito autoindotto, uso di lassativi o diuretici, attività fisica). Si assiste frequentemente a fasi di malattia caratterizzate dall’alternarsi di regimi dietetici ferrei di breve durata che inevitabilmente predispongono alla successiva crisi bulimica. Tuttavia la grande maggioranza delle pazienti risulta essere normopeso.
Le complicanze mediche della bulimia nervosa possono essere molto gravi e spesso sono correlate con le metodiche di eliminazione utilizzate: acidosi metabolica, dovuta alla diarrea cronica indotta dall’abuso di lassativi; squilibri idroelettrolitici (con conseguenti alcalosi metabolica, artimie cardiache associate, danno renale, disidratazione marcata), ipertrofia delle ghiandole salivari, erosione dello smalto dentario, lacerazioni esofagee, rottura delle pareti dello stomaco, determinati dal vomito ripetuto; osteoporosi.

Decorso e prognosi
Nel 40% dei casi esaminati medianti studi retrospettivi si ottiene una guarigione. Tuttavia, spesso la malattia assume un decorso intermittente, con alternanza di periodi critici a periodi di relativo benessere (30%). In un'elevata percentuale di casi (25%), le crisi bulimiche tendono a protrarsi nel tempo, spesso per molti anni. Nel 5% dei casi evolve in AN. Assai raramente il disturbo evolve verso l’obesità, associata o meno ad abbuffate. La mortalità risulta essere assai bassa (circa 3%), e comunque inferiore a quella per Anoressia Nervosa.
La prognosi a lungo termine dellla BN non è ancora sufficientemente accertata, tuttavia fattori prognostici positivi sembrano essere: la minore durata della malattia, l’assenza di Disturbi della Personalità.

Comorbidità psichiatrica
A differenza delle pazienti anoressiche, le bulimiche vivono con un senso di fallimento ancora superiore la propria "fragilità" nei confronti del cibo, testimoniata dalle ricorrenti abbuffate, per cui è di frequente riscontro l’associazione in comorbidità di Distimia e Episodi Depressivi Maggiori.
In misura maggiore rispetto alle pazienti anoressiche invece compaiono Disturbi d’Ansia, Disturbi del controllo degli impulsi (condotte autolesive, gesti cleptomanici, comportamenti sessuali promiscui, abuso di alcool e sostanze), nonchè Disturbi Borderline di Personalità.

Terapia
Anche in questo caso è particolarmente importante procedere alla valutazione internistica della paziente e al monitoraggio degli esami ematici, con particolare attenzione agli squilibri idroelettrolitici e alle loro conseguenze (vedi sopra).
Come per l’AN, il trattamento della Bulimia Nervosa si avvale di una psicoterapia (individuale o di gruppo), di una farmacoterapia e del coinvolgimento dei familiari.
Le psicoterapie che si sono rivelate più efficaci in questo disturbo sono quella cognitivo-comportamentale e quella interpersonale. La prima si propone di normalizzare il pattern alimentare (riducendo o eliminando il bingeing e inserendo tre pasti regolari più uno o due spuntini) e di correggere le distorsioni cognitive relative al peso, l’aspetto fisico, i cibi consentiti e le modalità di alimentazione. Successivamente si propone di ridurre l’influenza del peso e dell’aspetto fisico sui livelli di autostima e di fornire alla paziente gli strumenti per identificare le situazioni ad alto rischio di scatenare le abbuffate e le relative strategie per combatterle.
La terapia interpersonale invece si basa sull’osservazione che le abbuffate si manifestano in rapporto a stati d’animo negativi, spesso conseguenti a interazioni personali problematiche e alla difficoltà nello sviluppo di rapporti interpersonali.
Il trattamento farmacologico della BN ha come obiettivi l’eliminazione delle abbuffate e dei meccanismi di compenso e l’eliminazione dell’impulsività e dei disturbi dell’umore associati.
A tale scopo vengono somministrati:
- Anticonvulsivanti (e.g., topiramato), che riducono l’impulsività e di conseguenza riducono la frequenza delle abbuffate e del vomito, migliorano l’insoddisfazione per il corpo e riducono i sintomi ansiosi
- Antidepressivi (e.g., fluoxetina, sertralina, fluvoxamina), che migliorano il tono dell’umore e riducono le abbuffate (e quindi il vomito), attraverso la stimolazione del centro della sazietà.
Per la BN, l’impiego di psicofarmaci è giustificato perché riduce sia il discontrollo alimentare sia i sintomi psichiatrici in comorbidità, con risultati significativi anche nel lungo periodo (scomparsa di abbuffate e vomito nel 20-30% delle pazienti, riduzione della sintomatologia in comorbidità nel 20% dei casi).

