LA SINDROME DELL'OCCHIO SECCO. ANATOMIA DELL'OCCHIO

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LA SINDROME DELL'OCCHIO SECCO. ANATOMIA DELL'OCCHIO

Messaggioda Royalsapphire » 23/03/2015, 23:35



A cura della D.ssa Maria Angela Molinaro

Definizione e cause

L’occhio secco è una malattia di frequente osservazione, con una incidenza aumentata significativamente negli ultimi anni, purtroppo spesso sottovalutata o non diagnosticata ad una prima osservazione clinica. Con il termine “sindrome da occhio secco ” si indica generalmente l’alterazione quantitativa o qualitativa delle lacrime che inumidiscono la superficie oculare a contatto con l’esterno.
In realtà, è dalla concomitanza di molti più fattori che origina una secchezza oculare, in quanto il film lacrimale pre-oculare ed i tessuti corneale e congiuntivale funzionano in mutua interrelazione.

Molte sono le definizioni di occhio secco; quella riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale è che: l’occhio secco è una patologia del film lacrimale dovuta a ridotta produzione o eccessiva evaporazione delle lacrime, che procura danno alla superficie oculare interpalpebrale esposta ed è associata a sintomi di discomfort

Le lacrime hanno una particolare composizione ed una modalità di secrezione, tali da poter compiere quattro funzioni:

lubrificare la cornea;
contribuire al potere refrattivo dell'occhio, costituendo la superficie di contatto tra cornea e aria;
nutrire la cornea;
svolgere una azione antibatterica.

La loro produzione normale è di 0.8 microlitri/minuto circa. Il film lacrimale è mantenuto qualitativamente e quantitativamente costante, grazie all'azione combinata della secrezione (ghiandole secretorie), dalla distribuzione per ammiccamento palpebrale e dalla escrezione che avviene attraverso le ghiandole lacrimali.

Il film lacrimale è prodotto da numerose ghiandole:

dalle ghiandole che stanno sul bordo palpebrale,
dalla ghiandola lacrimale,
da cellule secernenti isolate e sparse nella congiuntiva

Tutte queste ghiandole non producono lo stesso secreto, tanto è vero che il film lacrimale è costituito da tre strati principali, ognuno dei quali risulta essere fondamentale affinché il film stesso possa svolgere la propria funzione.
La parte principale del film lacrimale è costituita da acqua che contiene sali, zuccheri, proteine, enzimi e altre sostanze. Questo strato è capace di portare le sostanze nutritive e di difesa alla cornea e alla congiuntiva, le quali riversano in esso i prodotti del loro metabolismo sia in situazioni fisiologiche che patologiche.
Per evitare l’evaporazione dell’acqua, lo strato più esterno è costituito da uno strato lipidico che ha il compito di mantenere uniforme lo spessore del film lacrimale, inoltre garantisce la levigatezza del film lacrimale.
Ogni piccola modificazione della propria viscosità o del proprio spessore determinerebbe qualche problema sulla distribuzione del film lacrimale. Infine per mantenere l’acqua attaccata alle cellule della cornea e della congiuntiva, queste producono una sostanza particolare con la funzione di mantenere bagnabile la superficie stessa.

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Figura 01. Distribuzione del film lacrimale

È necessario distinguere due forme di Sindrome da occhio secco:

Primarie (Sindrome di Sjögren), cioè manifestazioni oculari di una malattia generale autoimmune, come ad esempio lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sclerodermia ecc.
Secondarie, dovute ad un'eccessiva vaporizzazione del film lacrimale (blefariti, congiuntiviti, uso protratto di lenti a contatto, ridotta secrezione senile, ridotta secrezione dovuta a farmaci, a ipovitaminosi A, a uso protratto di colliri)o ad una ridotta produzione di fluido lacrimale.


Sintomatologia

I sintomi più comuni dovuti alla sindrome da occhio secco sono bruciore, sensazione di corpo estraneo nell'occhio, fotofobia, difficoltà nell'apertura della palpebra al risveglio e, nei casi più gravi, dolore e annebbiamento visivo. Tutti questi disturbi aumentano in ambienti secchi, ventosi o dove sono in funzione impianti di riscaldamento o di condizionamento. Talvolta, i pazienti affetti da ipolacrimia lacrimano copiosamente (soprattutto in presenza di cheratite, danno alla superficie corneale): il liquido lacrimale è però molto acquoso, contiene poche componenti mucose ed evapora velocemente lasciando la cornea esposta all'azione di agenti esterni. Molte persone affette da sindrome degli occhi secchi soffrono anche di disturbi alla gola e al seno paranasale: congestione nasale o sinusite, tosse cronica, raffreddori frequenti, allergie stagionali, congestione al centro dell'orecchio, mal di testa.

Test Clinici Diagnostici

In presenza di un paziente con occhio secco, oltre ai normali test di routine per una visita oculistica ci sono attualmente parecchi metodi per valutare l’adeguata produzione di lacrime, questi sono:

la misurazione del menisco lacrimale tra il bulbo ed il margine della palpebra inferiore
il test di Schirmer (per la valutazione della produzione lacrimale)
la colorazione con fluoresceina, rosa bengale e verde di Lisammina (che mettono in evidenza le cellule sofferenti)
il tempo di rottura del film lacrimale (per valutare la qualità delle lacrime)
la sensibilità al contrasto
la citologia ad impressione per la valutazione delle cellule della congiuntiva
l’analisi dei film lacrimale per valutare l’osmolarità, la presenza di lisozima
il test di felcizzazione delle lacrime
il test della clearance della fluoresceina.

Trattamento dell’occhio secco

A tutt’oggi non esiste una terapia risolutiva della patologia da occhio secco. Nonostante esistano numerosi presidi terapeutici topici a disposizione (in Italia esistono in commercio circa 120 sostituti lacrimali), i risultati a lungo termine della terapia delle affezioni del film lacrimale sono spesso sconfortanti. Lo scopo della terapia varia a seconda della forma di occhio secco:

nelle forme in cui la causa è la diminuzione del film lacrimale o l’aumento dell’evaporazione, il ricreare il normale spessore lacrimale può essere sufficiente;
nelle forme cosiddette secondarie, in cui è presente un’altra patologia che altera il film lacrimale, lo scopo della terapia è quello di eliminare la causa principale del disturbo e quindi di utilizzare delle lacrime artificiali in grado di ristabilizzare il film lacrimale diminuendo la sintomatologia per il paziente.

Prima di impostare una terapia d’aiuto al film lacrimale occorre sapere:

quale parte del film lacrimale è in disordine;
lipidico;
acquoso;
mucinico.

e se dipende da:

uso di farmaci;
patologie generali/locali;
ambienti secchi, VDT, LaC ecc.

L’uso di un sostituto lacrimale deve mantenere buono il visus del paziente e ripristinare il comfort. Normalmente il pH lacrimale è attorno a 7,2-7,4. Il paziente riferisce sensazione di benessere quando il collirio è alcalino. Normalmente le lacrime artificiali sono a pH tamponato. La frequenza del numero di gocce nella giornata può cambiare a seconda dei momento della malattia e del sostituto lacrimale utilizzato: nelle fasi acute, a volte, è necessaria l’instillazione di sostituti lacrimali ogni ora, mentre nei momenti migliori si può arrivare anche a 4 volte al giorno.
Nella pratica clinica quotidiana si usano molto spesso sostituti lacrimali a seconda della sintomatologia del paziente. In base alla formulazione e alla loro azione possiamo distinguere le seguenti lacrime:

Diluenti, in grado di allontanare le sostanze prodotte dal metabolismo delle cellule; hanno purtroppo un breve tempo di durata.
Stabilizzanti, in grado di aumentare la stabilità del film lacrimale.
Di volume, in cui vi sono sostanze capaci d i legarsi alla superficie oculare e di trattenere acqua.
Correttive, in grado di correggere alcune caratteristiche fisiche della superficie oculare.
Nutrienti, che contengono alcune sostanze in grado di migliorare il trofismo dei vari epiteli che sono in sofferenza.

La soluzione chirurgica esiste e può aiutare la superficie oculare a rigenerarsi. La terapia chirurgica più semplice e più usata nel trattamento delle sindromi da occhio secco consiste nella chiusura, provvisoria o definitiva, dei puntini lacrimali inferiore e/o superiore, per mezzo di piccoli tappi di silicone ("punctum plugs"). Se tale rimedio si dimostra efficace, si ricorre quindi alla chiusura definitiva.
Grazie alle nuove conoscenze nella patogenesi della malattia si è visto che anche l’utilizzo di farmaci anti infiammatori può, in alcuni casi, essere utile e fondamentale per interrompere il meccanismo di patogenesi dei danno.
In particolare negli USA l’FDA ha approvato l’utilizzo di un collirio a base di ciclosporina per trattare i pazienti con occhio secco con un possibile duplice effetto: il primo antiinfiammatorio sulla superficie oculare ed il secondo antiinfiammatorio sulla ghiandola lacrimale che causerebbe un secondario aumento della secrezione lacrimale. Anche la pilocarpina 1% sistemica, presa per bocca, sembrerebbe essere utile per la stimolazione della secrezione lacrimale nell’occhio e per quella salivare in bocca.
È stato dimostrato che l’assunzione per via orale di preparati contenenti amminoacidi o acidi grassi poli insaturi è in grado di migliorare la sintomatologia e lo stato infiammatorio degli occhi con sindrome da occhio secco e di quelli con occhio secco post chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri.

