Nutrienti, colesterolo e metabolismo dei lipidi

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Nutrienti, colesterolo e metabolismo dei lipidi

Messaggioda Royalsapphire » 02/03/2015, 1:48



I NUTRIENTI

Con il termine nutrienti si indicano le molecole semplici (quali glucosio, aminoacidi ecc.) e complesse (quali glucidi, proteine, vitamine, ecc.) che l'organismo è in grado di assorbire dagli alimenti che sono necessari per il metabolismo.


LE PROTEINE

Le proteine sono costituenti fondamentali degli organismi viventi, ed occupano una posizione "centrale" nell'architettura (proteine strutturali) e nelle funzioni della materia vivente (proteine funzionali, per es. enzimi, ormoni, fattori di crescita, vie coagulative, respirazione cellulare, proteine vettrici, ecc.). Nell'organismo umano le proteine rappresentano oltre il 50% dei componenti organici e circa il 14-18% (a seconda dell'età) del peso corporeo totale.

I LIPIDI

Comunemente chiamati grassi, i lipidi comprendono una grande varietà di molecole, accomunate dalla caratteristica di essere insolubili in acqua. I lipidi assolvono nell'organismo umano molte ed importanti funzioni.



I GLUCIDI

I glucidi, chiamati anche (impropriamente) carboidrati, sono sostanze chimiche composte da carbonio, idrogeno e ossigeno e possono essere definiti come derivati aldeidici e chetonici di alcoli polivalenti; svolgono una duplice funzione, plastica ed energetica: plastica, in quanto entrano nella costituzione di strutture essenziali per gli organismi viventi, energetica, in quanto forniscono all'organismo energia per le prestazioni funzionali.
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LA FIBRA

Col termine "fibra alimentare" si indicano i polisaccaridi non a base di amido componenti le pareti delle cellule, il parenchima o alcune secrezioni dei tessuti vegetali e la lignina che sono resistenti alla digestione da parte degli enzimi dell'intestino tenue dell'uomo.



LE VITAMINE

Sono sostanze organiche necessarie, anche se in piccole quantità, per le reazioni metaboliche generali, per l'accrescimento ed il normale livello di efficienza dell'organismo. Le vitamine possono essere liposolubili (solubili nelle sostanze grasse e nei solventi) e idrosolubili (solubili in acqua).



I MINERALI

I minerali sono sostanze micronutritive che non forniscono direttamente energia (a differenza di carboidrati, lipidi e proteine), ma la loro presenza è necessaria perché possano avvenire reazioni con liberazione di energia. L'organismo non è in grado di sintetizzare alcun minerale; è quindi necessario introdurli con alimenti e bevande.



L'ACQUA

Il 60% del peso corporeo è rappresentato dall'acqua. Questa percentuale è superiore nell'infanzia e diminuisce con l'avanzare dell'età e con l'aumento dei depositi adiposi. L'acqua è il solvente fondamentale per tutti i prodotti della digestione, regola il volume cellulare, la temperatura corporea, è essenziale per eliminare dall'organismo tutte le scorie metaboliche e permette il trasporto dei nutrienti. Diluisce inoltre le sostanze ingerite per via orale.
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I NUTRIENTI

Messaggioda Royalsapphire » 22/03/2015, 20:05



PROTEINE

Cosa sono le proteine

Le proteine sono fondamentalmente costituite da quattro elementi: carbonio, idrogeno, ossigeno ed azoto. Le molecole proteiche sono composte da unità di aminoacidi. Gli aminoacidi conosciuti sono numerosi, ma poco più di 20 (aminoacidi ordinari) sono rilevanti nell'alimentazione umana. Le proteine sono costituenti fondamentali degli organismi viventi, ed occupano una posizione "centrale" nell'architettura (proteine strutturali) e nelle funzioni della materia vivente (proteine funzionali), per es. enzimi, ormoni, fattori di crescita, vie coagulative, respirazione cellulare, proteine vettrici, ecc.). Nell'organismo umano le proteine rappresentano oltre il 50% dei componenti organici e circa il 14-18% (a seconda dell'età) del peso corporeo totale.

Fabbisogno proteico

Il fabbisogno di proteine è determinato da una serie di fattori tra cui le perdite obbligate di azoto, la qualità delle proteine, l'apporto calorico contemporaneo, lo stato fisiologico e l'attività fisica. Il fabbisogno proteico calcolato sulla base delle raccomandazioni LARN è indicato nella tabella:
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Chimica delle proteine

Gli aminoacidi componenti le proteine si uniscono fra loro con legami peptidici (-CO-NH-), dando origine a catene più o meno lunghe denominate peptidi. Il numero dei polipeptidi che si possono formare dai 20 aminoacidi ordinari è enorme e da qui la grande varietà di proteine esistenti e commestibili.Dal punto di vista funzionale gli aminoacidi utilizzati dall'uomo vengono classificati in essenziali, non-essenziali e semi-essenziali .
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Qualità delle proteine

Dal punto di vista chimico le proteine vengono raggruppate in due grandi categorie:

proteine semplici costituite da soli aminoacidi;
proteine coniugate , costituite da aminoacidi e da altri composti di natura diversa (tra cui la composizione delle membrane cellulari e degli acidi nucleici (DNA) ecc.

La qualità delle proteine è anche un concetto importante in campo nutrizionale e indica l'efficacia nutrizionale delle proteine; è funzione della composizione aminoacidica e della biodisponibilità delle proteine. La qualità delle proteine si misura con degli indici:

_indice chimico
_ digeribilità
_valore biologico
_utilizzazione proteica netta


INDICE CHIMICO:
E' dato dal rapporto tra la quantità di un dato aminoacido in un grammo della proteina in esame e la quantità dello stesso aminoacido in un grammo di una proteina di riferimento biologica (dell'uovo, del latte). Questo indice viene utilizzato per valutare la capacità di una data proteina, o anche di una miscela di proteine contenuta in un dato alimento, di garantire il fabbisogno di aminoacidi essenziali; esso tuttavia non tiene conto di fattori biologici quali la digeribilità, e l'utilizzazione corporea delle proteine.

DIGERIBILITA':
E' il rapporto tra l'azoto proteico assorbito e la quantità d'azoto proteico ingerito, corretta per le perdite metaboliche dell'azoto con le feci. In generale le proteine animali sono caratterizzate da una digeribilità superiore a quelle vegetali. I prodotti integrali per il loro elevato contenuto di fibra possono portare ad una ulteriore diminuzione dell'assorbimento di proteine in esso contenute.

VALORE BIOLOGICO:
Indica la qualità d'azoto assorbito da una proteina che è stato trattenuto per il mantenimento e/o l'accrescimento.Il valore biologico esprime la completezza di una proteina cioè la presenza di tutti gli aminoacidi essenziali , nelle proporzioni ottimali ai fini delle sintesi proteiche corporee.Le proteine animali hanno un valore biologico superiore a quelle vegetali e dal punto di vista della composizione in aminoacidi essenziali vengono definite complete mentre quelle vegetali sono incomplete.Proteine complete ed incomplete possono tuttavia essere associate nello stesso pasto in modo da ottenere un apporto aminoacidico completo.

UTILIZZAZIONE PROTEICA NETTA:
Si riferisce al rapporto tra l'azoto ingerito e quello trattenuto e viene calcolato tenendo conto sia del valore biologico che della digeribilità di una proteina. Viene utilizzato nella definizione del fabbisogno proteico considerando nella popolazione l'assunzione di una dieta mista, composta da proteine sia animali che vegetali.


INTEGRATORI PLASTICI: LE PROTEINE
a cura del dottor Ubaldo Garagiola

Il fabbisogno proteico giornaliero per un atleta che si alleni regolarmente, indipendentemente dal tipo di sport (potenza o endurance), arriva a 1.7 g per kg di peso.

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Questo dato va modificato se l'apporto alimentare avviene mediante cibi dal contenuto in proteine a basso valore biologico, come cereali e legumi.

Se il fabbisogno calorico quotidiano dell'atleta è elevato non è difficile arrivare a coprire le necessità plastiche proteiche con l'alimentazione (latte, uova, carne e pesce sono gli alimenti principali).
Per atleti viceversa il cui impegno fisico sia regolare e quotidiano, ma senza un grosso dispendio energetico , come avviene ad esempio quando l'allenamento sia mirato principalmente ad un potenziamento della forza (e quindi ad un incremento delle masse muscolari), può risultare più difficile riuscire ad assicurare all'organismo tutti i "mattoni" di cui ha bisogno.

