Sistema respiratorio, raffreddore, rinite, pomonite, BPCO, insufficienza respiratoria

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Sistema respiratorio, raffreddore, rinite, pomonite, BPCO, insufficienza respiratoria

Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 16:49



IL SISTEMA RESPIRATORIO


Per trasformare l'energia delle sostanze nutritive, come lo zucchero, in energia utilizzabile, la maggior parte delle cellule si servono di un processo biochimico chiamato "respirazione cellulare". La produzione di energia per mezzo della respirazione cellulare richiede un rifornimento continuo di ossigeno e genera, come sostanza di rifiuto, diossido di carbonio. Il sistema respiratorio provvede allo svolgimento della respirazione cellulare prelevando l'ossigeno dall'ambiente ed eliminando il diossido di carbonio dall'organismo. Per svolgere queste due funzioni l'atto respiratorio si svolge in due fasi: l'inspirazione e l'espirazione.

Durante l'inspirazione l'aria ricca di ossigeno entra attivamente nei polmoni grazie ad un movimento di espansione della cassa toracica, la quale aumenta di volume. A questo scopo il diaframma, che in posizione di riposo è a forma di cupola, si appiattisce e contemporaneamente i muscoli intercostali si contraggono e spingono in alto e in fuori la cassa toracica. Insieme a questa si espandono anche i polmoni. Più intensa è l'azione dei muscoli intercostali più aria entra nei polmoni.

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L'espirazione, durante la quale l'aria povera d'ossigeno viene espulsa passivamente, avviene quando i muscoli e il diaframma, che hanno provocato l'inspirazione, si rilasciano. Ciò determina una costrizione della gabbia toracica e una contrazione dei polmoni che, essendo molto elastici, espellono l'aria.L'aria espirata contiene ancora una certa quantità di ossigeno.

Il ritmo della respirazione è automatico, ma i muscoli coinvolti sono volontari e ogni loro contrazione è stimolata da impulsi nervosi. Questi impulsi si originano nel "centro respiratorio" presente nel midollo allungato. Il centro respiratorio è diviso in due parti addette rispettivamente all'inspirazione e all'espirazione.

Il centro inspiratorio attiva i muscoli intercostali fino a che esso non viene inibito dai recettori di distensione presenti nei polmoni. A questo punto interviene il centro espiratorio, posto più in profondità, che rende possibile l'espirazione.Inoltre, il midollo allungato contiene neuroni recettori che controllano la concentrazione del diossido di carbonio nel sangue. Un livello elevato di diossido di carbonio segnala un aumento dell'attività cellulare e quindi un maggior fabbisogno di ossigeno. I recettori perciò reagiscono immediatamente ordinando un'intensificazione del ritmo e della profondità del respiro. Questi recettori sono molto sensibili: lo 0.3% in più di diossido di carbonio comporta un raddoppio delle inspirazioni e quindi di conseguenza delle espirazioni.La frequenza respiratoria, dunque, è determinata soprattutto dalla quantità di anidride carbonica che è necessario espellere dall'organismo.

Il sistema respiratorio può essere diviso in due parti, adibite rispettivamente alla conduzione dei gas e allo scambio dei gas. La prima consiste in una serie di vie di comunicazione che trasportano aria alla seconda dove avviene lo scambio dei gas con il sangue.

Prima fase: CONDUZIONE DEI GAS

Naso Generalmente il naso è la prima parte del corpo che viene a contatto con l'aria inspirata.Le vie nasali costituiscono la prima barriera all'ingresso di particelle estranee nel sistema respiratorio. Al fine di proteggere le vie respiratorie da agenti patogeni estranei e di agevolare il passaggio dell'aria si svolgono essenzialmente tre fasi:

filtraggio
riscaldamento
inumidificazione

Sono le mucose dei cornetti nasali ad attivare le tre fasi.La prima fase è agevolata dalla particolare anatomia delle vie nasali che induce una brusca deviazione del flusso d'aria che entra nelle narici. Tale deviazione provoca uno "sbandamento" delle particelle di polvere, che terminano contro le mucose dei cornetti nasali, le quali provvedono ad eliminarle.La seconda fase avviene in quanto la mucosa nasale , che è fortemente vascolarizzata (cioè contiene molti piccoli vasi sanguigni in superficie), rilascia calore. Nella terza fase le cellule calciformi e le grosse ghiandole presenti nella tonaca propria della mucosa secernono un muco denso che serve ad umidificare l'aria atmosferica. Quest'ultima, quando raggiunge la faringe , è già completamente satura di vapore acqueo e raggiunge valori simili a quelli della temperatura corporea. In tal modo il naso protegge le vie aeree inferiori e i polmoni dagli influssi ambientali dannosi e aiuta a prevenire processi infiammatori broncopolmonari.

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Generalmente si immagina il naso come un tetto ad angolo acuto delimitato anteriormente e posteriormente da una parete obliqua. Le cavità nasali sono in rapporto lateralmente con i due seni mascellari che sono ricolmi d'aria, posteriormente con i seni sfenoidali e il segmento superiore della faringe, inferiormente con il palato duro e molle ed anteriormente con l'osso nasale e con le cartilagini nasali. Una parte nasale (setto ), in parte ossea ed in parte cartilaginea, separa la cavità nasale destra da quella sinistra. Solo raramente il setto nasale è rettilineo, di norma è più o meno deviato da un lato (deviazione del setto).Pertanto le due cavità nasali hanno dimensioni diverse e quella più piccola è quasi sempre la prima che si occlude durante un raffreddore.

Conformazione interna delle cavità nasali

Dalle pareti laterali di ciascuna cavità nasale sporgono tre processi ossei posti orizzontalmente e rivestiti da una mucosa notevolmente spessa che filtra, inumidisce e riscalda l'aria inspirata:

cornetto nasale superiore
cornetto nasale medio
inferiore: laringo-faringe

I cornetti inferiore, medio e superiore delimitano e formano tre compartimenti, i cosiddetti meati nasali, ognuno dei quali posto al di sotto del corrispondente cornetto, e ricevono lo sbocco delle cavità paranasali e del canale nasolacrimale.

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Nel meato inferiore sbocca il canale nasolacrimale che dà passaggio al liquido prodotto costantemente dalle ghiandole lacrimali annesse all'occhio, ossia le lacrime, nella cavità nasale e nella faringe, prima che esso venga deglutito insieme alla saliva.Un'apertura del meato medio, che è particolarmente ampia, collega la cavità nasale con la parte superiore del seno mascellare e con il seno frontale, mentre il meato superiore riceve lo sbocco del seno sfenoidale . Le piccole cellule etmoidali sono in collegamento sia con il meato medio sia con quello superiore e, di conseguenza, con l'ambiente esterno.La comunicazione dei seni paranasali con l'ambiente esterno, garantita dalla pervietà dei condotti che sboccano nei meati nasali, mantiene un adeguato compenso pressorio tra le cavità scheletriche del massiccio facciale e l'ambiente. Inoltre, essa consente lo scaricamento all'esterno, tramite le vie nasali, delle secrezioni mucose in eccesso che si formano localmente.Nella regione del piccolo cornetto superiore è situata la mucosa olfattiva con un epitelio in cui sono accolte cellule nervose sensoriali che reagiscono a stimoli chimici che attivano le ghiandole della mucosa olfattiva.

Le cavità paranasali: Il seno frontale , pari e simmetrico, è situato fra il margine superiore della cavità orbitaria e la linea mediana. Esso si sviluppa in età infantile e raggiunge le massime dimensioni nella pubertà.Altrettanto avviene per il seno mascellare , la più ampia delle cavità paranasali. Esso è a forma di piramide rovesciata, il cui apice giunge in vicinanza delle radici dentali.Poiché il seno mascellare è in rapporto con le cavità nasali solo nel territorio del tetto, è possibile che le secrezioni di mucosa ristagnino in corrispondenza della base. L'infezione di tali secrezioni può portare allo sviluppo di uno stato infiammatorio a carico dell'intera cavità paranasale, cioè alla cosidetta sinusite. Il seno sfenoidale , pari anch'esso, è in rapporto anteriormente con le cavità nasali.Fra il seno frontale e quello mascellare ha sede l'etmoide , al cui interno si trova un gran numero di cellule etmoidali che fanno parte delle cavità paranasali.