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE NON ALTRIMENTI SPECIFICATI (NAS)
Con tale termine vengono indicati nel DSM IV un insieme di quadri clinici che differiscono, rispetto a Anoressia e Bulimia Nervosa, per l’assenza di tutti i criteri diagnostici necessari per porre tali diagnosi, sebbene sia presente lo stesso nucleo psicopatologico. Tali forme sono sempre più oggetto di studio in quanto la pratica clinica rende evidente la grande diffusione di tali disturbi nonchè lo stretto legame eziopatogenetico con le due categorie principali. Numerosi sono gli esempi di Disturbi dell’Alimentazione NAS. Ad esempio:

• Tutti i criteri della Bulimia Nervosa con episodi bulimici che avvengono meno spesso che due volte alla settimana per tre mesi.
• Tutti i criteri della Anoressia Nervosa femminile, salvo che l’amenorrea.
• Tutti i criteri della Anoressia Nervosa, senza una marcata perdita di peso.
• Assunzione di grandi quantità di cibo che non viene deglutito, bensì masticato a lungo e successivamente sputato.

Tra le forme NAS, una trattazione a parte merita il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, sindrome la cui prevalenza e rilevanza clinica sono state accertate attraverso una gran numero di studi condotti negli ultimi anni.
DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (DAI)
Con tale denominazione viene identificata una sindrome che si caratterizza per la presenza di abbuffate associate alla sensazione di perdita del controllo sulla quantità e qualità di cibo ingerita, oltrechè sulla velocità con cui il cibo viene assunto.
Nonostante la maggioranza dei soggetti affetti da questo disturbo siano sovrappeso (IMC tra 25 e 29.9) o francamente obesi (IMC>30), la presenza contemporanea del sintomo e di un BMI>30 kg/m2 non consente automaticamente di porre diagnosi di Disturbo da Alimentazione Incontrollata, in quanto riscontrabile in altre forme cliniche di DCA e anche in soggetti senza un DCA clinico o subclinico.

Epidemiologia
I dati relativi alla distribuzione del Disturbo da Alimentazione Incontrollata provengono quasi esclusivamente dagli Stati Uniti, dove il fenomeno dell’Obesità ed i comportamenti alimentari ad essa legati sono assai diversi rispetto a quanto riscontrabile in Italia. In particolare, negli USA, il 20-30% dei soggetti che si rivolgono presso centri specialistici per la cura dell’obesità ricevono una diagnosi di DAI, mentre tale sindrome sarebbe presente nel 2-5% dei soggetti obesi distribuiti nella popolazione generale. Riguardo all’Italia, le informazioni da noi raccolte circa la prevalenza del DAI in una popolazione di obesi in trattamento presso una struttura specialistica universitaria indicano una prevalenza del 7.5%, mentre non sono attualmente disponibili dati circa la distribuzione del disturbo tra gli obesi della popolazione generale.
Il rapporto maschi/femmine risulta essere di 2/3, l’età media di insorgenza è di 15-19 anni a seconda delle casistiche e il disturbo risulta presente in tutte le classi sociali, con una maggior prevalenza tra quelle di livello socioeconomico più basso.
Rispetto ai soggetti obesi, gli obesi con Disturbo da Alimentazione Incontrollata sembrano mostrare un BMI più elevato (> 40 kg/m2), una familiarità per obesità più elevata, un’età di insorgenza dell’obesità più precoce, preceduta assai spesso da un periodo di alcuni mesi durante il quale si sono sottoposti ad una dieta a basso o bassissimo contenuto calorico per sovrappeso; inoltre sono più frequentemente persone di sesso femminile.