Conclusioni

Come tutte le funzioni nel nostro organismo, anche la produzione ed il drenaggio delle lacrime sono sottoposti ad un rigido equilibrio, che può rompersi a scapito del confort visivo. La ridotta produzione di lacrime (ipolacrimia), viene per lo più controllata con la continua instillazione di lacrime artificiali; nei casi più resistenti alla terapia utile è l’occlusione dei canalini lacrimali per mezzo di piccoli tappi di materiale sintetico (un tempo erano in argento). Importante comunque è la prevenzione bevendo sufficienti quantità di liquidi e mantenendo un’adeguata umidità negli ambienti ove abitualmente si vive, specialmente se questi sono asciutti, o riscaldati o raffreddati o ventilati.
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LA SINDROME DELL'OCCHIO SECCO. ANATOMIA DELL'OCCHIO

Messaggioda Royalsapphire » 23/03/2015, 23:58



L'OCCHIO

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Gli organi di senso quali l'occhio e l'orecchio sono il vero e propri punto di contatto fra l'organismo e l'ambiente. Oltre il 90% delle informazioni arriva all'encefalo tramite uno di questi canali.

L'occhio è una struttura complessa composta da un globo oculare del diametro di circa 25 mm, che si trova ben protetto all'interno della cavità orbitaria, formato da tre strati concentrici di tessuto.

La parte esterna, comunemente detta bianco dell'occhio, è la sclera. La sua superficie, esposta all'aria, possiede un rivestimento trasparente, la congiuntiva , che riveste la superficie interna delle palpebre, che servono a proteggero l'occhio e ad impedirne la disidratazione.Nella parte anteriore centrale la sclera e la congiuntiva lasciano spazio alla cornea , una struttura trasparente a forma di cupola.Dietro la sclera c'è la coroide, un tessuto ricco di vasi sanguigni che riforniscono la retina di ossigeno e sostanze nutritizie. Nella parte anteriore la coroide si ispessisce formando il corpo ciliare. Nella sezione anteriore del corpo ciliare si diparte un'area circolare di fibre muscolari: l'iride. Nel centro dell'iride c'è un foro, la pupilla attraverso cui la luce entra nell'occhio. La quantità di luce che entra è controllata dalla dilatazione o dalla contrazione della pupilla. Dietro la pupilla si trova una lente elastica, il cristallino, trasparente, le cui contrazioni muscolari ne permettono l'ispessimento o il restringimento in modo che l'occhio possa mettere a fuoco oggetti posti a distanze diverse. Lo spazio tra la lente e la cornea è riempito di umore acqueo. Dietro la lente si trova una massa di sostanza gelatinosa chiamata umore vitreo. La coroide contiene un pigmento scuro che cattura i raggi luminosi, la cui riflessione all'interno del bulbo oculare interferirebbe con una visione chiara. La retina contiene uno strato di cellule nervose sensibili alla luce, coni e bastoncelli, che trasformano le sensazioni di colore, forme e intensità luminosa in impulsi nervosi. Questi impulsi sono trasmessi tramite le fibre nervose retiniche al nervo ottico, un fascio di fibre nervose che collega la parte posteriore del globo oculare con il cervello. Il cervello elabora e interpreta gli impulsi nervosi ricevuti.

Il bulbo oculare

Il bulbo oculare si trova ben protetto all'interno della cavità orbitaria la quale si estende all'indietro a forma di imbuto. Il bulbo oculare è in grado di spostarsi nei tre assi di movimento: all'esterno e all'interno (abduzione - adduzione), in alto e in basso (alzare - abbassare lo sguardo), rotazione all'interno e all'esterno.


La sclera

La sclera costituisce il "bianco dell'occhio". E' composta da un fitto intreccio di fibre collagene disposte in modo irregolare. A causa della pressione intraoculare, la sclera si tende e assume una forma sferica. La pressione intraoculare e la sclera stabilizzano insieme la forma dell'occhio, anche in caso di intense sollecitazioni meccaniche, quali movimenti oculari rapidi.

Immediatamente al di sotto della robusta sclera si estende un sottile strato, facilmente danneggiabile, l'uvea . Essa deve la propria denominazione a un fitto reticolato completamente occupato da vasi sanguigni che le conferiscono l'aspetto di un grappolo d'uva. L'uvea è costituta dall'iride , il corpo ciliare e la coroide .

La congiuntiva

La congiuntiva ricopre come una mucosa la porzione anteriore del globo oculare, a eccezione della cornea; essa si riflette poi nei fornici congiuntivali superiore e inferiore sulla faccia interna della palpebra e raggiunge il margine palpebrale. In tal modo si forma una tasca congiuntivale (sacco congiuntivale) al di sotto della palpebra superiore e inferiore che offre un piano di scorrimento per i movimenti del globo oculare. La congiuntiva contiene numerose cellule secernenti muco. Il loro secreto forma lo strato più interno della pellicola lacrimale. Contrariamente alla sclera, che è biancastra e piuttosto spessa, la congiuntiva è quasi completamente trasparente, ma ben vascolarizzata.

La cornea e le palpebre

La cornea ha una convessità maggiore rispetto al resto del globo oculare e sporge da esso. Essa raggiunge un diametro di 10-12 mm e uno spessore di almeno 0.5-0.8 mm. In corrispondenza del suo margine periferico (limbo), la cornea si mette in rapporto direttamente con la sclera che ha colore biancastro.La cornea è l'unica parte del corpo in cui il tessuto collagene rigido risulta completamente trasparente. La ragione è che le fibre collagene si dispongono parallelamente alla superficie corneale e fra esse si interpone solamente scarsissimo liquido extracellulare. I vasi sanguigni non sono presenti nella cornea. La maggior parte dello spessore corneale è costituita da fibre collagene. La cornea è estremamente sensibile al dolore.

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La cornea, come parabrezza del bulbo oculare, deve essere sempre mantenuta umida e detersa, in modo che possa rimanere trasparente. Come fossero tergicristalli, le palpebre superiori e inferiori, a ogni battito di ciglia, distribuiscono omogeneamente il liquido lacrimale su tutta la cornea. Le palpebre chiuse proteggono l'occhio dai danni meccanici e ne impediscono la disidratazione. Le ciglia poste lungo i margini palpebrali sono peli molto robusti che aiutano ad evitare che particelle estranee ed insetti raggiungano la superficie dell'occhio.Le palpebre sono connesse con grandi ghiandole sebacee, interne ed esterne. Lo scheletro connettivale delle palpebre è dato dal setto orbitario o tarso che è una formazione fibrosa. Se il tarso a causa dell'età o per una debolezza sistemica del tessuto connettivo si rilascia, il tessuto adiposo si fa sporgente in avanti e compaiono le antiestetiche "borse sotto gli occhi". Due muscoli, il muscolo tarsale e l'elevatore della palpebra tengono sollevata la palpebra superiore. Mentre il muscolo tarsale è costituito da muscolatura liscia e innervato da fibre ortosimpatiche, l'elevatore della palpebra è un muscolo volontario.

Le ghiandole lacrimali

Se le palpebre sono i tergicristalli dell'occhio, la ghiandola lacrimale ne rappresenta il dispositivo di lavaggio. Essa è situata in rapporto con il muscolo elevatore della palpebra sulla parete laterale della cavità orbitaria e produce un secreto fluido povero di proteine, che raggiunge la faccia interna della palpebra superiore per mezzo di 5-10 dotti escretori di breve lunghezza. Quando l'occhio è aperto, sul margine della palpebra inferiore si forma un piccolo lago lacrimale. Lo scarico di questo lago lacrimale è situato sul margine interno della palpebra superiore e inferiore ed è costituito dai punti lacrimali.Ogni battito di ciglia pompa, tramite due canalicoli lacrimali, alcuni microlitri di liquido lacrimale all'interno del sacco lacrimale, situato in corrispondenza della superficie esterna delle cavità nasali. Da lì le lacrime fluiscono, attraverso il dotto nasolacrimale, nel meato nasale inferiore. Le lacrime sono appunto secrezioni acquose, alcaline, e contengono lisozima, un enzima antibatterico.

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La coroide

E' una membrana ricca di vasi sanguigni che si trova esternamente alla retina. Contiene un pigmento scuro che cattura i raggi luminosi, la cui riflessione all'interno del bulbo oculare interferirebbe con una visione chiara.

