LE GAMBE

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LE GAMBE

Messaggioda Royalsapphire » 24/03/2015, 2:21



Salute e bellezza delle gambe

Gli esteti dicono che le gambe femminili per essere belle devono essere allungate, rotonde, carnose, bianche, con assottigliamento verso il basso, con malleoli aggraziati. L'articolazione del ginocchio deve essere appena percettibile ed il passaggio dalla gamba alla coscia deve seguire una curva leggera, continua e poco marcata da rilevazioni.

Dal punto di vista puramente anatomico, per essere ben fatte le gambe devono perciò rispondere ai seguenti requisiti: quando esse sono unite, le caviglie, la parte interna dei polpacci, delle ginocchia e delle cosce devono combaciare perfettamente, ma non essere troppo aderenti l'una con l'altra (ciò indicherebbe un' eccessiva quantità di grasso, specie alle cosce). Tale perfezione anatomica è soprattutto condizionata dalla perfezione di forma delle ossa, e la forma generale delle gambe è in rapporto con la presenza più o meno abbondante di grasso e con lo sviluppo più o meno armonioso della muscolatura.

E' altrettanto, o forse maggiormente, importante la salute delle gambe. Dolori alle gambe, formicolii ai piedi, senso di freddo agli arti, dolore all'inguine sono infatti problemi che frequentemente colpiscono le donne, in particolare quelle che debbono lavorare in piedi. Il ritmo frenico delle giornate incide anche notevolmente sui più comuni disturbi delle gambe e scoprire la sera di avere gambe e piedi doloranti può diventare un problema che è meglio risolvere, prima che porti spiacevoli conseguenze. Spesso infatti bastano solo alcuni accorgimenti per rimettersi in forma.

Le corse tra casa e lavoro, i tacchi alti, una fisiologica predisposizione e l’alimentazione non corretta favoriscono il ristagno dei liquidi e i conseguenti gonfiori, una peggiore funzionalità del microcircolo e quindi, molto spesso, anche l’accentuarsi degli inestetismi della cellulite. E' necessario quindi dedicare alle proprie gambe le maggiori attenzioni sin dalla giovinezza, per prevenire eventuali disturbi o deformazioni.

Trattamenti e suggerimenti per l'estetica e la salute delle gambe

Il trattamento fondamentale è naturalmente lo sport, rappresentato soprattutto dalla corsa e dal salto. Le gambe acquistano, attraverso un esercizio ripetuto, una maggiore snellezza ed elasticità, la muscolatura diventa ben sviluppata e scattante e tutto il corpo in generale si giova del miglioramento della circolazione sanguigna. Ovviamente gli allenamenti devono essere moderati; esercizi a livello agonistico possono evidenziare la muscolatura in modo eccessivo. Un'altra attività sportiva utile è rappresentata dalla ginnastica, anche se, in taluni casi, lascia i muscoli indolenziti ed un massaggio è consigliato dopo e dà risultati preziosi.

Un disturbo molto frequente è il gonfiore alle gambe. Esso può dipendere da scarpe troppo alte (l'ideale sarebbe un tacco di massimo tre centimetri) o troppo strette; ma talvolta può dipendere dalla fatica per eccesso di movimento fisico ed allora bastano bagni freddi e decongestionanti per rimetterle in sesto.

Una semplice e tradizionale misura da adottare dopo una giornata faticosa, segnatamente quando si nota gonfiore alle gambe ed alle caviglie, è quella di coricarsi ponendo un cuscino come rialzo sotto i piedi: serve a rilassare i muscoli e ad aiutare la circolazione. Si può dormire tutta la notte in questa posizione, al mattino le caviglie saranno sicuramente sgonfie. Un altro rimedio casalingo per rigenerare le proprie gambe e caviglie è il seguente: versare due manciate di sale grosso e una di bicarbonato in una bacinella d'acqua calda e immergere i piedi nel composto per almeno 3 minuti. Dopo averli asciugati, massaggiare con crema al mentolo partendo dalla punta della dita fino ai polpacci. Il sale e il bicarbonato permettono di eliminare i liquidi che, ristagnando nei tessuti, provocano il gonfiore, mentre il mentolo è rinfrescante e cancella la fatica.

Attenzione però, gambe e caviglie gonfie possono anche non essere semplicemente espressione di stanchezza: in certi casi denunciano disturbi ben più gravi, come malattie del cuore o dei reni. E' opportuno quindi, se i gonfiori persistono anche con l'applicazione degli accorgimenti citati, richiedere il consiglio del medico.

Affinché le caviglie siano perfette, è necessario che siano snelle e sottili. Le caviglie grosse e massicce risultano alquanto inestetiche ed è per questo che sono una giusta preoccupazione per molte donne. A meno che tale imperfezione non sia dovuta ad alterazioni ossee vere e proprie o non sia dovuta a gravi disturbi circolatori, esistono vari metodi per migliorare e correggerle. In molti casi l'ingrossamento della caviglia è dovuto a fattori contingenti come la stanchezza e l'affaticamento, in tali evenienze si adotteranno le stesse misure indicate a proposito del gonfiore delle gambe. In altri casi, le caviglie grosse sono semplicemente dovute ad un particolare accumulo di tessuto adiposo in questa zona. Ancora una volta il rimedio più efficiente è una costante attività fisica abbinata ad una corretta cura dimagrante. A ciò si aggiungano massaggi, che assolvono alla duplice funzione di snellire e favorire la circolazione, facilitando il riassorbimento di eventuale liquido che infiltra i tessuti.

Trattamenti cutanei delle gambe

Come si cura il viso con creme e latti detergenti, non c'è ragione di non fare lo stesso con le proprie gambe, le quali possono altrettanto avere una pelle morbida e setosa:

la pelle di gallina può essere mimetizzata con creme grasse ed olii percutanei, con peelings e con carta smeriglio leggera;
la pelle arida e scabra viene trattata nelle gambe così come per il viso; vedi disidratazione;



MAL DI GAMBE

Chiunque ha provato l'esperienza del mal di gambe che tipicamente si accusa nei giorni successivi ad un forte impegno muscolare, come nel caso di una lunga gita in montagna. Il male si protrae per qualche giorno e può essere così forte da ostacolare gravemente il movimento e portare a situazioni ove il controllo motorio dell'arto inferiore è così incerto da rappresentare causa di distorsioni.

Il male va ricondotto non all'impegno muscolare durante la salita, ma alle specifiche condizioni di lavoro dei muscoli durante la discesa. Infatti, durante la discesa i muscoli delle gambe sono impegnati in una modalità di contrazione definita come "contrazione-allungamento". E' facile verificare questa condizione ponendo una mano sul quadricipite della gamba che si appoggia su un gradino quando si scendono le scale: il muscolo si contrae e contemporaneamente, tenuto conto che il ginocchio si flette, si allunga. La modalità di "contrazione-allungamento" comporta lo sviluppo di forze molto elevate nel ventre muscolare che sono causa di lesioni e microtraumi.

L'entità delle lesioni è variabile: da una frammentazione e disorganizzazione della trama macromolecolare, sino alla vera e propria rottura (strappo) delle cellule muscolari le quali vanno incontro ad un processo di necrosi, esse cioè muoiono. Al loro posto si forma un tessuto di riparazione, detto tessuto cicatriziale, e pertanto si verifica una perdita netta di componente muscolare. Il mal di gambe quindi, non ha nulla a che vedere con l'accumulo di acido lattico, un metabolita che può accumularsi rapidamente nei muscoli (e nel sangue), ma che altrettanto rapidamente viene rimosso.

Microlesioni e recupero

Un recente studio ha caratterizzato l'entità delle microlesioni muscolari mettendole in relazione alle capacità prestative dei muscoli stessi nei maschi e nelle femmine.
Lo studio prevedeva un protocollo di sovraccarico finalizzato ad indurre microlesioni. Al soggetto veniva successivamente chiesto di quantizzare il dolore: è interessante e relativamente semplice la tecnica usata la stima del dolore che, trattandosi di una sensazione soggettiva, non è facilmente traducibile in numeri. Il metodo si basa sul mostrare al soggetto un segmento graduato da 0 a 10: al soggetto viene chiesto di segnare un punto sul segmento corrispondente all'intensità del dolore (0 nessun dolore, 10 massimo dolore). Così si realizza, su una scala graduata, una trasformazione di un segnale da analogico a digitale. Veniva inoltre misurata la capacità dei muscoli di sviluppare forza prima e successivamente alle microlesioni.

Nei maschi, le microlesioni causano una riduzione del 14% della forza massima la quale ritorna al valore normale dopo circa 4-5 giorni. Presumibilmente questa riduzione include una componente inibitoria legata al dolore che impedisce al soggetto di sviluppare la massima forza, infatti l'entità delle microlesioni è troppo limitata per giustificare la riduzione di forza. Simile era la riduzione della massima velocità con cui i muscoli sviluppano forza, anche se questa aumentava rispetto al normale dopo soli 4 giorni dalle microlesioni . Si interpreta questo dato come un preciso effetto allenante riconducibile ad una facilitazione dell'attivazione neuro-muscolare.

Nelle donne, in seguito a microlesioni, la forza massima si riduce in modo paragonabile ai maschi. Non si verifica invece alcuna variazione della velocità di generazione della forza e pertanto nessun effetto allenante in termini di attivazione neuro-muscolare. (Si noti che nelle donne, la forza massima è mediamente inferiore del 42% rispetto ai maschi, e la massima velocità di sviluppo di forza di ben il 55%)

In conclusione, il "mal di gambe" malgrado possa essere fastidioso alquanto, non sembra essere un grave problema, non solo, ma dopo pochi giorni, in particolare nei maschi, i muscoli sembrano essere più efficaci nel processo di sviluppo della forza.

Referenza:
Borsa P.A. e E.L. Sauers. "The importance of gender on myokinetic deficits before and after microinjury"Med. Sci. in Sports and Exercise.32 (5); 891-896, 2000.
la pelle rossa da eritrosi può essere trattata con prodotti vaso costruttori esogeni, con idroterapia fredda e con massaggi astringenti.