Faringe L'aria introdotta, attraverso le coane , raggiunge il segmento superiore della faringe (o rinofaringe ). La faringe è una camera comune al sistema respiratorio e a quello digerente in quanto stabilisce una comunicazione sia con la laringe sia con l'esofago. Nella faringe si distinguono tre segmenti:

superiore: rinofaringe
medio: orofaringe
inferiore: laringo-faringe

Il segmento faringeo superiore (rinofaringe) è situato immediatamente dietro alle coane .Qui sboccano le due tube uditive, un sistema che consente la ventilazione dell'orecchio medio (cassa del timpano). Durante la deglutizione e lo sbadiglio, la cartilagine delle tube si solleva dalla parete faringea, rendendo possibile un equilibrio pressorio fra il timpano e l'ambiente esterno. Poiché le tube uditive sboccano immediatamente dietro al meato nasale inferiore, tumefazioni della mucosa nasale (raffreddore) possono bloccare tale meccanismo causando disturbi uditivi. Con la cosidetta "manovra di Valsalva" (espirazione forzata del naso a glottide chiusa) si ottiene comunque un compenso pressorio. La volta della faringe accoglie del tessuto linfoide (tonsilla faringea ) che, insieme alle altre tonsille, interviene nel processo di difesa dalle infezioni.

Il segmento faringeo medio (orofaringe) si trova dietro la cavità orale. Costituisce una via mista per aria e cibo, quindi è, come tutte le porzioni del tratto gastrointestinale sollecitate meccanicamente, rivestita da un epitelio pavimentoso pluristratificato.

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vibratili in grado di rimuovere, attraverso il movimento ciliare, secrezioni e e corpi estranei, quali ad esempio particelle di polvere. Il movimento cigliare ha luogo sotto forma di onde coordinate e al microscopio la superficie della mucosa respiratoria appare come un campo d'orzo mosso da vento. La velocità di tale movimento è notevole: 3-12 mm al minuto. Fra le cellule dell'epitelio cigliato sono situate cellule caliciformi e, al di sotto di queste, ghiandole della lamina propria che secernono uno strato protettivo umido sulla superficie dell'epitelio.Quindi le ciglia epiteliali trasportano la polvere, insieme al muco, nella cavità orale, da dove essa può essere deglutita o espettorata. Questo meccanismo prende il nome di ascensore muco-cigliare .

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Il limite tra il segmento faringeo superiore e quello medio è dato dal palato molle , denominato anche velo palatino . Si tratta di una lamina muscolare rivestita da mucosa che anteriormente è in rapporto con il piano osseo che separa le cavità orale e nasali e che termina posteriormente nell' ugula .Il palato molle è una valvola che, durante la deglutizione, viene sollevata da due muscoli ancorati alla base cranica in modo che il rinofaringe, attraverso cui avviene il passaggio dell'aria, venga chiuso contro l'orofaringe nella quale passa il bolo alimentare al momento della deglutizione.

Nel segmento faringeo inferiore (ipofaringe o laringo-faringe) la porzione posteriore della lingua (radice linguale ) entra in rapporto con l'epiglottide. Tranne che nel caso della deglutizione, la radice linguale è sempre in posizione di protrusione per azione dei muscoli del pavimento orale.

Laringe L'aria passata attraverso la faringe si immette nella laringe.All'ingresso della laringe si trova l'epiglottide , un lembo di tessuto cartilagineo che regola il passaggio dell'aria. Infatti durante la normale respirazione, l'epiglottide si piega verso l'alto, permettendo all'aria di fluire liberamente nella laringe. Durante la deglutizione, invece, l'epiglottide si piega verso il basso, coprendo la laringe e indirizzando il cibo verso l'esofago e quindi verso il canale digerente.Affinché le vie aree rimangano pervie anche in caso di forti variazioni della pressione atmosferica nel distretto cervicale, la laringe necessita di uno "scheletro", le cartilagini laringee.Lo scheletro cartilagineo della laringe è costituito dalla cartilagine tiroidea , dall' epiglottide, dalla cricoide e dalle due cartilagini aritenoidee collegate fra loro da membrane connettivali e da muscoli.

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All' interno della laringe, fra la faccia posteriore della cartilagine tiroidea e le cartilagini aritenoidee, si trovano le corde vocali , lamine di tessuto elastico rivestito da mucosa che vibrano al passaggio dell'aria espirata producendo suoni di diverse frequenze. Infatti, fra le due corde vocali rimane una fessura più o meno ampia, la glottide , attraverso la quale avviene il passaggio dell'aria respirata e grazie alla quale si può svolgere la funzione della fonazione. Una serie di muscoli trasversali altamente specializzati si mette in relazione con lo scheletro laringeo. Essi sono responsabili dell'apertura della glottide e della tensione delle corde vocali. Durante la fonazione la glottide è chiusa e viene sollecitata dall'aria espirata. Le corde vocali si spostano sia lateralmente sia dall'alto verso il basso con un movimento pressoché circolare. Di conseguenza tanto è maggiore la velocità del flusso d'aria sulla glottide tanto più forte risulta la voce.La lunghezza delle corde vocali è anatomicamente prestabilita, circa 2-3 cm. Nell'uomo esse sono più lunghe del 30% rispetto a quelle della donna e ne risulta una maggiore profondità della voce maschile.Alla formazione di suoni articolati (vocali, consonanti sonore) partecipano attivamente sia le corde vocali come strumenti di produzione di suoni, sia le vie aeree superiori e i seni paranasali come cassa di risonanza, sia la cavità buccale come strumento di modulazione.

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Trachea Alla laringe segue la trachea, un tubo rigido ma allo stesso tempo flessibile, le cui pareti sono rinforzate da anelli cartilaginei incompleti.La trachea è lunga nel suo complesso solo 10-15 cm e generalmente un diametro superiore ai 2 cm. Essa è costituita da 15-20 anelli cartilaginei a forma di ferro di cavallo la cui apertura è diretta posteriormente. Fra i singoli anelli cartilaginei si tende un legamento elastico, il legamento anulare .
Gli anelli cartilaginei impediscono alle vie aeree di collassare durante l'ispirazione.La trachea è indispensabile per consentire uno spostamento della laringe e dei polmoni durante la respirazione profonda e la deglutizione. All'estremità inferiore, circa all'altezza della quarta vertebra toracica, la trachea si biforca in due grossi bronchi che riforniscono d'aria i due polmoni.

Bronchi I bronchi hanno la stessa struttura della trachea e sono costituiti da altri 5-10 anelli cartilaginei che sono collegati da membrane elastiche e possiedono una parete posteriore di tessuto muscolare e connettivo.

Man mano che la loro ramificazione procede, la forma degli anelli cartilaginei diviene sempre più irregolare; nella parete bronchiale si trovano placche cartilaginee sempre più distanziate e più piccole.I bronchi si ramificano in bronchi lobari , zonali o segmentali e lobulari , nonché in diversi tipi di bronchioli di diametro decrescente all'interno dei polmoni.

Il naso, la faringe, la laringe, la trachea e gli stessi bronchi e brochioli non partecipano alla seconda fase, quella dello scambio dei gas , ma hanno solo il compito di trasportare aria ossigenata agli alveoli polmonari e di rimuovere da questi l'aria satura di anidride carbonica.

Seconda fase: SCAMBIO DI GAS

L'effettivo scambio di gas avviene negli alveoli all'interno dei polmoni.

I polmoni I due polmoni si trovano all'interno della gabbia toracica. A causa della posizione asimmetrica del cuore, il polmone sinistro è del 10-20% più piccolo di quello destro.Il polmone destro è formato da tre lobi polmonari mentre quello sinistro da due. I tre lobi del polmone destro sono rispettivamente inferiore, medio e superiore . Il polmone sinistro non presenta il lobo medio, questo determina un volume decisamente superiore del lobo superiore rispetto a destra.