L'iride

Rappresenta il diaframma ottico dell'ottico. Essa è composta da uno strato di tessuto connettivo lasso che viene ricoperto posteriormente da epitelio pigmentato. Il colore degli occhi risulta dal diverso grado di pigmentazione dello strato connettivale: quest'ultimo negli occhi azzurri contiene scarso pigmento mentre gli occhi scuri sono quelli che contengono maggior pigmento. L'iride accoglie due strati muscolari che sono in grado di dilatare o restringere la pupilla: lo sfintere della pupilla si avvolge come un vero e proprio anello muscolare intorno alla pupilla e la restringe, mentre le fibre del muscolo dilatatore della pupilla collegano come raggi di una ruota il margine pupillare e la sclera (dilatazione della pupilla).

Direttamente dietro l'iride sono situati il corpo ciliare, che ha un'estensione di 3-4 cm e circonda l'intero segmento anteriore del bulbo oculare, e il cristallino.

Il cristallino

Come la cornea, non possiede vasi sanguigni propri. Le cellule epiteliali del cristallino vengono nutrite per diffusione. Il cristallino è composto da un nucleo piuttosto denso e da una parte corticale gelatinosa, entrambi avvolti da una capsula fibrosa. Segue un'altra cavità, molto più ampia, occupata da una sostanza gelatinosa limpida, l'umor vitreo, che contribuisce a mantenere la forma dell'occhio. Segue la retina, un tessuto nervoso pluristratificato dove l'energia luminosa si trasforma in impulsi elettrici che vengono trasmessi al cervello.

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La retina

E' costituita da un epitelio pigmentato monostratificato, che riveste l'intera uvea fino al margine pupillare dell'iride in corrispondenza della sua faccia interna, e dallo strato nervoso che è sensibile alla luce. Paradossalmente, i recettori di senso veri e propri (bastoncelli e coni) non sono situati, come si potrebbe pensare, superficialmente, ossia rivolti verso la luce, ma al contrario si orientano verso l'esterno, ovvero in rapporto con l'epitelio pigmentato monostratificato che confina con la coroide.Vasi sanguigni e fibre nervose penetrano nell'occhio tramite la pupilla del nervo ottico oppure, provenendo dalle arterie e dalle vene, si dividono in quattro rami principali che si distribuiscono nell'intero strato nervoso, a eccezione del centro ottico vero e proprio, vale a dire il luogo della maggiore acuità visiva, la fovea centrale. Nella fovea è raggruppata la maggior parte dei recettori visivi, gli strati retinici sovrastanti sono sospinti di lato, i vasi sanguigni sono assenti. Tale architettura permette all'occhio di vedere gli oggetti che vengono riprodotti nella fovea in modo nitido e con la minor deformazione possibile.Nella parte più esterna della retina sono situate le cellule sensibili alla luce, i bastoncelli e i coni. I bastoncelli sono più attivabili dalla luce rispetto ai coni. Il loro pigmento visivo, la rodopsina, è contenuto nella membrana di vescicole intracellulari che sono impacchettate a migliaia come dischi impilati uno sull'altro, formando nel loro complesso il processo esterno della cellula. Il segmento interno contiene i rimanenti organuli cellulari, ovvero nucleo, mitocondri, reticolo endoplasmatico etc..

Se una particella luminosa (fotone) incontra una molecola di rodopsina, quest'ultima cambia la propria struttura molecolare e scatena, attraverso numerosi passaggi intermedi, una iperpolarizzazione, rendendo fortemente negativo il potenziale della membrana. Dopo un'intensa illuminazione quasi tutte le molecole di rodopsina subiscono una variazione della propria struttura; ulteriori stimoli luminosi non scatenano più alcuna risposta (accecamento). Solo dopo qualche minuto la cellula può mettere a disposizione molecole di rodopsina sufficientemente sensibili alla luce. I bastoncelli si trovano in tutta la parte visiva della retina, a eccezione della papilla del nervo ottico e della fovea centrale.Dalla enorme differenza di intensità luminosa a cui siamo sottoposti nella vita quotidiana è possibile dedurre che, oltre ai bastoncelli, è necessario un secondo sistema meno eccitabile dalla luce. Al confronto con i bastoncelli che sono di forma allungata, i coni sono molto più tozzi.

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Vi sono tre tipi di coni, sensibili rispettivamente ai fasci luminosi di lunghezze d'onda differenti (rosso, verde e blu). Dall'integrazione degli stimoli provenienti dai diversi tipi di coni risulta l'immagine visiva colorata. I coni si trovano soprattutto nella fovea centrale e nell'area retinica immediatamente adiacente, dove sono addossati all'altro.



LA VISTA

L'occhio è il principale sistema sensoriale che ci permette di conoscere il mondo che ci circonda. Il campo visivo è la proiezione ottica della rappresentazione visiva del mondo esterno sulla retina. Tuttavia quelle che noi vediamo, in realtà, non sono le immagini che percepisce la retina, ma l'elaborazione di queste immagini effettuata a livello del sistema nervoso centrale. Infatti quando uno stimolo luminoso colpisce i fotorecettori retinici, si innesca un complesso processo fotochimico e bioelettrico dove l'attività elettrica originata nei fotorecettori viene trasmessa alle cellule ganglionari della retina tramite le cellule bipolari attraverso le vie magnocellulare e parvocellulare, passando per il corpo genicolato laterale, fino alla corteccia celebrale dove le immagini sono elaborate.

I fotorecettori svolgono l'importante funzione di trasduzione, sono cioè cellule sensibili alla luce in grado di trasformare il segnale luminoso in informazione chimica e quindi elettrica. Si distinguono due tipi di fotorecettori: i coni e i bastoncelli, che sono situati nella parte più esterna della retina. Fra coni e bastoncelli non ci sono differenze sostanziali, ma solo differenze che riguardano la forma del segmento esterno, nel caso dei bastoncelli questo è costituito da un "sacchettino" che contiene impilati i dischi contenenti il pigmento, mentre nel caso dei coni la membrana plasmatica si ripiega a "fisarmonica".

La retina dell'occhio umano contiene un mosaico di quattro tipi di recettori: i bastoncelli e tre tipi di coni. Ognuno di questi quattro tipi di recettori contiene un pigmento differente. I pigmenti sono diversi nella struttura chimica e di conseguenza nelle capacità relative di assorbire luce di differenti lunghezze d'onda. Infatti i fotorecettori contengono sostanze colorate (pigmenti) che hanno la funzione di assorbire la luce. Nei bastoncelli tale pigmento è denominato rodopsina o porpora visiva ed è formato da un gruppo cromoforo derivato dalla vitamina A e da una particolare proteina, ossia l'opsina. I bastoncelli sono sensibili a piccole quantità di energia e pertanto sono attivi anche in condizioni di scarsa luminosità (visione scotopica). Il pigmento dei coni (in realtà costituito da tre pigmenti diversi) è denominato iodopsina e, rispetto alla rodopsina dei bastoncelli, ha un diverso spettro di assorbimento che rende i coni più sensibili alle alte luminosità (visione fotopica) e alla percezione dei colori. A livelli di luminosità intermedi (visione mesopica) sono sensibili entrambi i tipi di fotorecettori.

Le vie visive centrali

La retina contiene approssimativamente 130 milioni di fotorecettori, 6 milioni di cellule bipolari e un milione di cellule ganglionari. Le cellule orizzontali adattano la sensibilità delle cellule bipolari alla stimolazione dei fotorecettori; le cellule amacrine svolgono la stessa funzione a livello sinaptico tra le cellule bipolari e ganglionari. Gli effetti risultanti sono il coordinameto dell'attività di diverse cellule ganglionari e di accentuare il contrasto e migliorare l'immagine. Alcune cellule ganglionari vengono eccitate dalla luce che arriva al centro del loro campo sensitivo (cellule centro-on). Altre sono inibite dalla luce nella zona centrale, ma stimolate dall'illuminazione periferica (cellule centro-off). Oltre alla qualità centro-on e centro-off, le cellule gangliari della retina vengono distinte, per quanto riguarda altre caratteristiche anatomo-funzionali, in cellule X, Y e W. Le cellule X, corrispondenti al tipo anatomico b, hanno corpi cellulari di piccole dimensioni e piccoli campi dendritici. Piccoli sono pure i campi recettivi e lenta la velocità di conduzione dei loro assoni. Queste cellule vengono considerate l'origine di un sistema deputato alla alta risoluzione dei dettagli.