LE GAMBE IN ESTATE

A cura di Francesca Soccorsi
Con la consulenza del Dott. Piersevero Rossi, specialista in chirurgia delle varici degli arti inferiori, angiologia e diagnostica vascolare

In estate, con l’arrivo del gran caldo, molti dei disturbi legati alla cattiva circolazione si accentuano. Le prime a farne le spese sono le gambe, bersaglio prediletto di inestetismi fastidiosi come varici e teleangectasie, ovvero quelle rotture dei capillari che danno vita a macchie reticolari rosso-bluastre. Spesso dovute a una predisposizione genetica, possono peggiorare oltre che con le temperature elevate anche in seguito a gravidanze, aumento di peso, sfiancamenti dei vasi dovuto all’età.

Le cause
Il sistema circolatorio venoso delle gambe, che ha il compito di riportare il sangue verso il cuore, può essere suddiviso in tre sottosistemi:
• rete superficiale, che comprende i capillari e la piccola e la grande safena (quest’ultima è il vaso sanguigno più lungo del corpo);
• rete dei vasi perforanti, costituito dall’insieme dei vasi che collegano i vasi profondi con quelli della rete superficiale;
• rete profonda, formata da tutti i vasi che si trovano all’interno dei muscoli.

La circolazione venosa delle gambe dipende dal buon funzionamento delle valvole, che hanno la forma di una coppia di nidi di rondine, presenti all’interno delle vene stesse e che impediscono la ricaduta del sangue verso il basso. Quando le vene, in particolare quelle superficiali, si ammalano, tendono a dilatarsi allontanando le valvole tra di loro e favorendo il reflusso e quindi il ristagno sanguigno con il conseguente sviluppo delle vene varicose lungo gli arti inferiori, accompagnate da edemi e gonfiori localizzati. Ad accentuare questi disturbi intervengono fattori diversi tra cui il caldo, che può peggiorare i problemi circolatori e provocare dolore simile a crampi, senso di pesantezza, prurito. In aggiunta il cattivo funzionamento del sistema linfatico, costituito da vasi, capillari e dotto toracico, ovvero il grosso vaso in cui sboccano le vene linfatiche e il cui compito è quello di riportare la linfa nel sangue dopo averla “pulita”, può peggiorare gonfiori e ristagno di liquidi, contribuendo tra l’altro alla formazione della cosiddetta cellulite. Anche la postura gioca un ruolo importante nel buon funzionamento dell’apparato circolatorio: stare seduti troppo a lungo o, viceversa, rimanere fermi in piedi per molte ore sono situazioni in grado di favorire il ristagno di liquidi negli arti. Così come la dieta: un’alimentazione ricca di sale e povera di liquidi influisce negativamente sulla vascolarizzazione dei tessuti, impedisce l’eliminazione di scorie e tossine, favorisce gli edemi.

I sintomi
Quando la circolazione venosa non funziona a dovere, le gambe possono manifestare sintomi fastidiosi oltre che evidenziare molteplici inestetismi: gonfiore, senso di pesantezza, cellulite, formicolii, capillari evidenti sono disturbi che in alcuni casi si accentuano fino a limitare la normale vita quotidiana. E che potrebbero essere spia di patologie più complesse a carico del sistema ormonale, linfatico o cardiovascolare. È il caso, per esempio, delle varici, all’origine delle quali c’è una marcata dilatazione e perdita di tono delle vene delle gambe: la sintomatologia è costituita da pesantezza degli arti inferiori accompagnata da dolore diffuso, ingrossamento delle vene superficiali, gonfiore alle caviglie. Nei casi più gravi il rischio è di andare incontro nel tempo a insufficienza venosa profonda, emorragie, flebiti, trombosi e ulcere.

Rimedi e cure
Per prevenire o attenuare la sintomatologia è necessario innanzitutto adottare uno stile di vita sano che comprenda una regolare attività fisica e un regime alimentare iposodico ricco di liquidi, frutta e verdura. In particolare dovrebbe essere aumentato il consumo di frutti rossi, come i mirtilli, che contribuiscono a irrobustire le pareti vascolari.
Qualche attenzione in più va riservata anche all’abbigliamento: è bene evitare di indossare indumenti molto aderenti e realizzati con fibre sintetiche e rinunciare ai tacchi troppo alti così come alle scarpe ultra-piatte.
Nelle ore di lavoro, se si è costretti a stare a lungo seduti, è importante cambiare posizione più volte, cercando di sgranchirsi le gambe con cadenza regolare: è sufficiente muovere qualche passo ogni ora per limitare il problema. Se, al contrario, si trascorre gran parte della giornata in piedi, un buon esercizio consiste nel sollevarsi spesso sulle punte: questo movimento facilita la risalita del sangue dalle gambe verso il cuore. E, tutte le volte che se ne ha l’opportunità, è utile mettere le gambe in posizione orizzontale e leggermente sollevata, per esempio aiutandosi con un guanciale quando ci si distende nel letto o sul divano.
Quando si prevedono lunghi spostamenti in automobile è necessario mettere in conto brevi soste salva-gambe: una veloce passeggiata all’interno di una stazione di servizio mette al riparo dai rischi della stasi. E, nel caso di viaggi in aereo, è importante, quando possibile, alzarsi e muoversi lungo il corridoio e, stando seduti, non tenere le gambe accavallate per troppo tempo.
Ma poiché è in estate che le gambe soffrono maggiormente, è in questo periodo che si devono prendere alcune precauzioni supplementari: soprattutto chi ha problemi di circolazione dovrebbe evitare le lunghe esposizioni al sole, facendo frequenti passeggiate nell’acqua fresca e riposando sotto l’ombrellone nelle ore più calde. Tutte le sere è utile applicare una crema rinfrescante con un massaggio dal basso verso l’alto concentrato in particolare sulla zona delle caviglie e dei polpacci.
Nei casi più eclatanti, quando la sintomatologia è importante e si protrae oltre il periodo estivo, lo stile di vita da solo non basta a risolvere il problema. Per questo è bene rivolgersi a uno specialista che, dopo aver effettuato esami approfonditi eventualmente con l’ausilio di tecniche come l’ecodoppler, appronterà le cure necessarie. Oggi, infatti, sono disponibili strumenti sempre più sofisticati per la cura delle patologie venose delle gambe: l’uso integrato di metodiche diverse tra cui la terapia medica, la scleroterapia, l’elastocompressione, il laser cutaneo, la mesoterapia e la terapia chirurgica mininvasiva garantisce ottimi risultati.

Nel caso di varici vere e proprie, il cui peggioramento, seppur generalmente lento, è comunque inesorabile, si pone l’indicazione alla chirurgia sia per motivi curativi sia per ragioni estetiche. La moderna filosofia del trattamento chirurgico impone un approccio altamente sofisticato, mininvasivo e personalizzato: ciò vuol dire, qualunque sia il tipo di intervento, ricovero di poche ore, anestesia locale eventualmente in sedazione cosciente, trattamento selettivo delle sole vene malate con microincisioni e salvaguardia delle vene safene (realizzabile in circa il 70% dei casi con il cosiddetto metodo “Asval”), sclerosi con schiuma e procedure termoablative (radiofrequenza, laser e, molto presto, il vapore). Questo nuovo approccio più dolce riduce sensibilmente i dolori e gli ematomi post operatori e permette di intervenire precocemente aumentando le possibilitá di non sacrificare la vena safena, di avere un rapido recupero con possibilità di riprendere in giornata le normali attività quotidiane e di ridurre le recidive.

Bibliografia
- Rosellò R., Curare le gambe stanche e le varici con trattamenti naturali, Macro Edizioni.
- Pigozzi P., Causa, prevenzione e cure naturali delle vene varicose, Demetra
- Merita F, Se le vene delle gambe soffrono, su Sapere&Salute, anno 4, num.21, luglio 1999, pagg. 48-50



LE VARICI


(A cura del dott. Fabio Raja)
Semplici inestetismi o vera e propria malattia, le varici rappresentano ancor oggi un serio problema sanitario e sociale. Molto frequenti specie nel sesso femminile, si stima che una donna su dieci tra i 30 e 60 anni presenti questa patologia, le varici sono dilatazioni venose che per lo più colpiscono gli arti inferiori, gambe e cosce. Le cause di questa malattia sono da ricercare

nell'andatura eretta che la specie umana ha assunto nel corso dell'evoluzione
nella familiarità
in alcune attività lavorative, e più in generale, nel moderno stile di vita.

Molte persone hanno le pareti delle vene che cedono facilmente, perché il tessuto connettivo elastico, che costituisce la parete delle loro vene, è di scadente qualità, caratteristica trasmessa loro dai genitori in via ereditaria. Inoltre, le moderne comodità ci hanno abituato ad una vita sedentaria e lo scarso movimento favorisce il ristagno del sangue nelle vene. Ci sono, poi, altre condizioni che facilitano il formarsi delle varici, come l'obesità, le gravidanze e certi lavori che comportano lo stare a lungo in piedi, fermi ed esposti a fonti di calore.

La circolazione sanguigna nelle gambe e la formazione di varici

E', in ogni caso, nella stazione eretta propria dell'uomo, che va cercata la causa della debolezza strutturale che espone la specie umana al rischio di contrarre questa malattia. Le vene costituiscono un sistema di vasi con la funzione di trasportare il sangue verso i polmoni per arricchirlo d'ossigeno. Il cuore, successivamente, spinge il sangue verso tutti gli organi, attraverso le arterie, con una pressione che è in grado di mandarlo nei punti più lontani del corpo.Nelle vene, la forza propulsiva trasmessa dalla contrazione cardiaca, si è quasi del tutto esaurita, e per questa ragione il sangue fa fatica a continuare il proprio cammino. Negli arti inferiori, poi, questo percorso è particolarmente difficoltoso, poiché il sangue deve "salire" contro la forza di gravità. Nell'uomo, infatti, a differenza degli altri mammiferi quadrupedi il cuore si trova ad un livello più alto delle gambe.La progressione del sangue è, di conseguenza, difficoltosa e lenta ed è resa possibile solo dall'azione dei muscoli del polpaccio che, contraendosi durante la marcia, spremono le vene. Il sangue è poi obbligato ad andare verso l'alto da valvole disseminate lungo le vene. Questo meccanismo è molto efficace, ma interessa solo il sistema venoso profondo.Negli arti inferiori ci sono, infatti, due sistemi venosi, formati da complessi intrecci di vasi, localizzati rispettivamente nella profondità dell'arto e in superficie.Il sistema profondo è circondato da muscoli e, perciò, il sangue vi scorre agevolmente, mentre in quello superficiale , costituito dalla vena grande e piccola safena che si trovano subito sotto la pelle, il flusso ematico ha gran difficoltà ad avanzare per la mancanza dell'azione di spremitura muscolare. I due sistemi si collegano, tramite vene, dette perforanti , che, in condizioni normali, portano il sangue dalla superficie in profondità, cioè verso il sistema più efficiente. Inoltre, la grande safena s'immette, poco sotto la piega inguinale, nel sistema profondo, all'altezza della cosiddetta cross safeno-femorale , provvista di valvola, che consente il passaggio del sangue dalla superficie alla profondità.