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Durante la normale respirazione i polmoni si espandono e si contraggono facilmente e ritmicamente all'interno della gabbia toracica. Per facilitare questo movimento e lubrificare le parti che si muovono, ogni polmone è avvolto in una membrana umida e liscia composta di due strati (la pleura ). Lo strato esterno della membrana è addossato alla gabbia toracica. Tra i due strati esiste uno spazio praticamente impercettibile (spazio pleurico ) che permette agli strati di scorrere delicatamente l'uno sull'altro.La più piccola unità polmonare visibile a occhio nudo è il lobulo . Un lobulo è costituito da uno o più bronchioli, da rami arteriosi e venosi del circolo bronchiale e da migliaia di alveoli.

Gli alveoli L'alveolo, delle dimensioni di circa 1/10mm, possiede una esilissima parete epiteliale intorno alla quale capillari estremamente sottili trasportano sangue povero di ossigeno.Nel complesso i due polmoni possiedono circa 300 milioni di alveoli che gli conferiscono l'aspetto di una spugna porosa. L'enorme numero di alveoli spiega per quale ragione è indispensabile un sistema bronchiale così ramificato in grado di distribuire l'aria in modo uniforme in un simile labirinto. Gli alveoli, distribuiti a grappolo d'uva attorno a un bronchiolo terminale, sono completamente avvolti da un fittissimo intreccio di microscopici capillari.

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Poiché lo spessore delle pareti alveolari e dei capillari non è mai superiore a quello di una cellula, l'aria viene a trovarsi vicinissima al sangue circolante. Le cellule epiteliali degli alveoli sono ricoperte in permanenza da una sottile pellicola liquida, nella quale i gas possono sciogliersi e diffondere così attraverso le membrane. Il sangue che irrora gli alveoli è quello pompato ai polmoni dal ventricolo destro del cuore dopo aver completato il suo giro per tutto il corpo. Esso è perciò povero di ossigeno (consumato dalle cellule) e ricco di diossido di carbonio (prodotto dalle cellule).Il processo chimico dello scambio di gas avviene "per diffusione": una sostanza "diffonde" sempre da A a B se la sua concentrazione è più alta in A che in B . Negli alveoli quindi la concentrazione di ossigeno (100-110mmHg) è più bassa di quella dell'aria ispirata e più alta di quella del sangue dei capillari circostanti. Nel caso del diossido di carbonio la differenza è piccola, ma è sufficiente, grazie alla buona diffusibilità di questo gas, a eliminare l'anidride carbonica prodotta.



L'IMPORTANZA DELLA RESPIRAZIONE

A cura del Prof. Mario Testi
Testo della Dott.ssa Marisa Antollovich
Psicologa, Psicoterapeuta
Psicologa dello sport

Tutti sappiamo per esperienza quanto sia importante respirare, ma in realtà quanto conosciamo la nostra respirazione? Per esempio, come respiriamo durante la nostra giornata? Come funziona l'atto respiratorio? Che cosa succede al nostro respiro quando proviamo uno spavento? Come respiriamo quando facciamo dell'attività fisica?

Cerchiamo di rispondere a queste semplici domande:

Mi capita ogni tanto di sentire il bisogno di prendere un lungo respiro?
Il mio respiro è solitamente breve, come quello del cagnolino?
Mi accorgo ogni tanto di trattenere il respiro?
Quando mi muovo più velocemente mi viene il fiatone?
Quando faccio uno sforzo trattengo il respiro?

Se abbiamo risposto di sì ad almeno tre domande è il momento di cominciare a prendere confidenza con il nostro stile di respirazione, perché forse non tutti sanno che "ognuno di noi ha un suo stile personale per respirare".

Per conoscere meglio la respirazione dobbiamo iniziare un percorso che, partendo dall'osservazione del nostro stile personale di respirare, ci porterà alla conoscenza del respiro per migliorarlo attraverso semplici esercizi.

Osserviamo la nostra respirazione

Se notiamo, quando respiriamo, coinvolgiamo diversi organi (vedi SISTEMA RESPIRATORIO), di questi ci accorgiamo tutte le volte che abbiamo un raffreddore, per esempio basta il naso chiuso per renderci conto dell'importanza di questa parte del corpo. Tali organi sono definiti "vie aeree" perché permettono di condurre l'aria ai polmoni, che rappresentano il vero e proprio organo respiratorio.

Attraverso la respirazione apportiamo ossigeno al nostro corpo ed espelliamo le sostanze tossiche che abbiamo prodotto. Sia il corpo sia la mente, per ben funzionare, hanno bisogno si ossigeno. Ma attenzione, l'ossigeno non può essere immagazzinato, deve essere rifornito continuamente ed in modo regolare, per questo dobbiamo poter respirare bene!

Possiamo affermare che per produrre e mantenere costante l'energia di base di cui nostro corpo ha bisogno, ci serve ossigeno che assumiamo con la respirazione. Solo così tutti i nostri organi, compreso il cervello e l'insieme di tutte le cellule, possono vivere. Quindi

RESPIRARE BENE E' MOLTO IMPORTANTE!

Purtroppo la maggior parte di noi utilizza soltanto un terzo delle reali capacità respiratorie a disposizione.

Cosa ci impedisce di respirare bene

Se respirassimo meglio saremmo più sani, più forti e anche più sereni.Quante volte, infatti, utilizziamo nelle nostre espressioni giornaliere frasi del tipo: "tirare un sospiro di sollievo, respirare a pieni polmoni, prendere una boccata d'aria, sentirsi soffocare, restare col fiato sospeso" ?Sono tutte frasi che ci riconducono direttamente ai nostri stati d'animo.

Respirare contro lo stress

Spesso ci capita di sentirci stanchi, svogliati, intorpiditi o, come sovente diciamo, ci sentiamo "stressati". Quando un'emozione è esagerata rispetto allo stimolo esterno, significa che nel corpo e nella mente non c'è sufficiente ossigeno. E' l'ossigeno che premette al cervello di lavorare e se scarseggia il sangue deve affluire più velocemente.Nel frattempo si perde lucidità ed il nostro umore ne risente. Inoltre, a causa di un'inadeguata respirazione, nel sangue stesso ristagnano pericolose tossine che danneggiano le nostre funzioni vitali. In questo stato, siamo fragili fisicamente e vulnerabili emotivamente.

Come fare?

Una vera e propria formula non esiste, ma da sempre l'uomo ha cercato di migliorare e potenziare la respirazione per trarne benessere.La mancanza di moto è una delle principali cause di carenza di ossigeno nel sangue, ma anche quando si pratica uno sport è bene eseguire una respirazione corretta. In questo caso è bene farsi consigliare da istruttori esperti e qualificati.Possiamo affermare che per abituarci a respirare bene, è fondamentale la pratica di corrette tecniche respiratorie unite ad un costante allenamento, per ripetere semplici esercizi che col tempo possono rivelarsi molto utili.

Gli atti respiratori sono fondamentalmente due:

l'inspirazione
l'espirazione seguita

Comunemente la respirazione s'identifica in quattro tipologie:

respirazione alta, che è quella che utilizziamo nelle attività sedentarie: è una respirazione veloce e poco profonda, è inviata aria soltanto nella parte alta dei polmoni;
la respirazione media, permette di immettere una quantità leggermente superiore di aria perché entra in gioco anche la parte mediana dei polmoni;
la respirazione bassa è quella che facciamo dal medico quando ci dice di fare un bel respiro e quindi i polmoni sono coinvolti in modo più esteso;
la respirazione totale, che coinvolge integralmente i polmoni e tutti i muscoli della gabbia toracica

Non sempre adoperiamo la respirazione totale, quindi ecco un semplice esercizio per abituarsi a respirare profondamente.
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Sistema respiratorio, raffreddore, rinite

Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 16:53



Che cos’è

Il raffreddore è sicuramente una delle patologie più comuni; consiste in un’infiammazione acuta della mucosa nasale e faringea, di origine virale ed è estremamente contagioso.