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Le cellule Y, corrispondenti al tipo morfologico a, hanno i corpi cellulari più grandi e ampie arborizzazioni dendritiche, con assoni a rapida velocità di conduzione. Questi neuroni, che rispondono solo a stimoli di grandi dimensioni e che si muovono ad alte velocità, vengono ritenuti gli elementi di origine del sistema devoluto all'analisi del movimento degli oggetti. Le cellule W, corrispondenti al tipo morfologico g, hanno caratteristiche intermedie fra le precedenti (piccolo corpo ed estesa arborizzazione), ma la loro presenza, dimostrata nel gatto, non è stata confermata nei primati. Inoltre, molte cellule gangliari, dette ad antagonismo spettrale, sono caratterizzate da campi recettivi con zone antagoniste per differenti lunghezze d'onda. Alcune per esempio sono eccitate da una luce rossa presentata sul centro del campo recettivo e inibite se la periferia del campo è illuminata da luce verde. Altre si comportano in maniera reciproca. Altre ancora rispondono in maniera analoga ma per le coppie di colori giallo-blu. La funzione principale della retina del primate sembra dunque quella della codificazione del campo visivo in campi recettivi antagonisti. Il flusso d' informazioni, così parzialmente elaborato dalla retina, viene convogliato ai centri nervosi superiori.


La corteccia cerebrale

Le informazioni visive viaggiano dalla retina alla corteccia visiva attraverso le vie magnocellulare e parvocellulare, passando per il corpo genicolato laterale. Gli strati del corpo genicolato laterale trasmettono quindi alla corteccia sia informazioni relative ai colori sia informazioni relative ai contrasti acromatici di luminosità. Gli strati magnocellulari sono invece deputati alla trasmissione di informazioni relative alla visione acromatica. Le cellule sensibili ai colori sono organizzate in formazioni cilindriche chiamate BLOB che attraversano i diversi strati sopramenzionati e sono localizzate secondo la topografia delle colonne di dominanza oculare. Le aree interblob ricevono pure proiezioni di tipo parvicellulare ma l'informazione trasmessa non ha finalità sulla discriminazione del colore. Si pensa oggi che il sistema parvicellulari interblob elabori le informazioni necessarie per la percezione delle forme mentre il sistema parvicellulari blob analizzi la percezione dei colori e quello magnicellulare codifichi la percezione di movimento e la profondità di campo. Nella corteccia le afferenze provenienti dalle cellule ad opponenza semplice si accoppiano in modo da dare origine a cellule ad opponenza doppia, le quali sono particolarmente numerose a livello dei blob. Anche queste cellule posseggono campi recettivi nei quali esiste antagonismo tra centro e periferia, ma le afferenze che giungono alle diverse parti del campo sono organizzate in modo differente. Le caratteristiche delle cellule ad opponenza doppia possono spiegare il fenomeno psicologico del contrasto fra i colori in quanto, nelle diverse parti del campo recettivo di queste cellule si stabilisce un antagonismo fra singole coppie di coni con sensibilità spettrale diversa. La presenza di queste cellule può anche spiegare il fenomeno del contrasto cromatico simultaneo; una cellula siffatta è in grado di rispondere positivamente sia per la presentazione di una luce verde proiettata al centro del campo recettivo sia per la presentazione di una luce rossa proiettata alla periferia del campo recettivo: l'informazione finale sarà una stimolazione positiva per il colore verde. Forniamo un esempio: immaginiamo ora un oggetto grigio posto su uno sfondo rosso ed una cellula ad opponenza doppia posta sul margine della figura. La cellula stimolata nella sua periferia dallo sfondo rosso farà percepire l'oggetto grigio con una sfumatura di verde. In ultimo le cellule ad opponenza doppia si sono dimostrate capaci di spiegare, seppure empiricamente la costanza dei colori. Il sistema visivo può effettuare l'estrazione dei veri colori attraverso l'impiego di vie visive parallele, ognuna delle quali è maggiormente sensibile ad una frazione limitata dello spettro (canali rosso-verde, blu-giallo, bianco-nero). Attraverso questi canali è possibile determinare la luminosità relativa di ogni parte colorata. Dal confronto dei diversi valori di luminosità relativa possono essere dedotti i veri colori di una scena visiva.

La luce e gli oggetti

Il sistema visivo umano è stimolato elettivamente solo da quella banda dello spettro elettromagnetico di lunghezza d'onda magnetica compreso tra i 380 e i 760 nanometri. Gran parte della luce che colpisce gli occhi è costituita da una miscela ben equilibrata di energia a lunghezze d'onda differenti ed è chiamata impropriamente "luce bianca". Filtrando la luce bianca in modo da eliminare tutte le lunghezze d'onda tranne una ristretta banda, la luce che risulta è chiamata monocromatica (colori spettrali: violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancio, rosso). In questo ambito, lunghezze d'onda diverse vengono interpretate come colori diversi, con una lenta variazione dal blu, al verde, al rosso, man mano che la lunghezza d'onda aumenta. Le persone che hanno una visione normale dei colori sono in grado di riconoscere miscele di radiazioni luminose di qualsiasi lunghezza d'onda, combinando in tre proporzioni opportune tre colori primari: il blu, il verde ed il rosso. Questa proprietà della visione dei colori, detta tricromia , dipende dalla presenza nella retina di tre tipi distinti di coni, ognuno dei quali, come è stato sopra analizzato, possiede un pigmento visivo diverso.

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Quando la luce colpisce un oggetto, può essere assorbita e l'energia convertita in calore, può attraversare l'oggetto o essere riflessa dallo stesso (colori pigmentosi). Il colore di un oggetto dipende dalle quantità relative di luce assorbita e di luce riflessa: gli oggetti colorati riflettono luce che è più ricca di lunghezze d'onda in certe parti dello spettro visibile che in altre. Quale sia il colore che noi vediamo, tuttavia, non è solo questione di lunghezze d'onda bensì dipende oltre che dal contenuto di lunghezze d'onda, dall'intensità luminosa e dalle proprietà del nostro sistema visivo.

Visione tridimensionale

Uno dei principali compiti del sistema visivo, essenziali per l'interazione dell'individuo con l'ambiente, è quello di conferire alle immagini visive bidimensionali una valenza tridimensionale. Si ritiene che il passaggio dalla visione a due dimensioni a quella tridimensionale si basi su due tipi di elementi di valutazione: elementi stereoscopici basati sulla binocularità ed elementi monoculari relativi alla profondità di campo.

La visione stereoscopica si basa sul confronto delle immagini retiniche dei due occhi, ed è efficace fino ad una distanza di circa 30 metri, oltre la quale le immagini retiniche dei due occhi sono praticamente identiche. Quando si fissa un oggetto, l'immagine del punto di fissazione va a cadere, in ciascun occhio, sulla fovea, grazie ai movimenti di vergenza. Siccome, però, gli occhi distano circa 6 cm l'uno dall'altro, ogni oggetto che sia più vicino o più lontano rispetto al punto di fissazione proietta la propria immagine ad una certa distanza dalla fovea. In particolare, gli oggetti più vicini proiettano la propria immagine su punti della retina più distanti in senso orizzontale; gli oggetti più lontani la proiettano su punti della retina più vicini. In altri termini, tanto più un oggetto è vicino all'osservatore, rispetto ad un punto di fissazione più lontano, tanto più le sue immagini si formeranno, su ogni occhio, esternamente rispetto alla fovea. La distanza fra immagini del punto fissato ed immagini dell'altro punto prende il nome di disparità retinica. Questo fenomeno è apprezzabile anche soggettivamente: si fissa un oggetto posto ad una certa distanza (1-2 metri, ad esempio), tutte le immagini degli oggetti più vicini e più lontani rispetto a quello fissato appaiono sdoppiate. Il sistema visivo è in grado di calcolare tale disparità e di assegnare, quindi, un senso di maggiore o minore profondità agli oggetti dello spazio visivo. La visione stereoscopica non origina nella retina o nel corpo genicolato laterale, ma si forma a livello della corteccia striata, o a livelli ancora più elevati, dove vengono combinati i segnali provenienti dai due occhi. Quanto finora descritto prende il nome di stereopsi primaria, mentre per stereopsi secondaria si intende un insieme di meccanismi che, per via monoculare, sono in grado comunque di dare informazioni sulla profondità degli oggetti nello spazio visivo. La stereopsi secondaria è operativa, da sola, oltre i 30 metri di distanza dall'osservatore, in quanto oltre questa distanza si diventa praticamente monoculari (le immagini retiniche dei due occhi sono essenzialmente identiche), ed in associazione con la stereopsi primaria a distanze inferiori.

Gli elementi monoculari di valutazione della profondità di campo, sono essenzialmente cinque, e sono gli stessi utilizzati per valutare la profondità in un'immagine bidimensionale:

familiarità con l'oggetto: se si conoscono le dimensioni di un oggetto, se ne può valutare la distanza;
interposizione: se un'immagine è parzialmente coperta da un'altra, allora la seconda è più vicina della prima;
prospettiva lineare: le linee parallele, come quelle dei binari, tendono a convergere con la distanza; quindi tanto maggiore è la convergenza, tanto maggiore è la distanza degli oggetti nella regione della convergenza stessa;
distribuzione delle ombre e della illuminazione: le macchie di colore più luminose tendono ad essere viste come più vicine (effetto "chiaroscuro" dei pittori);
movimento di parallasse: se si muove la testa o il corpo da una parte all'altra, le immagini degli oggetti presenti nel campo visivo si muovono sulla retina; gli oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente ed in senso inverso ai nostri movimenti, gli oggetti più lontani sembrano muoversi più lentamente.



