L'OCCHIO
Gli organi di senso quali l'occhio e l'orecchio sono il vero e propri punto di contatto fra l'organismo e l'ambiente. Oltre il 90% delle informazioni arriva all'encefalo tramite uno di questi canali.
L'occhio è una struttura complessa composta da un globo oculare del diametro di circa 25 mm, che si trova ben protetto all'interno della cavità orbitaria, formato da tre strati concentrici di tessuto.
La parte esterna, comunemente detta bianco dell'occhio, è la sclera. La sua superficie, esposta all'aria, possiede un rivestimento trasparente, la congiuntiva , che riveste la superficie interna delle palpebre, che servono a proteggero l'occhio e ad impedirne la disidratazione.Nella parte anteriore centrale la sclera e la congiuntiva lasciano spazio alla cornea , una struttura trasparente a forma di cupola.Dietro la sclera c'è la coroide, un tessuto ricco di vasi sanguigni che riforniscono la retina di ossigeno e sostanze nutritizie. Nella parte anteriore la coroide si ispessisce formando il corpo ciliare. Nella sezione anteriore del corpo ciliare si diparte un'area circolare di fibre muscolari: l'iride. Nel centro dell'iride c'è un foro, la pupilla attraverso cui la luce entra nell'occhio. La quantità di luce che entra è controllata dalla dilatazione o dalla contrazione della pupilla. Dietro la pupilla si trova una lente elastica, il cristallino, trasparente, le cui contrazioni muscolari ne permettono l'ispessimento o il restringimento in modo che l'occhio possa mettere a fuoco oggetti posti a distanze diverse. Lo spazio tra la lente e la cornea è riempito di umore acqueo. Dietro la lente si trova una massa di sostanza gelatinosa chiamata umore vitreo. La coroide contiene un pigmento scuro che cattura i raggi luminosi, la cui riflessione all'interno del bulbo oculare interferirebbe con una visione chiara. La retina contiene uno strato di cellule nervose sensibili alla luce, coni e bastoncelli, che trasformano le sensazioni di colore, forme e intensità luminosa in impulsi nervosi. Questi impulsi sono trasmessi tramite le fibre nervose retiniche al nervo ottico, un fascio di fibre nervose che collega la parte posteriore del globo oculare con il cervello. Il cervello elabora e interpreta gli impulsi nervosi ricevuti.
Il bulbo oculare
Il bulbo oculare si trova ben protetto all'interno della cavità orbitaria la quale si estende all'indietro a forma di imbuto. Il bulbo oculare è in grado di spostarsi nei tre assi di movimento: all'esterno e all'interno (abduzione - adduzione), in alto e in basso (alzare - abbassare lo sguardo), rotazione all'interno e all'esterno.
La sclera
La sclera costituisce il "bianco dell'occhio". E' composta da un fitto intreccio di fibre collagene disposte in modo irregolare. A causa della pressione intraoculare, la sclera si tende e assume una forma sferica. La pressione intraoculare e la sclera stabilizzano insieme la forma dell'occhio, anche in caso di intense sollecitazioni meccaniche, quali movimenti oculari rapidi.
Immediatamente al di sotto della robusta sclera si estende un sottile strato, facilmente danneggiabile, l'uvea . Essa deve la propria denominazione a un fitto reticolato completamente occupato da vasi sanguigni che le conferiscono l'aspetto di un grappolo d'uva. L'uvea è costituta dall'iride , il corpo ciliare e la coroide .
La congiuntiva
La congiuntiva ricopre come una mucosa la porzione anteriore del globo oculare, a eccezione della cornea; essa si riflette poi nei fornici congiuntivali superiore e inferiore sulla faccia interna della palpebra e raggiunge il margine palpebrale. In tal modo si forma una tasca congiuntivale (sacco congiuntivale) al di sotto della palpebra superiore e inferiore che offre un piano di scorrimento per i movimenti del globo oculare. La congiuntiva contiene numerose cellule secernenti muco. Il loro secreto forma lo strato più interno della pellicola lacrimale. Contrariamente alla sclera, che è biancastra e piuttosto spessa, la congiuntiva è quasi completamente trasparente, ma ben vascolarizzata.