L'assunzione di integratori proteici è maggiormente indicata dopo l'allenamento, quando vengono innescati i processi anabolici ; inoltre è importante associare all'apporto proteico anche un adeguato apporto di vitamine del gruppo B (in particolare B6, B9 e B12), necessarie all'organismo per utilizzare le proteine ed avviare i processi di "ricostruzione" del tessuto muscolare.Il ricorso ad integratori richiede necessariamente una valutazione globale dell'apporto proteico alimentare, onde evitare il rischio di esagerare e sovraccaricare così il rene nel suo lavoro di smaltimento delle scorie azotate. E' inoltre buona regola assumere questi integratori con abbondante acqua (e mai durante l'allenamento, ma dopo circa una o due ore).
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I NUTRIENTI

Messaggioda Royalsapphire » 22/03/2015, 20:14



I LIPIDI (GRASSI)
Cosa sono

Comunemente chiamati "grassi", i lipidi comprendono una grande varietà di molecole, accomunate dalla caratteristica di essere insolubili in acqua. I lipidi più importanti dal punto di vista dell'alimentazione umana sono:



Trigliceridi
Fosfolipidi
Colesterolo

Funzionalità
I lipidi assolvono nell'organismo umano molte ed importanti funzioni:

apporto energetico (un grammo fornisce 9 kcal)
forniscono gli acidi grassi essenziali all'organismo
favoriscono l'assorbimento intestinale delle vitamine liposolubili
sono componenti fondamentali delle membrane cellulari in tutti i tessuti
gli acidi grassi polinsaturi appartenenti alle famiglie n6 ed n3 sono precursori di composti che nell'organismo svolgono importanti funzioni regolatorie.
influenzano l'assetto lipidico ematico

Fabbisogno

L'apporto calorico assunto con i lipidi rispetto al totale dovrebbe essere circa il 30% nell'infanzia e nell'adolescenza e il 25% nell'età adulta. Queste indicazioni percentuali, se applicate nel contesto di regimi alimentari normali, sono sicuramente preziose per la tutela della salute. Più complesse e articolate risultano le indicazioni riguardanti la qualità dei lipidi da assumere e i rapporti tra gli acidi grassi saturi, insaturi, polinsaturi in generale e in particolare tra quelli essenziali.

L'apporto di acidi grassi saturi non dovrebbe superare il 10% delle calorie totali del regime alimentare.
La quota di acidi grassi cis-monoinsaturi può essere maggiore (circa 12% ). Tra i monoinsaturi, l'acido oleico dovrebbe essere privilegiato in quanto viene prontamente ossidato o immagazzinato nelle riserve da cui può essere facilmente dismesso quando c'è necessità energetica da coprire.
Per quanto riguarda i polinsaturi la quantità raccomandata è minore del 10% delle calorie totali giornaliere a causa della loro suscettibilità all'ossidazione. Le alterazioni ossidative favoriscono infatti la produzione di derivati (perossidi) potenzialmente tossici ed in grado di favorire i processi aterosclerotici e di invecchiamento. Un eccesso di polinsaturi potrebbe inoltre favorire modificazioni in senso litogenico della bile e la cancerogenesi intestinale.
Per quanto riguarda il fabbisogno di acidi grassi essenziali , viene raccomandato un apporto quotidiano di 4,5-6 e di 1-1,5 grammi rispettivamente nelle femmine e nei maschi adulti.

I trigliceridi
Sono esteri del glicerolo con tre acidi grassi. Gli acidi grassi sono caratterizzati dalla diversità di lunghezza della catena (acidi a corta, media e lunga catena) e dalla presenza, numero e posizione di doppi legami tra gli atomi di carbonio delle catene idrocarburiche.In base a queste caratteristiche chimiche gli acidi grassi si dividono in:

saturi (privi di doppi legami)
monoinsaturi (con un solo doppio legame)
polinsaturi (con due o più doppi legami)

La lunghezza della catena degli acidi grassi ed il rapporto saturi-insaturi presenti in un grasso ne influenzano lo "stato fisico". Ha particolare importanza il punto di fusione in base al quale si distinguono i grassi propriamente detti, solidi a temperatura ambiente e caratterizzati da una prevalenza di acidi grassi saturi, e gli oli, liquidi a temperatura ambiente, caratterizzati da una prevalenza di acidi grassi insaturi.

Vi sono degli acidi grassi essenziali che devono cioè essere introdotti con l'alimentazione, quali gli acidi grassi poinsaturi (acido linoleico e acido alfa-linolenico). Gli acidi grassi essenziali linoleico e linolenico possono essere convertiti nell'organismo in altri acidi grassi polinsaturi definiti essenziali di derivazione, indispensabili per la biosintesi degli eicosanoidi (prostaglandine, prostacicline, trombossani e leucotrieni), metaboliti attivi in molte importanti funzioni corporee tra cui la contrazione della muscolatura liscia, l'aggregazione piastrinica, la risposta infiammatoria, ecc. Gli acidi grassi di derivazione divengono "essenziali" (e devono quindi essere introdotti con l'alimentazione) quando il metabolismo degli acidi grassi da cui derivano sia alterato. Per la sintesi dei derivati sono infatti necessari alcuni enzimi che con l'età non sono più presenti. Un'alimentazione corretta deve tener conto di questi fenomeni.

I fosfolipidi
Sono esteri del glicerolo con acidi grassi in posizione 1 e 2 e con acido fosforico nella posizione 3. Quest'ultimo è legato a sua volta a basi amminiche di basso peso molecolare. Sono componenti fondamentali delle membrane cellulari e dei complessi lipoproteici coinvolti nell'assorbimento e nel trasporto dei lipidi.

Il colesterolo
E' un alcol a struttura complessa e particolare. Oltre ad essere introdotto con gli alimenti di origine animale (colesterolo esogeno) il colesterolo viene sintetizzato a livello epatico (colesterolo endogeno ). Esiste un rapporto inverso tra introito dietetico e sintesi endogena epatica del colesterolo che costituisce un meccanismo di controllo sui livelli di colesterolemia. Esso tuttavia presenta una notevole variabilità individuale.

ll colesterolo svolge nell'organismo molteplici funzioni: oltre ad essere un componente essenziale delle membrane strutturali delle cellule, è necessario alla biosintesi di vari composti a struttura steroidea (acidi biliari, ormoni surrenalici, androgeni, estrogeni e progesterone) ed è inoltre il precursore della vitamina D.

I livelli di colesterolemia, oltre che all'apporto di colesterolo direttamente assunto con la dieta, sono sensibili anche ad altre influenze nutrizionali , tra cui l'apporto di acidi grassi saturi (che lo fanno aumentare) e quello di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi (che lo fanno diminuire). Anche la fibra può ridurre i livelli di colesterolemia (in quanto è in grado di ridurre il riassorbimento degli acidi biliari o dello stesso colesterolo, oppure di modificare la flora batterica e quindi indirettamente il riassorbimento degli acidi biliari e del colesterolo).

Anche alcuni fitosteroli, sostanze naturali presenti in vari alimenti di origine vegetale, hanno un effetto competitivo con il colesterolo a livello dei recettori e/o dell'assorbimento intestinale. Particolarmente attivo, per questa funzione, è il beta-fitosterolo, che, in opportune quantità, può influenzare i livelli ematici di colesterolo, riducendone appunto l'assorbimento. L'olio di oliva extravergine, dove il processo raffinazione è molto limitato può avere contenuti di fitosteroli nutrizionalmente preziosi per il controllo della colesterolemia.

METABOLISMO DEI LIPIDI (GRASSI)

Nell'organismo umano i lipidi sono componenti strutturali delle membrane cellulari, costituiscono una forma di immagazzinamento dell'energia e sono i precursori di molte importanti molecole.

I lipidi (grassi) sono costituiti da lunghe catene di idrocarburi, sono untuosi al tatto e insolubili in acqua. Vengono classificati in tre gruppi principali:

LIPIDI SEMPLICI Trigliceridi (glicerolo più acidi grassi)
LIPIDI COMPOSTI Fosfolipidi e lipoproteine
LIPIDI DERIVATI Colesterolo

LIPIDI SEMPLICI

Sono costituiti principalmente da trigligeridi, i grassi più rappresentati nell'organismo (95% dei grassi corporei). La molecola dei trigliceridi risulta dal legame tra il glicerolo e gli acidi grassi.