I DIFETTI OTTICI DELL'OCCHIO

Per comprendere la natura dei più comuni difetti ottici dell'occhio (detti anche vizi o errori di rifrazione) e la possibilità di correggerli con lenti o interventi chirurgici, occorre fare una breve premessa di ottica fisiologica.

Per rifrazione si intende quella proprietà fisica per la quale un raggio luminoso viene deviato quando passa da un mezzo a un altro di differente densità ottica. Una delle principali funzioni dell'occhio è quella appunto di rifrangere i raggi di luce in modo tale che vadano a fuoco sulla retina: il sistema ottico dell'occhio deve essere quindi molto potente per focalizzare i raggi di luce paralleli in così breve spazio. In tutte le situazioni in cui i raggi luminosi, per svariati motivi, non sono focalizzati sulla retina si configura pertanto un errore o vizio di rifrazione. In altre parole, i vizi di rifrazione sono difetti ottici dell'occhio per cui i raggi luminosi provenienti dall'infinito non vanno a fuoco sulla retina, ma davanti (miopia) o dietro (ipermetropia , presbiopia), oppure parte sulla retina e parte davanti o dietro (astigmatismo semplice), oppure ancora davanti e parte dietro alla retina (astigmatismo misto).

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Presbiopia

In condizioni normali, gli oggetti posti a meno di 6 metri di distanza dall'occhio inviano raggi luminosi non paralleli ma divergenti, per cui essi andranno a fuoco non sulla retina ma dietro ad essa. Ciò significa che l'immagine retinica sarà sfuocata a meno che non intervenga un meccanismo di "messa a fuoco", in grado cioè di aumentare la lunghezza assiale del bulbo o il potere rifrattivo dell'occhio. Quest'ultimo meccanismo può essere attuato nell'uomo, in un processo definito accomodazione, mediante l'aumento di curvatura del cristallino (che assume una forma più sferica) ottenuto grazie al rilassamento delle fibre zonulari determinato dalla contrazione del muscolo ciliare. Il potere di accomodazione, massimo nell'infanzia dove è pari a circa 14 diottrie, si riduce progressivamente con l'età (a trentasei anni è pari circa a 7 diottrie, cioè dimezzato) e si esaurisce del tutto tra i sessanta e sessantacinque anni. Questa progressiva perdita del potere di accomodazione è nota come presbiopia , essa è dunque dovuta al fatto che il cristallino non è più in grado di modificare la sua curvatura a causa del suo progressivo indurimento e ingrossamento (con conseguente allentamento delle fibre zonulari), nonché dell'indebolimento del muscolo ciliare.

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Miopia

Dopo la presbiopia legata all'avanzare dell'età, l'anomalia più frequente che colpisce l'occhio è la miopia: in questo caso i raggi di luce paralleli provenienti dall'infinito vanno a fuoco davanti alla retina. In oltre il 90% dei casi, tale anomalia è conseguente alla eccessiva lunghezza del globo oculare in rapporto al potere di rifrazione (miopia assiale). I raggi luminosi di un oggetto lontano si incontrano, quindi, anteriormente alla retina: l'immagine diviene sfuocata. Guardando da vicino, però, il miope vede più nitidamente; il punto di accomodazione infatti da lontano in un miope viene spostato in avanti.

Sul piano clinico possono essere distinti tre fondamentali tipi di miopia: la miopia semplice, la miopia intermedia e la miopia patologica.

La miopia semplice - detta anche "fisiologica" - è di lieve entità (non superiore alle 3 diottrie) e non presenta in genere alterazioni della retina né di altre strutture oculari.
La miopia intermedia (che in genere non supera le 6-7 diottrie) è certamente più importante dal punto di vista clinico, ma può ancora presentare una retina in buone condizioni.
La miopia patologica - detta anche "degenerativa" - si associa pressoché inevitabilmente a lesioni a carico della sclera (assottigliamento con stafiloma posteriore), della coroide (assottigliamento, atrofia), della retina (atrofia degenerativa del polo posteriore e della periferia) e del corpo vitreo (liquefazione con collasso e distacco posteriore).

Spesso si sente dire che l'incidenza della miopia è aumentata negli ultimi decenni. Ciò può essere riconducibile essenzialmente a tre fattori: in primo luogo è aumentato il numero di diagnosi di miopia, dovuto al miglioramento della strumentazione e dei metodi di analisi.
Secondariamente, la statura media della popolazione dei paesi industrializzati è notevolmente aumentata; per tale ragione anche la cavità orbitaria è divenuta più grande e il globo oculare ha più spazio per svilupparsi.
In terzo luogo non è da escludere che la frequente visione ravvicinata nel periodo dell'infanzia (urbanizzazione, videogiochi, televisione) rappresenti per il globo oculare uno stimolo per allungarsi.

Ipermetropia

Contrariamente alla miopia, l'ipermetropia necessita di minori cure, in quanto in giovinezza essa può essere compensata da una maggior accomodazione. In questo caso il globo oculare è troppo corto (ipermetropia assiale) oppure, più raramente, il potere di rifrazione di cornea e di cristallino è troppo debole (ipermetropia di rifrazione).
I raggi luminosi paralleli di un oggetto lontano si incontrano, a muscolo ciliare rilasciato, posteriormente alla retina. L'ipermetrope può compensare ciò tramite un aumento del potere di rifrazione del cristallino e vedere quindi bene da lontano. Per vedere da vicino però la sua accomodazione non è sufficiente, e l'oggetto viene spontaneamente allontanato.

Astigmatismo

Nella miopia e nell'ipermetropia la rifrazione è la stessa nei differenti meridiani, cioè tutti i raggi luminosi che entrano nell'occhio vanno a fuoco nello stesso punto, e questo dipende principalmente dalla curvatura sferica della cornea. Nell'astigmatismo invece ciò accade perchè la curvatura corneale non è perfettamente sferica.
Per avere un'idea della cornea astigmatica si pensi a un cucchiaio da cucina in cui, contrariamente a quanto avviene per una sfera, un meridiano ha una curvatura molto diversa da quella del meridiano ortogonale. Quando tale differenza si fa particolarmente marcata, il sistema diottrico oculare avrà due fuochi, tanto più distanti tra loro quanto maggiore è la differenza di curvatura tra i due principali meridiani corneali. Se il meridiano più curvo è quello verticale, l'astigmatismo è definito "secondo regola"; viceversa "contro regola" se il meridiano più curvo è quello orizzontale.
Quasi tutti gli astigmatici sono bilaterali e su base ereditaria. In genere già presenti alla nascita, vengono spesso scoperti in occasione delle visite scolastiche. Piccoli aumenti possono verificarsi durante la crescita in rapporto all'aumento della lunghezza assiale del bulbo.


STRABISMO

Si intende per strabismo una "deviazione oculare da un perfetto allineamento". L'ampiezza dello strabismo è data dall'angolo tra l'asse visivo dell'occhio dritto (fissante) e quello dell'occhio storto (deviato).

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Lo strabismo può essere convergente o divergente, talora associato ad una deviazione verticale. Ci sono due tipi di strabismo:

strabismo concomitante: l'angolo di strabismo non cambia sulle varie posizioni dello sguardo e non ci sono limitazioni nei movimenti oculari.
strabismo incomitante: detto anche "paralitico".
L'angolo di strabismo cambia in quanto i movimenti oculari di un occhio sono limitati o aboliti e non gli consentono di seguire lo sguardo.

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Strabismo concomitante

Generalmente si manifesta nell'infanzia e, se non trattato, può persistere sull'età adulta. Raramente chi soffre di questo disturbo vede doppio (diplopia): l'immagine dell'occhio storto viene eliminata. Questo fenomeno può portare ad ambliopia (riduzione della funzione visiva) dell'occhio deviato.

Le forme di strabismo concomitante possono essere classificate come segue:

ESOTROPIA
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a sua volta classificabile in:

esotropia congenita
esotropia accomodativa
esotropia sensoriale

EXOTROPIA
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Delle varie forme, menofrequenti dell'exotropia, ci sono:
exotropia primitiva
exotropia sensoriale


ETEROTROPIA
con deviazioni verticali associate

Esotropia congenita
Compare al sesto mese di vita e generalmente consiste in una deviazione stabile, spesso associata a deviazioni verticali. TERAPIA: La terapia chirurgica è quella più utilizzata.