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Sezione dell'epitelio respiratorio presente nella cavità nasale

Come si prende

Il contagio avviene dal malato o portatore sano per via aerea, attraverso lo starnuto , perché si emettono goccioline di saliva. Anche la stretta di mano con un soggetto ammalato può essere contagiosa. Sicuramente si è più facilmente esposti al raffreddore quando ci troviamo in uno stato di salute non buono o in una condizione di debilitazione organica, perché queste situazioni comportano un deficit delle risposte immunitarie. Soggetti maggiormente esposti sono i bambini, soprattutto quelli che frequentano l’asilo o la scuola, perché non hanno ancora sviluppato una forte resistenza ai numerosi virus che causano il raffreddore e il virus si trasmette con facilità nell’ambiente scolastico. Ci si ammala spesso di raffreddore per colpa del freddo, di una corrente d’aria o per la pioggia, a causa del fatto che l'aria fredda diminuisce le resistenze immunitarie della mucosa delle vie aeree. Un altro comune veicolo di infezione è l'essere a stretto contatto con persone raffreddate.


Cura e prevenzione

Il raffreddore in genere dura dai 4 ai 7 giorni, In caso si presentino lievi complicazioni, queste possono durare per alcuni giorni. Non esiste una prevenzione per questa malattia, perché né il vaccino, né gli antistaminici evitano l’insorgenza del raffreddore, Anche l’assunzione di vitamina C non sembra avere alcun valore preventivo. La cura più efficace è quella di osservare un giusto riposo fin dalla comparsa dei primi sintomi, cercando di isolarsi per evitare di contagiare troppe persone. Alcuni farmaci, tra cui gli antistaminici o l'acido acetilsalicilico, possono alleviare i sintomi più fastidiosi.

Complicazioni

Complicazioni eventuali del raffreddore riguardano la trachea, l’orecchio e i bronchi, ma sono piuttosto rare. Frequente è invece il riacutizzarsi della malattia, se viene trascurata la convalescenza.
Il più diffuso dei mali stagionali colpisce ogni anno 22 milioni di Italiani. Nell’arco dei 12 mesi il 46% della popolazione al di sopra dei 14 anni prende almeno una volta il raffreddore, e i bambini nel primo anno di vita si ammalano in media fino a 8 volte. Il raffreddore colpisce principalmente il naso, ma spesso anche la gola, gli occhi e le prime vie respiratorie. La mucosa del naso, colpita da infiammazione, si rigonfia e produce muco: il gonfiore provoca un serio ostacolo alla respirazione causando i principali sintomi, quali:

la produzione eccessiva di muco dal naso
la congestione nasale, che rende difficoltosa la respirazione
gli starnuti frequenti
la lacrimazione abbondante

I sintomi principali
Pur non trattandosi di un’affezione infettiva particolarmente grave, i sintomi del raffreddore sono tanti, fastidiosi e compromettono fortemente la qualità della vita quotidiana. “Se non possiamo respirare bene con il naso dobbiamo utilizzare la bocca, questa azione sottopone però l’apparato respiratorio ad uno stress prolungato ed inutile - afferma il Dott. Gargiulo, Medico di Medicina Generale - Non solo, ma il naso chiuso ci impedisce di dormire in modo corretto, per cui ai problemi diurni si aggiungono i problemi notturni. L’ostruzione nasale non adeguatamente trattata, infatti, peggiora con la posizione supina, aumentando la difficoltà respiratoria ed impedendo un sonno fisiologicamente ristoratore. Inoltre l’ostruzione nasale è causa di russamento e di apnee notturne: se il primo è fastidioso per il partner, le seconde possono diventare anche pericolose per noi stessi”.

Trattamenti adeguati con l’aiuto dei farmaci
Un trattamento sintomatico tempestivo del raffreddore apporta un notevole sollievo e contribuisce a evitarne l’evoluzione verso forme più gravi, e, in genere, la somministrazione di decongestionanti nasali rappresenta una valida soluzione, che però non è sempre priva di effetti secondari spiacevoli.
“I decongestionanti nasali sono sostanze che, applicate localmente sulla mucosa del naso, provocano una vasocostrizione che riduce l’edema infiammatorio – spiega il Dott. Gargiulo. - In questo modo, aumenta lo spazio attraverso il quale l’aria può transitare, migliora la respirazione e si riduce lo sforzo polmonare. Si ha, di conseguenza, una sensazione di benessere da 'naso pervio'. Ci sono diverse molecole decongestionanti, disponibili in varie forme farmaceutiche, la più conosciuta delle quali è l’ossimetazolina, un principio attivo che oltre ad agire in modo efficace garantisce una durata d’azione prolungata fino a 12 ore, consentendole di essere somministrata solo 2 o 3 volte al giorno, evitando di incorrere nel fenomeno dell’assuefazione o dell’eccessivo utilizzo del decongestionante”.

Liberare il naso con delicatezza
La vasocostrizione, che risolve la congestione, può causare irritazione, indotta dal contatto del farmaco con la mucosa nasale molto sensibile. Per ovviare a questo problema la ricerca medico-scientifica si è indirizzata sull’Aloe Vera, per un’azione più delicata ma al tempo stesso efficacie contro il naso chiuso. Afferma il Dott. Gargiulo: “L’aggiunta di Aloe è, forse, la prima vera novità dall’introduzione di questi farmaci. L’associazione con una sostanza come l’Aloe Vera, un rimedio naturale dotato di proprietà emollienti, riduce sensibilmente il rischio di irritazione da contatto. L’Aloe inoltre, è anche idratante, perchè favorisce la ritenzione di acqua nei tessuti, dà sollievo al prurito e al bruciore da infiammazione. L’associazione di ossimetazolina cloridrato e aloe vera è in grado di coniugare efficacia di azione e protezione”.
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Sistema respiratorio, raffreddore, rinite

Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 17:09



RINITE ALLERGICA (RAFFREDDORE DA FIENO)


Allergie
La rinite cronica, ed in particolare la rinite allergica, rappresenta una patologia di frequente riscontro. Rinite è una parola composta da rino che significa naso , e dal suffisso -ite- che significa infiammazione; la rinite allergica è perciò, come dice il termine, una infiammazione provocata dalla reazione della mucosa del naso a determinate sostanze. Nei soli Stati Uniti sono oltre 50 milioni gli individui che soffrono di rinite allergica, rappresentando così la più comune patologia cronica dell’adulto e del bambino. La prevalenza, cioè la frequenza totale della popolazione mondiale affetta da rinite allergica, è superiore al 10%. Queste stime probabilmente sono sottostimate poiché i sintomi vengono sottovalutati sia dal soggetto che ne è affetto che dal medico stesso. D’altra parte, il trattamento adeguato può evitare l’insorgenza a lungo termine di complicanze invalidanti.

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MECCANISMO D'AZIONE

Si tratta di una reazione antigene-anticorpo, nel corso della quale mediatori flogistici causano una vasodilatazione.

Non è sempre facile distinguere la rinite allergica dalla rinite infettiva causata da batteri o virus, soprattutto in età infantile dove le manifestazioni allergiche sono mascherate dalle ripetute infezioni virali. Solitamente il bambino allergico inizia a sensibilizzarsi nei confronti degli allergeni respiratori attorno ai 2 anni. Si deve sospettare la natura allergica quando la comparsa dei sintomi non consegue ad infezioni delle vie aeree, se compaiono in primavera ed estate, se le recidive sono superiori ai 5 eventi all’anno, se si identificano ritmi cronologici che dipendono dall’allergene in causa. Il sintomo più caratteristico è la "starnutazione a salve e ripetuta".

L’insorgenza è più comune nell’adolescenza, ma può comparire a qualsiasi età. La rinite allergica è una sindrome relativamente rara prima dell’età scolare e la sua comparsa precoce è da collegarsi ad una pollinosi o febbre da fieno, termine con cui comunemente si indica la rinite allergica acuta, stagionale, causata dall’inalazione di pollini. I ragazzi che soffrono di pollinosi hanno spesso congiuntivite per un paio d’anni prima di sviluppare la vera rinite allergica, manifestando il caratteristico corteo di sintomi. Si deve considerare inoltre la notevole variabilità geografica circa i tempi e le modalità di esposizione al polline tra una zona e l’altra.

La "pollinosi primaverile" è dovuta a pollini di alberi, quali ad esempio la quercia, l’olmo, l’ontano, l’acero, la betulla, il pioppo nero . L’esposizione ai pollini in primavera è di breve durata per alcune specie: mentre alcuni pollini pesanti non sono portati dal vento molto lontano, i pollini più leggeri dispersi dal vento cominciano ad essere disseminati non prima di agosto e continuano fino alle prime gelate d'autunno.

