Una scelta non-imposta

Ciao, sono nuova e dopo mesi a fare l'anonima scrutatrice, ho deciso di iscrivermi.
So di essere una persona piuttosto patetica, o ancor meglio, sono una persona totalmente vuota, ma sento di aver bisogno di aiuto, perché prima non ero così.
Ho avuto una vita travagliata, ma vorrei parlarne dall'inizio, sperando che qualcuno di voi legga il mio post e mi aiuti a fare una scelta, che potrebbe levarmi questo senso di vuoto.
Ho 23 anni, fra poco 24.
Quando ero piccola, ero piuttosto sola. Non avevo tantissimi amici, ma non perdevo mai il sorriso.
Quando mi svegliavo, era sempre un nuovo giorno.
Mio padre mi ha sempre trattato male, sia a me, che a mio fratello.
Per ogni più piccolo problema mi picchiava.
"Hai rotto la tazza?" -> Botte
"Stai guardando la tv al posto di studiare?" -> Botte
Più o meno era questa la mia vita. Non facevo mai niente che lo contrariasse, niente, assolutamente niente.
Ho subito pesanti atti di bullismo alle medie, ma con la paura che qualcuno mi picchiasse, ho tenuto tutto dentro.
Coi professori che vedevano tutto.
Mi hanno dato del "cesso", mi hanno rinchiuso in bagno, mi hanno spinto, mi evitavano come la peste.
Passavo le mie giornate a studiare ed andare in biblioteca, giocavo anche di ruolo, ma mio padre usava il computer (di famiglia) per masturbarsi e chat erotiche, quindi mi era precluso di approfondire le mie amicizie anche attraverso delle semplice e-mail o msn.
Per quanto volessi morire, mi rallegrava il fatto di essermi creato un mondo perfetto nella mia testa. Con tanto di cavaliere azzurro che mi salvava da ogni situazione, per quanto alla fine non venisse mai nessuno a salvarmi, ma ero sempre io a tirarmi fuori.
Passati i tre anni, dopo la delusione che il mio impegno non mi era bastato per "brillare" alle medie, mi sono iscritta alle superiori.
Scelta imposta, ovviamente. Una sorta di itis con indirizzo chimica.
I primi due anni, tranne la mia autostima sotto le scarpe, tutti che trovavano il ragazzo, io bollata come "cesso" da tutti quel che mi interessavano, ho proseguito il mio percorso per i due anni, brillantemente.
Speravo, però in cuor mio di poter scegliere altro al posto di quello.
Ma vivevo nella paura di essere pestata, accettavo tutto, mentre mi sentivo morire dentro.
Post-biennio, ho frequentato anche i corsi estivi, lì ho conosciuto altre persone con cui fare amicizia ed ho migliorato i rapporti con i miei compagni di classe.
Avevo alcune amiche, anzi più di alcune, stavo simpatica a tutti, per quanto disgustassi il fatto che qualcuno mi toccasse o si avvicinasse a me, non avevo alcun problema a parlare e a fare da confidente.
Così, a qualcuno inizia ad interessare, ma dopo un paio di giorni di relazione, era evidente il fatto che non provassi attrazione, ma che volevo solo qualcuno che mi rendesse meno sola.
La mia migliore amica, ovviamente, si mise assieme subito a questa persona, ed io ero davvero contenta per lei.
Al terzo anno ho incontrato una persona che non doveva insegnare.
Avevo delle difficoltà in matematica, non gravi essendomi sempre impegnata fino all'anno prima, ma "troppe". La mia professoressa mi interrogava OGNI giorno in cui c'era lezione. Mi faceva fare i compiti alla lavagna, mi umiliava con una sfilza di 2, al posto di aiutarmi.
All'inizio mi impegnai, andai a ripetizione e il ragazzo che mi dava una mano, mi disse che era "strano", che gli esercizi li sapevo fare, okay non perfettamente, ma che si vedeva che mi stavo impegnando.
Dopo venti 2 sul registro inizia a saltare le lezioni.
E mio padre riprese a picchiarmi, fin quando non scappai di casa.
Mia mamma, di cui fin ora non ho parlato, lavorava SEMPRE all'epoca. La vedevo solo il sabato pomeriggio, la domenica e le sere durante la settimana.
Ma aveva capito che c'era qualcosa che non andava, e quando scappai fu lei a recuperarmi a quattro paesi di distanza dal mio.
I miei amici, se ne sbattevano della mia situazione.
Avevo stretto con altre ragazze, con alcune condividevo la passione per il disegno ed i fumetti.
La mia migliore amica non mi prestava neanche gli appunti, non si interessava neanche di chiamarmi, mi scriveva su msn "Sto studiando".
Alla fine, disperata, inizia a ripiegare su altre cose.
Inizia a suonare la batteria, la domenica facevo sessione di d&d con altri ragazzi.
Provai qualcosa per un ragazzo, ma per paura o per il senso che avevo "hai ottenuto quel che vuoi, ora devi far di più", scappai dall'unica relazione che forse mi avrebbe aiutato. Specialmente anche per la mia migliore amica, che mi disse "Ma non fa per te! Poi parla sempre alle tue spalle quando non ci sei!"
Le stessa mi fece buttare fuori dal gruppo con cui uscivo, diceva che parlavo alle spalle degli altri.
Ovviamente ne parlavo con la batteria, o col cuscino, o con lei che mi rispondeva "Sto studiando".
Capii, troppo tardi, che aveva paura che minassi alla sua relazione. Ormai, però ero fuori.
Continuai a scappare e provai a cambiare scuola superiore, non riuscendoci (non mi permetteva di farlo la scuola stessa), andai a lavorare come commessa in una fumetteria.
E lì andava tutto bene.
Ero corteggiata, stimata, le persone mi parlavano e per quanto avessi un rifiuto generale, facevo amicizia.
Quell'estate baciai anche il mio primo ragazzo, che non rividi mai più (ero al mare con mio padre).
Mi iscrissi di nuovo, sempre a far chimica in una nuova scuola, per quanto coltivassi in segreto due passioni "l'informatica", adoro programmare, risolvere problemi e "il disegno".
Mio padre però mi strappò ogni disegno, ogni foglio, ogni cosa, dicendo che era solo uno spreco di tempo e risorse, quindi non toccai più matita o foglio.
Con tanto di botte e sul fatto che ero una vergogna.
Le scuole continuarono a proseguire, ero corteggiata da molti, ma chi mi piaceva mi bollava come cessa o ancor peggio "brutta faccia, bel fisico".