Esotropia accomodativa
Compare tra i due e i tre anni di vita a causa di un disturbo della vista, ipermetropia, non individuata e curata. Il paziente tende a sforzarsi per mettere a fuoco gli oggetti e tale accomodazione eccessiva provoca una convergenza eccessiva. TERAPIA: Correggendo l'ipermetropia normalmente si torna ad uno stato normale.

Esotropia sensoriale
Si verifica in seguito ad una ridotta visione di un occhio e perciò per una mancata fusione delle immagini TERAPIA: Chirurgica

Exotropia primitiva
Compare nei primi anni di età e tende ad accentuarsi con gli anni. TERAPIA: Essenzialmente chirurgica. Si cerca di rinforzare i muscoli retti mediali e di indebolire i retti laterali.

Exotropia sensoriale
Disturbo che si verifica in età adulta a seguito di una riduzione della vista monolaterale per anisometria (difetti refrattivi di grado diverso per i due occhi), afachia.

TERAPIA: Chirurgica, per scopi estetici.

Strabismo paralitico (incomitante)
Oltre alla visione sdoppiata (diplopia), lo strabismo paralitico comporta altri fastidiosi sintomi: il falso-orientamento e le vertigini. Fortunatamente questi sintomi tendono ad attenuarsi con il tempo. Esistono varie forme di paralisi oculomotorie: paralisi neurogene (paralisi del III, IV e VI nervo cranico), paralisi miogene (miastenia, miopatia distoridea) e paralisi periferiche congenite (sindrome da retrazione del bulbo oculare e sindrome della guaina del muscolo obliquo superiore). TERAPIA: Occlusione temporanea dell'occhio paretico, prismi per evitare la diplopia (visione sdoppiata), chirurgia in casi selezionati.
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LA SINDROME DELL'OCCHIO SECCO. ANATOMIA DELL'OCCHIO

Messaggioda Royalsapphire » 24/03/2015, 0:02



DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL'ETA'

con la collaborazione del Dott. Massimo Nicolò, specialista in Oftalmologia e assegnista di ricerca presso la Clinica Oculistica dell'Università di Genova. Sito internet www.occhioallaretina.it

La degenerazione maculare legata all'età è la causa principale di grave ed irreversibile perdita della vista nel mondo Occidentale.

E' in gran parte causata da un processo di invecchiamento, sebbene alcuni pazienti possono avere anche una predisposizione genetica. La malattia colpisce più frequentemente persone dopo i 50 anni di età ed aumenta con frequenza maggiore nelle fasce di età più avanzate. Altre forme, meno frequenti possono essere provocate da malattie che colpiscono pazienti anche al di sotto dei 50 anni, come la miopia patologica, forme infiammatorie, infettive, e idiopatiche che hanno tutte come denominatore comune quello di provocare la crescita di vasi anormali al di sotto della retina.

Forme di degenerazione maculare legata all'età

Esistono due forme di degenerazione maculare legata all'età, una "secca" ed una "umida". Nella forma secca, depositi puntiformi giallastri chiamati "drusen" sono presenti nella regione maculare e uno degli strati della retina (l'epitelio pigmentato retinico) va incontro ad una progressiva atrofia con conseguente perdita dei fotorecettori.

In questa forma la vista è di solito abbastanza ben preservata. Nella forma "umida", vasi sanguigni anormali crescono sotto la retina nello spazio sottoretinico e lasciano diffondere sangue e siero (da qui il termine "umida"). Col tempo, questi vasi anomali cresciuti sotto la retina inducono una reazione fibrosa che porta alla formazione di una cicatrice. Una volta che si è formata la cicatrice, non esiste nessuna forma di trattamento possibile per ridare la vista al paziente.Sebbene la forma "secca" è la più comune, la forma "umida" è la responsabile principale della perdita irreversibile della vista. Si è calcolato che circa il 10-20% dei pazienti è colpito dalla forma "umida" che è causa di grave perdita della visione nel 90% dei pazienti.

Sintomi della degenerazione maculare legata all'età

Il sintomo più comune della anormale crescita di vasi sanguigni è la comparsa di distorsioni e ondulazioni della visione centrale.

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I pazienti di solito notano queste modificazioni quando guardano oggetti dai bordi dritti come i palazzi o gli scalini. Spesso il paziente non si accorge dei sintomi sino a quando non si copre l'occhio sano. Importante mezzo preventivo è la periodica valutazione della visione per mezzo della Griglia di Amsler , un modo semplice per valutare la comparsa di ondulamenti e distorsioni.

Griglia di Amsler per la Visione Centrale

La griglia di Amsler è un utile mezzo per monitorare la visione centrale. Con questo semplice esame è possibile individuare precocemente diverse patologie che colpiscono il centro della retina, la macula, come la degenerazione maculare senile e l'edema maculare nella retinopatia diabetica. E' anche utile per monitorare modificazioni della vista dopo il trattamento. Con la griglia di Amsler, ogni occhio è testato separatamente. Questo aiuta a identificare i sintomi visivi che possono essere presenti solo in un occhio.

Ecco due esempi di griglie di Amsler. Entrambe sono utili per monitorare la visione centrale. La griglia sulla destra è una modificazione di quella originale ed ha lo scopo di essere portata nel portafogli o nella borsetta.

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Come utilizzare la griglia di Amsler?
· Controllate che vi sia una luce adeguata
· Indossate gli occhiali che usate per leggere (se ne fate uso)
· Tenete la griglia alla stessa distanza con cui leggete
· Copritevi con il palmo della mano un occhio
· Con l'occhio scoperto fissate il punto nero al centro della griglia

Fatevi le seguenti domande:
· le linee sono interrotte o piegate?
· ci sono dei quadrati che hanno forma e dimensioni differenti?
· le linee sono ondulate, mancanti o sbiadite?

(Nota bene: se state usando una griglia rettangolare, dovete controllare ogni occhio con la griglia in posizione orizzontale e verticale).

Se avete risposto "si" ad una di queste domande (e se questo è un nuovo sintomo), dovreste contattare immediatamente il vostro oculista per un esame. Qualche volta questi segni possono significare che nella parte posteriore del vostro occhio ci può essere una piccola emorragia o una diffusione di liquido dai vasi che causano il rigonfiamento della retina

Valutazione del paziente con degenerazione maculare legata all'età

Quando l'oculista, utilizzando particolari lenti, rileva i segni che la crescita anormale dei vasi sanguigni sotto la retina provocano (emorragie, raccolte di siero, cicatrici), è di fondamentale importanza che il paziente si sottoponga ad un esame fluorangiografico.
Durante la fluorangiografia, uno speciale colorante fluorescente, la fluorescina, è iniettato nella circolazione venosa tramite un'iniezione endovenosa nel braccio. Il colorante raggiunge velocemente (circa 12 sec.) la parte posteriore dell'occhio ed una rapida sequenza di fotografie sono scattate, utilizzando una speciale macchina fotografica, costruita apposta per fotografare il fondo dell'occhio, caricata con una pellicola in bianco e nero e munita di un filtro speciale che "eccita" la fluorescina che passa attraversa i vasi sanguigni dell'occhio. La pellicola è poi sviluppata e le aree di vasi sanguigni anormali possono essere identificate.
Una nuova forma di angiografia, che usa un colorante verde e la luce infrarossa, è stata introdotta in questi ultimi anni. Il suo nome è angiografia al verde di indocianina e permette all'oculista di vedere gli strati più profondi della retina fino alla coroide. Le immagini che si ottengono possono essere molto utili nei casi in cui l'angiografia con la fluoresceina (fluorangiografia) non sia stata di aiuto.

Trattamento

Fotocoagulazione
La fotocoagulazione è la sola forma di trattamento per la degenerazione maculare senile essudativa che non interessi la fovea. Durante il trattamento, la luce laser distrugge i vasi anormali sulla retina. Esiste la possibilità che il trattamento possa indurre una macchia cieca o una diminuzione della vista e questo dipende dalla sede e dimensione dei vasi anormali. Sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che i pazienti trattati con il laser hanno il doppio delle probabilità di stabilizzazione della loro malattia paragonati ai pazienti non trattati. Nel caso in cui il trattamento laser non venga eseguito, i vasi sanguigni continueranno a crescere sotto la retina deteriorando sempre di più la vista.