La cornea e le palpebre
La cornea ha una convessità maggiore rispetto al resto del globo oculare e sporge da esso. Essa raggiunge un diametro di 10-12 mm e uno spessore di almeno 0.5-0.8 mm. In corrispondenza del suo margine periferico (limbo), la cornea si mette in rapporto direttamente con la sclera che ha colore biancastro.La cornea è l'unica parte del corpo in cui il tessuto collagene rigido risulta completamente trasparente. La ragione è che le fibre collagene si dispongono parallelamente alla superficie corneale e fra esse si interpone solamente scarsissimo liquido extracellulare. I vasi sanguigni non sono presenti nella cornea. La maggior parte dello spessore corneale è costituita da fibre collagene. La cornea è estremamente sensibile al dolore.
La cornea, come parabrezza del bulbo oculare, deve essere sempre mantenuta umida e detersa, in modo che possa rimanere trasparente. Come fossero tergicristalli, le palpebre superiori e inferiori, a ogni battito di ciglia, distribuiscono omogeneamente il liquido lacrimale su tutta la cornea. Le palpebre chiuse proteggono l'occhio dai danni meccanici e ne impediscono la disidratazione. Le ciglia poste lungo i margini palpebrali sono peli molto robusti che aiutano ad evitare che particelle estranee ed insetti raggiungano la superficie dell'occhio.Le palpebre sono connesse con grandi ghiandole sebacee, interne ed esterne. Lo scheletro connettivale delle palpebre è dato dal setto orbitario o tarso che è una formazione fibrosa. Se il tarso a causa dell'età o per una debolezza sistemica del tessuto connettivo si rilascia, il tessuto adiposo si fa sporgente in avanti e compaiono le antiestetiche "borse sotto gli occhi". Due muscoli, il muscolo tarsale e l'elevatore della palpebra tengono sollevata la palpebra superiore. Mentre il muscolo tarsale è costituito da muscolatura liscia e innervato da fibre ortosimpatiche, l'elevatore della palpebra è un muscolo volontario.
Le ghiandole lacrimali
Se le palpebre sono i tergicristalli dell'occhio, la ghiandola lacrimale ne rappresenta il dispositivo di lavaggio. Essa è situata in rapporto con il muscolo elevatore della palpebra sulla parete laterale della cavità orbitaria e produce un secreto fluido povero di proteine, che raggiunge la faccia interna della palpebra superiore per mezzo di 5-10 dotti escretori di breve lunghezza. Quando l'occhio è aperto, sul margine della palpebra inferiore si forma un piccolo lago lacrimale. Lo scarico di questo lago lacrimale è situato sul margine interno della palpebra superiore e inferiore ed è costituito dai punti lacrimali.Ogni battito di ciglia pompa, tramite due canalicoli lacrimali, alcuni microlitri di liquido lacrimale all'interno del sacco lacrimale, situato in corrispondenza della superficie esterna delle cavità nasali. Da lì le lacrime fluiscono, attraverso il dotto nasolacrimale, nel meato nasale inferiore. Le lacrime sono appunto secrezioni acquose, alcaline, e contengono lisozima, un enzima antibatterico.
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La coroide
E' una membrana ricca di vasi sanguigni che si trova esternamente alla retina. Contiene un pigmento scuro che cattura i raggi luminosi, la cui riflessione all'interno del bulbo oculare interferirebbe con una visione chiara.
L'iride
Rappresenta il diaframma ottico dell'ottico. Essa è composta da uno strato di tessuto connettivo lasso che viene ricoperto posteriormente da epitelio pigmentato. Il colore degli occhi risulta dal diverso grado di pigmentazione dello strato connettivale: quest'ultimo negli occhi azzurri contiene scarso pigmento mentre gli occhi scuri sono quelli che contengono maggior pigmento. L'iride accoglie due strati muscolari che sono in grado di dilatare o restringere la pupilla: lo sfintere della pupilla si avvolge come un vero e proprio anello muscolare intorno alla pupilla e la restringe, mentre le fibre del muscolo dilatatore della pupilla collegano come raggi di una ruota il margine pupillare e la sclera (dilatazione della pupilla).
Direttamente dietro l'iride sono situati il corpo ciliare, che ha un'estensione di 3-4 cm e circonda l'intero segmento anteriore del bulbo oculare, e il cristallino.
Il cristallino
Come la cornea, non possiede vasi sanguigni propri. Le cellule epiteliali del cristallino vengono nutrite per diffusione. Il cristallino è composto da un nucleo piuttosto denso e da una parte corticale gelatinosa, entrambi avvolti da una capsula fibrosa. Segue un'altra cavità, molto più ampia, occupata da una sostanza gelatinosa limpida, l'umor vitreo, che contribuisce a mantenere la forma dell'occhio. Segue la retina, un tessuto nervoso pluristratificato dove l'energia luminosa si trasforma in impulsi elettrici che vengono trasmessi al cervello.