Alla fine del quinto anno, un anno travagliato, coi litigi di mio padre, col mio carattere che era diventato più ribelle, finii velocemente. Mi ero fatta il c*lo durante gli anni, ma il mondo è pieno di raccomandati e la figlia del vice-politico-della-regione, doveva uscire MEGLIO rispetto agli altri, per quanto pensasse ben ad altro.
Così mi presi il mio 75, un calcio nel c*lo e via.
Inizia a studiare per l'esame di ammissione ad ingegneria, non informatica come speravo, ma biomedica.
Neanche dopo qualche settimana, poco dopo il mio compleanno, iniziai con vomito, febbre e malessere generale. Dolori che mi facevano star così male da impedirmi di alzarmi dal letto.
Mio padre iniziò a tallonare mia madre, visto che il nostro rapporto era migliorato, che dovevo alzare il c*lo e scegliere l'università.
Ma iniziai a peggiorare molto, mio padre non mi portò da un medico dicendo "te le inventi ste cose, sei una malata immaginaria".
Non riuscì a dare alcun esame, oltre che quando arrivavo vicino all'università accompagnata da mio padre (ora pensionato), avevo un totale rigetto.
Così, presi un anno sabbatico, e rimasi a casa a coltivare l'unica passione che mi era rimasta oltre alla lettura..i videogiochi e gli anime.
Eh sì, ho sempre amato giocare ai videogiochi, specialmente gli Otome game e gli rpg. Quindi mi rinchiusi nel mondo di World of warcraft, feci amicizia con persone davvero fantastiche.
Alla fine del quinto anno, non ho menzionato il fatto che coltivai l'amicizia con un'altra ragazza, che divenne la mia migliore amica 2.
Ovviamente, il malessere fisico continuò. Tanto da dovermi portare in ospedale due settimane prima di natale, tanto da perdere sangue e stare male ogni due giorni.
Ma alla fine ero fortunata, dopo vari esami e visite, non era niente di grave, ma ero davvero malata.
Rimasi a casa da sola, a capodanno, con tutti che si divertivano e mio padre che se ne sbatteva il c***o, che doveva andare alla cena prenotata.
Conobbi un ragazzo, attraverso la mia migliore amica 2, dopo poco iniziò a corteggiarmi, ma lui stava dall'altra parte dell'italia.
Così andai da lui e mi "iniziò" alle mie prime esperienze diverse dal solo bacio.
Provavo qualcosa, ma non sapevo quantificarlo. La mia migliore amica 2, però, mi declassò ad amica dicendo che "Sei troppo occupata a studiare al posto di ascoltare i miei problemi", iniziò a preferire altre amicizie ed io rimasi di nuovo "sola".
Quindi, andava tutto bene, ma vengo a scoprire che ero diventata un bellissimo cervo e che venivo sfottuta dagli amici di lui, per la mia voce.
Lo lascio, con la mia migliore amica 2 che torna "Hey, ora hai tempo, ascolta i miei problemi". Cosa che ho fatto.
Sono uscita con altre persone, ma ero depressa, sorridevo, ma ero vuota.
Il cambiamento era stato troppo forte, troppo opprimente.
Così dopo due moine, il mio ex torna ed io ci ricado. Mi invento scuse, ci rimettiamo assieme. Stavolta la prende SERIAMENTE la nostra relazione, dicendo che mi ama.
La mia migliore amica 2 si ristacca, inizia a provarci spudoratamente con tutti i miei amici, cercando di guadagnarsi il loro favore.
Il mio ex, geloso, mi impedisce di parlare con chiunque. Ed ogni volta, che uscivo anche per andare a fare la spesa, o per andare da qualche parte "Vai a fare la zoccola, eh?".
Io inizio l'università, dopo non essere riuscita a passare due volte l'esame di ammissione in una facoltà che mi era più comoda in termini di "viaggio", mi imbarco a spararmi tutti i giorni quasi tre ore di treno quando va bene, cinque quando va male (sempre).
Ma mi impegno, mi faccio il c*lo, per quanto non fosse la mia prima scelta universitaria e per quanto fioriva in me l'idea che non era questo che volevo fare nella vita.
Mio padre poi, non mi dava più problemi, anzi..tranne le suppliche per farmi venire a prendere in stazione, andava tutto bene.
Avevo più volte proposto l'idea di prendere l'appartamento, per essere più comoda, ma monetariamente costava troppo e quindi mi sbattevo, stando zitta.
Verso novembre, scopriamo che mio padre si sta facendo un'altra famiglia e che ha un'altra donna, in un paese vicino al nostro, usando i soldi che mia madre aveva guadagnato lavorando tanto.
La cosa spezza mia madre, che inizia a deprimersi. Proviamo, io e mio fratello, a prendere in mano la situazione ed io stessa faccio il bagaglio a mio padre e gli dico di andarsene fuori.
La cosa diventa travagliata ed io sono sola a passare tutto questo.
Il mio ex mi invitava a scappare da lui, così da iniziare a convivere ed essere felici.
Salto la sessione di esami, non riuscendo a concentrarmi e mi dedico ad attività diverse, oltre che aiutare mia madre.
Mio padre inizia di nuovo a picchiarmi, o cose ancor peggiori, mi spalmava i bisogni del gatto sul pavimento, buttandoci dentro le mie cose. Mi calpestava i libri ed ovviamente, mi diceva di arrangiarmi.
Inizio a non parlargli più, aspettando che mia madre si risollevi e lo sbatta fuori.
Il mio ex, vengo a scoprire, che sente ancora la ragazza con cui mi ha tradito e che hanno passato l'estate assieme.
Eh sì, passavano intere ore su skype a sparlare di me, con lei ed il suo amico che mi prendeva in giro pesantemente.
Io gli avevo anche detto di dirmi se continuava a frequentarli e odiavo le menzogne.
Ovviamente, in pura cattiveria, fu il suo amico a dirmelo, ad inviarmi intere conversazioni.
Dopo neanche una settimana, lo lasciai e per quanto mi supplicasse, gli dissi che era finita.
Così, feci quel che era giusto. Aiutai mia madre, mi impegnai a passare il debito formativo e trovai un altro ragazzo, di cui i suoi genitori si erano appena separati.
Mi aiutò molto a passare quel periodo, ero diventata la sua ragazza e ne ero fiera.
Erano mesi tranquilli, facevo tante ore di treno, ma potevo vederlo e studiavamo assieme.
Mio padre mi maltrattava, ma non mi importava, dopo un po' se ne andò a vivere da mia nonna paterna, per quanto continuava a venire lì ad usare il bagno e la doccia, facendo cose ancor più meschine.