Il cedimento della parete venosa, che è alla base della comparsa delle varici, provoca la dilatazione della vena e, in queste condizioni, le valvole non si chiudono più in modo regolare, perdono, perciò, la loro funzione.Accade, allora, che il sangue anziché andare dalla superficie in profondità, inverte il senso del flusso e va dal sistema profondo a quello superficiale. Questo fenomeno, chiamato reflusso, porta ad un ingorgo delle vene superficiali che si dilatano ulteriormente. Le safene, allora, diventano serpiginose e, in più, si dilatano anche dei rami venosi che non appartenendo né alla grande, né alla piccola safena sono chiamati extrasafenici e sono responsabili delle cosiddette varici reticolari.Siamo così giunti alla formazione delle varici. Il ristagno di sangue provoca l'imbibizione acquosa dei tessuti, l'edema, con infiammazione e dolore. Gli scambi tra il sangue ed i tessuti si alterano e, col tempo, la pelle e il sottocute vanno incontro a fenomeni regressivi con indurimento, assottigliamento pigmentazione, lezioni eczematose ed ulcere. La paziente lamenta irrequietezza e dolore alle gambe, crampi muscolari e senso di gonfiore.

Terapie

Molto si può fare con la prevenzione . Mantenere il peso ideale, fare delle lunghe passeggiate, utilizzare calze elastiche, sono tutte regole che permettono di ridurre il rischio di sviluppare vene varicose.Quando però le varici si sono ormai sviluppate l'unico trattamento in grado di restituire alla gamba un aspetto normale e prevenire ulteriori guai, è quello chirurgico.Negli ultimi anni sono stati compiuti grandi progressi nella cura chirurgica delle varici, alla ricerca di metodi sempre meno invasivi e sempre più efficaci, che consentano la riduzione dei tempi di recupero alla vita lavorativa e sociale del paziente e risultati clinici ed estetici impeccabili.

Il trattamento chirurgico delle varici degli arti inferiori, deve puntare alla risoluzione di due problemi:

L'incontinenza della valvola situata a livello della cross safeno-femorale
La dilatazione delle safene e dei rami varicosi extrasafenici.

Con il trattamento tradizionale, la cosiddetta safenectomia , si esegue la chiusura della cross, ossia si interrompe chirurgicamente il punto di confluenza tra sistema superficiale e quello profondo a livello dell'inguine, e si asporta la grande safena "sfilandola", mentre, con tanti piccoli tagli, si eliminano le vene extrasafeniche dilatate.E' un intervento ben codificato che può essere eseguito in regime di Day hospital, con dimissione della paziente entro la giornata, e con un recupero pronto e completo della funzione degli arti. Come complicanza si può avere la formazione di qualche ematoma, conseguenza del trauma chirurgico, e, più raramente, limitati problemi causati dalla lesione di qualche nervetto che decorre accanto alle vene asportate.Il più grosso problema è però quello delle recidive . Basti pensare che il 17% di tutte le cause che, negli Stati Uniti, i pazienti intentano contro i loro Medici è attinente alla recidiva di varici. Attualmente vi sono altri mezzi che permettono di risolvere definitivamente il problema delle varici, riducendo l'incidenza delle recidive, con risultati estetici ottimi, e con minimo disagio per la paziente.

Radiofrequenza

Con il sistema VNUS® si è riusciti a risolvere il problema delle varici senza necessità di tagli.L'intervento si basa sul principio che la radiofrequenza genera calore come nel nostro forno a microonde, e determina la contrazione della parete delle vene che si chiudono.

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Si possono, però, secondo le necessità, eseguire trattamenti più limitati, chiudendo solo i tratti di safena che sono ammalati.

L'intervento è attuato in anestesia locale ed il paziente può essere dimesso nella giornata.I risultati estetici di questa metodica sono notevolmente superiori a quelli ottenibili con la chirurgia tradizionale. Com'effetti collaterali si possono verificare modesti e localizzati arrossamenti della pelle, come eritemi solari, mentre raramente il riscaldamento di qualche piccolo nervo, determina disestesie passeggere, cioè alterazioni della sensibilità cutanea in limitate zone della gamba.Poche le controindicazioni: la metodica è da evitare in pazienti con pace maker cardiaco, con safena eccessivamente tortuosa, con concomitante malattia arteriosa, con trombosi della safena o con safena troppo esile o troppo dilatata.Non è, inoltre consigliata, nelle donne durante la gravidanza. Questa metodica non permette, attualmente, il trattamento delle vene extrasafeniche dilatate, quelle cioè che non appartengono alla grande o piccola safena. Perciò, il medico che dopo aver eseguito la safenectomia si trova di fronte ad una paziente con varici dei rami extrasafenici ha il problema di come trattare queste vene che compromettono l'estetica della gamba.Per risolvere il problema delle varici reticolari ci sono, al presente, tre tipi di trattamenti.
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Le flebectomie secondo Muller

La flebectomia di Muller consiste nell'eseguire una serie di piccolissimi tagli, di 3-4 millimetri, ed attraverso questi rimuovere chirurgicamente le vene dilatate.E' un metodo che, in mani esperte, assicura un risultato estetico e funzionale eccellente, anche se è piuttosto lungo, specie in presenza di grovigli varicosi complessi, e c'è sempre il rischio che qualche rametto venga "dimenticato", compromettendo, almeno in parte, il risultato estetico.

La sclerosi

La sclerosi consiste nell'iniettare all'interno delle vene malate una schiuma contenente una sostanza irritante per la parete venosa che provoca un'infiammazione sterile che, col tempo, determina la chiusura completa della vena. Il metodo in mani esperte, anche in questo caso, assicura ottimi risultati.

Il metodo TriVex®

Il metodo TriVex® rappresenta il più moderno ed avanzato trattamento delle varici reticolari e presenta molti vantaggi rispetto ai precedenti.Innanzi tutto evita la necessità di praticare le numerose incisioni necessarie per rimuovere vene fragili e frammentate ed inoltre, permette di vedere le vene da asportare poiché mette il chirurgo nelle condizioni di operare in modo mirato e non "cieco" come negli altri casi.
La procedura ha inizio con l'individuazione e la delimitazione dell'area interessata dalle vene dilatate, cosa facilmente eseguibile con un semplice pennarello a paziente in piedi. Successivamente viene effettuato un piccolo taglio di 2-3 mm eseguito a qualche cm di distanza dal "groviglio" di vene da asportare.
L'idrodissettore è introdotto nel sottocute attraverso la piccola incisione. La sorgente luminosa consente di visualizzare, per trasparenza, le vene dilatate, mentre il getto d'acqua a pressione separa la vena dalle strutture circostanti.
L'idrodissettore (a destra) consente di vedere le varici, mentre il resettore( a sinistra) viene introdotto attraverso una piccola incisione dalla parte opposta.
Muovendo il resettore si asportano le vene dilatate che il chirurgo spinge con l'altra mano verso lo strumento.
Completata l'asportazione, viene iniettata una soluzione acquosa ad alta pressione, contenente anestetico. Questa soluzione ha lo scopo di chiudere piccoli vasi rimasti eventualmente aperti, e impedisce, in tal modo, il formarsi di fastidiosi ematomi post-operatori, mentre l'anestetico, che viene riassorbito lentamente, assicura un decorso post-operatorio confortevole e privo di dolore.Chiuse le due incisioni con un piccolo cerotto, sulla gamba viene applicata una calza elastica.
Con questo nuove tecniche, e con quelle ben sperimentate che da decenni sono praticate a milioni di pazienti, c'è oggi la possibilità di curare le varici in maniera radicale con il minor disagio ed il miglior risultato estetico applicando per ogni paziente la tecnica in grado di dare i migliori risultati.Sarà compito del flebologo esperto impiegare la tecnica che, caso per caso, riterrà idonea a risolvere, definitivamente, il problema delle vene varicose.


IL PIEDE E LA POSTURA


A cura del Prof. Maurizio Fraticelli

Il piede è un capolavoro unico di architettura o meglio di bio-meccanica; in uno spazio estremamente piccolo si concentrano: 26 ossa, 33 articolazioni, 114 legamenti, 20 muscoli, 250.000 ghiandole sudorifere.
La complessità strutturale del piede è dovuta alle sue funzioni, molteplici e soprattutto molto precise; infatti una struttura così piccola riesce ad adattarsi a situazioni diverse, affrontando terreni impervi, come quelli montani, senza farci cadere, oppure correndo in pianura, per arrivare a mantenere il corpo in equilibrio su superfici molto piccole, come nel caso degli acrobati. Appare chiaro che il piede, fulcro principale del nostro organismo, presieda alla: stabilizzazione della stazione eretta, propulsione e movimento; adattamento della marcia sul terreno, coordinazione della postura.

Anatomicamente il piede si divide in 3 parti:

Avampiede – formato dalle dita e dai metatarsi;
Mesopiede - formato dalle ossa che si trovano in mezzo al piede;
Retropiede – la parte terminale, di cui il calcagno è il pilastro.