La retina
E' costituita da un epitelio pigmentato monostratificato, che riveste l'intera uvea fino al margine pupillare dell'iride in corrispondenza della sua faccia interna, e dallo strato nervoso che è sensibile alla luce. Paradossalmente, i recettori di senso veri e propri (bastoncelli e coni) non sono situati, come si potrebbe pensare, superficialmente, ossia rivolti verso la luce, ma al contrario si orientano verso l'esterno, ovvero in rapporto con l'epitelio pigmentato monostratificato che confina con la coroide.Vasi sanguigni e fibre nervose penetrano nell'occhio tramite la pupilla del nervo ottico oppure, provenendo dalle arterie e dalle vene, si dividono in quattro rami principali che si distribuiscono nell'intero strato nervoso, a eccezione del centro ottico vero e proprio, vale a dire il luogo della maggiore acuità visiva, la fovea centrale. Nella fovea è raggruppata la maggior parte dei recettori visivi, gli strati retinici sovrastanti sono sospinti di lato, i vasi sanguigni sono assenti. Tale architettura permette all'occhio di vedere gli oggetti che vengono riprodotti nella fovea in modo nitido e con la minor deformazione possibile.Nella parte più esterna della retina sono situate le cellule sensibili alla luce, i bastoncelli e i coni. I bastoncelli sono più attivabili dalla luce rispetto ai coni. Il loro pigmento visivo, la rodopsina, è contenuto nella membrana di vescicole intracellulari che sono impacchettate a migliaia come dischi impilati uno sull'altro, formando nel loro complesso il processo esterno della cellula. Il segmento interno contiene i rimanenti organuli cellulari, ovvero nucleo, mitocondri, reticolo endoplasmatico etc..
Se una particella luminosa (fotone) incontra una molecola di rodopsina, quest'ultima cambia la propria struttura molecolare e scatena, attraverso numerosi passaggi intermedi, una iperpolarizzazione, rendendo fortemente negativo il potenziale della membrana. Dopo un'intensa illuminazione quasi tutte le molecole di rodopsina subiscono una variazione della propria struttura; ulteriori stimoli luminosi non scatenano più alcuna risposta (accecamento). Solo dopo qualche minuto la cellula può mettere a disposizione molecole di rodopsina sufficientemente sensibili alla luce. I bastoncelli si trovano in tutta la parte visiva della retina, a eccezione della papilla del nervo ottico e della fovea centrale.Dalla enorme differenza di intensità luminosa a cui siamo sottoposti nella vita quotidiana è possibile dedurre che, oltre ai bastoncelli, è necessario un secondo sistema meno eccitabile dalla luce. Al confronto con i bastoncelli che sono di forma allungata, i coni sono molto più tozzi.
Vi sono tre tipi di coni, sensibili rispettivamente ai fasci luminosi di lunghezze d'onda differenti (rosso, verde e blu). Dall'integrazione degli stimoli provenienti dai diversi tipi di coni risulta l'immagine visiva colorata. I coni si trovano soprattutto nella fovea centrale e nell'area retinica immediatamente adiacente, dove sono addossati all'altro.
LA VISTA
L'occhio è il principale sistema sensoriale che ci permette di conoscere il mondo che ci circonda. Il campo visivo è la proiezione ottica della rappresentazione visiva del mondo esterno sulla retina. Tuttavia quelle che noi vediamo, in realtà, non sono le immagini che percepisce la retina, ma l'elaborazione di queste immagini effettuata a livello del sistema nervoso centrale. Infatti quando uno stimolo luminoso colpisce i fotorecettori retinici, si innesca un complesso processo fotochimico e bioelettrico dove l'attività elettrica originata nei fotorecettori viene trasmessa alle cellule ganglionari della retina tramite le cellule bipolari attraverso le vie magnocellulare e parvocellulare, passando per il corpo genicolato laterale, fino alla corteccia celebrale dove le immagini sono elaborate.
I fotorecettori svolgono l'importante funzione di trasduzione, sono cioè cellule sensibili alla luce in grado di trasformare il segnale luminoso in informazione chimica e quindi elettrica. Si distinguono due tipi di fotorecettori: i coni e i bastoncelli, che sono situati nella parte più esterna della retina. Fra coni e bastoncelli non ci sono differenze sostanziali, ma solo differenze che riguardano la forma del segmento esterno, nel caso dei bastoncelli questo è costituito da un "sacchettino" che contiene impilati i dischi contenenti il pigmento, mentre nel caso dei coni la membrana plasmatica si ripiega a "fisarmonica".