Tipo nascondere la biancheria intima della sua amante nei miei cassetti, sporca.
Tenni duro, mi impegnai e mi feci forza.
Col mio ex 2 le cose non andarono, correvamo troppo ed io ero indecisa, avevo paura. Inizia ad entrare nella seconda peggior depressione della mia vita.
Lui mi amava, io invece non sapevo esattamente se l'amavo. Mi piaceva star con lui, ma iniziai a rendermi conto che il mio vuoto era sempre più grande, ormai un pozzo di cui non vedevo la fine.
Non volevo trascinarlo con me, ero arrabbiata perché mi faceva delle sorprese e una volta si era presentato a casa mia, dovetti chiamare mio padre per farci accompagnare in stazione e mi sentii dire questo da lo stesso uomo che mi strappava i disegni in faccia e che teneva quelli della nipotina della sua amante appesi nel suo ufficio "Devi essere più affettuosa, non vedi? Non sei capace di farti voler bene dalle persone".
Ero distrutta. Passavo i miei giorni a studiare, ogni giorno della mia estate, mi ero allontanata da tutto e da tutti.
Il mio scopo era passare quell'esame e lo feci, prendendo il massimo voto.
Da lì a poco dovevo dare l'orale, ma riincontrai un amico che avevo lasciato indietro, una persona che so che provava qualcosa per me, ma che avevo rifiutato perché stavo col mio primissimo ragazzo.
Non so esattamente cosa successe, ma scatto una scintilla. Lasciai il mio ex, che ormai sentivo sporadicamente e mi buttai a capofitto in una nuova relazione, in cui mi sentivo amata e per cui provavo davvero qualcosa.
Mio padre però, ha la capacità di rovinare tutto. Mi mancava solo l'orale per confermare il voto, avevo studiato tanto, mi ero impegnata, ma lui arrivò e mi disse qualcosa, qualcosa che esattamente non mi ricordo.
Il ragazzo per cui provo qualcosa finì in ospedale per peritonite ed io andai a trovarlo ogni giorno che mi era possibile, mancavano pochi giorni all'esame, ma continuai a tener duro.
Andai all'esame, con un mio amico informatico (condividevamo i corsi e con loro mi sentivo anima affine) ed iniziai l'orale. Dopo aver risposto a qualcosa, mi bloccai e non mi usciva più alcuna parola.
Non mi ricordavo nemmeno come mi chiamavo, se fossi iscritta a quel corso o cosa. Il vuoto totale.
Il professore, però, vedendomi disperata e sapendo che avrei dovuto ripetere l'anno mi fece passare lo stesso, con un bel 20 stampato sul libretto.
Presi il treno, piangendo, ma andai a trovare il mio attuale ragazzo in ospedale, mi consolò e mi presi una sorta di vacanza.
Giocai di ruolo, mi sparavo una maratona di videogiochi, guardavo serie tv, pronta ad iniziare il secondo anno.
Mio padre mi diceva che dovevo andare al lavoro, ma continuai lo stesso a proseguire il mio sogno universitario.
Per quanto quello che studiassi non mi interessasse e mi premesse l'idea di passare ad altro, tenni duro.
Inizia il semestre, frequentando le lezioni ed apprezzando ben una materia.
Neanche qualche settimana dopo, la mia prozia che abitava al piano di sotto del mio, iniziò a star male.
Mio padre si era preso l'impegno di badare a lei, visto che mia madre lavorava, prendendo solo quel che desiderava dal conto su cui si era messo con forza.
Non mi passava alcunché, ma quando ebbe la possibilità di altri fondi, iniziò a darmi la somma prevista, ignorando qualsiasi altra spesa.
Così, la mia prozia, iniziò a gridare ogni notte, a chiamare mio padre ogni notte, gridando o chiamandolo al telefono.
Non potevamo farla ricoverare, ma l'avevamo messa in lista d'attesa. Io stessa chiamavo, cercavo centri, prendevo numeri di telefono ed inviamo email, lasciando a parte l'università per aiutare mia madre.
Inizia a frequentare di meno, mettendomi d'accordo con una mia compagna di università per gli appunti. Mi tornarono anche le coliche, per quanto non ci fosse una ragione apparente.
La situazione in casa peggiorò, specialmente dopo il ritorno dall'ospedale. Passai un natale d'inferno, mentre mio padre era in vacanza con la sua nuova compagna a far visita ai parenti, dovevo sentirmi le urla incessanti tutto il giorno e studiare, ma la voglia se ne era andata.
L'unico mio giorno di libertà era il tempo trascorso col mio ragazzo ed il gioco di ruolo un giorno a settimana.
Allora inizio a studiare a casa, aspettando infermieri che venivano a visitarla, aiutando mia madre coi farmaci e le chiamate all'ASL, con mio padre che si faceva vedere una volta al giorno.
Ero stressata, esaurita, ma alla fine me la cavavo come meglio potevo.
Mia madre continuò a pagare l'università per quanto fosse ormai inutile. Non potevo frequentare, studiare era diventato impossibile, ma lei continuava lo stesso a dire che dovevo andarci ed impegnarmi, che dovevo fare sacrifici.
Ci ho provato un paio di volte, ma dormivo poco, mi svegliavo alle 5 per arrivare in università e la mia salute peggiorava.
Mia madre finalmente si separa da mio padre, lo chiude fuori di casa (ma lasciandogli la possibilità di entrare nel giardino), con la peggior separazione di sempre.
Se dovessi decidere di andare al lavoro, di abbandonare gli studi o di rendermi indipendente, lui potrebbe sbatterci fuori di casa.
Perché, per quanto la casa sia eredità di mia madre, lui essendosi intestato a forza (per colpa della mia prozia) può decidere di vendere la casa.
La mia prozia peggiora, scopriamo che mio padre rubava cose in casa, oltre che in garage, e la situazione diventa sempre più insostenibile.
Prendiamo una badante, pagata con quel poco che non si era portato via mio padre, che si comporta esattamente come lui.
Ringrazio il fato, che dopo l'ulteriore peggioramento e ricovero, ha fatto scattare la scintilla di qualche medico che si è sbattuto e ci ha dato una mano a trovare un Hospice.
Qualche giorno dopo il mio compleanno è morta, dopo tre settimane di ricovero e sembrava che tutto andasse per il meglio.
Io avevo una relazione stabile, avevo difficoltà a fare il passo verso "fare l'amore", ma non avevo pressioni.
Mia madre ha iniziato ad andare da una psicologa.
Dopo pessime vacanze, con una parente che voleva quel che rimaneva dei soldi di mia zia, compresi di accompagnamento, riinizio l'università frequentando il secondo/terzo anno.
