Kimochi Warui

Kimochi warui, traducibile come: Che schifo, patetico, non mi piace questa sensazione e simili; penso sia l'unica maniera di poter descrivere la miriade di mostri ed abomini che mi sento dentro da qualche anno a questa parte. Probabilmente non ha molto senso comunicare quello che si prova, tenendo conto del fatto che è un qualcosa di assolutamente singolare e limitato a sè stessi ed alla propria percezione di ciò che ci circonda, ma in alcuni momenti il solo sapere che qualcuno possa capire quello che intendi dire, che possa mostare un minimo di empatia aiuta.
Il problema fondamentale è sempre uno: sono solo.
Di per sè non sarebbe un problema, lo è per come lo percepisco io, per come avverto che sia una percezione malata dell'essere solo, per come vorrei circondarmi di altre persone ma il solo farlo poi nella pratica, magari provando a riesumare dalla fossa in cui li ho gettati i vecchi "amici", "conoscenti", "gente", "persone", "esseri", "indefinibili", "incomprensibili", "odiosi", "rivoltanti", "schifosi" e soprattutto invidiati mi porti a provare il Kimochi Warui, il disgusto verso di loro e al contempo la voglia di essere come loro NORMALE.
Non ha molto senso parlare di normalità considerando che è normale ciò che reputiamo essere normale, ma credo che sia abbastanza chiaro il tipo di normalità a cui faccio riferimento.
Mi sono sempre reputato, da un certo punto di vista, superiore agli altri; interessato di capire ciò che c'è al di la dell'apparenza, di porsi domande che normalmente vengono reputate assurde "cosa ci sto a fare quì", "chi sono IO" e STRONZATE ESISTENZIALISTE DEL GENERE.
Ormai le definisco stronzate solamente per comunicare l'odio verso quel qualcosa che in realtà reputo essenziale in un vero essere umano, quella voglia di andare al di là e di chiedersi le cose, quella stessa voglia che inizialmente si traduce nel rifiutare tutto, nel porsi al di sopra e che poi inevitabilmente ti fa precipitare.. "Tanto più in alto hai volato e più male farà la caduta".
Ed ora lo capisco, perchè gli altri mi hanno sempre reputato stupido, pesante, strano e qualcosa da evitare (per meglio dire da starci a contatto nel limite consentito).
Trascurando le stronzate astratte in concreto sono un inetto, che dal 5 liceo si è ritirato nello studio folle, ha finito un primo anno di ingegneria con una media del 29, ha iniziato a "sbroccare" piano piano, è crollato definitivamente ed ha passato un anno di depressione, anoressia e cazzate varie, ha provato a riprendersi ma ingannandosi, ritornato all'università ha provato a socializzare, e ci ha provato sinceramente, ma ha notato del come venga reputato strano, inadatto, insicuro, da evitare, ha continuato come prima con la sua compulsione nello studio, sempre più ritirato in sè stesso, con rapporti che ormai si limitano al solo: 1)giocare di sera a lol con un gruppo di persone del liceo ed uscirci di tanto in tanto 2) parlare ogni tanto con alcune persone che hanno sofferto e riescono a "capire" 3) continuare ad andare dalla psicologa da più di un anno senza effettivamente concludere nulla, partecipare al suo stupido gruppo in cui una decina di stronzi vengono per raccontare stronzate e "stereotiparsi" all'interno del gruppo..
Ora sono un inetto che si ritrova con il suo 97 alla maturità, la sua inutile media del 29, ad aver cambiato università e non sapere più nulla di nulla, a non aver dato esami da un anno.. al non avere idea di cosa fare della sua esistenza, ad essere solo nella sua stupida stanza, al non parlare con nessuno, ad odiare chiunque, ad essere circondato da una "famiglia" che odia ma, soprattutto, ad odiare sè stesso.. quel patetico esserino che vede nello specchio e nel quale non si riconosce.. quell'esserino che non ha idea di cosa fare della sua esistenza.
Se qualcuno ha resistito ed ha letto fino a quì lo ringrazio veramente con tutto me stesso, per quanto possa valere, tyvm..
Il problema fondamentale è sempre uno: sono solo.
Di per sè non sarebbe un problema, lo è per come lo percepisco io, per come avverto che sia una percezione malata dell'essere solo, per come vorrei circondarmi di altre persone ma il solo farlo poi nella pratica, magari provando a riesumare dalla fossa in cui li ho gettati i vecchi "amici", "conoscenti", "gente", "persone", "esseri", "indefinibili", "incomprensibili", "odiosi", "rivoltanti", "schifosi" e soprattutto invidiati mi porti a provare il Kimochi Warui, il disgusto verso di loro e al contempo la voglia di essere come loro NORMALE.
Non ha molto senso parlare di normalità considerando che è normale ciò che reputiamo essere normale, ma credo che sia abbastanza chiaro il tipo di normalità a cui faccio riferimento.
Mi sono sempre reputato, da un certo punto di vista, superiore agli altri; interessato di capire ciò che c'è al di la dell'apparenza, di porsi domande che normalmente vengono reputate assurde "cosa ci sto a fare quì", "chi sono IO" e STRONZATE ESISTENZIALISTE DEL GENERE.
Ormai le definisco stronzate solamente per comunicare l'odio verso quel qualcosa che in realtà reputo essenziale in un vero essere umano, quella voglia di andare al di là e di chiedersi le cose, quella stessa voglia che inizialmente si traduce nel rifiutare tutto, nel porsi al di sopra e che poi inevitabilmente ti fa precipitare.. "Tanto più in alto hai volato e più male farà la caduta".
Ed ora lo capisco, perchè gli altri mi hanno sempre reputato stupido, pesante, strano e qualcosa da evitare (per meglio dire da starci a contatto nel limite consentito).
Trascurando le stronzate astratte in concreto sono un inetto, che dal 5 liceo si è ritirato nello studio folle, ha finito un primo anno di ingegneria con una media del 29, ha iniziato a "sbroccare" piano piano, è crollato definitivamente ed ha passato un anno di depressione, anoressia e cazzate varie, ha provato a riprendersi ma ingannandosi, ritornato all'università ha provato a socializzare, e ci ha provato sinceramente, ma ha notato del come venga reputato strano, inadatto, insicuro, da evitare, ha continuato come prima con la sua compulsione nello studio, sempre più ritirato in sè stesso, con rapporti che ormai si limitano al solo: 1)giocare di sera a lol con un gruppo di persone del liceo ed uscirci di tanto in tanto 2) parlare ogni tanto con alcune persone che hanno sofferto e riescono a "capire" 3) continuare ad andare dalla psicologa da più di un anno senza effettivamente concludere nulla, partecipare al suo stupido gruppo in cui una decina di stronzi vengono per raccontare stronzate e "stereotiparsi" all'interno del gruppo..
Ora sono un inetto che si ritrova con il suo 97 alla maturità, la sua inutile media del 29, ad aver cambiato università e non sapere più nulla di nulla, a non aver dato esami da un anno.. al non avere idea di cosa fare della sua esistenza, ad essere solo nella sua stupida stanza, al non parlare con nessuno, ad odiare chiunque, ad essere circondato da una "famiglia" che odia ma, soprattutto, ad odiare sè stesso.. quel patetico esserino che vede nello specchio e nel quale non si riconosce.. quell'esserino che non ha idea di cosa fare della sua esistenza.
Se qualcuno ha resistito ed ha letto fino a quì lo ringrazio veramente con tutto me stesso, per quanto possa valere, tyvm..