Alla fine è arrivato l'invito che non avrei voluto ricevere mai. Un invito a pranzo con tutti i compagni delle medie per ricordare i 'bei tempi'. Ecco per una volta sono io che avrei voluto essere esclusa... ancora non sono riuscita a dimenticare la sofferenza che mi provocò il raduno dei compagni delle elementari.
Il problema è che i tempi della scuola per me non furono bei tempi ma anni di angherie, scherzi maligni, umiliazioni, violenze psicologiche, paura, lacrime e solitudine. Furono anni in cui arrivai veramente a pensare di essere sbagliata per questo mondo e che, in fondo, ciò che mi facevano me lo meritavo perché ero io a non essere normale. Del resto non avevo nessuno con cui parlarne perché di bullismo non si parlava allora.
Ora mi pregano di essere presente a quella cena, mi assicurano che sarà una serata piacevnole, tra ex compagni. Non ho dubbi che sarà così per chi mi ha invitato, e sta insistendo perché ci sia, ma per me sarebbe come andare a cena con i miei aguzzini che probabilmente nemmeno si ricordano del male che mi hanno fatto, che son convinta non abbiano fatto autocritica. Il male è stato solo mio. Sta sera ne ho avuto la certezza: il capo dei miei aguzzini è diventato un maestro, è sposato e ha un figlio. Insomma ha una vita normale mentre io non ho una vita e sono consapevole che la causa è anche sua e di tutti gli altri come lui.
Così ora sono qua che piango come allora, la sofferenza è la stessa, il senso di essere diversa è uguale, il senso di sconfittat è lo stesso, solo l'età è cambiata. Ora ho cinquantanni e ancora non ho superato nulla. Continuo ad andare dalla psicoterapeuta e davvero a volte mi sembra di fare notevoli passi avanti ma poi basta un ricordo, un nome e ritorno ad essere quella ragazzina disperata e impaurita e penso che ormai non ci riuscirò più.
Scusate per lo sfogo, ora mi asciugo le lacrime, venti gocce per dormire e poi domani sarà un altro giorno chissà.