La "pollinosi estiva" è dovuta pollini di erbe, quali ad esempio gramigna, capriola, codolina, erba, primaverile dolce, frutteti, ed a pollini di erbe selvatiche come l’acetosella e la piantaggine.

La "pollinosi autunnale" è dovuta a pollini di erbe selvatiche come l’ambrosia.

Talvolta la febbre da fieno è dovuta a spore fungine trasportate nell’aria. Le riniti allergiche da muffe rappresentano un problema di difficile soluzione in quanto vengono trasportate a grande altezze e causano allergia per tutto l’anno. L’esposizione è più intensa nei luoghi umidi, vicino ai letti dei fiumi ed in zone per lo più caldo-umide. Nei soggetti con rinite allergica perenne i sintomi durano tutto l’anno e gli antigeni responsabili non sono sempre individuabili anche se di solito si tratta di piume, acari, forfore, peli di animali e muffe.

Sintomi

La manifestazione clinica comprende comunemente:

starnuti, il sintomo più caratteristico: il paziente può lamentare una rapida successione di numerosi starnuti; si può avere conseguente lacrimazione e chiusura delle palpebre per attivazione del riflesso naso-lacrimale. È accompagnata da senso di prurito al naso.
congiuntivite, cioè infiammazione dell’occhio caratterizzata da bruciore e lacrimazione, accompagnata nei casi più gravi da dolore agli stimoli luminosi (fotofobia).
rinorrea acquosa, cioè fuoriuscita di liquido dal naso e prurito nasale; tale disturbo può provocare irritazione della cute del naso e del labbro superiore.
ostruzione nasale, questo disturbo è inizialmente intermittente o più accentuato la sera e la notte ed in seguito può comportare complicanze a livello dei seni paranasali con cefalea, o delle tube di Eustachio dell’orecchio e conseguente otalgia (dolore all’orecchio) e difetti dell’udito.
cefalea
tosse notturna presente nei bambini senza una chiara correlazione ad una patologia infettiva.

Meno frequentemente può interessare anche la faringe. La continua congestione nasale può determinare compromissione dell’olfatto e del gusto. La comparsa dei sintomi dipende dall’allergene coinvolto. Così, nel caso dei pollini, la comparsa dei sintomi coincide con l’impollinazione della pianta responsabile. Diverso è il caso in cui l’allergene è sempre presente come la polvere di casa: in questo caso il disturbo è perenne.

Diagnosi

Anamnesi ed esame obbiettivo
Test cutanei. Si utilizzano miscele di estratti di pollini; i pollini individuali non vengono quasi mai testati dato l’elevato grado di reattività crociata
Eosinofilia nelle secrezioni

La presenza di sintomi nel periodo invernale indica una forma allergica a forfore animali o all’acaro della polvere. La presenza di fattori precipitanti come la presenza di erba appena tagliata indirizza la diagnosi verso pollini o muffe. Una sintomatologia correlata ad attività agricola suggerisce allergia a funghi.

Complicanze

Compaiono nelle forme perenni:

Asma bronchiale
Sinusite cronica; la frequenza di questa complicanza è tale da giustificare il termine "rinosinusite"e da utilizzarlo sempre nel caso di rinite cronica
Otite media sierosa
Difetti dell’udito
Poliposi nasale; nei soggetti allergici la recidiva postoperatoria ha una frequenza doppia rispetto alla popolazione non allergica
Alterato dello sviluppo del massiccio facciale, di particolare rilevanza nel bambino

Terapia

Prevenire l’esposizione agli allergeni è il cardine della terapia, tuttavia una completa prevenzione è impossibile, soprattutto per i pollini trasportati nell’aria. È comunque di fondamentale importanza attuare misure preventive associate ad un’accurata bonifica igienico-ambientale: tenere le finestre chiuse nei periodi a rischio, cambiare e pulire i filtri del riscaldamento e del condizionamento d’aria, evitare ambienti polverosi. Le misure profilattiche nei confronti delle muffe prevedono la riduzione dell’umidità all’interno dell’abitazione, la disinfezione con cloro delle zone infette e l’allontanamento degli oggetti contaminati quali tappeti o oggetti di legno.Si deve evitare il contatto con animali domestici quando l’allergene è costituito dalle forfore animali, mentre per quanto riguarda il fumo di tabacco è impossibile evitarne l’esposizione.

L’impiego adeguato e tempestivo dei farmaci ha lo scopo di contrastare il carattere cronico della flogosi della mucosa nasale. Lo stato infiammatorio protratto nel tempo provoca infatti una condizione di iperreattività nasale e conseguente comparsa dei sintomi classici della rinite, scatenati però da una serie di stimoli, diversi dagli allergeni inizialmente responsabili. Ciò spiega il virare del quadro clinico, inizialmente stagionale, ad una forma perenne.

Cortisonici ed antistaminici.
Sodiocromoglicato: la somministrazione endonasale può essere di aiuto, ma per avere piena efficacia deve essere iniziata prima della stagione a rischio.
L’immunoterapia specifica, o iposensibilizzazione specifica: consiste nella somministrazione per via sottocutanea di estratti allergenici specifici a dosi scalari, progressivamente crescenti, al fine di ottenere una riduzione delle manifestazioni cliniche. Si è dimostrata particolarmente efficace nelle riniti stagionali soprattutto da pollini, erbe e graminacee. L’immunoterapia delle riniti allergiche da muffe con Cladosporium e Alternaria ha dimostrato una certa efficacia. La durata del trattamento può essere di qualche anno, seguita da un nuovo ciclo solo in caso di recidiva. L’immunoterapia specifica può essere iniziata a qualsiasi età. Si preferisce comunque trattare gli adolescenti, qualora sia impossibile evitare l’esposizione all’allergene. Questa tecnica presenta il rischio di reazioni agli estratti allergenici somministrati, perciò deve essere eseguita da personale medico ed il paziente deve essere controllato per almeno mezz’ora successivamente all’inoculazione. Pur essendo una pratica costosa, quando il paziente risponde pienamente alla terapia desensibilizzante con la scomparsa o remissione dei sintomi, il rapporto costo-benefici è chiaramente a favore dei benefici.
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Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 17:10



LA POLMONITE
A cura di Maura Peripoli

Con il nome di polmonite viene indicata la malattia che colpisce i polmoni e il sistema respiratorio. Quando insorge questa patologia gli alveoli polmonari si infiammano e si riempiono di liquido compromettendo, di conseguenza, la funzione respiratoria.
Alcuni anni fa, quando ancora non erano stati scoperti gli antibiotici, la polmonite rappresentava una delle maggiori cause di morte. Oggi invece si è abituati a considerare questa infiammazione come una complicanza di altre malattie, colpendo generalmente le persone anziane e i malati debilitati. La parte del polmone “colpita” dall’infiammazione, viene chiamata focolaio ed è proprio in questo punto che si verifica l’addensamento di liquido, causa principale della difficoltà di respirazione.
La polmonite può avere diverse cause: normalmente “dipende” da un’infezione batterica (e quindi è molto difficile che possa diventare contagiosa), ma più raramente può essere scatenata da virus, o funghi. Essa viene diagnosticata tramite una radiografia e un’accurata visita (auscultazione polmonare) da parte di un bronco pneumologo. La British Thoracic Society la definisce come uno stato infiammatorio acuto (compare entro 72 ore dall’inizio dei sintomi) di quella parte del polmone destinata agli scambi respiratori. Possono essere interessati gli alveoli polmonari, e in questo caso si parla di polmonite alveolare, ma anche il tessuto interstiziale (polmonite interstiziale), che può coinvolgere un intero lobo polmonare o una parte di esso. Allo stato attuale esiste un progressivo aumento dei batteri resistenti ad alcuni farmaci anche perché non sempre si riesce a trovare l’antibiotico giusto per ogni forma. Questa patologia colpisce ogni anno in Europa, circa 3 milioni di persone, da 4,7 a 11,6 ogni 1000 abitanti. Le forme più conosciute sono principalmente due:
1) polmonite batterica
2) polmonite virale
Esistono anche le polmoniti da agenti eziologici, sicuramente più rare.