La retina dell'occhio umano contiene un mosaico di quattro tipi di recettori: i bastoncelli e tre tipi di coni. Ognuno di questi quattro tipi di recettori contiene un pigmento differente. I pigmenti sono diversi nella struttura chimica e di conseguenza nelle capacità relative di assorbire luce di differenti lunghezze d'onda. Infatti i fotorecettori contengono sostanze colorate (pigmenti) che hanno la funzione di assorbire la luce. Nei bastoncelli tale pigmento è denominato rodopsina o porpora visiva ed è formato da un gruppo cromoforo derivato dalla vitamina A e da una particolare proteina, ossia l'opsina. I bastoncelli sono sensibili a piccole quantità di energia e pertanto sono attivi anche in condizioni di scarsa luminosità (visione scotopica). Il pigmento dei coni (in realtà costituito da tre pigmenti diversi) è denominato iodopsina e, rispetto alla rodopsina dei bastoncelli, ha un diverso spettro di assorbimento che rende i coni più sensibili alle alte luminosità (visione fotopica) e alla percezione dei colori. A livelli di luminosità intermedi (visione mesopica) sono sensibili entrambi i tipi di fotorecettori.
Le vie visive centrali
La retina contiene approssimativamente 130 milioni di fotorecettori, 6 milioni di cellule bipolari e un milione di cellule ganglionari. Le cellule orizzontali adattano la sensibilità delle cellule bipolari alla stimolazione dei fotorecettori; le cellule amacrine svolgono la stessa funzione a livello sinaptico tra le cellule bipolari e ganglionari. Gli effetti risultanti sono il coordinameto dell'attività di diverse cellule ganglionari e di accentuare il contrasto e migliorare l'immagine. Alcune cellule ganglionari vengono eccitate dalla luce che arriva al centro del loro campo sensitivo (cellule centro-on). Altre sono inibite dalla luce nella zona centrale, ma stimolate dall'illuminazione periferica (cellule centro-off). Oltre alla qualità centro-on e centro-off, le cellule gangliari della retina vengono distinte, per quanto riguarda altre caratteristiche anatomo-funzionali, in cellule X, Y e W. Le cellule X, corrispondenti al tipo anatomico b, hanno corpi cellulari di piccole dimensioni e piccoli campi dendritici. Piccoli sono pure i campi recettivi e lenta la velocità di conduzione dei loro assoni. Queste cellule vengono considerate l'origine di un sistema deputato alla alta risoluzione dei dettagli.
Le cellule Y, corrispondenti al tipo morfologico a, hanno i corpi cellulari più grandi e ampie arborizzazioni dendritiche, con assoni a rapida velocità di conduzione. Questi neuroni, che rispondono solo a stimoli di grandi dimensioni e che si muovono ad alte velocità, vengono ritenuti gli elementi di origine del sistema devoluto all'analisi del movimento degli oggetti. Le cellule W, corrispondenti al tipo morfologico g, hanno caratteristiche intermedie fra le precedenti (piccolo corpo ed estesa arborizzazione), ma la loro presenza, dimostrata nel gatto, non è stata confermata nei primati. Inoltre, molte cellule gangliari, dette ad antagonismo spettrale, sono caratterizzate da campi recettivi con zone antagoniste per differenti lunghezze d'onda. Alcune per esempio sono eccitate da una luce rossa presentata sul centro del campo recettivo e inibite se la periferia del campo è illuminata da luce verde. Altre si comportano in maniera reciproca. Altre ancora rispondono in maniera analoga ma per le coppie di colori giallo-blu. La funzione principale della retina del primate sembra dunque quella della codificazione del campo visivo in campi recettivi antagonisti. Il flusso d' informazioni, così parzialmente elaborato dalla retina, viene convogliato ai centri nervosi superiori.
