da vercingetorige » 16/07/2013, 20:38
ciao zaira, stai calcando il solco giusto. avere l'autostima claudicante è un buon segno: chiunque dovrebbe schifarsi almeno un po' anche per il solo fatto d'esistere, perché quel margine di schifo consente se non un miglioramento, almeno una presa di coscienza di sé come individuo. avere una scarsa stima di sé esaspera la percezione di noi stessi, la traduce in ipertrofica: ci spalanca alla frattura fra noi ed il mondo. per così dire, ci mondiamo dal mondo: l'individualità è un'escrescenza che riceve i natali da una condizione di dolore natio, non da un un'armonia in cui l'individuo aderisce a sé stesso ed ai paradigmi del mondo - l'aderenza non lascia spazio alla singolarità, ma solo all'omologazione di massa. è la morte dell'individuo in quanto singolo, il principio dell'individuo come surrogato industriale su larga scala-. Insomma: patior ergo sum. o, per parafrasare ad hoc l'incipit di anna karenina di tolstoj, tutte le persone felici sono simili le une alle altre, ogni persona infelice è infelice a modo suo. Tutto questo per dirti che qualsiasi persona con un minimo sindacale d'intelletto ha il preciso dovere morale di non essere indulgente né con sé stessa né con gli altri, e solo i dementi non hanno mai attimi in cui si disprezzano sinceramente.
Ma al di là delle mie personali riflessioni just4lulz, i picchi d'autostima sono un processo fisiologico alla maturazione della propria personalità (diventa un processo patologico quando valica una certa soglia d'intensità e di frequenza, ma ho l'impressione che non sia il tuo caso) e sono funzionali a familiarizzare con sé stessi, con i propri desideri latenti ed i propri limiti transitori. in ambito accademico la definizione d'autostima è data dalla relazione (intesa come dicotomia: vicinanza\lontananza) fra il sé percepito ed il sé ideale: tanto più il modo in cui percepiamo empiricamente noi stessi è vicino alla costruzione del nostro sé ideale, quanto più beneficeremo d'elevata autostima. ora, è logico dedurre che se ti odi la tua percezione di te stessa è ben lungi dall'essere limitrofa al tuo sé ideale, dunque la linea politica per ritemprare la tua autostima dev'essere in primis fondata su un sano esercizio introspettivo: ti devi chiedere in quali modelli comportamentali\cognitivi consista il tuo sé ideale affinché tu possa assottigliare la distanza. com'è stato fatto notare dalla psichiatra pope, il cui pensiero sull'autostima è epigono di w. james, l'adolescenza è una parentesi in cui la visione del sé ideale è fortemente sollecitata da pressioni sociali esterne: i primi confronti competitivi con l'Altro, le incombenze famigliari etc. Tuo compito è identificare quali siano i modelli sociali che stai assimilando e che stanno aggravando la discrepanza fra sé percepito e sé ideale -meccanismo che determina la bassa opinione di te-, traslitterarli dal sostrato subconscio a quello cosciente: infine come esito\coronamento di questo processo, teoricamente, dovresti affrancarti dall'assedio di pressioni sociali che riconosci come intrusive (come possono essere, ad esempio, le pretese genitoriali o l'agonismo sfrenato dell'ambiente scolastico che confliggono con certe indoli. non so se sia il tuo caso eh, interpreta in maniera astratta l'esemplificazione) per dedicarti alle attitudini che avverti urgenti, edificanti per la tua persona. In sostanza, non ti rifilo la solita manfrina che qui è di casa sul fatto che "ciascuno è unico nonché gremito di talenti": no, i talenti sono un retaggio di pochi e no, lo stesso vale per la peculiarità. in compenso ciascuno ha delle attitudini: identifica le tue, scarta le prassi che ti sono imposte perché concorrono a logorare la stima di te anziché ricucirla, prendi dimestichezza con te stessa, con le tue insoddisfazioni latenti, desideri segreti e sollecitazioni sociali alle quali ti assoggetti ed agisci di conseguenza