Gli acidi grassi vengono definiti saturi quando la loro struttura chimica non contiene doppi legami, insaturi se sono presenti uno o più doppi legami all'interno della loro struttura chimica. La presenza o meno dei doppi legami è importante, in quanto è dimostrato che gli acidi grassi saturi aumentano il livello di colesterolo e di lipoproteine LDL nel sangue, favorendo il processo aterosclerotico. Gli acidi grassi insaturi tendono invece a fare diminuire questi livelli. Alcuni acidi grassi poliinsaturi sono nutrienti essenziali perché non possono essere sintetizzati da mammiferi. Gli acidi grassi insaturi sono contenuti nei grassi di origine vegetale, per lo più liquidi a temperatura ambiente (oli) e nei pesci, mentre gli acidi grassi saturi sono presenti nei prodotti di origine animale e nei grassi di condimento che sono solidi a temperatura ambiente (burro, lardo, margarina, ecc.).

Gli acidi grassi sono precursori di alcune sostanze, come ad esempio le prostaglandine , una serie di composti distribuiti diffusamente nelle cellule dell'organismo il cui compito è di stimolare la contrattura delle cellule muscolari e di modulare le risposte delle cellule ad alcuni tipi di stimoli.

LIPIDI COMPOSTI

I lipidi composti sono rappresentati da trigliceridi legati ad altri composti.

Fosfolipidi
Contengono molecole di acidi grassi legate ad un gruppo fosforico e ad una base azotata. Vengono sintetizzati all'interno delle cellule, in particolare nel fegato. Per la loro maggiore solubilità facilitano il trasporto degli altri grassi, ma il loro compito principale è di formare le membrane cellulari, in particolare la membrana dei globuli rossi e la mielina , che è la membrana delle cellule nervose.

Lipoproteine
Poiché i lipidi hanno la caratteristica è di essere insolubili in ambienti acquosi, per essere trasportati nell'organismo necessitano di molecole che fungono da carriers , cioè da trasportatrici. Ecco perché nel plasma, cioè la parte liquida del sangue, i grassi, insolubili, sono presenti come composti, le lipoproteine.

Le lipoproteine sono costituite da trigliceridi, colesterolo, fosfolipidi e apoproteine. Vengono classificate comunemente mediante elettroforesi in base alle loro proprietà chimiche in:

Chilomicroni (cioè trigliceridi e, in quantità minore, colesterolo e fosfolipidi). Si formano in seguito all'emulsione di gocce di lipidi che lasciano l'intestino prendendo la strada dei dotti linfatici. I chilomicroni vengono assunti dal fegato che che li metabolizza e li trasforma per essere successivamente immagazzinati come grasso di deposito. Hanno la funzione di trasportare le vitamine liposolubili (solubili in grasso): A, D, E, K.
HDL (lipoproteine ad alta densità). Sono prodotte a livello epatico e del piccolo intestino. Sono denominate "colesterolo buono " perché rimuovono il colesterolo dalla parete delle arterie e lo riportano, attraverso la circolazione, al fegato dove viene usato per la formazione della bile.
LDL (lipoproteine a bassa densità) e VLDL (lipoproteine a densità molto bassa) contengono una maggiore percentuale di lipidi e di colesterolo e una minore quantità di proteine.

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Le lipoproteine LDL manifestano un'affinità per le cellule dell'endotelio delle arterie, liberano colesterolo in questa sede dove, in caso contrario, può essere parzialmente ossidato o partecipare ad un processo di proliferazione cellulare da cui deriva un'alterazione funzionale della parete arteriosa e un restringimento del lume del vaso.

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LIPIDI DERIVATI

Contengono sostanze derivate da lipidi semplici e complessi. Il più noto è il colesterolo , uno sterolo che si trova esclusivamente nei tessuti animali.

Colesterolo E' stato isolato nel 1784 da un calcolo biliare, come dice l'etimologia del colesterolo:Contrariamente alla credenza diffusa, il colesterolo non è necessariamente dannoso, anzi è molto utile all'organismo. Svolge funzioni essenziali al metabolismo:

è un elemento strutturale delle membrane cellulari
è necessario per la sintesi degli ormoni steroidei
è il precursore della vitamina D
è il materiale di partenza per la biosintesi degli acidi biliari.

Il colesterolo può essere di provenienza endogena (cioè essere sintetizzato direttamente dalle cellule) oppure di provenienza esogena (cioè provenire dalla dieta). La sintesi endogena aumenta se aumenta l'apporto di acidi grassi saturi con la dieta. L'entità della sintesi endogena soddisfa normalmente le necessità organiche; perciò, anche in assenza di colesterolo nella dieta, non esiste condizione di pericolo, escluso nell'età pediatrica.

Le maggiori fonti di colesterolo nella dieta sono indicate in tabella:
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Funzione dei lipidi nell'organismo

Le principali funzioni dei lipidi nell'organismo sono:

riserva energetica
protezione meccanica per alcuni organi
strato isolante dal punto di vista termico

Riserva energetica
Rappresentano un substrato ideale dal punto di vista energetico per le cellule in quanto possono liberare una grande quantità di calorie per unità di massa. Il valore calorico che liberano è più del doppio di quello degli zuccheri e delle proteine.

Protezione meccanica
Circa il 4% del grasso corporeo è messo a protezione meccanica di organi importanti come cuore, fegato, reni, milza, cervello e midollo spinale.

Isolamento termico
I grassi di deposito sottocutaneo svolgono l'importante funzione di isolamento termico, specialmente dal freddo, anche se un eccesso di massa grassa può costituire un ostacolo alla termoregolazione.

Apporto di lipidi con la dieta
L'apporto calorico assunto con i lipidi rispetto al totale dovrebbe essere circa il 30% nell'infanzia e nell'adolescenza e il 25% nell'età adulta. Queste indicazioni percentuali, se applicate nel contesto di regimi alimentari normali, sono sicuramente preziose per la tutela della salute. Più complesse e articolate risultano le indicazioni riguardanti la qualità dei lipidi da assumere e i rapporti tra gli acidi grassi saturi, insaturi, polinsaturi in generale ed in particolare tra quelli essenziali.
L'apporto di acidi grassi saturi non dovrebbe superare il 10% delle calorie totali del regime alimentare.
La quota da acidi grassi cis-monoinsaturi può essere maggiore (circa 12%). Tra i monoinsaturi, l'oleico è prontamente ossidato o immagazzinato e dismesso dalle riserve quando c'è una necessità energetica da coprire e pertanto dovrebbe essere privilegiato.
Per quanto riguarda i polinsaturi, la quantità raccomandata è minore del 10% delle calorie totali giornaliere a causa della loro suscettibilità all'ossidazione. Le alterazioni ossidative favoriscono infatti la produzione di derivati (perossidi) potenzialmente tossici ed in grado di favorire i processi aterosclerotici e di invecchiamento. Un eccesso di polinsaturi potrebbe inoltre favorire modificazioni in senso litogenico della bile e la cancerogenesi intestinale.
Per il fabbisogno di acidi grassi essenziali viene raccomandato un apporto quotidiano di 4,5-6 e di 1-1,5 grammi rispettivamente nelle femmine e nei maschi adulti.

Per quanto riguarda il colesterolo, la quantità da assumere senza rischio per soggetti normali non dovrebbe superare i 300 mg al giorno.
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I NUTRIENTI

Messaggioda Royalsapphire » 22/03/2015, 20:27



CONTROLLO DEL COLESTEROLO

L'identificazione dell'ipercolesterolemia quale fattore di rischio cardiovascolare è il risultato di una lunga serie di studi epidemiologici che hanno messo in evidenza la correlazione tra i valori del colesterolo nel plasma ed eventi ischemici cardiovascolari, in primo luogo l'infarto del miocardio e la mortalità cardiovascolare, della quale l'infarto miocardico e l'ictus cerebri costituiscono le cause più frequenti.

Inoltre da questi studi è emerso che i vari fattori di rischio in questione (ipertensione, fumo, diabete, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica oltre che bassi livelli di HDL e sesso maschile) si potenziano a vicenda, per cui tanto più numerosi sono i fattori di rischio in un singolo individuo, tanto maggiore sarà la probabilità di morte per cause cardiovascolari.

Brevi cenni sul killer delle arterie

Il colesterolo è una sostanza, presente in tutte le cellule dell'organismo. Esso svolge molte e importanti funzioni all’interno delle stesse: serve per la sintesi di alcuni ormoni, gioca un ruolo fondamentale nella produzione della vitamina D, è un costituente delle membrane cellulari e di vari tessuti.