La corteccia cerebrale
Le informazioni visive viaggiano dalla retina alla corteccia visiva attraverso le vie magnocellulare e parvocellulare, passando per il corpo genicolato laterale. Gli strati del corpo genicolato laterale trasmettono quindi alla corteccia sia informazioni relative ai colori sia informazioni relative ai contrasti acromatici di luminosità. Gli strati magnocellulari sono invece deputati alla trasmissione di informazioni relative alla visione acromatica. Le cellule sensibili ai colori sono organizzate in formazioni cilindriche chiamate BLOB che attraversano i diversi strati sopramenzionati e sono localizzate secondo la topografia delle colonne di dominanza oculare. Le aree interblob ricevono pure proiezioni di tipo parvicellulare ma l'informazione trasmessa non ha finalità sulla discriminazione del colore. Si pensa oggi che il sistema parvicellulari interblob elabori le informazioni necessarie per la percezione delle forme mentre il sistema parvicellulari blob analizzi la percezione dei colori e quello magnicellulare codifichi la percezione di movimento e la profondità di campo. Nella corteccia le afferenze provenienti dalle cellule ad opponenza semplice si accoppiano in modo da dare origine a cellule ad opponenza doppia, le quali sono particolarmente numerose a livello dei blob. Anche queste cellule posseggono campi recettivi nei quali esiste antagonismo tra centro e periferia, ma le afferenze che giungono alle diverse parti del campo sono organizzate in modo differente. Le caratteristiche delle cellule ad opponenza doppia possono spiegare il fenomeno psicologico del contrasto fra i colori in quanto, nelle diverse parti del campo recettivo di queste cellule si stabilisce un antagonismo fra singole coppie di coni con sensibilità spettrale diversa. La presenza di queste cellule può anche spiegare il fenomeno del contrasto cromatico simultaneo; una cellula siffatta è in grado di rispondere positivamente sia per la presentazione di una luce verde proiettata al centro del campo recettivo sia per la presentazione di una luce rossa proiettata alla periferia del campo recettivo: l'informazione finale sarà una stimolazione positiva per il colore verde. Forniamo un esempio: immaginiamo ora un oggetto grigio posto su uno sfondo rosso ed una cellula ad opponenza doppia posta sul margine della figura. La cellula stimolata nella sua periferia dallo sfondo rosso farà percepire l'oggetto grigio con una sfumatura di verde. In ultimo le cellule ad opponenza doppia si sono dimostrate capaci di spiegare, seppure empiricamente la costanza dei colori. Il sistema visivo può effettuare l'estrazione dei veri colori attraverso l'impiego di vie visive parallele, ognuna delle quali è maggiormente sensibile ad una frazione limitata dello spettro (canali rosso-verde, blu-giallo, bianco-nero). Attraverso questi canali è possibile determinare la luminosità relativa di ogni parte colorata. Dal confronto dei diversi valori di luminosità relativa possono essere dedotti i veri colori di una scena visiva.
La luce e gli oggetti
Il sistema visivo umano è stimolato elettivamente solo da quella banda dello spettro elettromagnetico di lunghezza d'onda magnetica compreso tra i 380 e i 760 nanometri. Gran parte della luce che colpisce gli occhi è costituita da una miscela ben equilibrata di energia a lunghezze d'onda differenti ed è chiamata impropriamente "luce bianca". Filtrando la luce bianca in modo da eliminare tutte le lunghezze d'onda tranne una ristretta banda, la luce che risulta è chiamata monocromatica (colori spettrali: violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancio, rosso). In questo ambito, lunghezze d'onda diverse vengono interpretate come colori diversi, con una lenta variazione dal blu, al verde, al rosso, man mano che la lunghezza d'onda aumenta. Le persone che hanno una visione normale dei colori sono in grado di riconoscere miscele di radiazioni luminose di qualsiasi lunghezza d'onda, combinando in tre proporzioni opportune tre colori primari: il blu, il verde ed il rosso. Questa proprietà della visione dei colori, detta tricromia , dipende dalla presenza nella retina di tre tipi distinti di coni, ognuno dei quali, come è stato sopra analizzato, possiede un pigmento visivo diverso.
Quando la luce colpisce un oggetto, può essere assorbita e l'energia convertita in calore, può attraversare l'oggetto o essere riflessa dallo stesso (colori pigmentosi). Il colore di un oggetto dipende dalle quantità relative di luce assorbita e di luce riflessa: gli oggetti colorati riflettono luce che è più ricca di lunghezze d'onda in certe parti dello spettro visibile che in altre. Quale sia il colore che noi vediamo, tuttavia, non è solo questione di lunghezze d'onda bensì dipende oltre che dal contenuto di lunghezze d'onda, dall'intensità luminosa e dalle proprietà del nostro sistema visivo.
Visione tridimensionale
Uno dei principali compiti del sistema visivo, essenziali per l'interazione dell'individuo con l'ambiente, è quello di conferire alle immagini visive bidimensionali una valenza tridimensionale. Si ritiene che il passaggio dalla visione a due dimensioni a quella tridimensionale si basi su due tipi di elementi di valutazione: elementi stereoscopici basati sulla binocularità ed elementi monoculari relativi alla profondità di campo.