Il piede è collegato alla gamba e al resto del corpo dai legamenti, articolazioni e muscoli.
Mentre ci muoviamo, dalle dita al polpaccio si mette in azione una fitta rete di muscoli, che prendono rapporto con il ginocchio sino alla colonna vertebrale e all’articolazione temporo-mandibolare.
Ecco perché un appoggio al suolo scorretto si ripercuote ovviamente sul piede, ma anche sul ginocchio, sulla colonna vertebrale ed oltre, determinando delle tensioni che possono essere causa di dolori quali: cefalea, sciatalgia, mal di schiena, algie alle gambe (solo per citarne alcuni).
La postura è di vitale importanza ai fini di un corretto equilibrio dell’organismo e per ridurre l’incidenza di diverse malattie.
Il sistema posturale è un insieme molto complesso che schematicamente si compone da: sistema nervoso centrale e periferico, il piede, i muscoli, le articolazioni, l’occhio, il sistema cutaneo, l’apparato stomatognatico (sistema occlusale e lingua), l’orecchio interno.
Il sistema nervoso centrale utilizza le informazioni ricevute da occhio, pianta dei piedi e cute in primo luogo, per avere la consapevolezza della posizione del corpo nello spazio e poter impostare correttamente quanto voluto nei confronti del mondo esterno e di se stesso.
Se, nel tempo, sorgono problemi a qualsiasi livello, in un primo momento il sistema descritto cercherà di “compensare” in qualche modo, fino a quando potrà, ma successivamente a questi aggiustamenti si potranno verificare alcune delle seguenti patologie:
vizi di appoggio plantare, spalla più alta, rotazioni del bacino, atteggiamenti scoliotici, testa inclinata. I pazienti lamenteranno nel tempo: cefalee, cervicalgie, nevralgie, difetti di masticazione e di occlusione dentale, click mandibolari, dorsalgie, lombalgie e lombosciatalgie.

CORRELAZIONE TRA PSICOLOGIA E POSTURA

Spesso le tensioni muscolari sono sentite come “come corde di violino”.
Questi muscoli "tesi come corde di violino" avrebbero la funzione di inibire processi emozionali.
L'emozione rappresenterebbe la fase "preparatoria“ di un sentimento. Per esempio la rabbia, con la sua tensione preparatoria, genera tra le altre cose una "preparazione" all'attacco, cioè al comportamento aggressivo vero e proprio. Pertanto come si può inibire tale preparazione all'azione? Facendo forza su se stessi mediante una contrazione continua e quindi spastica dei muscoli; tutto ciò nel tempo porta ad una variazione della normale fisiologia muscolare che si evidenzia appunto in una contrazione spastica e quindi continua.
A causa della cronica contrazione, il processo emozionale, la rabbia, non vengono totalmente eliminati, anzi bloccati, ma sono sempre presenti, anche se il soggetto non ne ha consapevolezza. La contrazione muscolare diventa contrazione "cronica" (o vera e propria contrattura) che blocca, dalla periferia del corpo, ogni evoluzione spazio-temporale dell'emozione medesima. Ecco dunque che cosa sono "i muscoli tesi come corde di violino": contrazioni muscolari croniche che hanno lo scopo di impedire che il soggetto “viva” e “senta” consapevolmente e “agisca” le sue emozioni.
A questo proposito l'esperienza clinica insegna che "sciogliere" tali contrazioni croniche non è semplice, perché esse devono essere considerate alla stessa stregua di meccanismi di difesa, che sono divenuti componenti stabili della personalità dell'individuo.
Il soggetto pertanto tende a impedire, in modo automatico, che manipolazioni meccaniche esterne modifichino tali contratture muscolari. Si tratta, va ripetuto, di vere e proprie resistenze al cambiamento, che sono in qualche modo divenute costituenti stabili della personalità. Inoltre, sempre sulla base dall'esperienza clinica, risulta che, spesso, quando la manipolazione della contrattura ha successo, essa riappare.
Non esiste una postura “ideale” uguale per tutti ma una postura sana e funzionale. Una tale postura è quella che dà all’individuo un buon appoggio con rimbalzo e scarico del peso sui piedi e dai piedi a terra.
È stato ad esempio osservato come donne che soffrono di dolori mestruali, scarichino il peso corporeo nella zona interna del piede; che gli anziani senza prospettive future poggiano il peso sul tallone che rappresenta concretamente più che mai il passato ormai certo e rassicurante, etc.
La postura è quindi il modo di “stare al mondo”, non è soltanto la risultante di complessi meccanismi neuro-fisiologici e bio-meccanici, ma è altresì l’espressione del proprio modo di gestire le emozioni.

VARICI E POSTURA

Le gambe gonfie costituiscono un problema molto fastidioso e diffuso; le cause più frequenti sono rappresentate dalla insufficienza venosa (vene varicose) e dalla alterata abituale posizione del corpo (postura alterata), o da entrambe le due situazioni.
Mentre la prima è legata alla costituzione, alla ereditarietà e quindi non è possibile evitarla, la seconda può essere, se non evitata, almeno corretta con una adeguata ginnastica detta posturale.
Tutte le patologie che modificano i rapporti tra i vari segmenti ossei come: scoliosi, accorciamenti traumatici di un arto, posizioni prolungate che comportino uno squilibrio di funzione delle colonna o del bacino, provocano a loro volta un disquilibrio del bacino con insufficiente svuotamento venoso a carico della pianta del piede. Questa insufficienza venosa su base “posturale” è molto spesso reversibile senza dover ricorrere a cure chirurgiche o lunghe terapie farmacologiche; basterà, in casi selezionati, modificare adeguatamente la postura per ottenere una buona correzione dell’appoggio plantare, in modo da ridurre gli atteggiamenti comportamentali sbagliati agendo sul tono muscolare.

PREVENZIONE POSTURALE

Determinante è la prevenzione sulle persone di qualsiasi età ed in particolare durante la:

età evolutiva (per non far cronicizzare errati atteggiamenti posturali)
età adulta (per correggere errati appoggi plantari).

Sarà quindi opportuno effettuare:
a) indagini periodiche per la valutazione dell’appoggio
b) valutare la evoluzione nel tempo della ortesi plantare che stabilizza l’appoggio del calcagno e distribuisce uniformemente il carico sulle teste metatarsali, compensando in tal modo uno scorretto (instabilità posturale) appoggio del piede.

Attualmente ci si avvale di una strumento, il baropodometro elettronico (BPE), che offre la possibilità di valutare soggetti affetti da disturbi posturali, sia in fase statica (in piedi da fermi) che durante la deambulazione.
Sono tante le patologie che possono avvantaggiarsi di un esame posturale, tra queste a titolo di esempio si ricordano: dismorfismi e paramorfismi del rachide, spondilolisi e spondilolistesi, displasia congenita dell'anca, ginocchio valgo, piede torto congenito, alluce valgo, artrosi, esiti di noxae traumatiche (fratture, lussazioni, distorsioni, lesioni muscolari e tendinee), malocclusioni, bruxismo e nel campo estetico l’insufficienza venosa, l’adiposità localizzata e la cellulite.



GAMBE PESANTI: UN EFFICACE AIUTO DAI COLLANT A COMPRESSIONE GRADUATA

Gambe pesanti, caviglie gonfie, varici o capillari in evidenza? Tutti disturbi che possono essere alleviati dai collant a compressione graduata.

Nei paesi occidentali, più di un adulto su due soffre di insufficienza venosa. Gli studi epidemiologici dimostrano che le varici sono da 5 a 10 volte più frequenti nei paesi industrializzati che nei paesi del terzo mondo.
Le cause possono essere le più diverse ma generalmente le attività cui la donna è costretta dalla vita contemporanea giocano un ruolo essenziale. Sia essa costretta a stare in piedi a lungo o che svolga le sue attività seduta o ferma per diverse ore della giornata, la limitazione dell’attività muscolare provocherà immancabilmente un aumento di pressione sanguigna alla caviglia, condizionando il riassorbimento dei liquidi dagli spazi intercellulari. Fenomeni che si riscontrano anche a seguito di viaggi prolungati in macchina o in aereo o in chi indossa indumenti troppo costrittivi.
Una cattiva circolazione venosa si manifesta con sintomi che vanno dalle gambe pesanti alle caviglie gonfie, dalla semplice dilatazione delle vene superficiali e capillari fino alle forme più gravi di malattia venosa cronica. L’insufficienza venosa è una malattia cronica che si evolve, accentuata da fattori di rischio come l’ereditarietà, l’eccesso di peso, la gravidanza, i trattamenti ormonali, la sedentarietà. Si comprende, quindi, come la prevenzione sia importante e come diventi uno strumento essenziale per ostacolare l’insorgenza di disturbi venosi e, nei casi che questi sintomi si siano già verificati, per bloccare l’evolversi della malattia e la sua degenerazione. Ma come si previene o come si combatte l’ipertensione venosa? È chiaro ormai da diversi anni che il mezzo più efficace è quello che dall’esterno possa esercitare una pressione sufficiente a contrastare la pressione interna del sangue, costringendo quest’ultimo, in maniera graduale, a risalire verso il cuore. Un mezzo che possa insomma stimolare la circolazione, con conseguente riduzione della stanchezza, la pesantezza e il gonfiore della gamba. Il presidio d’elezione, quello che è in grado di svolgere tale azione in modo valido e corretto, è da sempre la calza o il collant a compressione graduata. Graduata poiché essa dovrà esercitare il massimo della pressione sulla caviglia per poi decrescere sui polpacci e le ginocchia per diventare più lieve sulle cosce, con un azione che viene definita come “effetto pompa”. Una gradualità che peraltro può cambiare da un modello all’altro, a seconda delle esigenze di chi la indossa, da chi soffre di leggeri problemi di circolazione venosa e quindi vorrà beneficiare di una azione semplicemente tonificante e riposante a chi manifesta segni più evidenti di varici ed ha dunque bisogno di una più incisiva terapia antivaricosa. La compressione della calza, detta anche elastocompressione, viene quindi definita in classi, misurata in punti prestabiliti sulla gamba ed espressa in millimetri di mercurio (mmHg). Le classi della compressione sono quelle cui lo specialista farà riferimento per definire un collant preventivo o terapeutico.