Senza perdermi d'animo, inizio subito a studiare, a farmi tutte quelle ore di treno.
Ma eccola, lì, il vuoto, la depressione, che torna incessante e che mi dice "Sei un cesso, incapace, ammazzati che fai prima".
Passo tutti i micro esami con voti altissimi, studio una sola materia e poco prima di Natale, inizio a deprimermi.
Svegliarmi presto era un peso, non poter rilassarmi con una partita alla play era un peso maggiore, e tornare alle 20 mi uccideva.
Inizio a disperarmi, con pianti inconsolabili e penso di buttarmi sotto un treno.
Influenza in pieno, scrivo ad una mia compagna se oggi c'era lezione e in che aula, causa cambiamenti vari, e se mi poteva portare degli appunti che mi mancavano.
Non ho alcuna risposta, quindi ci vado lo stesso.
Vado e c'è il treno stranamente vuoto, ma penso che gli studenti delle superiori siano a casa per qualche motivo.
Poi ci penso su, prendo l'autobus vuoto e capisco che non c'era lezione.
Non so esattamente cosa mi sia successo, ma ho avuto il peggior crollo di sempre.
Mi ero svegliata presto, avevo la febbre, chiamo mia madre e gli dico che stavo tornando che non c'era lezione.
Inizio con un altro pianto, singhiozzavo, e vedevo i treni che passavano. Ed inizio a pensare di buttarmi sotto, volevo farlo, che senso aveva continuare così? Mi manca ancora un anno, ho dato un esame, mi sono impegnata e non era sufficiente.
Niente era sufficiente! Per farmi dare i soldi che mi spettavano delle varie spese, dovevo combattere battaglie con mio padre, sentirmi dare della fallita e succhiasoldi.
Dovevo ascoltare mia madre che mi raccontava i suoi problemi.
Studiare, impegnarmi, farmi il fondoschiena e non potevo mai farmi una partita alla play.
Medito su quella decisione, ma ricevo un messaggio del mio ragazzo, che mi scrive quanto mi ama e che se oggi ero a casa potevamo sentirci.
Prendo il treno, singhiozzando disperata e chiamo mia mamma, che mi viene a prendere in stazione.
Mi rinchiudo nella mia stanza, con una bella influenza, sento il mio ragazzo e gioco alla play, mentre preparo il progetto per l'università.
Ma non vado più a lezione, stavo troppo male per alzarmi la mattina, farmi tutte quelle ore per niente.
Nessuno dei miei compagni si interessa, sempre se non per "Oh, ma quanto ti manca per il progetto?", ma me ne sbatto e continuo a fare quel che faccio.
Mi chiedono una mano, io gli do una mano, gli passo gli appunti ed i miei riassunti.
Il progetto lo presento, bellissimo, perfetto, ma la mia compagna si era fatta fare la sua parte da un altro ed il professore penalizza entrambe.
Quindi, nemmeno nella mia materia preferita, una delle tre che mi piacciono del mio corso, posso brillare.
Mi deprimo, inizio maratone di studio folli in vista degli esami, ma non riesco a preparare le cose in tempo.
Riiniziano i corsi, frequento due settimane e ci ricado. Studio, mi impegno, ma tutto quel che faccio mi fa schifo.
Mi disgusta così tanto da farmi stare male fisicamente. Le materie sono orribili, non mi interessano.
Il lavoro che andrò a fare non mi piace.
Così, mia madre mi manda da una psicologa, dicendo che però dovevo fare dei sacrifici e che dovevo completare la laurea, ormai aveva pagato tre anni e li avevo sprecati.
La psicologa mi da tre scelte: 1. cambio università, 2. mi trasferisco là o 3. finisco questa e mi laureo.
Ormai ho 24 anni, ho dato un esame e mezzo..decido di continuare.
Il malore continua, peggiorato anche da un mal di testa incessante, linfonodi gonfi e alcune volte, totale mancanza di coordinazione. Rischio sempre di cadere, mi dimentico di cose importantissime e un paio di volte non centro il bicchiere, mentre mi sto versando da bere.
Non voglio trasferirmi, ora mi sento finalmente a casa, non voglio scappare e andarmene chissà dove per tenermi lontano mio padre.
Ho una relazione stabile, amo il mio ragazzo, voglio molto bene a mia madre, a mio fratello (per quanto continui ad ubriacarsi ed avere scatti d'ira) ed ai miei due gatti.
Ma che posso fare?
Odio la mia università, sto male al solo pensiero di andarci, odio quel che faccio, odio le materie tranne tre (queste tre sono tutte a carattere informatico).
Lavoro non posso, non ho competenze e mio padre mi sbatterebbe fuori di casa appena divento "indipendente".
Cambiare università?
Ho ponderato questa scelta in questi giorni, ma cosa so fare?
L'informatica mi piace, e molto, ma se non fosse la mia strada? Non ho mai preso decisioni in vita mia e penso di sbagliare.
Medito anche di rimanere lì e di completare gli esami, ma dovrò ancora fare un anno, senza motivazioni..
Ho anche ripreso a disegnare in questi tempi, penso che se ne avessi avute le possibilità, avrei raggiunto alti livelli, ma prima di prendere in mano una matita, ho fatto fatica.
E lo facevo di nascosto, sognando di notte mio padre che mi gridava della "Fallita".
Ho i peggiori incubi da 5 anni a questa parte, alcune volte cado in una paralisi del sonno o di allucinazioni ipnagogiche, ritmi sonno/veglia totalmente sballati.
Mia madre, dopo avermi visto nei peggiori stati di depressione, mi ha lasciato carta bianca sulla mia scelta.
Il mio ragazzo, vedendo quanto sto male quando torno dall'università o quando devo frequentare, mi ha consigliato di cambiare o di lasciar perdere, che questo non mi rende una fallita.
Ma alla fine, io cosa voglio davvero?
Voglio diventare un programmatore?
Voglio disegnare?
Ci medito, ci penso, ma mi sembrano entrambe buone. Ma mi sembra anche giusto, finire la mia laurea..con ancora 20 esami da dare..
Quando mi dico "cambio" sono molto contenta, è vero. Ma se poi ci provassi e capissi che non sono portata nemmeno per quello?
Grazie per aver letto tutto, grazie per essere arrivati fino a qui.
Ci sono altri episodi tristi, altri gravi o no, ma ho scritto tutti quelli che mi sembravano innerenti con questo stato, o che mi ricordassero quel che provo ora.