La visione stereoscopica si basa sul confronto delle immagini retiniche dei due occhi, ed è efficace fino ad una distanza di circa 30 metri, oltre la quale le immagini retiniche dei due occhi sono praticamente identiche. Quando si fissa un oggetto, l'immagine del punto di fissazione va a cadere, in ciascun occhio, sulla fovea, grazie ai movimenti di vergenza. Siccome, però, gli occhi distano circa 6 cm l'uno dall'altro, ogni oggetto che sia più vicino o più lontano rispetto al punto di fissazione proietta la propria immagine ad una certa distanza dalla fovea. In particolare, gli oggetti più vicini proiettano la propria immagine su punti della retina più distanti in senso orizzontale; gli oggetti più lontani la proiettano su punti della retina più vicini. In altri termini, tanto più un oggetto è vicino all'osservatore, rispetto ad un punto di fissazione più lontano, tanto più le sue immagini si formeranno, su ogni occhio, esternamente rispetto alla fovea. La distanza fra immagini del punto fissato ed immagini dell'altro punto prende il nome di disparità retinica. Questo fenomeno è apprezzabile anche soggettivamente: si fissa un oggetto posto ad una certa distanza (1-2 metri, ad esempio), tutte le immagini degli oggetti più vicini e più lontani rispetto a quello fissato appaiono sdoppiate. Il sistema visivo è in grado di calcolare tale disparità e di assegnare, quindi, un senso di maggiore o minore profondità agli oggetti dello spazio visivo. La visione stereoscopica non origina nella retina o nel corpo genicolato laterale, ma si forma a livello della corteccia striata, o a livelli ancora più elevati, dove vengono combinati i segnali provenienti dai due occhi. Quanto finora descritto prende il nome di stereopsi primaria, mentre per stereopsi secondaria si intende un insieme di meccanismi che, per via monoculare, sono in grado comunque di dare informazioni sulla profondità degli oggetti nello spazio visivo. La stereopsi secondaria è operativa, da sola, oltre i 30 metri di distanza dall'osservatore, in quanto oltre questa distanza si diventa praticamente monoculari (le immagini retiniche dei due occhi sono essenzialmente identiche), ed in associazione con la stereopsi primaria a distanze inferiori.
Gli elementi monoculari di valutazione della profondità di campo, sono essenzialmente cinque, e sono gli stessi utilizzati per valutare la profondità in un'immagine bidimensionale:
familiarità con l'oggetto: se si conoscono le dimensioni di un oggetto, se ne può valutare la distanza;
interposizione: se un'immagine è parzialmente coperta da un'altra, allora la seconda è più vicina della prima;
prospettiva lineare: le linee parallele, come quelle dei binari, tendono a convergere con la distanza; quindi tanto maggiore è la convergenza, tanto maggiore è la distanza degli oggetti nella regione della convergenza stessa;
distribuzione delle ombre e della illuminazione: le macchie di colore più luminose tendono ad essere viste come più vicine (effetto "chiaroscuro" dei pittori);
movimento di parallasse: se si muove la testa o il corpo da una parte all'altra, le immagini degli oggetti presenti nel campo visivo si muovono sulla retina; gli oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente ed in senso inverso ai nostri movimenti, gli oggetti più lontani sembrano muoversi più lentamente.
I DIFETTI OTTICI DELL'OCCHIO
Per comprendere la natura dei più comuni difetti ottici dell'occhio (detti anche vizi o errori di rifrazione) e la possibilità di correggerli con lenti o interventi chirurgici, occorre fare una breve premessa di ottica fisiologica.
Per rifrazione si intende quella proprietà fisica per la quale un raggio luminoso viene deviato quando passa da un mezzo a un altro di differente densità ottica. Una delle principali funzioni dell'occhio è quella appunto di rifrangere i raggi di luce in modo tale che vadano a fuoco sulla retina: il sistema ottico dell'occhio deve essere quindi molto potente per focalizzare i raggi di luce paralleli in così breve spazio. In tutte le situazioni in cui i raggi luminosi, per svariati motivi, non sono focalizzati sulla retina si configura pertanto un errore o vizio di rifrazione. In altre parole, i vizi di rifrazione sono difetti ottici dell'occhio per cui i raggi luminosi provenienti dall'infinito non vanno a fuoco sulla retina, ma davanti (miopia) o dietro (ipermetropia , presbiopia), oppure parte sulla retina e parte davanti o dietro (astigmatismo semplice), oppure ancora davanti e parte dietro alla retina (astigmatismo misto).
