Mah, ultimamente mi sento alquanto indifferente. Non mi tocca nulla. Alcuni giorni sembra quasi che la mia anima abbia abbandonato il corpo, di fluttuare nel vuoto, guardandomi da fuori anziché dentro me stessa. Inizio ad affondare ogni volta che mi metto a pensare, è più facile tenersi in movimento, perché si evita di fossilizzarsi su certe cose, ma è inevitabile, perché prima o poi devi fermarti per forza. A volte mi sembra che tutto sia già scritto. A volte vorrei cambiare ogni cosa che ho fatto, ma è troppo tardi. Questi maledetti errori mi stanno uccidendo, vado avanti, ma le ferite non si rimarginano. Sono troppo stanca per lottare, ma anche per scappare. Se mi fermo solo un secondo, penso a cose che in realtà non voglio sapere, e sono la prima ad ammetterlo. Mi sento un' incosciente, perché in fondo lo sono, rischio, sempre, per tutto, tutto ciò per cui credo valga la pena mettersi in gioco. Poi arriva quel fottuto momento in cui il dolore che mi è stato inflitto torna a farsi sentire, forte, e senza gridare, sparisco. Come se volessi proteggere le persone a cui tengo, da me stessa.
Eppure ora poco mi riguarda, mi sento strana, non capisco che cosa mi stia succedendo. Crollano le poche certezze che ero sicura di avere, e comunque, resto indifferente. Perdo le persone, e mi tocca relativamente.
"Relativo" è l'unica parola che posso pronunciare con certezza. Mi prende una sensazione strana, come di vuoto, ma vuoto non è, perché conosco i miei obbiettivi, e riconosco le mie priorità. Sarà delusione, rispetto a tutto quello che ho intorno.
Sarà che ancora non conosco i miei limiti, sarà che ancora debba imparare a conoscermi, e sicuramente a gestirmi, perché un caso perso non riesce a gestirlo nessuno. Però mi fa incazzare non riuscire a capirmi, perché penso di sentirmi bene, invece si tratta della solita convinzione forzata che stabilisco da sola per andare avanti. Sto riemergendo, a fatica, ma ce la sto facendo. Ed è brutto quando la mia stessa mente mi spinge nel baratro. Come se facessi un passo avanti, volontariamente, nel vuoto, per poi cadere.
E a salvarmi non c'è nessuno, perché oltre a non fregarsene nessuno, nessuno se ne accorge. La colpa sarà anche mia, ma dipende da tutto quello che ho passato; essere diffidente direi sia il minimo, anche perché, quando smetto di esserlo, o comunque metto da parte l'orgoglio, sbaglio sempre.