Fattori di rischio
Il DAI, come tutti i DCA, è un disturbo ad eziologia multifattoriale in cui sono implicati fattori di ordine socioculturale, psicologico e biologico (vedi oltre), che verosimilmente sono implicati nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo.
Il desiderio di essere magri si associa al desiderio di essere fisicamente attraenti e a quello di presentarsi come persone dotate di carattere e forza di volontà. Tale ambizione ha generato una marcata insoddisfazione, anch’essa largamente diffusa sopratutto tra adolescenti e donne, per il proprio corpo e la propria immagine. Il mezzo più diffuso per far fronte a tale insoddisfazione è stato l’uso della dieta o dieting (ovvero di un regime alimentare prescrittivo etero- o auto-somministrato) e, a partire dagli anni ‘80, l’attività fisica.
Un tratto psicologico largamente diffuso tra i pazienti con Disturbo da Alimentazione Incontrollata è la bassa autostima, con tendenza all’umore depresso. E’ oggetto di discussione il rapporto tra regime dietetico e bassa stima di sè. Viene da più parti sostenuto che l’avere una bassa considerazione di sè espone maggiormente alla pressione ambientale verso la magrezza e quindi verso l’inizio della dieta, i cui insuccessi, associati agli episodi di abbuffata, contribuirebbero a peggiorare ulteriormente la considerazione di se stessi. D’altra parte è stato osservato come un regime alimentare restrittivo e prescrittivo, che spesso comporta una ridotta assunzione di glucidi, favorisce l’insorgere di sentimenti di perdita e di incapacità, se non l’insorgenza di una vera e propria depressione, e quindi induce una diminuzione dell’autostima. Conseguentemente viene accresciuta la vulnerabilità nei confronti dei fallimenti dietetici e verso le abbuffate.
Fattori di rischio:
• Dieting
• Bassa autostima
• Eventi vissuti come ansiogeni, dolorosi o di perdita
• Storia di abusi fisici e/o psichici
• Familiarità per Disturbi dell’Umore
• Familiarità per Obesità e DCA
• Conflitti familiari e commenti dei familiari su forma e peso corporeo e sull’alimentazione
• Fattori genetici (5HT)
• Utilizzo di farmaci anoressizzanti

Clinica ed elementi psicopatologici
A. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Questo si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti elementi:
(1) mangiare, in un periodo definito di tempo (ad es. in due ore), una quantità di cibo assai superiore a quella che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo di tempo simile;
(2) sensazione di perdita del controllo nel mangiare durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a fermarsi mentre si sta mangiando).
B. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi:
(1) mangiare molto più rapidamente del normale.
(2) mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.
(3) mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.
(4) mangiare da soli a causa dell’imbarazzo
(5) sentirsi disgustato verso sè stesso, depresso, o molto in colpa dopo le abbuffate.
C. E’ presente marcato disagio riguardo al mangiare incontrollato.
D. Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, mediamente, almeno per 2 giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi.
E. L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (es. digiuno, vomito, esercizio fisico prolungato, purganti).

La sintomatologia conclamata è caratterizzata da assunzioni di cibo massicce, disordinate, caotiche, vissute spesso in modo quasi automatico e passivo. Tali episodi sono il risultato di un’idea prevalente che assume, immediatamente prima che si scateni l’abbuffata, le caratteristiche di un’ossessione. Infatti, l’abbuffata è vissuta come profondamente egodistonica, insoddisfacente e fonte di frustrazione, tuttavia non è seguita da nessun comportamento compensatorio, a differenza della Bulimia Nervosa.
L’umore del paziente affetto da tale disturbo è assai spesso orientato in senso depressivo. E’ infatti di riscontro estremamente frequente uno stato d’animo disforico, con irritabilità, ansia e tristezza variamente associate. I molteplici tentativi intrapresi per controllare il peso e la quantità di cibo assunta, le conseguenti rigide prescrizioni dietetiche seguite per breve tempo e che conducono, pressochè inevitabilmente, ad un ulteriore aumento di peso generano frustrazione e alimentano un senso di impotenza.
Le complicanze mediche associate al disturbo sono quelle correlate all’obesità semplice: ipertensione arteriosa, diabete mellito, dislipidemie, aumentata incidenza di malattie cardiovascolari e cerebrovascolari e di alcune neoplasie.