Presbiopia
In condizioni normali, gli oggetti posti a meno di 6 metri di distanza dall'occhio inviano raggi luminosi non paralleli ma divergenti, per cui essi andranno a fuoco non sulla retina ma dietro ad essa. Ciò significa che l'immagine retinica sarà sfuocata a meno che non intervenga un meccanismo di "messa a fuoco", in grado cioè di aumentare la lunghezza assiale del bulbo o il potere rifrattivo dell'occhio. Quest'ultimo meccanismo può essere attuato nell'uomo, in un processo definito accomodazione, mediante l'aumento di curvatura del cristallino (che assume una forma più sferica) ottenuto grazie al rilassamento delle fibre zonulari determinato dalla contrazione del muscolo ciliare. Il potere di accomodazione, massimo nell'infanzia dove è pari a circa 14 diottrie, si riduce progressivamente con l'età (a trentasei anni è pari circa a 7 diottrie, cioè dimezzato) e si esaurisce del tutto tra i sessanta e sessantacinque anni. Questa progressiva perdita del potere di accomodazione è nota come presbiopia , essa è dunque dovuta al fatto che il cristallino non è più in grado di modificare la sua curvatura a causa del suo progressivo indurimento e ingrossamento (con conseguente allentamento delle fibre zonulari), nonché dell'indebolimento del muscolo ciliare.
Miopia
Dopo la presbiopia legata all'avanzare dell'età, l'anomalia più frequente che colpisce l'occhio è la miopia: in questo caso i raggi di luce paralleli provenienti dall'infinito vanno a fuoco davanti alla retina. In oltre il 90% dei casi, tale anomalia è conseguente alla eccessiva lunghezza del globo oculare in rapporto al potere di rifrazione (miopia assiale). I raggi luminosi di un oggetto lontano si incontrano, quindi, anteriormente alla retina: l'immagine diviene sfuocata. Guardando da vicino, però, il miope vede più nitidamente; il punto di accomodazione infatti da lontano in un miope viene spostato in avanti.
Sul piano clinico possono essere distinti tre fondamentali tipi di miopia: la miopia semplice, la miopia intermedia e la miopia patologica.
La miopia semplice - detta anche "fisiologica" - è di lieve entità (non superiore alle 3 diottrie) e non presenta in genere alterazioni della retina né di altre strutture oculari.
La miopia intermedia (che in genere non supera le 6-7 diottrie) è certamente più importante dal punto di vista clinico, ma può ancora presentare una retina in buone condizioni.
La miopia patologica - detta anche "degenerativa" - si associa pressoché inevitabilmente a lesioni a carico della sclera (assottigliamento con stafiloma posteriore), della coroide (assottigliamento, atrofia), della retina (atrofia degenerativa del polo posteriore e della periferia) e del corpo vitreo (liquefazione con collasso e distacco posteriore).
Spesso si sente dire che l'incidenza della miopia è aumentata negli ultimi decenni. Ciò può essere riconducibile essenzialmente a tre fattori: in primo luogo è aumentato il numero di diagnosi di miopia, dovuto al miglioramento della strumentazione e dei metodi di analisi.
Secondariamente, la statura media della popolazione dei paesi industrializzati è notevolmente aumentata; per tale ragione anche la cavità orbitaria è divenuta più grande e il globo oculare ha più spazio per svilupparsi.
In terzo luogo non è da escludere che la frequente visione ravvicinata nel periodo dell'infanzia (urbanizzazione, videogiochi, televisione) rappresenti per il globo oculare uno stimolo per allungarsi.
Ipermetropia
Contrariamente alla miopia, l'ipermetropia necessita di minori cure, in quanto in giovinezza essa può essere compensata da una maggior accomodazione. In questo caso il globo oculare è troppo corto (ipermetropia assiale) oppure, più raramente, il potere di rifrazione di cornea e di cristallino è troppo debole (ipermetropia di rifrazione).
I raggi luminosi paralleli di un oggetto lontano si incontrano, a muscolo ciliare rilasciato, posteriormente alla retina. L'ipermetrope può compensare ciò tramite un aumento del potere di rifrazione del cristallino e vedere quindi bene da lontano. Per vedere da vicino però la sua accomodazione non è sufficiente, e l'oggetto viene spontaneamente allontanato.