È vero che se pensiamo ai collant a compressione graduata la mente va inevitabilmente alle calze pesanti e inestetiche che indossavano le nostre nonne per contrastare le vene varicose. Ma i tempi cambiano, l’estetica afferma le proprie ragioni e la tecnologia, insieme alle materie prime, vanno finalmente incontro alle esigenze della donne che non vogliono trascurare la salute delle proprie gambe ma neppure rinunciare all’eleganza che dona la calza velata.



TERAPIA - SCLEROSANTE


Le prime testimonianze di terapia sclerosante datano al 1550 a.C., ad opera degli antichi Egizi. In epoca moderna, si deve arrivare fino a Sicard che per primo nel 1920 utilizzò il salicilato di sodio ed una tecnica asettica che ha visto nascere e progredire la moderna scleroterapia. Dagli anni sessanta in poi il progresso è stato rapido e la metodica si è aggiornata soprattutto per merito della scuola flebologica francese.Le indicazioni per la terapia sclerosante sono: le varici residue post-stripping, le varici non sistematizzate, le varici reticolari, le teleangectasie.

LE TELEANGECTASIE
Cosa sono
Le "teleangectasie" sono formazioni di capillari dilatati con endotelio alterato che si possono osservare principalmente sugli arti inferiori, con minor frequenza anche su altre superfici corporee. Il loro aspetto più frequente è a chiazza rosso-bluastra, centrata da un reticolo di fini venule dilatate.

Le cause
L'alterazione degli endoteli e la dilatazione di piccoli vasi possono essere dovute a:

fattori congeniti/genetici;
malattie acquisite con alterazioni cutanee primitive;
malattie acquisite con alterazioni cutanee secondarie;
fattori ormonali e farmacologici;
fattori fisici.

La terapia
Ove possibile è necessario rimuovere le cause ed adottare lo schema terapeutico fornito, (per esempio assumere succo di mirtillo per os. e preparati contenenti rutosidi, flavonoidi, e l'applicazione locale di pomate specifiche contenenti gli stessi principi attivi ad azione schiarente, vaso/protettiva) per irrobustire la struttura endoteliale e prevenire il peggioramento della situazione, nonché per limitare il ripresentarsi della patologia in altre zone.
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Detta terapia va iniziata prima di intraprendere le microiniezioni sclerosanti e va ripetuta possibilmente ad ogni cambio di stagione. La terapia sclerosante si articola in 4/6sedute a distanza minima di 15 gg e si esegue iniettando nel lume del vaso da trattare una piccola quantità di idrossi-polietossi-dodecano allo 0.5-1.0% e quando ciò non è possibile eseguendo varie infiltrazioni perivascolari. Il prodotto chimico agisce producendo un edema endoteliale con occlusione del lume capillare e trombo secondario, la cui organizzazione connettivale condurrà al riassorbimento del vaso. Per le 24 ore seguenti necessita esercitare una moderata compressione sulle zone trattate e nel caso degli arti inferiori si può ottenere indossando (anche durante la notte) collant da 40/50 denari dl tipo non colorato o un bendaggio compressivo. Le parti trattate vanno cosparse 2 volte al dì con pomate contenenti sostanze ad azione vaso protettiva. E' preferibile eseguire detta terapia nei periodi freddi dell'anno.
In alternativa si possono usare metodi sclerosanti che utilizzano altre sostanze iniettabili (Salicilato di sodio, Glicerina cromica, Tetradecilsolfato di sodio), l'energia termoradiante di alcuni laser, la diatermocoagulazione endovascolare.

Controindicazioni
Lunghe degenze a letto, arteriosclerosi di grado elevato con ipertensione, gravidanza, glomerulonefrite e nefrosi; gravi epatopatie; malattie acute e croniche del cuore e tromboflebiti in atto;asma bronchiale; ipersensibilità ai medicamenti; stati cachettici; stati febbrili; diabete.

Complicazioni
In rari casi si possono osservare deboli reazioni allergiche, piccole discromie, ecchimosi, ematomi dominabili con creme antistaminiche e/o antilivido.



LE PROPRIETÁ BENEFICHE DEL MIRTILLO

Frutto tipico del sottobosco, il mirtillo (Vaccinium Myrtillus) ha tradizioni antichissime e viene utilizzato per curare diverse patologie. I mirtilli generalmente crescono nelle zone montane (sulle Alpi e gli Appennini), nei boschi e trovano la loro maggiore diffusione sui terreni ricchi di humus. Come riconoscerli? Sono dei piccoli arbusti appartenenti alla famiglia delle Ericacee, alti circa 60 cm. La loro fioritura avviene in primavera e si distinguono in tre differenti specie: mirtillo nero, rosso e blu. Secondo alcune recenti ricerche effettuate negli Stati Uniti, queste piccole bacche, sarebbero dotate di un enorme quantitativo di sostanze antiossidanti, in grado quindi di prevenire patologie cardiovascolari, proteggere dai tumori e addirittura ritardare il naturale processo di invecchiamento. Dunque hanno un duplice scopo: da una parte rappresentano una fonte di alimento, dall’altra vengono utilizzate come medicamento.

Le proprietà del mirtillo nero
Il mirtillo nero è quello maggiormente ricco di principi salutari. Infatti contiene zuccheri e molti acidi, in particolare l’acido citrico (che protegge le cellule) ma anche l’acido ossalico, l’idrocinnamico e il gamma-linolenico. L’acido ossalico è quello che conferisce il classico sapore asprigno del frutto; l’acido idrocinnamico è molto efficace perché è in grado di neutralizzare le nitrosammine cancerogene (prodotte nell’apparato digerente in conseguenza dell’ingestione di nitrati); l’acido gamma-linolenico invece è molto utile al sistema nervoso perché previene la nefropatia diabetica. Ma non è tutto: il mirtillo nero è particolarmente ricco di acido folico (una vitamina molto importante per le varie numerose funzioni che svolge) e contiene tannini e glucosidi antocianici, i quali oltre a dare al frutto il suo caratteristico colore, riducono la permeabilità dei capillari e ne rafforzano la struttura. Le antocianine infine, presenti in grandi quantità, rafforzano il tessuto connettivo che sostiene i vasi sanguigni e ne migliorano l’elasticità ed il tono. Riescono in tal modo a svolgere un’azione antiemorragica nonché contro i radicali liberi. Tutte questa sostanze poi favoriscono e aumentano la velocità di rigenerazione della porpora retinica, migliorando la vista specialmente la sera, quando c’è poca luce.

Le proprietà del mirtillo rosso
La differenza con il mirtillo nero non è da attribuire solo al colore e al sapore, ma anche alla consistenza delle foglie, che si presentano coriacee, lucenti e persistenti. Il mirtillo rosso (ricco di ferro, vitamina C e fibre) è diffuso in molte regioni dell’Europa e nelle zone collinari e montane dell’Italia (specialmente sulle Alpi e sugli Appennini settentrionali) e il terreno che predilige è quello soleggiato o parzialmente ombroso. I suoi frutti sono molto saporiti e generalmente vengono utilizzati per la preparazione di ottime marmellate. Questo è considerato dagli esperti un alimento sano e curativo. In medicina i mirtilli rossi vengono utilizzati al prevenire e curare le infezioni alle vie urinarie (in particolar modo la cistite provocata da Escherichia coli, riducendone la quantità nelle urine); la sua efficacia è apprezzabile anche per quanto riguarda le micosi e i virus. Quantità ridotte di mirtilli rossi possono ridurre il livello di calcio nell’urina, evitando situazioni di aggravamento, per chi soffre di calcoli renali. La sua utilità è dimostrata anche come coadiuvante in caso di diarrea, nelle stitichezze, e nei problemi legati al colon irritabile e alle emorroidi. Infine, i mirtilli rossi hanno anche la capacità di attenuare i piccoli inestetismi della pelle quale la couperose. Per quanto riguarda invece il loro utilizzo dal punto di vista alimentare, i mirtilli rossi vengono utilizzati per la preparazione di ottime marmellate, conserve e gelatine, o per essere gustate con l'aggiunta di un po' di succo di limone e zucchero, magari “accompagnate” da more e lamponi, a costituire la classica coppa di frutti di bosco, servita e consumate specialmente nelle località alpine. Anche la grappa che si ottiene dalla macerazione di questi frutti (con un alto grado alcolico), ha un sapore intenso e delicato e viene acquistata in grandi quantità dalle migliaia di turisti che si recano a soggiornare nei caratteristici paesini di montagna.

Mirtilli rossi per combattere la couperose
I mirtilli rossi, come accennato, hanno proprietà rinfrescanti, astringenti, toniche, e diuretiche e contengono numerosi principi attivi, fra cui le vitamine A e C, l'acido citrico e quello malico, la mirtillina, fosforo, calcio, manganese. L’azione di queste vitamine è apprezzabile soprattutto per quanto riguarda i problemi legati ai capillari (ne rinforza infatti le pareti). Ecco perché in caso di couperose vengono prescritte dagli specialisti, creme a base di mirtilli o rimedi quali quello di creare in casa una maschera per il viso contro questo in estetismo: in un quarto di litro di acqua, bollire un cucchiaio di bacche per 10 minuti. Schiacciarle, aggiungere 2 cucchiai di avena polverizzata e mescolare. Stendere sul viso tenendo per 15minuti. Infine sciacquare con acqua tiepida.

Mirtilli neri “toccasana” per l’insufficienza venosa
L’insufficienza venosa è un patologia che colpisce un gran numero di persone e secondo gli ultimi dati è una malattia in costante aumento. Molti sono dunque quelli che ne soffrono ma pochi sanno realmente come affrontarla e soprattutto come prevenirla. Un metodo sicuramente efficace e già testato è quello che ricorre alle proprietà benefiche del mirtillo, particolarmente indicato per i pazienti colpiti da insufficienza venosa. Sembra strano che una piccola pianta di 50 cm sia in grado di “aiutare” a migliorare e prevenire le patologie venose ma il mirtillo nero ha appunto queste proprietà. Ma quali sono quindi i vantaggi di questo frutto, rispetto all’insufficienza venosa? I frutti del mirtillo contengono molti acidi organici (malico, citrico ecc.), ma anche zuccheri, tannini, pectina, mirtillina (glucoside colorante), antocianine, vitamine A, C e, in quantità minore, la vitamina B: e quindi vengono considerati i protettori per eccellenza del microcircolo capillare, anche perché rappresentano un eccellente tonico venoso, grazie ai suoi principi attivi, quali gli antocianosidi, che conferiscono proprietà vitaminiche P, e quindi mantengono resistenti ed elastici i capillari e le pareti dei vasi sanguigni.