Terapia fotodinamica

Esiste un tipo di trattamento laser per la degenerazione maculare chiamato terapia fotodinamica. Questo trattamento consiste nella somministrazione di un farmaco fotosensibilizzante (verteporfina [Visudyne]) in una vena del braccio, seguita da una applicazione sulla zona di retina malata di un laser particolare che non danneggia il tessuto retinico sano.
La terapia fotodinamica ha come scopo quello di stabilizzare la lesione, impedendo che questa si allarghi portando ad una ulteriore perdita di funzione visiva. Questo trattamento non può ridare la vista che si aveva prima ma senza dubbio rallenta fino a bloccare la progressiva e inesorabile perdita di vista che si avrebbe se la lesione non fosse trattata. La stabilizzazione della funzione visiva è un risultato di non poco conto se si pensa che prima dell'avvento di questa terapia, l'unica forma di trattamento possibile era la fotocoagulazione laser che distruggeva sia la lesione che la retina al di sopra di essa, portando alla formazione di una macchia nera al centro dell'asse visivo spesso inaccettabile per il paziente.
La terapia fotodinamica è una procedura indolore, non-invasiva che è fatta ambulatorialmente. Il paziente viene fatto appoggiare su uno strumento molto simile a quello usato per l'esame del fondo oculare. Un anestetico locale è instillato e viene posizionata una lente a contatto dell'occhio per poter visualizzare la retina. Il paziente non deve fare altro che guardare dritto davanti a se mentre l'oculista retinologo dirige il fascio laser direttamente sulla neovascolarizzazione, aiutandosi a individuare la lesione in modo preciso usando l'angiografia come mappa. Il paziente va a casa immediatamente dopo il trattamento e viene rivisitato a distanza di 1 mese per ripetere una angiografia di controllo.
In base a studi clinici eseguiti negli Stati Uniti e in Europa si è calcolato che mediamente sono necessari 3-4 trattamenti da ripetersi ogni 3 mesi. Prima di ogni trattamento è importante eseguire un attento esame angiografico con fluoresceina e/o verde di indocianina che serve a identificare con estrema precisione i limiti, le caratteristiche e le dimensioni della lesione.
La verteporfina è una sostanza fotosensibilizzante, cioè è attivata dalla luce che la trasforma in sostanze tossiche. E' importante quindi che i due giorni dopo il trattamento il paziente eviti l'esposizione alla luce solare e indossi un paio di occhiali scuri che gli verranno forniti. Dopo due giorni la sostanza viene eliminata dal corpo e si possono riprendere le proprie abitudini.
Esistono due controindicazioni assolute che sono: l'insufficienza epatica per pregresse epatiti e/o cirrosi e la gravidanza. Nel primo caso la controindicazione è dovuta al fatto che la sostanza viene eliminata dal fegato, nel secondo caso perché non si conoscono gli effetti che la verteporfina può avere sul feto.
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LA SINDROME DELL'OCCHIO SECCO. ANATOMIA DELL'OCCHIO

Messaggioda Royalsapphire » 24/03/2015, 0:02



OCCHI E RAGGI SOLARI
A cura di Francesca Soccorsi

I dati della Società Oculistica Italiana (SOI) sono allarmanti: oltre il 50% degli italiani non dà importanza alla protezione degli occhi dai raggi solari e ignora le caratteristiche di un occhiale da sole a norma; le principali ragioni che ne regolano l’acquisto sono di natura estetica o economica. Insomma, l’attenzione alla salute della vista è mediamente scarsa. Ma un’esposizione impropria ai raggi Uva e Uvb può provocare danni irreversibili perché i raggi ultravioletti sono potenzialmente in grado di danneggiare tutti i tessuti dell’occhio: pupille, cornea, cristallino e retina. Cheratiti, congiuntiviti, cataratte precoci, reazioni fototossiche, degenerazione maculare senile, basaliomi della palpebra sono alcuni dei rischi di un’esposizione scorretta, soprattutto se precoce: prima dei 18 - 20 anni, infatti, il cristallino non ha ancora completamente formato la sua funzione di filtro fisiologico dell’occhio. Ma a tutte le età è necessario proteggersi per evitare che i danni provocati dalle radiazioni solari si accumulino con conseguenze a volte irrimediabili.

Gli occhiali da sole
Al pari della pelle, gli occhi dispongono di filtri naturali contro il sole ma la loro capacità di difesa non è illimitata. Contrariamente all’epidermide, però, non sviluppano tolleranza ai raggi Uva e Uvb e diventano più sensibili a ogni esposizione. L’uso di un occhiale da sole con lenti protettive conformi agli standard qualitativi indicati dal marchio CE vuol dire far assorbire le radiazioni pericolose dalla lente prima che possano colpire l’occhio e produrre danni. E non solo in condizioni di sole pieno: i raggi sono in grado di filtrare fino all’80% anche nelle giornate nuvolose. Inoltre alcuni contesti ambientali, come mare o montagna, innalzano il livello di rischio a causa della presenza di superfici riflettenti e quindi di riverbero. È fondamentale, poi, una corretta protezione durante lo svolgimento di attività che richiedono prolungate esposizioni, come ciclismo, golf, tennis, giardinaggio o escursionismo.

Nella scelta degli occhiali da sole è bene farsi guidare dai consigli di un esperto. In commercio esistono, infatti, diversi tipi di lente, ciascuna con proprie caratteristiche e indicazioni:
- Colorate: Si dividono in cinque classi (da 0 a 4, ovvero dalla più chiara alla più scura) a seconda del loro potere filtrante. Nella storia delle lenti solari sono state la prima tipologia di protezione immessa sul mercato. Sono disponibili in più di una colorazione: il giallo funziona bene in caso di scarsa luminosità ma è da evitare se c’è molta luce, l’arancione è indicato quando la giornata è nuvolosa perché esalta la percezione di alcuni colori, il rosa e l’azzurro sono riposanti, il grigio non modifica la visione naturale dei colori ed è quindi adatto alla guida, verde e marrone rappresentano valide alternative nei casi di intensa luminosità.
- Alla melanina: Sono in grado di ridurre l’assorbimento della luce viola-blu. La melanina è un pigmento naturale presente nella pelle, nei capelli e negli occhi e ha la funzione di costituire una barriera protettiva contro i raggi solari nocivi. Negli occhi è presente nell’iride (gli occhi azzurri contengono una minore quantità di melanina rispetto agli occhi marroni) e nell’epitelio pigmentato (che compone la retina). Le lenti alla melanina non bloccano totalmente la luce blu: ne lasciano passare la giusta quantità per garantire una migliore percezione dei colori. Grazie alla loro colorazione marrone, sono più estetiche delle lenti gialle che fino a pochi anni fa venivano utilizzate per l’assorbimento della luce blu.
- Polarizzanti: Eliminano l’abbagliamento da riverbero. Quando la luce naturale (onde oscillanti in tutte le direzioni) colpisce una superficie riflettente, si polarizza (le onde oscillano orizzontalmente): la luce polarizzata orizzontalmente provoca un effetto di abbagliamento. Il filtro polarizzante contiene cristalli di iodio, allineati in file verticali parallele che bloccano la luce orizzontale, eliminandone i riflessi intensi. Sono costituite da una particolare molecola con struttura reticolare in grado di schermare anche i riflessi generati dall’acqua A questo trattamento si può aggiungere il cosiddetto “antiriflesso”, che annulla i riflessi provocati dalla lente stessa. Permettono di guidare o praticare sport in piena libertà e in sicurezza, rendono i colori più brillanti, rafforzano i contrasti. In assenza di luce abbagliante, invece, si comportano esattamente come le lenti tradizionali.

- Avvolgenti: La forma ergonomica delle lenti solari avvolgenti, in genere realizzate con il cosiddetto trattamento “a specchio”, permette di praticare sport estremi in tutta libertà. I vantaggi sono massima protezione dai raggi solari visibili e dagli Uv, visione panoramica grazie alla particolare curvatura, protezione laterale dai raggi, riduzione dei riflessi, difesa da vento e polvere.
- Fotocromatiche: Sono lenti da vista che cambiano colore a seconda dell’intensità della luce: dal bianco in ambienti chiusi o contesti poco luminosi sono in grado di passare a una colorazione molto scura in caso di forte luminosità. Chi non vede bene dovrebbe prestare particolare attenzione al colore delle lenti: nel caso di miopia è da preferire il marrone, che assicura un migliore resa visiva ed è riposante. Per ipermetropia e presbiopia sono idonee le verdi che rilassano l’occhio, ma nel caso di presbiopia si può anche optare per il blu. Un altro colore particolarmente riposante e adatto a essere graduato è il rosa, che però filtra una bassa percentuale di raggi solari: in alcuni casi può essere indicato in ambienti chiusi, per esempio per proteggere gli occhi dalla radiazioni emesse dallo schermo del computer.

Bibliografia
- D’Amelio S., Uveiti e altre flogosi oculari, Fabiano
- Cavaletti G. A., Marmiroli P. L., Elementi di anatomia e istologia oculare, Aracne
- Abati S., Beccaccini G., Farini A., Protezione oculare. Lenti e relativi trattamenti, Fabiano
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LA SINDROME DELL'OCCHIO SECCO. ANATOMIA DELL'OCCHIO

Messaggioda Royalsapphire » 24/03/2015, 0:06



DIETA E VISTA
A cura di Barbara Hugonin

I nutrienti, con le loro proprietà biochimiche, influenzano non solo il metabolismo dell’organismo ma anche lo sviluppo di quest’ultimo, la sua evoluzione e contribuiscono alla prevenzione di un numero infinito di disturbi. La vista è senza dubbio uno dei sensi maggiormente influenzati da fattori ambientali e nutrizionali, sia nell’evoluzione della sua funzione, sia nella prevenzione che nell’insorgenza di patologie visive, più o meno rare (cataratta, cecità crepuscolare, neuropatie ottiche).
Sono tanti i composti chimici, fitochimici e vitaminici che hanno ruolo nello sviluppo e nel funzionamento del nervo ottico e del sistema visivo, quali la riboflavina, la luteina, il triptofano, la vitamina C, lo Zinco, la Vitamina A.