Il colesterolo deriva da due fonti principali:

in parte è prodotto dall'organismo, soprattutto nel fegato
in parte si trova nei cibi di origine animale.

Nel sangue è veicolato da particolari proteine, le "lipoproteine". Ne esistono 2 tipi:

Le lipoproteine ad alta densità (HDL), prodotte nel fegato, che trasportano il cosiddetto "colesterolo buono": sembra che esse rimuovano il colesterolo in eccesso e lo trasportino al fegato dove viene eliminato.
Le lipoproteine a bassa densità (LDL) trasportano il cosiddetto "colesterolo cattivo", distribuendolo a tutti gli organi. Se questo colesterolo è presente in eccesso, esso tende a depositarsi sulla parete interna delle arterie, formando la famigerata "placca aterosclerotica".

Sulla base della loro origine le ipercolesterolemie possono essere distinte in primitive e secondarie.
Le seconde sono causate da altre affezioni in grado di influenzare il metabolismo delle lipoproteine (cirrosi biliare primitiva, epatopatie con stasi biliare, diabete mellito, ipotiroidismo, sindrome nefrosica, uso prolungato di farmaci come i cortisonici e contraccettivi orali). Le prime invece sono quelle non associate a malattie che possono alterare il metabolismo lipidico.

Le ipercolesterolemie primitive comprendono l'ipercolesterolemia poligenica (> 85% dei casi) e le ipercolesterolemia familiari (15% ca.) L'ipercolesterolemia poligenica è una malattia ad eziologia multifattoriale, causata da fattori ambientali (dieta ad alto contenuto di grassi saturi e inattività fisica) che agiscono in presenza di fattori genetici predisponenti. La concentrazione di colesterolo totale è di solito compresa mediamente tra i 240 e 350 mg/dl, anche si considerano preferibili, di massima, valori inferiori ai 200 mg.
I grassi saturi sono particolarmente abbondanti nella carne, nel latte e derivati, nelle uova. Al contrario i grassi polinsaturi, ricchi di doppi legami, contenuti negli oli vegetali e nel pesce svolgono un ruolo protettivo nei confronti dell'ipercolesterolemia; fa eccezione l'olio d'oliva, poiché l'acido oleico contiene un solo doppio legame.
L’ipercolesterolemia familiare, è associata ad una mutazione del gene che codifica il recettore delle LDL. La forma eterozigote ha una incidenza di 1 caso ogni 500 individui, mentre la forma omozigote è molto più rara (1 caso ogni milione di individui). I livelli plasmatici di colesterolo totale nel sangue sono circa 275-500 mg/dL negli eterozigoti e negli omozigoti >500 mg/dL.

I farmaci indicati per il trattamento dell'ipercolesterolemia comprendono: statine, fibrati, resine a scambio ionico, ezetimibe (di recente commercializzazione), probucolo, acido nicotinico.

Una classe di molecole dalle molte facce: le Statine

Negli ultimi vent'anni sono state acquisite conoscenze di rilievo sulla prevenzione in campo cardiaco.
Tra le molecole più promettenti che non hanno deluso le aspettative e che al contrario hanno dato e sembra abbiano ancora tanto da dare, vi sono gli inibitori dell'HMG CoA reduttasi (enzima che catalizza, negli epatociti, la trasformazione dell'idrossi metil glutaril coenzima A in mevalonato, precursore del colesterolo) ovvero le tanto acclamate Statine.
Il loro potenziale benefico è ormai comprovato ed assodato nel campo della salute cardiovascolare. La produzione di questi risultati è dunque il frutto di questa“nuova “classe di farmaci

In contrasto con la precedente teoria, secondo cui era l'accrescersi della placca aterosclerotica a produrre ischemia a livello dei vasi sanguigni, ora si sa che il vaso si rimodella e una riduzione del flusso si verifica solo in condizioni di aumentata richiesta di sangue. Il pericolo non sta perciò nell'aumento di volume della placca, quanto nella destabilizzazione della placca, che si frammenta, liberando sostanze trombogeniche con conseguente drastica riduzione del lume del vaso La placca instabile tra l’ altro è spesso piccola, ma suscettibile alla rottura.

Non solo Colesterolo

Il rischio di incorrere in un evento ischemico cardiaco o cerebrale non è quindi appannaggio solo di chi ha un colesterolo alto; la consapevolezza di questo dato ha di recente risvegliato l'interesse dei ricercatori per la proteina C reattiva, un marker infiammatorio la cui aumentata presenza nel siero avrebbe valore prognostico sfavorevole per la coronaropatia. Le statine sono in grado di abbassare i livelli di PCR, facendo ipotizzare che il loro effetto protettivo cardiovascolare si esplichi anche mediante una soppressione dell'infiammazione. Il dosaggio della PCR potrebbe essere un criterio aggiuntivo per indirizzare la prescrizione delle statine.
D'altra parte, l'incertezza sul meccanismo con cui diminuiscono la proteina C reattiva, pone qualche interrogativo sulla pertinenza di un'estensione del loro utilizzo.
Le ipotesi prospettate sono due: secondo la prima, la risposta di fase acuta dell'infiammazione arteriosa sarebbe innescata dal deposito nella placca di LDL ossidate; per la seconda ipotesi, invece, altri stimoli renderebbero cronica la risposta di fase acuta contribuendo all'aterogenesi in persone predisposte o iperlipidemiche.
Tali stimoli sarebbero identificabili nel fumo, in ripetute infezioni mucose (come bronchiti, gastriti, periodontiti), nell'invecchiamento stesso (con l'accumulo di stress ossidativo), nella menopausa (col calo degli estrogeni che mediano la produzione di NO), nell'obesità, nei prodotti di glicazione del diabete, nell'alta concentrazione plasmatica di omocisteina.
Le due ipotesi possono non escludersi reciprocamente; tuttavia, se il modo di agire prevalente fosse il primo, una terapia con statine anche ad alte dosi non interferirebbe con i meccanismi reattivi alle infezioni e adattativi allo stress; se invece le statine inibissero direttamente la risposta infiammatoria coi suoi effetti benefici, vi sarebbe motivo per limitare il loro impiego. Una prima prova che questo rischio non sussiste viene da un recente confronto tra soggetti in terapia concomitante con statine e soggetti non trattati con questi farmaci, in termini di mortalità ospedaliera in corso di batteriemia (3 per cento contro 20 per cento).

La lista delle indicazioni si potrebbe allungare

Grazie ai loro effetti pleiotropici, le statine si stanno dimostrando promettenti anche nella prevenzione del diabete mellito, dell'osteoporosi, dell'Alzheimer e della demenza in generale, della sclerosi multipla, di alcune neoplasie.
Sono poi in grado di inibire la proliferazione di linfociti e altre cellule mononucleate del sangue, tanto da essere ora allo studio per un possibile impiego nella terapia delle leucemie. Le proprietà antireattive per esempio della pravastatina, fa sì che essa riduca l'incidenza di rigetto nei trapiantati di cuore e di rene.


Il mantenimento di livelli di colesterolo ematico entro i limiti della normalità si associa ad una sensibile riduzione dei casi di ictus cerebrale ed infarto miocardico.

Tale effetto è tanto più importante quanto più è precoce la correzione dei livelli dei lipidi plasmatici e quanto più è giovane la persona.La valutazione del profilo lipidico comprende:

Colesterolo totale (CT) soprattutto per valori di poco superiori alla norma non permette una diagnosi precisa senza il dosaggio dei parametri sotto indicati.
Trigliceridi (TG) connessi all'introito alimentare di grassi
Colesterolo HDL cosiddetto "colesterolo buono", valori elevati (> 35 mg/dl) hanno effetto Protettivo nei confronti di malattie cardiovascolari
Colesterolo LDL quota del colesterolo totale associata all'aumentato rischio di malattie cardiovascolari

Fattori di rischio aggiuntivi che influenzano la prognosi del soggetto affetto da ipercolesterolemia:

Età maggiore di 45 anni per gli uomini e 55 per le donne
Familiarita per cardiopatia ischemica
Fumo di sigaretta · Ipertensione arteriosa · Basso colesterolo HDL (<35 mg/dl)
Diabete mellito

Classifica dei valori del profilo lipidico secondo il National Cholesterol Education Program (USA)
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L’altra faccia della medaglia: gli effetti collaterali

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La via epatica di degradazione delle statine può indurre un incremento delle transaminasi, soprattutto se vi è concomitante un abuso di alcolici.
Nell'uno per cento dei pazienti trattati con statine, il valore delle transaminasi può essere fino a tre volte quello normale: in tal caso il farmaco va sospeso e in genere gli enzimi si normalizzano in breve tempo.
Quando una statina non subisce il metabolismo di primo passaggio epatico, si concentra nel sangue e determina più facilmente una miopatia, l'effetto avverso più grave, caratterizzata da dolore o debolezza associati a livelli di creatin chinasi (CK) dieci volte superiori alla norma. In monoterapia l'incidenza di miopatia è di un paziente su 1.000 e la sua sospensione consente la restitutio ad integrum ovvero la normalizzazione, se la miopatia non viene riconosciuta e il farmaco viene continuato, si può arrivare alla rabdomiolisi (1/100.000) e all'insufficienza renale. Le transaminasi andrebbero misurate prima di intraprendere il trattamento e controllate periodicamente. Potrebbe essere utile anche il dosaggio iniziale di CK, ma non il suo successivo monitoraggio, poiché la miopatia grave si instaura improvvisamente.