Decorso e prognosi
Il decorso del disturbo tende ad essere cronico, con periodiche esacerbazioni che spesso tendono ad un ulteriore aggravamento, sia dal punto di vista psicopatologico che da quello metabolico. La terapia combinata (psicoterapia e farmacoterapia) riesce a determinare un buon mantenimento del peso perduto fino a due anni dopo la fine del trattamento, tuttavia a tre-cinque anni di distanza la maggior parte delle pazienti tende a recuperare il peso perduto. Tuttavia, data la recente autonomia nosografia del disturbo, i dati sulla prognosi a lungo termine sono ancora incerti, pertanto ci aspettiamo che i prossimi studi di follow-up forniscano risultati più attendibili.

Comorbidità psichiatrica
Appare accertata in questi pazienti un’elevata prevalenza di Disturbi Mentali e una percentuale elevata di Disturbi di Personalità, assai superiori a quanto riscontarto nella popolazione generale. In particolare, notevole è la prevalenza di Depressione Maggiore e Distimia. Assai spesso in corso di Disturbo da Alimentazione Incontrollata compare un Disturbo d’Ansia Generalizzata, così come frequente è l’abuso di sostanze psicoattive e di alcool. Tali disturbi sono di riscontro infrequente in corso di obesità semplice, così come il Disturbo Borderline di Personalità, presente invece nel 14% dei pazienti con Disturbo da Alimentazione Incontrollata.

Terapia
Il trattamento del DAI prevede tre tipi di intervento: psicoterapico (individuale o di gruppo), psicoeducazionale e farmacologico.
Gli obiettivi che si prefigge sono: l’eliminazione delle abbuffate e la riduzione del peso, oltre che la riduzione della sintomatologia ansioso-depressiva in comorbidità.
La psicoterapia prevede, anche in questo caso, un approccio cognitivo-comportamentale (o più raramente interpersonale), volto a:
- fornire informazioni al paziente su cibo, alimenti, condizione di obesità
- educare all’autocontrollo e all’osservazione del proprio modo di assumere il cibo in relazione a pensieri ed emozioni
- individuare i principali meccanismi che portano alle abbuffate e modificarli
- modificare i pensieri disfunzionali relativi alla condizione di obesità: enfasi sui vissuti di vergogna; modificazione delle convinzioni riguardo a: persone obese (= pigre,deboli); individui normopeso (= sicuri di sé, efficienti); entità della riduzione di peso da perseguire (obiettivi realistici); pericolosità di certi cibi (ritenuti capaci di indurre abitudine al consumo).
Viene inoltre promosso l’esercizio fisico, per i suoi effetti positivi a livello organico (sull’attivazione del metabolismo e sul trofismo muscolare) e psicologico (sul tono dell’umore e sul senso di autocontrollo).
La farmacoterapia si avvale dell’uso di:
- Antidepressivi (fluvoxamina, fluoxetina, sertralina, citalopram), per migliorare il tono dell’umore e per ridurre la sensazione di fame
- Anoressizzanti (sibutramina: inibitore del reuptake della serotonina e della noradrenalina)
- Anticonvulsivanti (topiramato), con lo stesso razionale con cui vengono usati per la BN.
Tutte le molecole si sono dimostrate superiori al placebo nel ridurre le abbuffate, ma solo il topiramato e la sibutramina sembrano in grado di assicurare anche una riduzione ponderale significativa alla fine del trattamento. Tali risultati sono tuttavia validi solo per il breve-medio periodo, poiché sembra che, alla sospensione del farmaco, i pazienti che non hanno raggiunto un adeguato controllo alimentare tendono a recuperare il peso perduto.
Anche per il DAI, l’impiego di psicofarmaci appare giustificato in quanto riduce sia il discontrollo alimentare, sia i sintomi psichiatrici in comorbidità.


BULIMIA NERVOSA e DAI
Anticonvulsivanti perché?: potenziano l’attività GABAergica, provocando una riduzione dell’assunzione di cibo tramite l’inibizione del sistema dopaminergico dell’ipotalamo laterale. I meccanismi d’azione restano tuttavia ancora da chiarire.
Antidepressivi perché?: inibiscono il reuptake della serotonina e quindi aumentano la trasmissione serotoninergica, inducendo:
- un miglioramento della sintomatologia depressiva (vedi capitolo “Disturbi dell’umore”)
- una riduzione della quantità di cibo per pasto, dell’ingestione di carboidrati e/o dell’apporto calorico (per l’azione mediata dalla serotonina sul nucleo paraventricolare e nell’ipotalamo ventromediale).
Sibutramina perché?: inibisce il reuptake della noradrenalina e della serotonina, incrementando il senso di sazietà (azione a livello centrale) e migliorando il tono dell’umore.