I benefici effetti di una tisana al mirtillo
Una buona tisana al mirtillo risulta particolarmente indicata contro gli eczemi e la forfora: proprio in virtù della sua azione purificante e curativa, essa è in grado di attenuare le eruzioni cutanee e la forfora. Per ottenere risultati apprezzabili, è opportuno berne 1 tazza 3 volte al giorno. In aggiunta, si può utilizzarla per effettuare impacchi e abluzioni.
Gli impieghi di una tisana al mirtillo sono diversi:
Tisana di mirtillo contro la dissenteria nei bambini piccoli soprattutto neonati e lattanti. La tisana deve essere molto forte e non addolcita.
Tisana di mirtillo contro le emorroidi: molto utile per lenire i dolori provocati dalle emorroidi: bere 1 tazza di tisana di foglie essiccate di mirtillo 3 volte al giorno, per un periodo di almeno 3 settimane.
Tisana di mirtillo contro disturbi alla vescica e ai reni: svolge un'azione antisettica sulle vie urinarie e le fortifica. In caso di cistite o debolezza cronica dei reni bere 1 tazza di tisana 3 volte al giorno.

Mirtillo per combattere l’Alzheimer
Gli ultimi dati giunti dall’America circa la prevenzione all’Alzheimer, indicano nel frutto del mirtillo nero (meglio se consumato sotto forma di tisana), un potente antidoto per migliorare la memoria ed ottenere un effetto positivo sull'equilibrio e sulla coordinazione motoria. Tale effetto è stato riscontrato dagli scienziati dell’Università Tufts, a Boston. Dopo aver sottoposto alcuni piccoli topi "anziani" ad una dieta arricchita di bacche blu, gli studiosi hanno osservato un notevole miglioramento delle loro attività motorie e comportamentali. Anzi, il processo di invecchiamento sembrava addirittura retrocedere. Le molecole responsabili di questo straordinario “ringiovanimento" sono le "antocianine", sostanze naturali che conferiscono al frutto il caratteristico colore azzurro, presenti, con una diversa percentuale, anche nelle fragole e negli spinaci. Le antocianine intervengono neutralizzando i radicali liberi, che “stressano” le cellule ,facendole invecchiare prima e spesso danneggiandone il Dna, fenomeno che porta alla degenerazione tumorale.

Utilizzo delle bacche di mirtillo sotto forma di salsa
Negli Stati Uniti la salsa che si ricava dai mirtilli, è entrata di prepotenza a far parte del pranzo del Giorno del Ringraziamento. La tradizione ci riporta che i Padri Pellegrini, appena sbarcati, utilizzassero spesso i mirtilli che crescevano abbondanti in quelle regioni. Si dice addirittura che, durante la Guerra di Secessione, nel Thanksgiving Day del 1864, il generale Grant ordinò che la salsa di mirtilli venisse servita alle truppe insieme al solito rancio…e da quel momento in poi non è stato più concepibile, secondo la tradizione, un pranzo del ringraziamento senza questo ingrediente. Ecco come preparare una veloce salsa ai mirtilli: sciacquare i mirtilli e scolarli; in una pentola scaldare l'acqua, unire lo zucchero e aspettare che si sia completamente dissolto. Quando il liquido raggiunge l'ebollizione, versate i mirtilli. Regolare il fuoco in modo che la salsa rimanga in ebollizione e cuocere fino a che i mirtilli non si aprono del tutto e non si raggiunge la consistenza desiderata. Togliere la pentola da fuoco, far raffreddare la salsa e metterla in frigorifero.
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LE GAMBE

Messaggioda Royalsapphire » 24/03/2015, 2:33



I DIVERSI TIPI DI DOLORE MUSCOLARE NEL CALCIATORE
Cause, significato e prevenzione


A cura di Egidio Sproviero
I carichi di lavoro imposti dalle sedute di allenamento o dalla partita possono indurre la comparsa di dolore muscolare a diversa localizzazione e a differente insorgenza temporale, ma comunque sempre interessante i gruppi muscolari maggiormente sollecitati. E' importante saper distinguere e differenziare la modalità di insorgenza del dolore e le sue correlazioni temporali con l'esercizio fisico. Infatti la comparsa di dolore muscolare a insorgenza acuta durante esercizio fisico generalmente è da ricondurre a trauma muscolare indiretto acuto nelle sue tre diverse varietà di gravità (distrazione, stiramento e rottura muscolare) o a crampo muscolare . Di diversa natura è l'insorgenza di dolore di origine miogena durante esercizio fisico strenuo e/o prolungato o subito dopo la fine della seduta di lavoro muscolare. Infine terza classe a se stante è costituita dal dolore muscolare a insorgenza tardiva . Nel presente articolo non sarà analizzato il dolore che consegue ai traumi muscolari indiretti, ma si focalizzerà l'attenzione sulle altre tre forme di dolore muscolare precedentemente menzionate.

Il dolore "durante" o "subito dopo" il lavoro muscolare

Questa forma di dolore può comparire nel calciatore allenato in determinate condizioni quali la particolare intensità del carico di lavoro (ripetute ad alta intensità su distanze brevi, lavoro di potenziamento muscolare con pesi, pliometria effettuata con o senza pesi) o quando la seduta di allenamento è stata particolarmente lunga anche se condotta a bassa intensità. Il dolore viene avvertito dal calciatore come una condizione di disagio che talvolta gli impedisce di ultimare la seduta o, una volta ritornato a casa, di svolgere anche semplici azioni della vita quotidiana quale il camminare.

Non sono ancora univocamente riconosciute le cause dell'insorgenza di questo tipo di dolore. Tuttavia notevole importanza a fini classificativi hanno le modalità di insorgenza. Esso può infatti comparire sia durante contrazioni muscolari ritmiche di tipo concentrico, sia durante contrazioni prolungate di tipo isometrico. Notevole importanza sembra avere la riduzione di flusso ematico al distretto muscolare impegnato e il dolore insorge subito dopo l'interruzione della contrazione muscolare, cioè quando il flusso riprende massivamente nel gruppo muscolare attivato (iperemia reattiva). Ciò potrebbe far pensare che il ridotto flusso ematico induca il muscolo a lavorare in condizione di anaerobiosi, con produzione di acido lattico e piruvico e che tali sostanze siano le responsabili dell'attivazione delle fibre nervose (terminazioni nervose libere di IV tipo) responsabili della rilevazione del dolore muscolare. Contrariamente a quanto diffusamente riferito da allenatori e preparatori atletici, non si può ricondurre l'insorgenza del dolore muscolare alla presenza nel muscolo di una sola sostanza, soprattutto non solo all'acido lattico. Le ricerche più attuali cercano di identificare una sostanza rilasciata dallo stesso muscolo in contrazione. Tuttavia nulla esclude che possano essere chiamati in gioco diversi fattori causali (vedi tabella).

Immagine


Indipendentemente dalle cause, è importante il saper riconoscere questo tipo di dolore muscolare in quanto esso rappresenta un campanello di allarme che indica il limite oltre il quale il prolungare la sollecitazione muscolare può indurre nello stesso muscolo un danno da trauma indiretto.

Il dolore muscolare a insorgenza tardiva

E' la forma di dolore muscolare cui si va frequentemente incontro nelle fasi iniziali della preparazione atletica precampionato, soprattutto quando il calciatore è stato completamente inattivo nel periodo di tempo che va dalla fine del campionato precedente alla fase di preparazione per quello successivo. Dal momento che oggi giorno è difficile che il calciatore sia completamente inattivo anche nel periodo tra due stagioni agonistiche successive, è la notevole riduzione dei carichi di lavoro durante il periodo di parziale inattività che rende l'apparato muscolare del calciatore non condizionato a sopportare le sollecitazioni indotte dalle prime sedute di allenamento stagionale. In tali condizioni il dolore compare generalmente nelle prime 24 ore che seguono la seduta di allenamento e tende a durare per 4 o 5 giorni con un picco compreso tra le 48 e le 72 ore. L'entità del dolore ha una tipica distribuzione a curva gaussiana, presentandosi sotto forma di iniziale fastidio fino a raggiungere un vero indolenzimento muscolare che limita addirittura l'escursione articolare nei giorni di picco, per poi decrescere fino a scomparire nei giorni successivi. Il principale responsabile della comparsa di tale tipo dolore muscolare è il lavoro effettuato con ripetizioni di tipo eccentrico.

Brevemente ricordiamo che durante la contrazione di tipo eccentrico il muscolo resiste attivamente all'allungamento, così come avviene per abbassare un peso, scendere le scale o correre in discesa. Soprattutto i percorsi tra i boschi, utilizzati nelle prime fasi della preparazione precampionato, ricchi di variazioni altimetriche (salite e discese) sono responsabili di ripetute sollecitazioni eccentriche dei muscoli degli arti inferiori, che avvengono - come si diceva - durante le corse in discesa sul terreno o scendendo rapidamente gradini.