Il gioco vale la candela

Secondo stime prodotte dal Gruppo di studio per le malattie dismetaboliche e l'arteriosclerosi, le statine vanno prescritte a tutti coloro che hanno un rischio globale di malattia coronarica superiore al 20 per cento in dieci anni, calcolato con algoritmi specifici (www.torrinomedica.it/studio/rischio.htm).
Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, si segnala la possibilità che nel post infarto vengano giudicati normocolesterolemici pazienti che lo sono solo transitoriamente a causa delle modificazioni lipoproteiche indotte dall'evento ischemico; la cura con statine iniziata già in ospedale ridurrebbe invece la mortalità per successivo attacco cardiaco di un quarto.

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Attuali criteri di prescrizione delle Statine

Gli organismi internazionali hanno messo a punto uno schema di terapia preventiva per la cardiopatia ischemica, basato sui valori della colesterolemia LDL associati al rischio globale di sviluppare cardiopatia ischemica (che come riportato sono: ipertensione, fumo, diabete, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica oltre che bassi livelli di HDL e sesso maschile) e non sul solo e semplice aumento della colesterolemia totale.
Pertanto se da una parte un semplice aumento della colesterolemia totale intorno a valori di 240 mg, non deve necessariamente ricondurre ad un utilizzo scriteriato di tali farmaci (che non sono totalmente privi di effetti collaterali), soprattutto se il protagonista è un individuo relativamente giovane che potrebbe beneficiare di una dieta equilibrata, dall’altra se ci si trova di fronte ad un individuo seppur giovane con almeno 3 dei fattori di rischi citati, vale la pena considerare un trattamento farmacologico.
D’altro canto una dieta ben equilibrata, ammesso che si sia in grado di seguirla, può al massimo ridurre del 10% il colesterolo totale, senza dimenticare che dopo i 40 anni spesso è l’aumentata sintesi epatica o lo scarso catabolismo a favorirne l’aumento e non la sola inattività fisica o la dieta sbagliata.
Per chi si domanda se i nuovi minidrink a base di latte con steroli vegetali in commercio siano in grado di sostituire la dieta o addirittura il farmaco, la risposta per fortuna spesso è sulle stesse note della confezione ovvero sono un valido coadiuvante unitamente alla dieta ed allo sport, ma non fanno miracoli e la riduzione del colesterolo totale non va oltre il 5-10%.

Tornando ai criteri di prescrizione come accennato non si guarda più il colesterolo totale, difatti le linee guida stabiliscono valori soglia per il colesterolo LDL, al di sopra dei quali è opportuno iniziare un trattamento farmacologico

I valori ideali di colesterolemia in un soggetto senza fattori di rischio cardiovascolare o con un solo fattore corrispondono a 160 mg/dl di LDL o meno.
I valori ideali in un soggetto con più di 1 fattore di rischio sono di 130 mg/dl di LDL o meno.
I valori ottimali per un soggetto con cardiopatia ischemica o diabete sono 100 mg/dl di LDL o meno.

La presenza di alti livelli di HDL (>60 mg/dl) costituisce un fattore protettivo, per cui si parla di fattore di rischio negativo e si sottrae una unità al numero dei fattori di rischio del soggetto in esame. Attualmente si preferisce ricorrere alle tabelle di rischio cardiovascolare, cosicché è possibile risalire ai valori ideali di colesterolemia in base alla percentuale di rischio di sviluppare un evento cardiovascolare in 10 anni.

I soggetti che hanno un rischio del 20% o superiore sono considerati equivalenti ai soggetti con cardiopatia ischemica, per i quali è consigliata una colesterolemia di 100 mg/dl di LDL o meno e preferibilmente di 70 mg/dl o meno.
Se, in realtà, è ormai stabilito che gli inibitori del HMG CoA riducono fino al “30 per cento” il rischio relativo di eventi coronarici maggiori, la comprensione della modalità del beneficio è ancora in via di precisazione; accanto alla teoria causale, secondo la quale l'azione di abbassamento dei lipidi è determinante, esiste una teoria non causale, che individua il meccanismo protettivo soprattutto nei cosiddetti effetti “pleiotropici” delle statine: che includono attività anti-infiammatoria e anti-trombotica, di modulazione della funzione endoteliale, di riduzione della pressione arteriosa ed altri effetti ancora che potrebbero spiegare un eventuale effetto benefico rapido (fase acuta dell’ Infarto miocardico acuto).
Queste molecole sono in grado di ridurre gli eventi patologici già dopo il primo anno di terapia, non solo perché abbassano il tasso di LDL (la diminuita concentrazione epatica di colesterolo attiva l'espressione dei recettori delle lipoproteine a bassa densità che vengono così richiamate dal circolo) e incrementano l'HDL, ma anche perché modificano gli ateromi già presenti, rendendoli più fibrosi e quindi più resistenti alla rottura e meno trombogenici.
Si è arrivati a riconoscere l'esistenza, senza soglia minima, di un legame tra la riduzione del colesterolo circolante e quello del rischio coronarico assoluto (del 2 per cento ogni mg/dL); a definire che, a parità d'età e di livelli lipidici nel sangue, la mortalità coronarica a dieci anni è nettamente superiore nei diabetici che nei non diabetici; a precisare l'importanza, più che del colesterolo totale, della quota LDL che innesca, accresce e destabilizza la placca aterosclerotica sulle pareti vasali, e della quota HDL che invece rimuove il colesterolo dal circolo verso il magazzino epatico e frena l'ossidazione delle LDL e la chemiotassi leucocitaria nell'endotelio.
Le statine sono sicuramente i farmaci più efficaci nel ridurre i livelli plasmatici di colesterolo LDL, mentre risulta relativamente meno efficace la loro azione sulla riduzione dei trigliceridi e sull'incremento delle HDL.
L'entità della riduzione della colesterolemia LDL che può essere raggiunta con la terapia a base di statine è strettamente dosaggio-dipendente e può superare il 40-50% di riduzione, agli alti dosaggi.

Questa o quella per me pari sono: cenni di biochimica

Le molecole appartenenti alla classe delle statine e attualmente commercializzate in Italia, non sono uguali tra loro: pravastatina e simvastatina derivano dalla fermentazione di funghi, mentre fluvastatina e atorvastatina sono interamente sintetiche. Simvastatina e atorvastatina utilizzano, per il metabolismo e la biotrasformazione, il citocromo P 450 , fluvastatina impiega un altro citocromo e pravastatina viene metabolizzata mediante sulfatazione e non attraverso il sistema citocromo.

Cose dell’altro mondo: lo studio ASTEROID

Recentemente un nuovo studio per il quale si è gridato incautamente al miracolo, ha rivelato che la rosuvastatina ha prodotto effetti più incisivi rispetto ad altre statine perchè non solo ha migliorato l’assetto del colesterolo, ma ha anche bloccato l'ispessimento della placca delle arterie, ossia l'arteriosclerosi, addirittura riducendone il volume (hanno registrato una riduzione media dell'ispessimento arterioso compreso tra il 6,8 e il 9,1 per cento).
"Questo dato non è mai stato osservato prima in uno studio in cui siano stati utilizzati farmaci a base di statina", ha dichiarato l'American College of Cardiology.
Ciononostante lo studio, durato due anni, non ha ricevuto consensi unanimi., vuoi per il numero relativamente ridotto di pazienti, vuoi per le caratteristiche dello stesso.
Il farmaco infatti potrebbe avere, tra l’altro, importanti effetti collaterali, tra cui problemi a livello renale e la rabdomiolisi.

