Mi annoia tutto, questi muri che siamo costretti a rendere accoglienti per noi stessi, queste prigioni in cui tutti viviamo che chamiamo case, le arrediamo credendo di riempirle di molte sfumature della nostra personalità, senza renderci conto che, ci esponiamo ancora di più a essere spettatori di un'anima che detestiamo e che ci fa soffrire, la nostra. Vogliamo sempre cambiare,gli obiettivi che raggiungiamo e crediamo siano gratificanti non sono quasi mai veramente tali, sono torbide insoddisfacenti alternative ai nostri reali desideri.
Che seppelliamo con disprezzo, perchè non dovrebbero mai sorgere, sti maledetti desideri troppo più grandi di noi che ci perseguitano.
Sono stufa del modo in cui passano le ore, più lente dei giorni e degli anni. Le vivo e le soffro molto più degli anni che passano, eppure sono soltanto gli ANNI che parlano veramente. Ne hai ventuno sulla carta ma nei hai ancora 12, 13, per quel che la vita di ha concesso di vivere. Solo nel corpo, qualche smagliatura in più, occhiaie più profonde e crudeli, segni stropicciati di sofferenza.
Sono stufa del modo in cui devo ammazzare il tempo , in cui sono costretta a far finta di avere una vita quando non ce l'ho. In cui devo sforzarmi di rendere interessante un colore che forse non ho mai visto, a cercare capi di abbigliamento per la sicurezza di una fredda coltre che mi protegge da pregiudizi sociali. Di dover svegliarmi, acconciarmi, e far finta di essere interessata a fare una buona colazione, ad ammirare il sole, o ascoltare la pioggia.
Di vedere la madre che affoga i pensieri in libricini da poco per evitare di pensare ai propri, prepotenti pensieri.
Il padre che vaga da un compassionevole amichetto all'altro cercando bassi lavoretti per racimolare soldi, poverino, per farci mangiare, così possiamo vivere, così possiamo vegetare, noi due, madre e figlia, e vivere sopravvivendo di quel cibo schifosamente sudato, noi ,legate da un legame vergognosamente morboso.
Stufa di questo corpo corto e impotente, soggetto a malori continui, che subisce gli sbocchi di una mente malata. Ho un costante rutto represso tra le fauci, onde acide fra lo stomaco, addome gonfio di stress che non nutre. Che peso, che dannazione.
Il pallore che merito per essere così schifosamente fragile, il belletto che devo stendermi ogni mattina sulle mie gote scavate, per apparire sana, per evitare domande irritanti.
Dover apparire sana, dover apparire efficiente, dover apparire controllata, sorridente, affabile; dover apparire assertiva, per poter vivere, dover apparire, addirittura, compassionevole, interessata, con un buon cuore, quando per me, tutti quanti potrebbero anche ingozzarsi della carne dei propri famigliari per quanto mi riguarda, puliamo questo mondo da noi stessi, questo mondo dalle regole troppo spietate per poter vivere bene.
Stufa di questo bruciore pizzicante tra i palmi delle mani, di vampate nella fronte -gli effetti ribelli delle pasticche piene di serotonina che ingoio- di fuoco negli occhi perchè sono prossimi a non vedere più nulla ormai, di bocca che si prosciuga ogni cinque secondi.
Sono stufa di ogni effetto, di ogni dettaglio detritico, che la mia esistenza provoca, persino in questi metri quadrati di stanza in cui trascorro la maggior parte delle ore delle mie giornate.
Delle bottigliette e dei bicchierini pieni di acqua di rubinetto perchè soffro di disidratazione costante, di tappeti e corde che non servono a nulla, di forbicine e lamette e libriccini ben scritti ma senza spessore, di vecchi cd, di tazze di bevande e bibite per non cedere alle abbuffate, dei capelli che perdo sul pavimento, quaderni dove scrivo a caso i miei pensieri del c***o; spesso così, di getto, senza virgole, penso troppo velocemente per potermi permettere di inserire virgole, punteggiatura, anche mentre cammino per strada i miei pensieri sbraitano più forti di me, per questo potrei essere presa per folle, potrei finire catapultata chissà dove, ma sono solo sovraffollata, questo corpo, ha troppe anime che sbraitano, sto impazzendo.