Astigmatismo
Nella miopia e nell'ipermetropia la rifrazione è la stessa nei differenti meridiani, cioè tutti i raggi luminosi che entrano nell'occhio vanno a fuoco nello stesso punto, e questo dipende principalmente dalla curvatura sferica della cornea. Nell'astigmatismo invece ciò accade perchè la curvatura corneale non è perfettamente sferica.
Per avere un'idea della cornea astigmatica si pensi a un cucchiaio da cucina in cui, contrariamente a quanto avviene per una sfera, un meridiano ha una curvatura molto diversa da quella del meridiano ortogonale. Quando tale differenza si fa particolarmente marcata, il sistema diottrico oculare avrà due fuochi, tanto più distanti tra loro quanto maggiore è la differenza di curvatura tra i due principali meridiani corneali. Se il meridiano più curvo è quello verticale, l'astigmatismo è definito "secondo regola"; viceversa "contro regola" se il meridiano più curvo è quello orizzontale.
Quasi tutti gli astigmatici sono bilaterali e su base ereditaria. In genere già presenti alla nascita, vengono spesso scoperti in occasione delle visite scolastiche. Piccoli aumenti possono verificarsi durante la crescita in rapporto all'aumento della lunghezza assiale del bulbo.
STRABISMO
Si intende per strabismo una "deviazione oculare da un perfetto allineamento". L'ampiezza dello strabismo è data dall'angolo tra l'asse visivo dell'occhio dritto (fissante) e quello dell'occhio storto (deviato).
Lo strabismo può essere convergente o divergente, talora associato ad una deviazione verticale. Ci sono due tipi di strabismo:
strabismo concomitante: l'angolo di strabismo non cambia sulle varie posizioni dello sguardo e non ci sono limitazioni nei movimenti oculari.
strabismo incomitante: detto anche "paralitico".
L'angolo di strabismo cambia in quanto i movimenti oculari di un occhio sono limitati o aboliti e non gli consentono di seguire lo sguardo.
Strabismo concomitante
Generalmente si manifesta nell'infanzia e, se non trattato, può persistere sull'età adulta. Raramente chi soffre di questo disturbo vede doppio (diplopia): l'immagine dell'occhio storto viene eliminata. Questo fenomeno può portare ad ambliopia (riduzione della funzione visiva) dell'occhio deviato.
Le forme di strabismo concomitante possono essere classificate come segue:
ESOTROPIA
a sua volta classificabile in:
esotropia congenita
esotropia accomodativa
esotropia sensoriale
EXOTROPIA
Delle varie forme, menofrequenti dell'exotropia, ci sono:
exotropia primitiva
exotropia sensoriale
ETEROTROPIA
con deviazioni verticali associate
Esotropia congenita
Compare al sesto mese di vita e generalmente consiste in una deviazione stabile, spesso associata a deviazioni verticali. TERAPIA: La terapia chirurgica è quella più utilizzata.
Esotropia accomodativa
Compare tra i due e i tre anni di vita a causa di un disturbo della vista, ipermetropia, non individuata e curata. Il paziente tende a sforzarsi per mettere a fuoco gli oggetti e tale accomodazione eccessiva provoca una convergenza eccessiva. TERAPIA: Correggendo l'ipermetropia normalmente si torna ad uno stato normale.
Esotropia sensoriale
Si verifica in seguito ad una ridotta visione di un occhio e perciò per una mancata fusione delle immagini TERAPIA: Chirurgica
Exotropia primitiva
Compare nei primi anni di età e tende ad accentuarsi con gli anni. TERAPIA: Essenzialmente chirurgica. Si cerca di rinforzare i muscoli retti mediali e di indebolire i retti laterali.
Exotropia sensoriale
Disturbo che si verifica in età adulta a seguito di una riduzione della vista monolaterale per anisometria (difetti refrattivi di grado diverso per i due occhi), afachia.
TERAPIA: Chirurgica, per scopi estetici.
Strabismo paralitico (incomitante)
Oltre alla visione sdoppiata (diplopia), lo strabismo paralitico comporta altri fastidiosi sintomi: il falso-orientamento e le vertigini. Fortunatamente questi sintomi tendono ad attenuarsi con il tempo. Esistono varie forme di paralisi oculomotorie: paralisi neurogene (paralisi del III, IV e VI nervo cranico), paralisi miogene (miastenia, miopatia distoridea) e paralisi periferiche congenite (sindrome da retrazione del bulbo oculare e sindrome della guaina del muscolo obliquo superiore). TERAPIA: Occlusione temporanea dell'occhio paretico, prismi per evitare la diplopia (visione sdoppiata), chirurgia in casi selezionati.