Tuttavia non si può escludere che anche le sollecitazioni di tipo isometrico o concentriche, qualora siano intense e ripetitive, non possano far insorgere il dolore muscolare tardivo. Va però precisato che l'esercizio di tipo concentrico (quale la corsa in piano o in salita) può provocare dolore muscolare sia perché in esso sono comunque presenti fasi di esercizio eccentrico, sia perché sul muscolo si ripercuotono contraccolpi continui (reazioni vincolari della superficie su cui si corre) che lo stesso muscolo, non ancora elasticizzato in questa fase della preparazione, non è in grado di assorbire senza averne danno. Infine lo sforzo metabolico prolungato porterebbe alla formazione di radicali liberi dell'ossigeno che causerebbero la perossidazione della membrana cellulare del muscolo associata a dolore. Diverse sono invece le cause del dolore muscolare tardivo evocato da esercizio di tipo eccentrico. Si postula che tale tipo di esercizio induca delle lesioni ultrastrutturali del muscolo che danno origine a diversi tipi di risposta infiammatoria o a sostanze non infiammatorie ma capaci di stimolare o sensibilizzare i recettori del dolore.

Il dolore da crampo muscolare

Anche se questo tipo di dolore viene trattato per ultimo, esso non è ultimo per importanza. Infatti il crampo muscolare si caratterizza per un improvviso stato di contrazione muscolare che porta a accorciamento doloroso del muscolo interessato e l'intensità del dolore è tale da indurre l'atleta a interrompere lo svolgimento della corsa e a lasciarsi cadere a terra chiedendo il soccorso immediato dei compagni e del medico e del massaggiatore. La durata della sintomatologia dolorosa può essere tale da consigliare all'allenatore di effettuare, laddove è possibile, la sostituzione del calciatore preda dei crampi, dal momento che la sollecitazione del muscolo può nuovamente rinnovare l'intero corredo sintomatologico del crampo muscolare. Tale tipo di crampo da esercizio può essere scatenato dall'esercizio fisico prolungato (o non proporzionato alla condizione di allenamento del calciatore) o in condizioni ambientali sfavorevoli (clima caldo umido).

La localizzazione prevalente di tale tipo di crampi è il polpaccio (muscolo gastrocnemio) o i grossi muscoli della coscia (quadricipite). Indipendentemente dalla vera causa che induce il crampo muscolare (sono in voga diverse teorie), sembra invece accertato che il dolore sia dovuto all'intensa stimolazione dei meccanorecettori dovuta all'eccessiva contrazione muscolare. Il dolore è inoltre dovuto alla stimolazione delle fibre nervose sensitive libere (di III tipo). L'ischemia, la concentrazione di alcuni metaboliti e le microlesioni muscolari sono ulteriori fattori che inducono il dolore. Nella genesi del crampo muscolare giocano notevole importanza l'età del calciatore e la quota di magnesio circolante nel suo sangue (magnesiemia).

Misure per prevenire i dolori muscolari

Come si può dedurre da quanto precedentemente esposto, le tre forme di dolore muscolare hanno in comune solo la sintomatologia dolorosa, mentre diverse sono le modalità e le cause della loro insorgenza. Pur non potendosi rilevare, dallo studio della letteratura, un completo chiarimento sulle cause del dolore muscolare, si possono comunque mettere in atto alcune misure che possono in vario modo prevenire l'insorgenza del dolore muscolare.

Il dolore durante esercizio fisico, sempre ben distinto da quello insorto in seguito a trauma muscolare, può essere prevenuto commisurando l'entità del carico allenante (per intensità e durata) all'effettivo stato di fitness di ciascun calciatore che può essere valutato mediante mirate batterie di test da ripetersi durante i momenti topici della stagione calcistica. Senza dubbio uno dei momenti chiave in cui sottoporre il calciatore a test di valutazione funzionale è la fase di preparazione precampionato. Conoscere lo stato di fitness del calciatore è fondamentale per l'allenatore che deve programmare il ciclo di lavoro individuale e della squadra. E' indispensabile che in tale fase il lavoro venga programmato utilizzando circuiti in cui le fasi di lavoro concentrico siano prevalenti se non esclusivi rispetto a quelli eccentrici: in parole povere meglio far correre la squadra in piano e in salita piuttosto che sottoporre il gruppo a corse in discesa. Subito dopo la prima fase di condizionamento il gruppo sarà in grado di sopportare i carichi e le ripetute di tipo anaerobico. Nel condizionamento generale dei calciatori non dovranno mai mancare gli esercizi di stretching muscolare . L'elasticità del muscolo indotta attraverso la pratica di tale tipo di esercizi rappresenta anche una ottima prevenzione all'insorgenza dei crampi muscolari. Altre misure che si possono adottare per prevenire l'insorgenza dei crampi muscolari e del dolore ad essi connesso sono:

corretta idratazione con bevande moderatamente fresche (13-15° C) introdotte con regolarità (100-150 ml ogni 15 minuti)
Le bevande assunte devono avere la giusta concentrazione di maltodestrine e elettroliti (oltre a sodio, potassio e calcio, particolare attenzione si sta ora rivolgendo al magnesio)
Evitare le rapide modificazione di condizione di esercizio e i cambi di superficie su cui si effettua l'allenamento (da terra a erba e viceversa) che sono causa di microtraumatismi che possono innescare il dolore a genesi muscolare.

Bibliografia

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Griggs RC, Karpati G Muscle pain, fatigue, and mitochondriopathies. N Engl J Med (United States), Sep 30 1999, 341(14) p1077-8
Priscilla Clarkson: State of the science: Roundtable Role of Physical activity and exercise training in neuromuscolar deseases San Diego Hilton resort Hotel September 30, October 1-2, 2001
Petty R Evaluating muscle symptoms. J Neurol Neurosurg Psychiatry (England), Jun 2003, 74 Suppl 2 pii38-ii42



DOMANDE E RISPOSTE SUI CRAMPI: CAUSE, DIAGNOSI E TRATTAMENTO


A cura di Maura Peripoli

Un dolore improvviso, acuto, spesso lancinante al polpaccio, nella parte posteriore della coscia o al piede. Si presenta così il crampo, specialmente durante l’attività sportiva. Il dolore è persistente e non scompare nemmeno se ci si ferma: ecco questa “particolare” patologia si chiama appunto crampo. Si tratta di contrazioni involontarie, violente e inaspettate che generalmente si presentano durante uno sforzo, ma anche di notte, durante il sonno.

Le condizioni che creano l’insorgenza dei crampi sono molteplici:

una scarsa circolazione sanguigna fa sì che si verifichino durante la notte, quando la temperatura del corpo si abbassa; anche le condizioni climatiche possono “contribuire” a questa situazione perché il freddo agisce sulla circolazione del sangue, rallentandola;
quando si assume una posizione non naturale, la circolazione è ostacolata e possono insorgere contrazioni muscolari anomale;
anche i farmaci, specialmente i diuretici possono contribuire alla comparsa dei crampi e questo fenomeno rientra negli effetti collaterali del farmaco assunto;
l’eccessiva sudorazione provoca invece un’alterazione che fa contrarre il muscolo in modo anomalo.

Infine la situazione più comune: la fatica. Gli atleti e tutti coloro che praticano discipline sportive, durante i loro allenamenti, sono “soggetti” alla fatica e quando questa risulta esagerata rispetto al grado di allenamento personale (ciò riguarda soprattutto gli amatori), si creano alterazioni biochimiche e di conseguenza spasmi e contrazioni. I soggetti maggiormente a “rischio” di crampi improvvisi, sono quelli in soprappeso e le persone poco allenate che “improvvisano” programmi di allenamento senza andare per gradi e sottoponendosi a sforzi eccessivi. Ma vediamo nel dettaglio in cosa consistono i crampi e come affrontarli.

CRAMPI MUSCOLARI
Che cosa sono?
Per “crampo” si intende uno spasmo involontario della muscolatura striata, che insorge in modo repentino e doloroso presentandosi come una fitta acuta.
In breve si può definire come una “contrazione involontaria della muscolatura volontaria”. Quindi, il crampo muscolare è determinato da una contrazione muscolare involontaria, improvvisa e dolorosa. La causa può essere la fatica: infatti spesso si verificano durante o subito dopo un esercizio fisico. Uno squilibrio chimico, per esempio determinato da una sudorazione eccessiva, o affezioni vascolari possono determinare i crampi. Si pensa che il crampo che si presenta di notte possa essere causato proprio da problemi circolatori.

Considerazioni

Una cura per i crampi non esiste. Alcuni accorgimenti possono aiutare a prevenirli come bere una sufficiente quantità di liquidi quando fa caldo o, comunque quando si suda particolarmente. Utili sono anche esercizi di stretching prima e dopo l’attività fisica. Quando il crampo si presenta bisogna massaggiare la parte dolente, riscaldare e cercare di stirare il muscolo contratto facendo movimenti adeguati. Naturalmente se la causa è una patologia vascolare bisogna intervenire con cure mediche appropriate per curare la malattia.

Quali sono le cause dei crampi?
L’insorgenza dei crampi è dovuta più che ad una singola causa, a tutta una serie di fattori, alcuni dei quali non sono stati ancora chiariti. Sicuramente si può dire che queste contrazioni sono favorite dalla perdita di liquidi e sali minerali, fenomeno tipico durante la sudorazione, oppure a causa di problemi di circolazione. Generalmente soffrono più frequentemente di crampi coloro che praticano attività sportive particolarmente intense o in condizioni climatiche caldo-umide. Ma convivono con i crampi anche coloro che per problemi di circolazione, o per un respiro molto frequente (ventilazione inadeguata), determinando un impoverimento di ossigeno a livello dei tessuti.
La comparsa dei crampi è molto più frequente nei soggetti meno allenati o comunque meno predisposti a impegni muscolari molto intensi.

Quali rimedi per ridurre l’insorgenza dei crampi?
Se possibile praticare attività fisica in ambienti freschi e asciutti dove il normale processo fisiologico della sudorazione non è accelerato dal fattore clima. Abbinare alla pratica sportiva, ma anche alla vita di tutti i giorni, un adeguato reintegro di liquidi e Sali minerali, con cibi e bevande che contengano le giuste quantità di sodio, magnesio, calcio e potassio. Evitare di praticare attività fisica subito dopo aver mangiato. La digestione utilizza grandi quantitativi di sangue in circolo sottraendolo, nel momento dell’attività fisica, al tessuto muscolare.