Fattori biologici (solo per studenti di medicina)

FISIOLOGIA DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

La condotta alimentare è un fenomeno complesso e integrato finalizzato al mantenimento del bilancio energetico, dell’equilibrio delle sostanze nutritive e del peso corporeo, che si realizza tramite l’integrazione di segnali esogeni ed endogeni che attengono a vari domini, quali l’ambiente esterno (culturale e individuale), l’atto del cibarsi (dimensione quantitativa e qualitativa), il processo di ingestione e di assimilazione del cibo, le riserve energetiche e la loro utilizzazione, i meccanismi cerebrali implicati nel controllo del sistema e le condizioni soggettive (caratteristiche genetiche di vulnerabilità, sesso, età, contesto socio-familiare, eventi di vita).
Ciò presuppone una regolazione sia a livello periferico (tratto gastroenterico; fegato; pancreas; surreni; gonadi) che a livello centrale (nucleo dorsale del tronco encefalico; talamo; ipotalamo; proencefalo ovvero nucleus accumbens, amigdala e corteccia frontale), mediante l’azione di neurotrasmettitori, neuropeptidi, ormoni.
L'attività neuronale è infatti mediata dai neurotrasmettitori e determina il comportamento di ricerca e di assunzione del cibo; a sua volta, ogni comportamento determina delle modificazioni metaboliche periferiche che a loro volta verrebbero trasdotti in segnali (neurotrasmettitori) recepiti e decodificati nel cervello sottoforma di “sensazione di fame” e “sensazione di sazietà”.
Il nucleo dorsale del vago, situato a livello del TE, collega ed integra informazioni afferenti dagli organi autonomici-endocrini con le altre aree del SNC implicate nella regolazione del comportamento alimentare. In particolare, l’ipotalamo controlla la richiesta dell’organismo nei confronti di carboidrati, i grassi e le proteine e ne modula il metabolismo. Le strutture ponto-mesencefaliche e il talamo registrano le proprietà sensoriali del cibo. Le strutture del proencefalo sono responsabili degli aspetti cognitivi connessi alle proprietà del cibo, quali gratificazione-avversione.
Nelle tabelle seguenti sono riportati i meccanismi neurotrasmettitoriali coinvolti, il comportamento che determinano e il loro sito di azione (Tabella.1 e 2).
Un po’ differente è la regolazione da parte degli steroidi gonadici, che inducono un aumento dei segnali comportamentali e metabolici solamente in particolari momenti, quali determinate fasi del ciclo mestruale e alla pubertà, ovvero quando occorre incrementare le riserve di energia ai fini riproduttivi.


Tabella.1
Aumento ingestione cibo + anabolismo Riduzione ingestione cibo + catabolismo
Bilancio glucidico Ac. γ-aminobutirrico, noradrenalina, neuropeptide Y, corticosterone Serotonina, triptofano, colecistochinina, insulina
Bilancio lipidico Galanina, oppioidi, corticosterone Dopamina e agonisti (es. amfetamine), insulina
Bilancio proteico Oppioidi, GHRH