L’obiettivo dello studio clinico ASTEROID (A Study to Evaluate the Effect of Rosuvastatin on Intravascular Ultrasound-Derived Coronary Atheroma Burden) è stato quello di valutare l’effetto del trattamento intensivo con la statina Rosuvastatina (Crestor e Simestat) sulla progressione della malattia aterosclerotica, valutata mediante ultrasonografia intravascolare (Doppler arterioso) nei pazienti con malattia coronarica accertata mediante angiografia.
Tutti i pazienti sono stati trattati con Rosuvastatina 40mg/die (dosaggio 4 volte superiorie al dosaggio standard) in aperto. L’analisi è stata effettuata su 349 pazienti, di cui si possedevano i dati di ultrasonografia intravascolare al basale e dopo il follow-up. I livelli di LDL si sono ridotti del 53.2%, con il 75% dei pazienti che ha raggiunto valori di colesterolo LDL inferiori a 70mg/dL. I livelli di colesterolo HDL sono aumentati del 14.7%.
La regressione nel volume percentuale dell’ateroma è stata osservata nel 63.6% dei pazienti.
I dati dello studio hanno dimostrato che tra i pazienti con malattia coronarica definita mediante angiografia, il trattamento intensivo con Rosuvastatina è risultato associato a regressione dell’aterosclerosi visibile all’ultrasonografia intravascolare nel corso di un periodo osservazionale (follow-up) di 2 anni. Studi precedenti, sempre effettuati con ultrasonografia intravascolare, avevano mostrato che la terapia intensiva con una statina aveva ridotto la progressione, ma non dimostrato la regressione dell’aterosclerosi rispetto ad un regime più moderato di abbassamento dei valori lipidici. Lo studio ASTEROID è il primo studio su ampia scala che ha dimostrato la regressione dell’aterosclerosi mediante terapia intensiva con una statina.
In conclusione è importante ricordare che la dose nella maggior parte dei pazienti è di 10 mg/die con eventuali incrementi solo in caso di non raggiungimento dei target terapeutici consigliati dalle linee guida, nello studio invece si sono utilizzati 40 mg.

Nuovi orizzonti

Di recente introduzione, l'ezetimibe , farmaco ipolipidemizzante, attivo per via orale, inibitore dell'assorbimento intestinale del colesterolo, primo di una nuova e interessante classe di farmaci. Il suo meccanismo di azione consiste nella inibizione della proteina Niemann-Pick C1-like, che trasporta il colesterolo dal lume intestinale nell'enterocita, modulando in tal modo l'assorbimento del colesterolo biliare e alimentare, nonché dei fitosteroli correlati.
L'ezetimibe è in commercio solo come associazione precostituita, almeno in Italia, con la simvastatina, ma ha dimostrato benefici clinici anche quando impiegato da solo o in associazione ad altre statine.
Il valore dell’associazione consiste nella riduzione di alte dosi di singole statine che come risaputo possono aumentare il rischio di affetti avversi.

Per ricordare

L’ipercolesterolemia è un importante predittore di rischio cardiovascolare unitamente ad altri fattori più o meno importanti. Essa nell’85% dei casi ha un’eziologia multifattoriale (dieta, attività fisica), nel restante 15% eredo-familiare. Idealmente la sua concentrazione nel sangue dovrebbe essere inferiore ai 200 mg per 100 ml di plasma.
La sola dieta, se i valori di colesterolo sono al di là un certo valore, non è efficace, tantomeno i vari integratori in commercio.
Le nuove linee guida per il trattamento di tale patologia mirano oltre al controllo della colesterolemia totale anche e soprattutto ai valori delle LDL, in base a determinati criteri, valore che idealmente dovrebbe essere inferiore ai 130 mg/100 ml, fino a valori sotto i 70 mg/100 ml in individui con molteplici fattori di rischio.
I farmaci più efficaci ed utilizzati per la riduzione del colesterolo sono le Statine, ne esistono diverse in commercio, tutte più o meno valide, tra di esse la più promettente sembra la “Rosuvastatina”.
Unitamente alle statine ancor più di recente ,sembra siano efficaci altri farmaci, tra di essi l’ezitimibe.
Il dato più interessante è che le Statine in virtù dei loro effetti “pleiotropici” potrebbero giocare un ruolo importante anche per il trattamento di svariate altre patologie.
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I NUTRIENTI

Messaggioda Royalsapphire » 22/03/2015, 20:32



DISLIPIDEMIE
(vedi "METABOLISMO DEI LIPIDI" per i riferimenti metabolici e fisiologici)

Con il termine dislipidemia o iperlipoproteinemia si intende l'alterazione della quantità di grassi o lipidi normalmente presenti nel sangue.

Clinicamente, un segno comune delle dislipidemie è la presenza di depositi di grasso nel tessuto sottocutaneo, chiamati xantomi , localizzati ai tendini, soprattutto a livello dei gomiti, od in sede parapalpebrale (in questo caso vengono chiamati xantelasmi ); oppure sono situati in zone d'appoggio del corpo. In quest'ultimo caso i grassi in eccesso sono prevalentemente trigliceridi.

Ci sono forme ereditarie che condizionano la manifestazione della malattia, indipendentemente da fattori esterni, e forme più comuni, nelle quali le malattia si manifesta solo in concomitanza a fattori esterni, come l'eccessiva assunzione di grassi dalla dieta, o la complicanza di una patologia (dislipidemie secondarie). L'ipercolesterolemia (troppo elevato tasso di colesterolo nel sangue) ad esempio, può essere il risultato di un aumentata conversione delle lipoproteine VLDL in LDL, oppure di un difetto nella rimozione di quest'ultime.

Come regola generale si parla di iperlipoproteinemia quando il colesterolo plasmatico è superiore a 180-200mg/dl e quando i trigliceridi sono superiori a 200mg/dl.

Informazioni più dettagliate sulle singole lipoproteine si ottengono mediante la tecnica dell'elettroforesi. Genericamente, si può dire che i livelli di LDL consigliabili devono essere compresi fra 130 e 160 mg/dl, mentre i livelli di HDL consigliabili devono essere superiori a 60 mg/dl. Valori di HDL inferiori a 35 mg/dl sono associati ad aumentato rischio di aterosclerosi. La valutazione dei livelli pericolosi per lo sviluppo di aterosclerosi è strettamente correlata alla presenza di altri fattori di rischio.

A scopo preventivo il colesterolo totale dovrebbe essere misurato in tutta la popolazione di età superiore ai 45 anni e ricontrollato periodicamente. I controlli devono avvenire più precocemente (20 anni) e frequentemente in presenza di familiarità positiva per dislipidemia.

Classificazione delle dislipidemie

Un famoso studio, lo studio di Framingham, iniziato nel 1949 nel paese omonimo situato negli Stati Uniti, nel 1971, mise in luce i fattori di rischio, distinti fra sicuri e probabili, dell'insorgenza della malattia cardiovascolare.

Fattori di rischio sicuri

Età (uomini > 45anni, donne > 55anni)
Sesso (l'uomo ha una maggiore probabilità di ammalarsi, anche se attualmente le differenze stanno scomparendo)
Ipercolesterolemia
Ipertensione arteriosa
Fumo di sigarette
Diabete

Fattori di rischio probabili

Obesità
Ipertrigliceridemia
Scarsa attività fisica

Dopo alcuni anni venne dimostrata l'importanza delle HDL come fattore di protezione della parete vasale.Successivamente vennero individuati altri fattori di rischio:

aumento dell'acido urico nel sangue
aumento delle LDL e del fibrinogeno
aumentata aggregazione e adesività piastrinica
storia familiare di malattia coronarica o di altra vasculopatia aterosclerotica
diabete mellito

Venne dimostrata l'esistenza di disordini genetici che determinano difetti di produzione o di funzionalità delle molecole responsabili del metabolismo dei grassi. Si tratta di una situazione morbosa denominata Dislipidemia Familiare: Questa condizione è caratterizzata dalla presenza nel sangue di elevati livelli di una o più frazioni lipoproteiche e dall'elevato rischio di sviluppare precocemente malattie cardiovascolari.