Polmoniti batteriche
La forma più nota di polmonite batterica è quella che deriva dal Pneumococco, in grado di provocare infezioni gravi e spesso anche invasive. Il batterio, attraverso l’apparato respiratorio, va a posizionarsi nei bronchi, raggiungendo i bronchioli e qui si diffonde dando vita al processo infiammatorio. Ciò avviene in quattro fasi distinte:
1) Congestione: è il momento in cui viene prodotta la maggior a parte di siero (congestione vascolare, caratterizzata da un aumento di volume per maggiore afflusso di sangue) e il batterio si riproduce velocemente;
2) Caratteristico aspetto dei polmoni definito “simil-epatico” (gli alveoli si riempiono, avviene una congestione vascolare e i globuli rossi “travasano”);
3) Epatizzazione grigia (accumulo di fibrina, globuli rossi e bianchi) che vanno a “riempire” gli spazi alveolari;
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4) Risoluzione: fase in cui tutto il liquido che c’è nei polmoni viene riassorbito.

Indici di mortalità della polmonite batterica
La mortalità per questo tipo di malattia è pari a circa 28 casi ogni 100.000 negli Stati Uniti e in 29,5 per 100.000 in Europa. La polmonite batterica non colpisce tutti allo stesso modo: i soggetti più a rischio sono i pazienti ricoverati in terapia intensiva (la metà di essi muore per le complicanze), mentre hanno una risposta decisamente più positiva i pazienti “trattati” in casa per i quali la percentuale di mortalità è del 2 – 3%. Gli over 65 con polmonite batterica invece, possono morire nel 26% dei casi, così come sono da inserire in questa percentuale anche gli accaniti fumatori e coloro che consumano bevande alcoliche in abbondanza.

I sintomi e la profilassi della polmonite pneumococcica
Esistono sintomi da non sottovalutare, che devono mettere in allarme circa la possibilità di aver contratto una polmonite pneumococcica:
1) infezione delle alte vie aeree accompagnata da forti brividi di freddo;
2) dolore durante la respirazione dalla parte del lato colpito, con tosse e dispnea (difficoltà a respirare, con sensazione di oppressione toracica).
Nella maggior parte dei casi, compare anche febbre (la temperatura può arrivare anche a 40,5°) e il battito del polso varia dai 100 ai 140 battiti al minuto. In alcuni casi si aggiungono anche altri sintomi quali nausea, vomito e dolori muscolari. L’associazione di tutti questi sintomi dovrebbe quindi far sospettare subito polmonite pneumococcica. Per quanto riguarda la profilassi, attualmente viene utilizzato un vaccino polisaccaridico purificato (da iniettarsi in un’unica soluzione), che è in grado di proteggere 23 sierotipi di Streptococcus Pneumoniae. Le propietà positive del vaccino stanno nel fatto che esso è indicato anche per persone anziane (over 65) oltre che per diabetici, cardiopatici, pneumopatici, neuropatici e epatopatici cronici, nonché agli immunodepressi. L’efficacia della vaccinazione è stata ampiamente testata e progressivamente è aumentato il numero delle persone che si proteggono dal rischio d'infezioni polmonari e dalle sue complicanze, specialmente per quanto riguarda le persone anziane; anche la percentuale di ricoveri ospedalieri e di mortalità in questa categoria di persone è notevolmente diminuita con l’utilizzo del vaccino che è quindi sicuro e “vanta” scarsissimi effetti collaterali.

Polmonite batterica da stafilococco aureus
Altra forma di polmonite batterica è quella causata dallo Stafilococcus aureus, un batterio gram-positivo, responsabile di circa il 2% delle polmoniti che insorgono a seguito di contatti nelle comunità e del 10%-15% di quelle contratte in ambiente ospedaliero. Questo tipo di infezione polmonare è piuttosto frequente, spesso letale, e rappresenta una complicanza delle epidemie di virus influenzale, specie per quanto riguarda gli anziani con bronchite cronica o enfisema e coloro che sono “costretti” in ambiente ospedaliero. I bambini piccoli, i pazienti debilitati, gli anziani, i pazienti ospedalizzati ( coloro che hanno subito interventi chirurgici gravi) sono le categorie maggiormente a rischio. I sintomi sono molto simili a quella della polmonite pneumococcica, con l’aggiunta di brividi ricorrenti e formazione di ascessi. La caratteristica della polmonite batterica è che il rischio di mortalità è del 30/40% e il suo decorso è in alcuni casi fulminante.

Polmoniti virali
Le polmoniti virali, come dice la parola stessa, sono dovute a virus (virus sinciziale respiratorio, l'adenovirus, il parainfluenzale, il virus dell'influenza A e B e in casi rari i rinovirus e i coronavirus) che vanno ad infettare il tratto inferiore dell’apparato respiratorio. Quando l’infezione colpisce le basse vie respiratorie, i sintomi sono principalmente i seguenti: febbre, mal di testa, astenia e tosse con notevole quantità di muco. Meno frequenti invece sono i versamenti pleurici; uno dei segni di infezione è il numero basso dei globuli bianchi periferici ma può succedere anche di riscontrare valori normali o moderatamente elevati. A livello di prevenzione, risulta molto utile sottoporre i pazienti al vaccino antinfluenzale (specialmente i soggetti a rischio) perché in molti casi la polmonite virale non è altro che la conseguenza dell’influenza stagionale. Tuttavia occorre utilizzare con prudenza il vaccino per i bambini di età inferiore a 12 anni: in questo caso le dosi da somministrare, vengono intervallate da un periodo di 4 settimane. Il vaccino da una copertura di circa il 70%.
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Esami da effettuare in casi di polmonite batterica o virale
Generalmente per individuare e diagnosticare la polmonite batterica o virale, basta una semplice visita medica, nella quale lo specialista provvede ad auscultare il torace del paziente con lo stetoscopio. In seguito viene effettuata una radiografia del torace, che è in grado di evidenziare i focolai dell’infezione. Per individuare il microrganismo responsabile della patologia e prescrivere quindi una cura mirata, viene eseguito un esame dell'espettorato presente nelle vie respiratorie. Questo tipo di indagine diagnostica serve a evidenziare il microrganismo responsabile della malattia e prescrivere una cura mirata.

La terapia
La polmonite si combatte con gli antibiotici che sono molto indicati nelle forme virali, in particolar modo quando si combinano con le forme batteriche: gli antibiotici in questo caso riescono facilmente a contenere il batterio responsabile dell’infezione e ad evitarne la proliferazione. Tra i farmaci i più indicati a risolvere con successo la patologia, ci sono le penicilline e le cefalosporine che sono antibiotici a largo spettro in grado di agire su numerose tipologie di batteri e vengono “somministrati” per via intramuscolare, mentre i chinoloni, i macroildi, le tetracicline sono più adatti per forme più specifiche e vengono assunti sotto forma di compresse o sciroppi.

Tempi di guarigione
La polmonite sia batterica che virale presuppone, oltre all’assunzione di farmaci, un periodo di riposo piuttosto prolungato. Gli specialisti raccomandano di non accelerare i tempi di guarigione perché le ricadute possono diventare pericolose e a volte anche letali. Come accennato, spesso questa patologia viene curata in casa e non è necessario il ricovero ospedaliero. Tuttavia per le persone che hanno problemi respiratori, per le categorie a rischio e per gli anziani e i bambini piccoli, sarebbe indicato un periodo di ricovero ospedaliero per ricevere cure “mirate” alla distruzione del batterio o del virus che ha provocato la polmonite. In ogni caso per parlare di completa guarigione, devono passare almeno 30 giorni, alla fine dei quali sarà una radiografia al torace a decretare il superamento della malattia.
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Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 17:13



LA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO)
A cura di Francesca Soccorsi

La broncopneumopatia cronica ostruttiva è un'affezione cronica progressiva che colpisce bronchi e polmoni, caratterizzata da ostruzione bronchiale con limitazione del flusso aereo e determinata da un'infiammazione cronica delle vie aeree. Colpisce il 6-8% della popolazione mondiale, principalmente maschi adulti, ma la patologia è in aumento anche fra le donne e attualmente rappresenta la quarta causa di morte.