So che mi sono dilungata molto, spero di essere nella sezione giusta e scusatemi davvero, specialmente per errori grammaticali o altro.
So di essere una persona piuttosto patetica, o ancor meglio, sono una persona totalmente vuota, ma sento di aver bisogno di aiuto, perché prima non ero così.
Ho avuto una vita travagliata, ma vorrei parlarne dall'inizio, sperando che qualcuno di voi legga il mio post e mi aiuti a fare una scelta, che potrebbe levarmi questo senso di vuoto.
Ho 23 anni, fra poco 24.
Quando ero piccola, ero piuttosto sola. Non avevo tantissimi amici, ma non perdevo mai il sorriso.
Quando mi svegliavo, era sempre un nuovo giorno.
Mio padre mi ha sempre trattato male, sia a me, che a mio fratello.
Per ogni più piccolo problema mi picchiava.
"Hai rotto la tazza?" -> Botte
"Stai guardando la tv al posto di studiare?" -> Botte
Più o meno era questa la mia vita. Non facevo mai niente che lo contrariasse, niente, assolutamente niente.
Ho subito pesanti atti di bullismo alle medie, ma con la paura che qualcuno mi picchiasse, ho tenuto tutto dentro.
Coi professori che vedevano tutto.
Mi hanno dato del "cesso", mi hanno rinchiuso in bagno, mi hanno spinto, mi evitavano come la peste.
Passavo le mie giornate a studiare ed andare in biblioteca, giocavo anche di ruolo, ma mio padre usava il computer (di famiglia) per masturbarsi e chat erotiche, quindi mi era precluso di approfondire le mie amicizie anche attraverso delle semplice e-mail o msn.
Per quanto volessi morire, mi rallegrava il fatto di essermi creato un mondo perfetto nella mia testa. Con tanto di cavaliere azzurro che mi salvava da ogni situazione, per quanto alla fine non venisse mai nessuno a salvarmi, ma ero sempre io a tirarmi fuori.
Passati i tre anni, dopo la delusione che il mio impegno non mi era bastato per "brillare" alle medie, mi sono iscritta alle superiori.
Scelta imposta, ovviamente. Una sorta di itis con indirizzo chimica.
I primi due anni, tranne la mia autostima sotto le scarpe, tutti che trovavano il ragazzo, io bollata come "cesso" da tutti quel che mi interessavano, ho proseguito il mio percorso per i due anni, brillantemente.
Speravo, però in cuor mio di poter scegliere altro al posto di quello.
Ma vivevo nella paura di essere pestata, accettavo tutto, mentre mi sentivo morire dentro.
Post-biennio, ho frequentato anche i corsi estivi, lì ho conosciuto altre persone con cui fare amicizia ed ho migliorato i rapporti con i miei compagni di classe.
Avevo alcune amiche, anzi più di alcune, stavo simpatica a tutti, per quanto disgustassi il fatto che qualcuno mi toccasse o si avvicinasse a me, non avevo alcun problema a parlare e a fare da confidente.
Così, a qualcuno inizia ad interessare, ma dopo un paio di giorni di relazione, era evidente il fatto che non provassi attrazione, ma che volevo solo qualcuno che mi rendesse meno sola.
La mia migliore amica, ovviamente, si mise assieme subito a questa persona, ed io ero davvero contenta per lei.
Al terzo anno ho incontrato una persona che non doveva insegnare.
Avevo delle difficoltà in matematica, non gravi essendomi sempre impegnata fino all'anno prima, ma "troppe". La mia professoressa mi interrogava OGNI giorno in cui c'era lezione. Mi faceva fare i compiti alla lavagna, mi umiliava con una sfilza di 2, al posto di aiutarmi.
All'inizio mi impegnai, andai a ripetizione e il ragazzo che mi dava una mano, mi disse che era "strano", che gli esercizi li sapevo fare, okay non perfettamente, ma che si vedeva che mi stavo impegnando.
Dopo venti 2 sul registro inizia a saltare le lezioni.
E mio padre riprese a picchiarmi, fin quando non scappai di casa.
Mia mamma, di cui fin ora non ho parlato, lavorava SEMPRE all'epoca. La vedevo solo il sabato pomeriggio, la domenica e le sere durante la settimana.
Ma aveva capito che c'era qualcosa che non andava, e quando scappai fu lei a recuperarmi a quattro paesi di distanza dal mio.
I miei amici, se ne sbattevano della mia situazione.
Avevo stretto con altre ragazze, con alcune condividevo la passione per il disegno ed i fumetti.
La mia migliore amica non mi prestava neanche gli appunti, non si interessava neanche di chiamarmi, mi scriveva su msn "Sto studiando".
Alla fine, disperata, inizia a ripiegare su altre cose.
Inizia a suonare la batteria, la domenica facevo sessione di d&d con altri ragazzi.
Provai qualcosa per un ragazzo, ma per paura o per il senso che avevo "hai ottenuto quel che vuoi, ora devi far di più", scappai dall'unica relazione che forse mi avrebbe aiutato. Specialmente anche per la mia migliore amica, che mi disse "Ma non fa per te! Poi parla sempre alle tue spalle quando non ci sei!"
Le stessa mi fece buttare fuori dal gruppo con cui uscivo, diceva che parlavo alle spalle degli altri.
Ovviamente ne parlavo con la batteria, o col cuscino, o con lei che mi rispondeva "Sto studiando".
Capii, troppo tardi, che aveva paura che minassi alla sua relazione. Ormai, però ero fuori.
Continuai a scappare e provai a cambiare scuola superiore, non riuscendoci (non mi permetteva di farlo la scuola stessa), andai a lavorare come commessa in una fumetteria.
E lì andava tutto bene.
Ero corteggiata, stimata, le persone mi parlavano e per quanto avessi un rifiuto generale, facevo amicizia.
Quell'estate baciai anche il mio primo ragazzo, che non rividi mai più (ero al mare con mio padre).
Mi iscrissi di nuovo, sempre a far chimica in una nuova scuola, per quanto coltivassi in segreto due passioni "l'informatica", adoro programmare, risolvere problemi e "il disegno".
Mio padre però mi strappò ogni disegno, ogni foglio, ogni cosa, dicendo che era solo uno spreco di tempo e risorse, quindi non toccai più matita o foglio.
Con tanto di botte e sul fatto che ero una vergogna.
Le scuole continuarono a proseguire, ero corteggiata da molti, ma chi mi piaceva mi bollava come cessa o ancor peggio "brutta faccia, bel fisico".