Le dislipidemie o iperlipoproteinemie sono state finora classificate secondo la classificazione di Frederickson, basata sull'individuazione delle frazioni lipoproteiche aumentate:

Classificazione di Frederickson

Iperlipoproteinemia di tipo I: aumento dei chilomicroni, cioè aumento dei trigliceridi provenienti dalla dieta
Iperlipoproteinemia di tipo II a: aumento delle LDL, quindi del colesterolo
Iperlipoproteinemia di tipo II b: aumento delle LDL e delle VLDL, quindi sia del colesterolo che dei trigliceridi
Iperlipidemia di tipo III: aumento del colesterolo e dei trigliceridi totali, non accompagnato dall'aumento di lipoproteine, per aumento di prodotti intermedi derivanti dalla scissione delle VLDL prima di formare le frazioni LDL
Iperlipoproteinemia di tipo IV: aumento delle VLDL e quindi dei trigliceridi, provenienti dal metabolismo dei carboidrati
Iperlipoprotidemia di tipo V: aumento dei chilomicroni e delle VLDL, quindi dei trigliceridi provenienti dalla dieta e da quelli sintetizzati a partire dai carboidrati a livello del fegato

Più recentemente, è stata proposta una classificazione basata sulla causa delle alterazioni lipoproteiche.

Dislipidemie familiari
Le dislipidemie familiari sono dovute a mutazioni di un singolo gene del nostro cromosoma, o di più geni, e sono ereditarie. Possono essere presenti difetti nella sintesi delle apoproteine, difetti di sintesi o di attività dei recettori delle lipoproteine LDL, oppure difetti della funzionalità delle lipasi. Queste forme sono piuttosto rare e non è facile fare una corretta diagnosi. Per questo motivo esistono dei centri specializzati (Centri Lipidologici) nella diagnosi di queste forme. Nella dislipidemia di tipo I e IV si ha inoltre rischio di sviluppare pancreatiti: l'aumento importante di trigliceridi (superiore a 1000 mg/dl), è causa di sofferenza pancreatica per accumulo dei chilomicroni nei vasi.
Per la rilevazione del quadro lipidico si determina il valore plasmatico dei lipidi e delle frazioni lipoproteiche in soggetti a digiuno da almeno 12 ore. L'eventuale aumento del colesterolo o dei trigliceridi nel sangue viene indicato genericamente come iperlipidemia. Il valore del colesterolo plasmatico rappresenta la colesterolemia totale, comprendente sia il colesterolo legato alle lipoproteine, che la quota libera. Inoltre si esegue comunemente il dosaggio delle HDL e delle LDL. Bisognerà considerare nella diagnosi che le concentrazioni delle lipoproteine vengono facilmente modificate dall'alimentazione e da alcuni farmaci.

Aterosclerosi ed ipercolesterolemia
E' stato dimostrato, ed è ormai conoscenza diffusa, che un elevato livello di colesterolo plasmatico rappresenta una delle cause di insorgenza dell'aterosclerosi, cioè l'ispessimento localizzato delle pareti delle arterie (endotelio ), che può provocare l'insorgenza di molte patologie, tra le quali le più note sono l'infarto cardiaco e l'ictus cerebrale. L'aterosclerosi è una situazione morbosa in cui la parete dei vasi è ispessita per la deposizione di grassi. Le manifestazioni cliniche sono legate al restringimento dei vasi colpiti con conseguente ridotto flusso di sangue e minore apporto di ossigeno. La ridotta ossigenazione dei tessuti viene detta ischemia . Il danno provocato dipende dalla dimensione dei tessuti colpiti e dalla possibilità di formare circoli collaterali, cioè nuovi vasi che possano supplire al ridotto apporto di sangue, nella sede colpita. Le sedi maggiormente colpite sono principalmente le coronarie, l'aorta, i vasi del circolo cerebrale (la cui espressione clinica è l'ictus cerebrale), i vasi del rene e degli arti inferiori, l'apparato gastroenterico. Per completezza, si ricordi che il meccanismo legato all'insorgenza della patologia non dipende solo da un ridotto calibro dei vasi ma anche dalla formazione di trombi ed emboli: si pensi all'occlusione coronarica acuta che causa l'infarto miocardico acuto. In questo caso, il danno si sviluppa in breve tempo e l'organismo non ha il tempo di organizzare sistemi di vascolarizzazione collaterali, diversamente dal caso di un processo aterosclerotico che richiede tempi lunghi per attuarsi.Esistono peraltro meccanismi "non lipidici" che sono coinvolti nella formazione della placca aterosclerotica: questi meccanismi comprendono i processi infiammatori ed i mediatori dell'infiammazione (macrofagi e linfociti T), il legame fra fibrinogeno e piastrine, processi che avvengono a livello della parete vasale.


L'importanza dell'alimentazione nel processo aterosclerotico L'introduzione di cibi ricchi di colesterolo nell'alimentazione, in diverse specie di animali, ha indotto ipercolesterolemia e la formazione di placche aterosclerotiche. Il colesterolo è tra i principali elementi che costituiscono la placca aterosclerotica. Il livello di colesterolo plasmatico, la cui soglia di attenzione si attesta sui 180-200 mg/dl, è direttamente proporzionale all'insorgenza di malattie cardiovascolari. Il 60-75% del colesterolo è trasportato dalle proteine LDL e si è visto che questa frazione è importante nella formazione della placca aterosclerotica. Per questo motivo si ritiene che i livelli di LDL nel sangue siano direttamente correlati con il rischio cardiovascolare.

Dislipidemie secondarie Queste presentano quadri clinici simili alla dislipidemia primitiva, ma meno eclatanti, oltre ai segni e sintomi caratteristici della patologia di base.

Prevenzione

I dati epidemiologi mostrano che la metà della popolazione dei Paesi industrializzati presenta dei livelli di LDL circolanti tali da predisporre all’insorgenza di aterosclerosi.

La multifattorialità della dislipidemia e la prevenzione delle patologie ad essa correlata determina più campi d’azione. L’igiene di vita è la forma di prevenzione primaria. Prevenzione primaria significa prevenire l’instaurarsi della malattia. Ma cosa si intende per igiene di vita? Significa attuare delle condotte di vita, che diventeranno abitudini da mantenere nel tempo, come misure di prevenzione all’insorgenza delle patologie. L’organizzazione mondiale della Sanità è impegnata in tutto il mondo per promuovere l’educazione nelle scuole e nella persone a modelli di vita il cui fine è salvaguardare il proprio benessere psico-fisico. Questo significa fare dei programmi di educazione alimentare, insegnare a controllare e mantenere il proprio peso corporeo, promuovere l’attività fisica, sottolineare l’importanza dell’astensione da pericolose abitudini come l’assunzione eccessiva di alcolici, far comprendere i danni che provoca il fumo. Si sottolinea ancora che l’alimentazione deve essere povera di colesterolo e di grassi animali saturi, mentre si dovranno privilegiare i grassi insaturi, deve essere ricca di cereali, vegetali, legumi, frutta e fibre. La sedentarietà è un’importante fattore di rischio! Purtroppo il nostro tipo di vita costringe l’organismo a lunghi periodi di inattività fisica. Condurre un’attività fisica richiede un grande sforzo di volontà e sacrifici che ci ripagheranno nel tempo. L’esercizio fisico aerobico aumenta la frazione lipoproteica HDL del 10%, riduce i trigliceridi di circa il 30% e gli acidi grassi, riduce i livelli di fibrinogeno, ha effetti benefici sull’ipertensione arteriosa lieve. E’ largamente dimostrato che praticare attività sportiva in maniera costante riduce il rischio di mortalità cardiovascolare. D’altra parte un bambino sedentario che aumenterà di peso, ha un’alta probabilità di diventare un adulto obeso.

In presenza di dislipidemia, non è sempre sufficiente seguire le regole sopra indicate, ma sarà necessario, come nel caso delle Dislipidemie familiari, intervenire con sostanze farmacologiche. E’ bene comunque sottolineare che una alimentazione corretta rende meno "cattive" persino le forme ereditarie.

