Ciao a tutti, mi sono appena iscritta in questo forum e, come primo argomento, ho pensato di condividere un'esperienza che giudico piuttosto strana e a cui non riesco a dare una spiegazione. Per questo motivo spero di ricevere un consiglio da tutti voi, specialmente da chi ha intrapreso, oggi o in passato, un percorso di supporto psicologico con un dottore.
Due anni fa, dopo diversi episodi depressivi e di ansia, ho iniziato a fare delle sedute settimanali presso uno psichiatra. Non sono rimasta pienamente soddisfatta del percorso che ho intrapreso in quanto, nonostante mi abbia senza dubbio aiutata, non lo ha fatto completamente e non è stato affatto come mi aspettavo. Il dottore rimaneva in silenzio la maggior parte del tempo, appena entravo nel suo studio restava per diversi minuti senza parlare e ad osservarmi prima di far iniziare la seduta. La cosa più strana è stata che un giorno, dopo diverse sedute, gli chiesi che cosa ne pensasse di me e della mia situazione, e soprattutto cosa fosse quello con cui avevo a che fare, se un disturbo depressivo o altro. Al che lui rispose "Non importa sapere cosa è o dargli un nome. Deve dire lei stessa come si sente, se pensa di essere migliorata o meno".
So perfettamente che ogni dottore utilizza un approccio e delle tecniche differenti per ognuno
dei propri pazienti durante le sedute, ma non è anche vero che riconoscere ed accettare la malattia è il primo passo verso la guarigione? Anche se è ovviamente il paziente ad avere il compito di parlare la maggior parte del tempo della seduta, non è anche vero che il dottore debba stimolarlo e dargli dei consigli in un modo o nell'altro? Ad esempio su come poter affrontare delle situazioni di disagio o come imparare a gestire gli attacchi di panico di cui soffro da anni.
Qual è la vostra opinione a riguardo?
Spero di essermi spiegata al meglio, altrimenti sono pronta a rispondere ad eventuali domande.
Grazie a tutti.