Alla fine del quinto anno, un anno travagliato, coi litigi di mio padre, col mio carattere che era diventato più ribelle, finii velocemente. Mi ero fatta il c*lo durante gli anni, ma il mondo è pieno di raccomandati e la figlia del vice-politico-della-regione, doveva uscire MEGLIO rispetto agli altri, per quanto pensasse ben ad altro.
Così mi presi il mio 75, un calcio nel c*lo e via.
Inizia a studiare per l'esame di ammissione ad ingegneria, non informatica come speravo, ma biomedica.
Neanche dopo qualche settimana, poco dopo il mio compleanno, iniziai con vomito, febbre e malessere generale. Dolori che mi facevano star così male da impedirmi di alzarmi dal letto.
Mio padre iniziò a tallonare mia madre, visto che il nostro rapporto era migliorato, che dovevo alzare il c*lo e scegliere l'università.
Ma iniziai a peggiorare molto, mio padre non mi portò da un medico dicendo "te le inventi ste cose, sei una malata immaginaria".
Non riuscì a dare alcun esame, oltre che quando arrivavo vicino all'università accompagnata da mio padre (ora pensionato), avevo un totale rigetto.
Così, presi un anno sabbatico, e rimasi a casa a coltivare l'unica passione che mi era rimasta oltre alla lettura..i videogiochi e gli anime.
Eh sì, ho sempre amato giocare ai videogiochi, specialmente gli Otome game e gli rpg. Quindi mi rinchiusi nel mondo di World of warcraft, feci amicizia con persone davvero fantastiche.
Alla fine del quinto anno, non ho menzionato il fatto che coltivai l'amicizia con un'altra ragazza, che divenne la mia migliore amica 2.
Ovviamente, il malessere fisico continuò. Tanto da dovermi portare in ospedale due settimane prima di natale, tanto da perdere sangue e stare male ogni due giorni.
Ma alla fine ero fortunata, dopo vari esami e visite, non era niente di grave, ma ero davvero malata.
Rimasi a casa da sola, a capodanno, con tutti che si divertivano e mio padre che se ne sbatteva il c***o, che doveva andare alla cena prenotata.
Conobbi un ragazzo, attraverso la mia migliore amica 2, dopo poco iniziò a corteggiarmi, ma lui stava dall'altra parte dell'italia.
Così andai da lui e mi "iniziò" alle mie prime esperienze diverse dal solo bacio.
Provavo qualcosa, ma non sapevo quantificarlo. La mia migliore amica 2, però, mi declassò ad amica dicendo che "Sei troppo occupata a studiare al posto di ascoltare i miei problemi", iniziò a preferire altre amicizie ed io rimasi di nuovo "sola".
Quindi, andava tutto bene, ma vengo a scoprire che ero diventata un bellissimo cervo e che venivo sfottuta dagli amici di lui, per la mia voce.
Lo lascio, con la mia migliore amica 2 che torna "Hey, ora hai tempo, ascolta i miei problemi". Cosa che ho fatto.
Sono uscita con altre persone, ma ero depressa, sorridevo, ma ero vuota.
Il cambiamento era stato troppo forte, troppo opprimente.
Così dopo due moine, il mio ex torna ed io ci ricado. Mi invento scuse, ci rimettiamo assieme. Stavolta la prende SERIAMENTE la nostra relazione, dicendo che mi ama.
La mia migliore amica 2 si ristacca, inizia a provarci spudoratamente con tutti i miei amici, cercando di guadagnarsi il loro favore.
Il mio ex, geloso, mi impedisce di parlare con chiunque. Ed ogni volta, che uscivo anche per andare a fare la spesa, o per andare da qualche parte "Vai a fare la zoccola, eh?".
Io inizio l'università, dopo non essere riuscita a passare due volte l'esame di ammissione in una facoltà che mi era più comoda in termini di "viaggio", mi imbarco a spararmi tutti i giorni quasi tre ore di treno quando va bene, cinque quando va male (sempre).
Ma mi impegno, mi faccio il c*lo, per quanto non fosse la mia prima scelta universitaria e per quanto fioriva in me l'idea che non era questo che volevo fare nella vita.
Mio padre poi, non mi dava più problemi, anzi..tranne le suppliche per farmi venire a prendere in stazione, andava tutto bene.
Avevo più volte proposto l'idea di prendere l'appartamento, per essere più comoda, ma monetariamente costava troppo e quindi mi sbattevo, stando zitta.
Verso novembre, scopriamo che mio padre si sta facendo un'altra famiglia e che ha un'altra donna, in un paese vicino al nostro, usando i soldi che mia madre aveva guadagnato lavorando tanto.
La cosa spezza mia madre, che inizia a deprimersi. Proviamo, io e mio fratello, a prendere in mano la situazione ed io stessa faccio il bagaglio a mio padre e gli dico di andarsene fuori.
La cosa diventa travagliata ed io sono sola a passare tutto questo.
Il mio ex mi invitava a scappare da lui, così da iniziare a convivere ed essere felici.
Salto la sessione di esami, non riuscendo a concentrarmi e mi dedico ad attività diverse, oltre che aiutare mia madre.
Mio padre inizia di nuovo a picchiarmi, o cose ancor peggiori, mi spalmava i bisogni del gatto sul pavimento, buttandoci dentro le mie cose. Mi calpestava i libri ed ovviamente, mi diceva di arrangiarmi.
Inizio a non parlargli più, aspettando che mia madre si risollevi e lo sbatta fuori.
Il mio ex, vengo a scoprire, che sente ancora la ragazza con cui mi ha tradito e che hanno passato l'estate assieme.
Eh sì, passavano intere ore su skype a sparlare di me, con lei ed il suo amico che mi prendeva in giro pesantemente.
Io gli avevo anche detto di dirmi se continuava a frequentarli e odiavo le menzogne.
Ovviamente, in pura cattiveria, fu il suo amico a dirmelo, ad inviarmi intere conversazioni.
Dopo neanche una settimana, lo lasciai e per quanto mi supplicasse, gli dissi che era finita.
Così, feci quel che era giusto. Aiutai mia madre, mi impegnai a passare il debito formativo e trovai un altro ragazzo, di cui i suoi genitori si erano appena separati.
Mi aiutò molto a passare quel periodo, ero diventata la sua ragazza e ne ero fiera.
Erano mesi tranquilli, facevo tante ore di treno, ma potevo vederlo e studiavamo assieme.
Mio padre mi maltrattava, ma non mi importava, dopo un po' se ne andò a vivere da mia nonna paterna, per quanto continuava a venire lì ad usare il bagno e la doccia, facendo cose ancor più meschine.
Tipo nascondere la biancheria intima della sua amante nei miei cassetti, sporca.