Tabella.2
Sistemi neurochimici Azione Sito di azione
Noradrenalina (NA) Aumento dell’introduzione di cibo (quantità di cibo per pasto) Ipotalamo mediale. Recettori alfa2)
Serotonina (5-HT) Segnale di sazietà (riducono quantità di cibo) Ipotalamo mediale e ventromediale. Recettori 5-HT2 e 5-HT-1A
Dopamina (DA) A basse dosi stimola l’appetito ed è un segnale di gratificazione/piacere. A dosi maggiori inibisce l’appetito. Ipotalamo mediale. Recettori D2
Amfetamine Riduzione dell’assunzione di cibo Ipotalamo laterale. Inducono release DA e altre CA
Ac. γ-aminobutirrico (GABA) Aumento assunzione di cibo Ipotalamo mediale e ventromediale
Oppiodi endogeni Aumento assunzione di cibo e immagazzinamento energia Ipotalamo ventromediale. Recettori epsilon
Aumento attività fisica e spesa energetica, riduzione apporto di cibo Recettori kappa e delta
Neuropeptide Y-leptina Aumento assunzione di cibo Aumento insulina e glucocorticoidi
CRF Segnale di sazietà Ipotalamo mediale
Bombesina (rilasciata dallo stomaco) Inibizione dell’assunzione di cibo Ipotalamo laterale
Colecistochinina (CCK) Sopprime ingestione di cibo (sazietà) Nervo vago o ipotalamo mediale (?)
Calcitonina Inibizione dell’alimentazione ipotalamo
Benzodiazepine (BDZ) Aumento assunzione di cibo Mecc. Serotoninergici, oppioidi e GABAergici
Purine endogene Inibizione assunzione di cibo Recettore BDZ (?)

Si può pertanto ritenere che ogni perturbazione del comportamento alimentare sia riconducibile ad un indebolimento dei rapporti sincroni tra comportamento di ricerca e assunzione del cibo, eventi metabolici periferici ed attività neurotrasmettitoriale centrale.
Qui di seguito sono riportate le principali alterazioni biologiche osservate in ogni categoria di DCA.

ANORESSIA NERVOSA
Alcuni Autori ipotizzano che l’iperattività del sistema serotoninergico potrebbe essere un fattore concausale dell’AN, in quanto sono stati ritrovati alti livelli di un metabolita della serotonina nel liquor di tali pazienti e come risulta da quanto precedentemente detto la serotonina è un segnale di sazietà.
Inoltre, nelle pazienti anoressiche, sono stati riscontrati elevati livelli liquorali di CRF, elevati valori mattutini di cortisolo e mancata soppressione al test con desametasone, ad indicare l’iperatività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Tale asse si attiva in condizioni di stress cronico, sia fisico che psichico (vedi capitolo “Stress”), e sue alterazioni sono comuni anche in altri disturbi psichiatrici. Tuttavia l’estrema compromissione delle condizioni cliniche di queste pazienti non permette di stabilire l’ordine di causalità tra le alterazioni dell’asse HPA e la malattia. Ciononostante il CRF è un segnale di sazietà e inoltre potrebbe agire a livello del nucleo arcuato, inducendo l’aumento degli oppiodi endogeni, i quali si legherebbero ai recettori kappa o delta (piuttosto che ai recettori epsilon) promuovendo l’iperattività fisica e inibendo il release di Gn-RH e quindi l’aumento di LH, causando l’amenorrea.

BULIMIA NERVOSA e BINGE EATING DISORDER (BED)
Alcuni Autori ipotizzano che le pazienti che attuano abbuffate abbiano un’ipoattività delle vie dopaminergiche mesolimbiche. Infatti, dopo un episodio di discontrollo alimentare si osserva un aumento importante della dopamina, che è responsabile della sensazione piacevole legata all’ingestione di cibo.
Esiste poi l’ipotesi serotoninergica, per cui le pazienti con crisi bulimiche avrebbero una ridotta attività serotoninergica, che tenterebbero di contrastare aumentando la concentrazione di serotonina tramite l’abbuffata e in particolare con l’ingestione di carboidrati da cui ricavano il triptofano (precursore della serotonina). Tale ipotesi consentirebbe di spiegare anche altri aspetti psicopatologici e comportamentali di frequente riscontro in tali disturbi, quali il discontrollo degli impulsi (condotte autolesive, abuso di alcol e sostanze) e le alterazioni del tono dell’umore (demoralizzazione secondaria alla perdita di controllo sull’alimentazione, episodi depressivi maggiori), le caratteristiche ossessivo-compulsive legate alle proporzioni corporee, la polarizzazione ideativa sul cibo, la “ritualizzazione” della crisi bulimica.
Anche il sistema degli oppioidi endogeni sembra essere compromesso: si riscontrano infatti ridotti livelli di oppioidi nel plasma e nel liquor di queste pazienti e tale riduzione sembra essere inversamente proporzionale alla gravità della sintomatologia depressiva.
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