La sintesi e l’azione dei pigmenti oculari
I pigmenti oculari sono molecole localizzate nei coni e nei bastoncelli della struttura retinica, le membrane recettoriali sono ricche di fosfolipidi con un 60% di DHA (acido docoesaenoico) e, a livello dei bastoncelli si trova il pigmento rodopsina, che è circondata da 60 molecole di fosfolipidi. Attraverso la rodopsina avviene la visione a luce bassa o visione notturna e i bastoncelli sono dei fotorecettori dall’elevato potenziale di trasduzione dello stimolo al nervo ottico. Il legame tra fosfolipidi e DHA, con la rodopsina, rivestono un ruolo fondamentale nel meccanismo di visione. La carenza nella dieta di DHA (acido docoesaenoico) , in determinate fasi della vita, durante la gravidanza, nello sviluppo del feto, durante l’età adulta e senile, può essere causa di vistosi problemi al funzionamento del sistema visivo. Prima di tutto una disfunzione retinica globale, modificazione della risposta fotorecettoriale a causa della modificazione conformazionale della molecola di rodopsina. La carenza di DHA può manifestarsi nel corso di una gravidanza con un non corretto sviluppo del nervo ottico nel feto, mentre nell’età senile, la diminuzione delle strutture fotorecettoriali può determinare una maggiore suscettibilità all’azione dei radicali lberi. Le maggiori fonti di Acido docoesaenoico sono rappresentate da diverse specie di pesci, quali aringhe, pesce spada, salmone, sgombro, negli oli di origine vegetali (semi di lino, girasole, canapa, oliva) e nei legumi.


Nei coni, invece è presente la iodopsina, che in realtà è costituita da tre pigmenti ed, è più sensibile alla luce a maggiore intensità, permettendo la visione dei colori (fisione fotopica). È un cromo protide formato da fotopsina, di natura proteica e da retinene, la forma aldeidica dell’axerofitolo, che è la più importante delle vitamine del gruppo A, presenti in natura. È chiamata anche vitamina A1, retinolo o vitamina antixeroftalmica e può essere introdotta con la dieta attraverso prodotti di origine animale, uova, latte, burro oltre che nel fegato, tuttavia può anche essere sintetizzata da precursori quali i carotenoidi, a livello epatico. Carenze di vitamina A1, sia per scarso apporto dietetico sia per disturbi all’apparato intestinale, per difetti nell’assorbimento lipidico, si traducono in disturbi dell’acuità visiva in età pediatrica, quali l’emeralopia, cioè disturbi nella visione corpuscolare e, la xeroftalmia, cioè la cheratinizzazione della cornea. Le quantità di vitamina A1 in U.I. è di circa 5000 U.I.

Esistono, però, delle molecole presenti in molti alimenti, che non vengono sintetizzati endogenamente dal corpo umano, ma che hanno un ruolo fondamentale, una di queste è la luteina, un carotenoide, presente in molti prodotti di origine vegetale, ortaggi a foglia verde scura (spinaci ad esempio), nel tuorlo d’uovo, nel grano, nella frutta. La luteina è un potente antiossidante, esplicando un’azione protettiva, nei confronti della macula, che può essere protagonista di una malattia degenerativa cronica. La luteina è in grado di filtrare la luce blu ad alta energia, che è quella considerata responsabile dell’aggressione dei radicali liberi nei confronti degli organi esposti alla luce diretta. Una dieta povera di luteina, indebolisce molto la struttura oculare, soprattutto questa carenza si è riscontrata nella popolazione americana, che predilige un’alimentazione più ricca di grassi. Le dosi consigliate di luteina sono intorno ai 20 mg, ed oggi è disponibile anche come integratore alimentare.

MANIFESTAZIONI PATOLOGICHE PER IPOVITAMINOSI

Cataratta
La cataratta è uno dei maggiori disturbi visivi, la prima causa di cecità nel mondo, spesso associata ad altre patologie croniche e ad un’età senile, ma non sempre è così, in quanto un fattore determinante può essere caratterizzato dalla ipovitaminosi, in particolare di agenti antiossidanti, la cui carenza può predisporre l’insorgenza di cataratte piuttosto precocemente.
La vitamina C è una di queste vitamine. L’acido ascorbico, infatti, ha potenti proprietà antiossidanti, impedendo che i radicali liberi formatisi dalla perossidazione delle membrane fosfolipidiche possano danneggiare la retina ed il cristallino. La carenza di questa vitamina si manifesta con un danno diretto al cristallino e l’accumulo di proteine solforate che lo rendono opaco, inoltre un sintomo evidente di carenza vitaminica da acido ascorbico, che si accompagna alle cataratte è la cheratocongiuntivite secca (sindrome di Sjögren). La vitamina C è contenuta in agrumi, mirtilli, cavoli, peperoncini, peperoni, nel succo di limone, si stima che la dose giornaliera raccomandata sia di 200mg.
In parte anche la vitamina E può giocare un ruolo importante nell’insorgenza precoce delle cataratte, tuttavia sia vitamina E che vitamina C se introdotte correttamente nella dieta, possono effettivamente bloccare un processo degenerativo ai primi stadi, ma non in una fase avanzata. Occorre considerare che talvolta il ridotto apporto vitaminico può non essere solo dipendente dalla dieta ma anche da patologie correlate al malassorbimento intestinale o patologie croniche.

Retinopatie ed oftalmoplegie
La carenza di vitamina E può essere causa, durante lo sviluppo fetale, di una maggiore suscettibilità delle cellule retiniche, causando le retinopatie, in particolare nel nato prematuro si riscontrano bassi livelli di tocoferolo ed un diminuito assorbimento di vitamina E a livello intestinale, che rende così il soggetto debole all’attacco degli agenti ossidanti. Oltre alle retinopatie, possono essere evidenti delle oftalmoplegie, cioè paralisi dei muscoli oculari, a causa di danni agli assoni mielinici nel corso dello sviluppo fetale. Durante i primi stadi di comparsa dei danni visivi è possibile intervenire mediante la somministrazione di vitamina E in dosi tali da migliorare la compromissione retinica e muscolare.

Cecità
La perdita dell’acuità visiva può essere determinata da molti fattori carenziali, soprattutto durante lo sviluppo del sistema visivo. L’introduzione dello zinco migliora la capacità visiva, poiché esso agisce anche come co-fattore in alcune reazioni antiossidanti, in particolare la sua carenza causa cecità crepuscolare, che impedisce la visione alla luce a bassa intensità. I cibi maggiormente ricchi di Zinco sono le aringhe, i semi di zucca, le ostriche, i crostacei. Altra vitamina importante è la Riboflavina o vitamina B2, che interviene nel rafforzare l’acuità visiva e la cui carenza provoca sintomi quali perdita del campo visivo e bruciore agli occhi per lo scatenarsi di reazioni infiammatorie. Sono ricchi di riboflavina le mandorle, la soia, i cereali integrali, le verdure, il lievito e le interiora degli animali.


MANIFESTAZIONI PATOLOGICHE DA IPERVITAMINOSI

Retinopatia cantaxantinica per eccesso di carotenoidi
Non si conoscono particolari patologie causate da eccesso di nutrienti, una delle forme più conosciute è una retinopatia per eccesso di carotenoidi, in soggetti trattati con dosi molto elevate per un periodo di tempo piuttosto prolungato. Si formano infatti dei corpi inclusi di cantaridina nella retina e nel cristallino, che scompaiono progressivamente al diminuire delle dosi somministrate.

PREVENZIONE
Molte malattie che colpiscono il sistema visivo, hanno un’origine genetica, quindi una cosiddetta condizione predisponente, come nel caso di alcune patologie neoplastiche, quali il retinoblastoma ad esempio, in tali casi i fattori ambientali, tra cui lo stile di vita nutrizionale può fare molto nella prevenzione ed anche nel corso della terapia farmacologica la terapia nutrizionale è un coadiuvante della guarigione, ma da sola una prevenzione dietetica non può scongiurare l’insorgenza di una patologia oculare né consentire la guarigione.

Bibliografia
Béliveau R., Gingras D., L’alimentazione anti-cancro; pg.102, 2005
Murray M.T., Il potere curativo dei cibi; pg.53, 1996
Ziegler E., Conoscenze attuali in nutrizione; pg.159,169,789, 2007
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