Tenni duro, mi impegnai e mi feci forza.
Col mio ex 2 le cose non andarono, correvamo troppo ed io ero indecisa, avevo paura. Inizia ad entrare nella seconda peggior depressione della mia vita.
Lui mi amava, io invece non sapevo esattamente se l'amavo. Mi piaceva star con lui, ma iniziai a rendermi conto che il mio vuoto era sempre più grande, ormai un pozzo di cui non vedevo la fine.
Non volevo trascinarlo con me, ero arrabbiata perché mi faceva delle sorprese e una volta si era presentato a casa mia, dovetti chiamare mio padre per farci accompagnare in stazione e mi sentii dire questo da lo stesso uomo che mi strappava i disegni in faccia e che teneva quelli della nipotina della sua amante appesi nel suo ufficio "Devi essere più affettuosa, non vedi? Non sei capace di farti voler bene dalle persone".
Ero distrutta. Passavo i miei giorni a studiare, ogni giorno della mia estate, mi ero allontanata da tutto e da tutti.
Il mio scopo era passare quell'esame e lo feci, prendendo il massimo voto.
Da lì a poco dovevo dare l'orale, ma riincontrai un amico che avevo lasciato indietro, una persona che so che provava qualcosa per me, ma che avevo rifiutato perché stavo col mio primissimo ragazzo.
Non so esattamente cosa successe, ma scatto una scintilla. Lasciai il mio ex, che ormai sentivo sporadicamente e mi buttai a capofitto in una nuova relazione, in cui mi sentivo amata e per cui provavo davvero qualcosa.
Mio padre però, ha la capacità di rovinare tutto. Mi mancava solo l'orale per confermare il voto, avevo studiato tanto, mi ero impegnata, ma lui arrivò e mi disse qualcosa, qualcosa che esattamente non mi ricordo.
Il ragazzo per cui provo qualcosa finì in ospedale per peritonite ed io andai a trovarlo ogni giorno che mi era possibile, mancavano pochi giorni all'esame, ma continuai a tener duro.
Andai all'esame, con un mio amico informatico (condividevamo i corsi e con loro mi sentivo anima affine) ed iniziai l'orale. Dopo aver risposto a qualcosa, mi bloccai e non mi usciva più alcuna parola.
Non mi ricordavo nemmeno come mi chiamavo, se fossi iscritta a quel corso o cosa. Il vuoto totale.
Il professore, però, vedendomi disperata e sapendo che avrei dovuto ripetere l'anno mi fece passare lo stesso, con un bel 20 stampato sul libretto.
Presi il treno, piangendo, ma andai a trovare il mio attuale ragazzo in ospedale, mi consolò e mi presi una sorta di vacanza.
Giocai di ruolo, mi sparavo una maratona di videogiochi, guardavo serie tv, pronta ad iniziare il secondo anno.
Mio padre mi diceva che dovevo andare al lavoro, ma continuai lo stesso a proseguire il mio sogno universitario.
Per quanto quello che studiassi non mi interessasse e mi premesse l'idea di passare ad altro, tenni duro.
Inizia il semestre, frequentando le lezioni ed apprezzando ben una materia.
Neanche qualche settimana dopo, la mia prozia che abitava al piano di sotto del mio, iniziò a star male.
Mio padre si era preso l'impegno di badare a lei, visto che mia madre lavorava, prendendo solo quel che desiderava dal conto su cui si era messo con forza.
Non mi passava alcunché, ma quando ebbe la possibilità di altri fondi, iniziò a darmi la somma prevista, ignorando qualsiasi altra spesa.
Così, la mia prozia, iniziò a gridare ogni notte, a chiamare mio padre ogni notte, gridando o chiamandolo al telefono.
Non potevamo farla ricoverare, ma l'avevamo messa in lista d'attesa. Io stessa chiamavo, cercavo centri, prendevo numeri di telefono ed inviamo email, lasciando a parte l'università per aiutare mia madre.
Inizia a frequentare di meno, mettendomi d'accordo con una mia compagna di università per gli appunti. Mi tornarono anche le coliche, per quanto non ci fosse una ragione apparente.
La situazione in casa peggiorò, specialmente dopo il ritorno dall'ospedale. Passai un natale d'inferno, mentre mio padre era in vacanza con la sua nuova compagna a far visita ai parenti, dovevo sentirmi le urla incessanti tutto il giorno e studiare, ma la voglia se ne era andata.
L'unico mio giorno di libertà era il tempo trascorso col mio ragazzo ed il gioco di ruolo un giorno a settimana.
Allora inizio a studiare a casa, aspettando infermieri che venivano a visitarla, aiutando mia madre coi farmaci e le chiamate all'ASL, con mio padre che si faceva vedere una volta al giorno.
Ero stressata, esaurita, ma alla fine me la cavavo come meglio potevo.
Mia madre continuò a pagare l'università per quanto fosse ormai inutile. Non potevo frequentare, studiare era diventato impossibile, ma lei continuava lo stesso a dire che dovevo andarci ed impegnarmi, che dovevo fare sacrifici.
Ci ho provato un paio di volte, ma dormivo poco, mi svegliavo alle 5 per arrivare in università e la mia salute peggiorava.
Mia madre finalmente si separa da mio padre, lo chiude fuori di casa (ma lasciandogli la possibilità di entrare nel giardino), con la peggior separazione di sempre.
Se dovessi decidere di andare al lavoro, di abbandonare gli studi o di rendermi indipendente, lui potrebbe sbatterci fuori di casa.
Perché, per quanto la casa sia eredità di mia madre, lui essendosi intestato a forza (per colpa della mia prozia) può decidere di vendere la casa.
La mia prozia peggiora, scopriamo che mio padre rubava cose in casa, oltre che in garage, e la situazione diventa sempre più insostenibile.
Prendiamo una badante, pagata con quel poco che non si era portato via mio padre, che si comporta esattamente come lui.
Ringrazio il fato, che dopo l'ulteriore peggioramento e ricovero, ha fatto scattare la scintilla di qualche medico che si è sbattuto e ci ha dato una mano a trovare un Hospice.
Qualche giorno dopo il mio compleanno è morta, dopo tre settimane di ricovero e sembrava che tutto andasse per il meglio.
Io avevo una relazione stabile, avevo difficoltà a fare il passo verso "fare l'amore", ma non avevo pressioni.
Mia madre ha iniziato ad andare da una psicologa.
Dopo pessime vacanze, con una parente che voleva quel che rimaneva dei soldi di mia zia, compresi di accompagnamento, riinizio l'università frequentando il secondo/terzo anno.