Le cause
Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio, tanto che nei fumatori abituali l'incidenza della malattia registra percentuali superiori al 10%. In genere la BPCO colpisce soggetti che per venti anni abbiano fumato almeno venti sigarette al giorno (ma può presentarsi anche in chi per dieci anni ne abbia fumate due o più). Anche l'inquinamento atmosferico e il fumo passivo hanno un ruolo nella genesi della patologia, così come l'esposizione a sostanze contenenti cadmio, polveri di carbone e silicio, che possono favorire l'ostruzione bronchiale cronica e ridurre la capacità respiratoria. Inoltre è probabile che vi sia una predisposizione genetica alla malattia (deficit di alfa-1-antitripsina).

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I sintomi
La broncopneumopatia cronica ostruttiva è caratterizzata da enfisema e bronchite cronica che nel tempo tendono ad aggravarsi e non sono mai completamente reversibili neanche se trattati. I sintomi, che esordiscono in modo subdolo, simili a quelli di una banale infezione delle vie aeree, si presentano dopo molti anni di consumo abituale di sigarette. Per questo motivo è importante che i soggetti a rischio (fumatori oltre i 40 anni) effettuino regolarmente semplici esami diagnostici (spirometria).
Fra le manifestazioni tipiche si segnalano tosse produttiva con catarro che nel tempo rende difficoltosa la respirazione, dispnea, ridotta tolleranza allo sforzo (dovuta anche all'instaurarsi di un circolo vizioso per cui il paziente riduce l'attività fisica a causa della dispnea e di conseguenza perde la tonicità della muscolatura periferica), aumento dei valori di anidride carbonica nel sangue (ipercapnia), diminuzione dei valori di ossigeno nel sangue (ipossiemia), cianosi, calo ponderale. A volte la BPCO si associa a scompenso cardiaco. Sono frequenti le riacutizzazioni della malattia, quasi sempre dovute a sovrapposizioni di infezioni batteriche.

Diagnosi
La diagnosi, oltre a un'attenta anamnesi, prevede un esame spirometrico da eseguirsi prima e dopo l’assunzione di un medicamento broncodilatatore: quest'analisi serve a valutare l'eventuale riduzione del flusso aereo mediante misurazione della quantità di aria espirata e dell’intensità del flusso respiratorio. In aggiunta si possono eseguire il test della saturazione emoglobinica arteriosa, l'emo-gas analisi, il test di funzionalità polmonare sotto sforzo (ergospirometria) e il calcolo del grado di dispnea. Per una diagnosi differenziale da patologie che hanno un esordio simile (embolia polmonare, pneumotorace, polmonite) può essere utile sottoporre il paziente a una radiografia toracica. Una volta effettuata la diagnosi si procede alla stadiazione della malattia per valutarne la gravità e stabilire il percorso terapeutico. La patologia, infatti, è caratterizzata da quattro differenti stadi (da lieve a molto grave).

Terapia
La guarigione non è possibile, ma molto si può fare per fermare o, se non altro, rallentare il decorso della BPCO e migliorare la qualità di vita dei pazienti. L'approccio terapeutico è tanto più efficace quanto più precocemente si interviene, cominciando dai fattori di rischio: totale eliminazione del fumo di sigaretta e riduzione dell'esposizione a inquinanti domestici e/o esterni rappresentano i primi fondamentali passi, insieme a una dieta ipocalorica, se il paziente è in sovrappeso. Nei casi in cui smettendo di fumare non sia possibile normalizzare la funzione polmonare, si riesce almeno a bloccarne l'aggravamento.
La cura si basa sulla somministrazione di farmaci broncodilatatori Beta 2 antagonisti a lunga durata d'azione, anticolinergici e derivati della teofillina, oltre a corticosteroidi, immunomodulatori e mucolitici. Al paziente Viene inoltre consigliato di effettuare i vaccini antinfluenzale e antipneumococco per ridurre possibili fattori aggravanti. Talora è consigliata una fisioterapia respiratoria che comprenda un programma di allenamento aerobico in grado di migliorare le performance dell'apparato cardiovascolare e il tono della muscolatura nel suo complesso. In casi selezionati si può prendere in considerazione la via chirurgica per ridurre l'iperinflazione polmonare e rimuovere le bolle enfisematose. Ossigenoterapia e ventilazione meccanica non invasiva mediante maschere facciali sono in grado di alleviare i sintomi negli stadi più avanzati.
Gli antibiotici si rivelano utili nel caso di sovrainfezioni batteriche.

Prognosi
Quando non curata, la BPCO è sempre una malattia mortale. Le terapie a tutti gli stadi la rallentano considerevolmente permettendo di evitare le serie difficoltà respiratorie che possono ostacolare le semplici attività quotidiane, sonno compreso. Ma, se intraprese nelle fasi iniziali, riescono a stabilizzare il quadro e ad arrestare l'evoluzione della patologia.

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I principali fattori prognostici negativi della malattia sono rappresentati da:
- Valore del volume respiratorio massimo dopo l'uso di un broncodilatatore: se è inferiore a 1 litro, la speranza di vita a cinque anni non supera il 40%.
- Associazione di cuore polmonare cronico (CPC) o di una pressione arteriosa polmonare media superiore a 30 mmHg: questi fattori abbassano al 20% il tasso di sopravvivenza a cinque anni.
- Ipossiemia inferiore a 60 mmHg e ipercapnia superiore a 50 mmHg: in questo caso la speranza di vita media non supera i due anni e mezzo.
- Gli episodi di insufficienza respiratoria acuta e le loro recidive si traducono anch'essi in un elevato livello di gravità.

Tuttavia anche negli stadi molto avanzati della malattia è fondamentale la correzione dello stile di vita e l'adozione di una terapia idonea in grado comunque di alleviare i sintomi e rallentare il decorso.

Bibliografia
- Bonsignore G., Bellia V., Malattie dell’apparato respiratorio, McGraw-Hill
- Irwin Richard S., I sintomi delle malattie respiratorie, Midia editore
- Zuin R., Malattie dell'apparato respiratorio, Piccin-Nuova Libraria
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Messaggioda Royalsapphire » 19/03/2015, 17:17



L’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA


A cura di Dott. Fabio Raja
Una candela accesa, messa dentro un bicchiere rovesciato, si spenge spontaneamente dopo pochi istanti. La cera, bruciando l’ossigeno dell’aria, produce energia sotto forma di luce e calore e, quando tutto l’ossigeno contenuto nel bicchiere è stato consumato, la combustione non può più continuare e la fiamma si estingue.
La combustione è un processo che i chimici chiamano, anche, ossidazione proprio per mettere in evidenza la necessità dell’ossigeno. I processi ossidativi sono molto importanti nella vita d’ogni giorno. L’auto si muove perché incendia la benzina, il camino produce calore bruciando legna e i fornelli della cucina, il gas: in tutti i casi, la presenza dell’ossigeno è indispensabile.
Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, che fine fanno l’ossigeno ed i combustibili presi in considerazione: la cera, la benzina, la legna ed il gas.
I chimici hanno scoperto che nella combustione, ossigeno e combustibile, combinandosi, si trasformano in acqua ed anidride carbonica (CO2), che è un gas. In altre parole, nella combustione l’ossigeno ed il combustibile danno origine da un lato all’energia, luce o calore o movimento, e dall’altro ad acqua e anidride carbonica. Per questo, il camino deve avere un buon tiraggio, per assicurare un continuo apporto d’ossigeno e allontanare velocemente l’anidride carbonica. Per questo, i tecnici esigono che nelle cucine con il gas ci siano adeguate prese d’aria.
Nel motore dell’auto l’ossigeno è preso dall’esterno e l’anidride carbonica è mandata via attraverso il tubo di scappamento. Lo stesso avviene nelle cellule del nostro organismo dove l’energia indispensabile alla vita è ottenuta bruciando gli zuccheri in presenza d’ossigeno. Il sangue rifornisce costantemente le cellule d’ossigeno e, sempre per mezzo del sangue, l’anidride carbonica è allontanata velocemente. Solo un continuo e costante apporto d’ossigeno fresco e un ininterrotto e valido allontanamento della CO2 garantiscono, perciò, una buona combustione e la vita stessa.
Il sangue, poi, quando giunge nei polmoni, scarica l’anidride carbonica accumulata, che viene eliminata svuotando i polmoni, e si carica d’ossigeno fresco, quando vengono riempiti di aria.
Questi sono gli scopi della respirazione polmonare: eliminare all’esterno la CO2 prodotta dalle cellule e rifornire l’organismo d’ossigeno fresco.