Esiste una cura ad “hoc” per i crampi?
In soggetti sani non esistono cure contro i crampi che si manifestano generalmente con una certa regolarità in occasione di sforzi fisici prolungati. Il fatto che questo fenomeno tenda a ripetersi, indica che la causa non è da ricercare nello squilibrio chimico legato alla sudorazione perché in genere il fenomeno si verifica anche in condizioni climatiche normali. Non è utile assumere sali minerali in maniera esagerata, nella speranza di “evitare” il crampo, occorre piuttosto “modulare” il tipo di allenamento in base alla competizione che si vuole affrontare, perché, come detto sopra, questa patologia, colpisce in maggior misura, coloro che “vantano” uno scarso allenamento.

Cosa fare quando insorge il crampo? Come bisogna comportarsi?
È importante massaggiare subito la parte dolente, riscaldandola (non utilizzare il ghiaccio, molto indicato invece per le contratture).

Come alleviare il dolore e far rilassare il muscolo “colpito” dal crampo?
Dopo aver massaggiato la parte colpita, sarà sufficiente immergerla in acqua calda. Se il crampo ha colpito il piede occorrerà tirare con delicatezza l’alluce verso il corpo, piegando contemporaneamente il piede in avanti e indietro. Se invece è il polpaccio a soffrire, l’unico rimedio è mettersi in piedi e poggiare con tutto il peso del corpo sulla zona non “colpita”. Infine, se il crampo riguarda l’atteggiamento più corretto è quello di sdraiarsi massaggiando vigorosamente tutta la zona dolente. Gli specialisti consigliano anche l'applicazione locale di pomate antinfiammatorie.

Come riconoscere un crampo da una contrattura?
La diagnosi esatta viene fatta in base al dolore: nel caso di contrattura il soggetto a riposo non avverte dolore, al massimo un leggero fastidio, mentre nel caso di crampo, anche se si interrompe immediatamente l’attività sportiva che sta svolgendo, il dolore rimane molto forte ed è importante quindi provare a “stirare” il muscolo.

Ci sono dei cibi o delle bevande consigliate per curare la “patologia” crampi?
Sicuramente, eccole:

Verdure a foglia verde scura
banane
Latte
Formaggio
Yogurt
Pesce
Broccoli
Prodotti a base di sesamo
Uova
Fegato



IL LAVORO MUSCOLARE

Le cellule muscolari sono differenziate per svolgere la funzione di contrazione. In pratica esse possiedono la capacità di accorciarsi e questo comporta la generazione di una forza alle estremità della cellula stessa.

Generazione di forza

Se tutte le cellule muscolari di un muscolo si contraggono insieme, esse generano forza sui punti di inserzione ossea dei tendini e questo causa il movimento di un segmento corporeo.La generazione di forza da parte di una cellula muscolare è l’ultima tappa di una serie abbastanza complessa di eventi che possono essere schematicamente riassunti come segue:

al muscolo deve giungere, attraverso il nervo motore, un ordine per la contrazione; se il movimento è volontario l’ordine parte da una zona ben precisa del cervello.

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il segnale trasmesso dal nervo innesca nelle cellule muscolari una serie di reazioni chimiche che liberano energia chimica;
l’energia chimica si trasforma in energia meccanica causando accorciamento delle cellule muscolari.

L’evento 1 è più di pertinenza nervosa, mentre gli eventi 2 e 3 sono tipicamente di fisiologia muscolare in quanto descrivono il funzionamento del motore biologico.

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Per la spiegazione del funzionamento del motore può essere utile richiamare qualche analogia con il motore dell’automobile. Nel motore dell’automobile il combustibile si incendia per intervento dell’ossigeno, l’energia che ne deriva serve a muovere i pistoni. Come tutti sanno, questa reazione chimica di combustione libera energia in modo repentino, si parla infatti di motore a scoppio e tutti sanno anche che un motore deve disporre di un sistema di raffreddamento per dissipare la notevole quantità di calore che si libera nello scoppio.Anche nel motore biologico si verifica un processo di ossidazione di combustibile, tuttavia a differenza di quanto avviene nel motore a scoppio, non esiste una sola reazione chimica, ma una serie di molte reazioni chimiche concatenate: il risultato è che l'energia si libera in quantità distribuite nel tempo e questo evita un considerevole aumento di temperatura, il che comporterebbe una denaturazione irreversibile dei tessuti. Ovviamente parte dell’energia chimica si libera sotto forma di calore, ma l’organismo dispone di adeguati meccanismi per disperdere questo calore e quindi controllare la temperature corporea.

Esaminando più in dettaglio il funzionamento del motore biologico, si osserva che nelle cellule muscolari vi sono degli organelli, detti mitocondri , che rappresentano una vera e propria fornace ove si realizzano le varie tappe del metabolismo ossidativo.

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Mitocondrio

La molecola che entra nella fornace è sempre la stessa e può derivare dal metabolismo dei grassi, delle proteine e degli zuccheri. Questi tre gruppi di sostanze vengono anche indicati come substrato. La decisione di metabolizzare grassi, proteine o zuccheri è presa dalla cellula muscolare in base al tipo di attività fisica e alla disponibilità di substrato. Ad esempio, nell’esercizio di resistenza (corsa lunga, passeggiata in montagna), le cellule muscolari scelgono come substrato principale i grassi. Viceversa, nel lavoro di potenza esse scelgono gli zuccheri. Le cellule in effetti si servono di una miscela di substrati ove dominano ora i grassi ora gli zuccheri. La scelta delle proteine non è primaria, essa si verifica in due casi: come conseguenza del fatto che esiste notevole scarsità di zuccheri (ipoglicemia), in questo caso la cellula è costretta a distruggere proteine per formare zuccheri e distrugge in effetti tessuto proteico muscolare; nel secondo caso la cellula metabolizza proteine che provengono dal normale ricambio proteico. Bisogna infatti ricordare che le strutture proteiche sono sottoposte a carichi e manifestano “affaticamento meccanico” analogamente a quanto si verifica per le strutture di un aereo; le cellule provvedono quindi normalmente a distruggere le molecole proteiche parzialmente degradate e a sintetizzarne di nuove. In media il ricambio proteico è di 1g/kg al giorno, quindi in un soggetto di 70 kg il fabbisogno proteico giornaliero è di 70g.

L’energia che si libera in alcune delle reazioni concatenate indicate sopra viene usata dalle cellule muscolari per la sintesi di un composto che contiene tre gruppi fosforici indicato come ATP (adenosin trifosfato) che è altamente energetico. Infatti, l’ATP una volta formato, ha facilità a cedere un gruppo fosforico liberando energia.

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Questa reazione realizza nella cellula muscolare una modificazione della disposizione spaziale delle molecole fibrillari note come actina e miosina che si traduce in un accorciamento della cellula muscolare . L’accorciamento è temporaneo ed è seguito dal ritorno alla condizione di riposo (rilasciamento).

Fatica

La cellula muscolare manifesta il fenomeno della fatica che consiste nel fatto che malgrado venga stimolata non è più in grado di contrarsi; questo è ascrivibile ad una serie di fattori quali:

carenza di ATP
carenza di substrato che serve alla resintesi di ATP
acidosi da elevata concentrazione di acido lattico
alterazione della concentrazione di ioni intracellulari (sodio, potassio, calcio)
disidratazione

E’ importante ricordare che una volta generatisi, questi fattori non si rimuovono molto rapidamente. Sicuramente è necessario un tempo sufficientemente lungo da compromettere una prestazione agonistica. Il riposo rimuove questi fattori.

Rendimento

Quando si parla di un motore è utile proporre il concetto di rendimento, cioè il rapporto tra lavoro fatto ed energia totale spesa per compiere il lavoro. Il rendimento della cellula muscolare è piuttosto elevato, circa il 25%, paragonabile a quello di una dinamo e molto superiore rispetto a quello di un motore a scoppio. Tuttavia, il rendimento del muscolo durante l’esecuzione di movimento complesso come la marcia e la corsa è sorprendentemente molto più elevato, raggiungendo il 55-60%. Questo si realizza per un’azione combinata tra muscolo e tendine nella particolare condizione in cui il muscolo si allunga durante la contrazione. Si pensa più facilmente all’accorciamento di un muscolo durante la contrazione, ma è molto frequente il caso in cui un muscolo si contrae e si allunga. Ad esempio scendete un gradino abbassando la gamba destra, se contemporaneamente ponete la mano sulla coscia di sinistra potete rilevare la contrazione del muscolo quadricipite; siccome il ginocchio di sinistra è in flessione questo significa che il muscolo quadricipite si contrae e si allunga. Analogamente, durante un passo di corsa, la fissazione della gamba in appoggio si realizza con una certa flessione del ginocchio e contrazione del quadricipite. La stessa gamba in appoggio sarà poi quella che fornisce la spinta la quale si realizza con l’estensione della gamba causata dalla contrazione del quadricipite. Pertanto il muscolo quadricipite rimane in contrazione nella fase di appoggio (contrazione-allungamento) e nella successiva fase di estensione (contrazione-accorciamento): dal punto di vista meccanico, nella fase di contrazione-allungamento si immagazzina energia elastica che si libera nella successiva fase di estensione.
Questo meccanismo consente un notevole risparmio energetico in quanto la forza per l’estensione della gamba deriva da un recupero di energia elastica e non da attività metabolica. La conseguenza fisiologica di questo meccanismo è il basso costo energetico della marcia e della corsa: circa 1 kcal per kg di massa per km percorso. Per una persona di 70 kg ci vogliono 70 kcal per fare 1 km e 700 kcal per fare 10 km. Nella maggior parte dei casi le persone non sono in grado di fare 10 km e questo non perché non hanno a disposizione nel loro organismo substrato sufficiente a fornire 700 kcal. Infatti il nostro organismo dispone di una scorta di circa 500g. di zucchero che liberano 2000 kcal, e qualche chilo di grassi, diciamo 10 kg, corrispondenti a ben 9000 kcal. Quindi sulla base della quantità di zuccheri e lipidi, ci sarebbe una disponibilità pronto uso di 11000 kcal, utili a coprire qualcosa come 157 km. L’incapacità a coprire 10 km (o molto meno) dipende principalmente dalla scarsa efficienza del sistema "trasporto-utilizzo" dell’ossigeno.
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