Senza perdermi d'animo, inizio subito a studiare, a farmi tutte quelle ore di treno.
Ma eccola, lì, il vuoto, la depressione, che torna incessante e che mi dice "Sei un cesso, incapace, ammazzati che fai prima".
Passo tutti i micro esami con voti altissimi, studio una sola materia e poco prima di Natale, inizio a deprimermi.
Svegliarmi presto era un peso, non poter rilassarmi con una partita alla play era un peso maggiore, e tornare alle 20 mi uccideva.
Inizio a disperarmi, con pianti inconsolabili e penso di buttarmi sotto un treno.
Influenza in pieno, scrivo ad una mia compagna se oggi c'era lezione e in che aula, causa cambiamenti vari, e se mi poteva portare degli appunti che mi mancavano.
Non ho alcuna risposta, quindi ci vado lo stesso.
Vado e c'è il treno stranamente vuoto, ma penso che gli studenti delle superiori siano a casa per qualche motivo.
Poi ci penso su, prendo l'autobus vuoto e capisco che non c'era lezione.
Non so esattamente cosa mi sia successo, ma ho avuto il peggior crollo di sempre.
Mi ero svegliata presto, avevo la febbre, chiamo mia madre e gli dico che stavo tornando che non c'era lezione.
Inizio con un altro pianto, singhiozzavo, e vedevo i treni che passavano. Ed inizio a pensare di buttarmi sotto, volevo farlo, che senso aveva continuare così? Mi manca ancora un anno, ho dato un esame, mi sono impegnata e non era sufficiente.
Niente era sufficiente! Per farmi dare i soldi che mi spettavano delle varie spese, dovevo combattere battaglie con mio padre, sentirmi dare della fallita e succhiasoldi.
Dovevo ascoltare mia madre che mi raccontava i suoi problemi.
Studiare, impegnarmi, farmi il fondoschiena e non potevo mai farmi una partita alla play.
Medito su quella decisione, ma ricevo un messaggio del mio ragazzo, che mi scrive quanto mi ama e che se oggi ero a casa potevamo sentirci.
Prendo il treno, singhiozzando disperata e chiamo mia mamma, che mi viene a prendere in stazione.
Mi rinchiudo nella mia stanza, con una bella influenza, sento il mio ragazzo e gioco alla play, mentre preparo il progetto per l'università.
Ma non vado più a lezione, stavo troppo male per alzarmi la mattina, farmi tutte quelle ore per niente.
Nessuno dei miei compagni si interessa, sempre se non per "Oh, ma quanto ti manca per il progetto?", ma me ne sbatto e continuo a fare quel che faccio.
Mi chiedono una mano, io gli do una mano, gli passo gli appunti ed i miei riassunti.
Il progetto lo presento, bellissimo, perfetto, ma la mia compagna si era fatta fare la sua parte da un altro ed il professore penalizza entrambe.
Quindi, nemmeno nella mia materia preferita, una delle tre che mi piacciono del mio corso, posso brillare.
Mi deprimo, inizio maratone di studio folli in vista degli esami, ma non riesco a preparare le cose in tempo.
Riiniziano i corsi, frequento due settimane e ci ricado. Studio, mi impegno, ma tutto quel che faccio mi fa schifo.
Mi disgusta così tanto da farmi stare male fisicamente. Le materie sono orribili, non mi interessano.
Il lavoro che andrò a fare non mi piace.
Così, mia madre mi manda da una psicologa, dicendo che però dovevo fare dei sacrifici e che dovevo completare la laurea, ormai aveva pagato tre anni e li avevo sprecati.
La psicologa mi da tre scelte: 1. cambio università, 2. mi trasferisco là o 3. finisco questa e mi laureo.
Ormai ho 24 anni, ho dato un esame e mezzo..decido di continuare.
Il malore continua, peggiorato anche da un mal di testa incessante, linfonodi gonfi e alcune volte, totale mancanza di coordinazione. Rischio sempre di cadere, mi dimentico di cose importantissime e un paio di volte non centro il bicchiere, mentre mi sto versando da bere.
Non voglio trasferirmi, ora mi sento finalmente a casa, non voglio scappare e andarmene chissà dove per tenermi lontano mio padre.
Ho una relazione stabile, amo il mio ragazzo, voglio molto bene a mia madre, a mio fratello (per quanto continui ad ubriacarsi ed avere scatti d'ira) ed ai miei due gatti.
Ma che posso fare?
Odio la mia università, sto male al solo pensiero di andarci, odio quel che faccio, odio le materie tranne tre (queste tre sono tutte a carattere informatico).
Lavoro non posso, non ho competenze e mio padre mi sbatterebbe fuori di casa appena divento "indipendente".
Cambiare università?
Ho ponderato questa scelta in questi giorni, ma cosa so fare?
L'informatica mi piace, e molto, ma se non fosse la mia strada? Non ho mai preso decisioni in vita mia e penso di sbagliare.
Medito anche di rimanere lì e di completare gli esami, ma dovrò ancora fare un anno, senza motivazioni..
Ho anche ripreso a disegnare in questi tempi, penso che se ne avessi avute le possibilità, avrei raggiunto alti livelli, ma prima di prendere in mano una matita, ho fatto fatica.
E lo facevo di nascosto, sognando di notte mio padre che mi gridava della "Fallita".
Ho i peggiori incubi da 5 anni a questa parte, alcune volte cado in una paralisi del sonno o di allucinazioni ipnagogiche, ritmi sonno/veglia totalmente sballati.
Mia madre, dopo avermi visto nei peggiori stati di depressione, mi ha lasciato carta bianca sulla mia scelta.
Il mio ragazzo, vedendo quanto sto male quando torno dall'università o quando devo frequentare, mi ha consigliato di cambiare o di lasciar perdere, che questo non mi rende una fallita.
Ma alla fine, io cosa voglio davvero?
Voglio diventare un programmatore?
Voglio disegnare?
Ci medito, ci penso, ma mi sembrano entrambe buone. Ma mi sembra anche giusto, finire la mia laurea..con ancora 20 esami da dare..
Quando mi dico "cambio" sono molto contenta, è vero. Ma se poi ci provassi e capissi che non sono portata nemmeno per quello?
Grazie per aver letto tutto, grazie per essere arrivati fino a qui.
Ci sono altri episodi tristi, altri gravi o no, ma ho scritto tutti quelli che mi sembravano innerenti con questo stato, o che mi ricordassero quel che provo ora.
So che mi sono dilungata molto, spero di essere nella sezione giusta e scusatemi davvero, specialmente per errori grammaticali o altro.