Con un semplice esame si può dosare la quantità d’ossigeno e anidride carbonica presenti nel sangue.

Se la quantità d’ossigeno diminuisce i medici parlano d’ipossiemia, mentre se la quantità d’anidride carbonica aumenta in modo anomalo, i medici parlano di ipercapnia. La contemporanea presenza di queste due situazioni caratterizza l'insufficienza respiratoria.

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Le conseguenze sono note: da una parte meno ossigeno nel sangue significa meno ossigeno per le cellule e, perciò, cattiva combustione degli zuccheri e poca energia a disposizione dell’organismo. Il paziente si sentirà stanco e ogni minimo movimento diventa uno sforzo insostenibile ed, in condizione estreme, ci saranno danni gravi e persino la morte delle cellule. D’altra parte l’accumulo della CO2 nel sangue produce un avvelenamento perché questo gas è tossico per il sistema nervoso e, inoltre, combinandosi con l’acqua dell’organismo, produce un acido, l’acido carbonico, che fa aumentare l’acidità del sangue. Oltre certi livelli d’acidità, la vita è impossibile e le cellule muoiono.
Se le conseguenze dell’insufficienza respiratoria sono sempre le stesse (poco ossigeno e troppa CO2 nel sangue), le cause che portano a questa situazione sono moltissime.
In primo luogo i medici differenziano un’insufficienza respiratoria che insorge improvvisamente, in modo acuto, e che può risolversi altrettanto rapidamente con la guarigione completa o con conseguenze fatali, da quella cronica che insorge pian piano, nel corso d’anni, con disturbi dapprima lievi, poi man mano sempre più gravi e invalidanti e che porta a danni irreversibili.

Un’altra distinzione che fanno i medici riguarda, invece, il modo con cui l’insufficienza respiratoria s’instaura.
Quando un corpo estraneo è accidentalmente inalato, può ostruire i canali che portano l’aria ai polmoni e causa, perciò, un’insufficienza di tipo ostruttivo. Questo può capitare per esempio se un boccone è accidentalmente spinto nella trachea, o com’è accaduto in bambini con piccoli oggetti o parti di giocattoli o, ancora, in persone anziane e poco vigili che inspirano, senza accorgersene, parti di protesi dentarie. In altri casi, invece, le vie respiratorie sono libere, ma i polmoni non riescono a muoversi come dovrebbero.
Il polmone è come un mantice: quando si dilata l’aria vi penetra, mentre quando si restringe, l’aria esce. Un mantice che non riesce a dilatarsi e restringersi come si deve, indubbiamente non funziona bene.

Molti ricorderanno la disgraziata finale di Coppa Campioni allo stadio Belga di Heysel nel 1985 tra Juventus e Liverpool. In quel caso, molti spettatori persero la vita a causa della calca che impedì loro di espandere il torace come normalmente avviene, quando si respira. La morte, per molti sfortunati, intervenne perciò per insufficienza respiratoria acuta di tipo restrittivo, in assenza, in pratica d’ostruzioni dei canali del respiro.

I succitati esempi si riferiscono a due tipi d’insufficienza respiratoria acuta che possono risolversi senza gravi danni o, come talvolta accade, con la morte nel giro di pochi secondi. Sono casi, fortunatamente, molto rari. La maggioranza dei casi interessa, invece, malati che sviluppano un’insufficienza respiratoria nel corso di anni. La maggior parte di questi presenta una situazione che i medici chiamano BPCO.

BPCO è una sigla che significa Bronco pneumopatia cronica ostruttiva e che chiarisce subito che l’insufficienza respiratoria nasce sia da un’ostruzione cronica, in altre parole durevole nel tempo, dei bronchi sia da un’alterazione polmonare. La bronchite cronica e l’enfisema polmonare sono le cause più frequenti.

Ci sono persone, per lo più forti fumatori, che presentano uno stato infiammatorio cronico dei bronchi. Queste persone hanno costantemente, o frequentemente, tosse con continua produzione e espulsione di catarro. Si tratta di situazioni apparentemente banali, che sono sottovalutate dal paziente che finisce per abituarsi a questo stato di cose e lo considera “normale”.
Inoltre, poiché queste situazioni si protraggono per anni, chi ne è affetto, è in un certo qual modo rassicurato e pensa che non ne patirà importanti conseguenze. Proprio il protrarsi nel tempo di queste situazione conduce invece, giorno dopo giorno, a danni dei bronchi e dei polmoni che, alla fine, risulteranno gravissimi e quel che più conta, irrimediabili.
La tosse e l’infiammazione continua, infatti, finiscono per rovinare i tessuti di cui è fatto il polmone. Questi tessuti sono naturalmente elastici e consentono al mantice polmonare di dilatarsi e restringersi. Tosse e infiammazione cronica sfiancano questi tessuti che perdono la loro elasticità ed il polmone diventa come un mantice sempre dilatato che riesce a restringersi solo di pochissimo.
È chiaro che in queste condizioni il ricambio d’aria all’interno del polmone è minimo: minimo sarà l’ingresso di ossigeno fresco nei polmoni e minima l’espulsione della CO2.
In conclusione, nella BPCO c’è un’ostruzione dei bronchi per l’infiammazione cronica e, al tempo stesso, una riduzione dell’elasticità dei polmoni con minore efficienza del mantice polmonare.
Questi pazienti, da anni abituati ad una tosse cronica cominciano, pian piano, ad avere affanno, ossia fiato corto, dapprima durante sforzi relativamente modesti, come salire le scale o camminare svelti, poi per piccolissimi sforzi ed infine anche quando sono a completo riposo. Contemporaneamente si manifestano altri segni dell’insufficienza respiratoria come la cianosi, un caratteristico colorito bluastro della pelle, conseguente a ridotta ossigenazione del sangue, ben visibile a livello dei lobi degli orecchi e labbra ed un particolare aspetto delle unghie delle mani che i medici chiamano “a vetrino d’orologio” proprio perché, per la loro forma, lo ricordano.

L’ipossia, cioè la carenza d’ossigeno nel sangue, causa agitazione, confusione, delirio, svenimento, ipotensione, battiti cardiaci accelerati, mentre l’ipercapnia dà mal di testa, vertigini, confusione, svenimenti, sussulti muscolari, pupille piccole, ipertensione arteriosa, sudorazione.
Sarà, però, la misurazione nel sangue della quantità d’ossigeno e anidride carbonica, che consentirà di fare, con certezza, diagnosi di insufficienza respiratoria.
La raccolta della storia del malato, una visita accurata e alcuni test, tra i quali la spirometria che valuta l’efficienza del mantice polmonare, chiariranno come e perché il danno si è prodotto e quale la sua gravità.
La migliore cura dell’insufficienza respiratoria cronica è, evidentemente, la prevenzione di quelle malattie dei polmoni e dei bronchi che la causano.
Astensione dal fumo di sigaretta, cura di ogni episodio di bronchite, allontanamento di polveri e sostanze tossiche dai luoghi di lavoro, sono misure che possono prevenire o arrestare l’evoluzione dell’insufficienza respiratoria.
Quando l’insufficienza respiratoria si è ormai stabilita è necessario dare farmaci per cercare di impedire un peggioramento della situazione polmonare e ridurre l’ostruzione dei bronchi.
La riabilitazione respiratoria migliora la tolleranza allo sforzo e l’affanno; una corretta alimentazione contribuisce a migliorare la qualità della vita soprattutto nei pazienti con condizioni generali scadenti. La somministrazione continua di piccole quantità d’ossigeno per più di 15 ore il giorno è uno dei principali trattamenti nei pazienti con BPCO ed è l’unico trattamento capace di prolungare la vita dei pazienti con insufficienza respiratoria.
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