Terapia

Due sono le classi di farmaci ipolipemizzanti più utilizzate: le statine ed i fibrati. Le statine agiscono inibendo un enzima implicato nella biosintesi del colesterolo: questo enzima è noto come 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A reduttasi , o più comunemente HMG CoA reduttasi . Le statine hanno ridotto la mortalità coronarica: normalizzando la colesterolemia e quindi riducendo l'evoluzione delle placche aterosclerotiche si riducono conseguentemente gli eventi cardiovascolari e la mortalità. Sono farmaci relativamente recenti: la prima statina è stata sintetizzata nel 1978. I fibrati vengono utilizzati nelle dislipidemie in cui prevalgono i trigliceridi. Oltre a provocare la diminuizione di livelli circolanti dei trigliceridi, queste sostanze aumentano la frazione delle HDL, modificano le LDL, rendendole meno aterogene, e diminuiscono i livelli di fibrinogeno, che rende più denso il sangue.Spesso si associa la terapia con antiaggreganti piastrinici ed il farmaco più utilizzato è l'acido acetilsalicilico, usato per rendere più fluido il sangue e contrastare la formazione di trombi. L'acido acetilsalicilico è peraltro sempre prescritto come prevenzione secondaria, cioè successivamente l'evento trombotico, come nel caso di infarto cardiaco o di ictus cerebrale.

La personalizzazione della terapia farmacologica è un requisito essenziale per ottenere un'efficace azione di prevenzione. La terapia farmacologica deve essere impostatata dopo un'attenta valutazione del rischio globale del singolo paziente. Inoltre, prima di instaurare qualsiasi trattamento farmacologico, si devono ricercare le possibili cause di iperlipoproteinemia secondaria. È fondamentale ricercare la presenza di patologie che determinano una modificazione del quadro lipidico, come ad esempio l'ipotiroidismo. In presenza di altre patologie che possono aggravare il processo aterosclerotico, come ad esempio il diabete mellito e l'ipertensione arteriosa, bisogna incoraggiare i pazienti ad attuare una serie di provvedimenti a causa di un rischio maggiore di sviluppare complicanze. Questo significa:

_correggere l'ipercolesterolemia
_ ridurre tutti i fattori di rischio, quindi seguire scrupolosamente le norme sopra indicate per una buona igiene di vita
_ trattare adeguatamente la patologia concomitante ; ad esempio: il diabetico dovrà controllare il profilo glicemico ed eseguire scrupolosamente controlli per escludere la presenza di complicanze ed il paziente iperteso dovrà mantenere livelli pressori ottimali
_eseguire più stretti controlli in grado di evidenziare lesioni aterosclerotiche: ecocolordoppler vascolare, ad esempio degli arti inferiori o dei tronchi sovraortici, per valutare le arterie che irrorano il cervello (arterie carotidi), e scintigrafia miocardica.

Nei soggetti già portatori di patologia coronarica, si parla di prevenzione secondaria , cioè intesa a prevenire la comparsa di un nuovo episodio e rallentare l'evoluzione della malattia, e di prevenzione terziaria , il cui obiettivo è impedire la comparsa o rallentare la progressione delle complicanze. Il trattamento sarà quindi più "aggressivo": i livelli di colesterolo LDL dovranno essere inferiori a 100 mg/dl, mentre nel caso di pazienti senza patologie correlate il target potrà essere rappresentato da livelli di LDL inferiori a 130-160 mg/dl, considerando la presenza di fattori di rischio.

Le patologie che predispongono ad un aumento della formazione delle LDL sono:

diabete mellito
ipotiroidismo
obesità
alcolismo
malattie renali
contraccettivi orali
malattie epatiche
disordini genetici.

Esistono numerosi studi che dimostrano come la riduzione del colesterolo, ed in particolare delle LDL, riducono non solo l'insorgenza di eventi coronarici, ma anche la progressione delle placche aterosclerotiche.
Si ribadisce l'importanza che mantenere valori normali di colesterolo significa ridurre la mortalità.
L'aterosclerosi, sia sotto forma di cardiopatia ischemica (angina, infarto o morte improvvisa), sia di ictus cerebrale, è la prima causa di morte nelle popolazioni industrializzate. Diventa allora importante l'approccio ai fattori di rischio modificabili.
Dal momento che il colesterolo è un fattore di rischio modificabile, perché non incrementare i nostri sforzi e dare un motore in più al nostro benessere?
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Nutrienti, colesterolo e metabolismo dei lipidi

Messaggioda Royalsapphire » 22/03/2015, 20:49



GLUCIDI

Cosa sono

I glucidi, chiamati anche (impropriamente) carboidrati, sono sostanze chimiche composte da carbonio, idrogeno e ossigeno e possono essere definiti come derivati aldeidici e chetonici di alcoli polivalenti.

Funzionalità

I glucidi (carboidrati) presentano una duplice funzione, plastica ed energetica: plastica, in quanto entrano nella costituzione di strutture essenziali per gli organismi viventi, energetica, in quanto forniscono all'organismo energia per le prestazioni funzionali.
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Fabbisogno

Poiché l'organismo ha la capacità di sintetizzare i glucidi da altri nutrienti, i carboidrati non possono essere considerati propriamente nutrienti essenziali; esiste tuttavia la necessità di mantenere il livello di glicemia entro un intervallo di valori adeguato al fabbisogno del sistema nervoso centrale e degli eritrociti (globuli rossi).
L'assunzione complessiva raccomandata di carboidrati è intorno al 55-60% dell'energia totale. Il consumo di zuccheri semplici non dovrebbe tuttavia superare il 10-12% delle calorie totali. Nel caso degli zuccheri semplici aggiunti essi infatti forniscono soltanto energia. Gli alimenti contenenti carboidrati complessi, invece, oltre a fornire energia a più lento rilascio, rispetto a quelli semplici, apportano anche altri nutrienti fondamentali all'equilibrio generale della dieta. Questo aspetto è rilevante soprattutto quando sia necessario mantenere l'apporto energetico globale entro limiti relativamente modesti, come richiesto anche dallo stile di vita attuale mediamente improntato alla sedentarietà.

Chimica dei glucidi e fonti alimentari

Sono sostanze chimiche composte da carbonio, idrogeno e ossigeno e possono essere definiti come derivati aldeidici e chetonici di alcoli polivalenti.
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Nutrienti, colesterolo e metabolismo dei lipidi

Messaggioda Royalsapphire » 23/03/2015, 19:52



ACQUA

Il 60% del peso corporeo è rappresentato dall'acqua. Questa percentuale è superiore nell'infanzia e diminuisce con l'avanzare dell'età e con l'aumento dei depositi adiposi. L'acqua è il solvente fondamentale per tutti i prodotti della digestione, regola il volume cellulare, la temperatura corporea, è essenziale per eliminare dall'organismo tutte le scorie metaboliche e permette il trasporto dei nutrienti.

Fonti alimentari

All'acqua che introduciamo con alimenti e bevande occorre aggiungere circa 350 ml prodotti ogni giorno dalla respirazione cellulare.

Fabbisogno

Non è possibile stabilire per l'acqua un fabbisogno giornaliero in quanto la necessità varia con clima, età, dieta e attività.
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Un apporto giornaliero di acqua compreso fra 1 ml/Kcal e 1,5 ml/Kcal di energia spesa nell'adulto permette di bilanciare le perdite e di rendere il carico dei soluti tollerabile per i reni. Soprattutto nel bambino occorre controllare che si abbia un apporto di 1,5 ml/kcal di energia spesa, essendo maggiore la quantità d'acqua per unità di peso e minore la capacità renale. Anche gravidanza ed allattamento comportano un maggiore fabbisogno di acqua.

Carenza

Perdite di acqua si hanno fisiologicamente con respirazione, sudorazione, minzione; patologicamente con vomito e diarrea. La disidratazione può determinare scompensi che vanno dai crampi alle allucinazioni e alla perdita di coscienza. Riduzioni idriche per il 20% del peso corporeo sono incompatibili con la vita; al contrario, un eccesso di contenuto idrico corporeo può dare sintomi neurologici.

Come è distribuita l'acqua nell'organismo

L'acqua totale corporea è situata principalmente all'interno delle cellule e forma il liquido intracellulare; la parte che costituisce il liquido extracellulare comprende il fluido interstiziale, il plasma, la linfa e il liquido transcellulare. L'invecchiamento determina una diminuzione dell'acqua totale corporea, mentre in alcune patologie (cirrosi epatica, scompenso cardiaco, sindrome nefrosica) l'acqua totale corporea e si modifica il rapporto fra liquido intra ed extracellulare. L'equilibrio fra il volume dell'acqua in entrata e quello in uscita è regolato dal centro della sete dell'ipotalamo tramite l'ormone antidiuretico che agisce sull'assorbimento renale.


ACQUE MINERALI

L'acqua è uno degli elementi più diffusi in natura.

E' il componente predominante dell'organismo umano: il 60% del peso di un individuo adulto.
L'acqua totale corporea (ATC) è distribuita per il 67% all'interno delle cellule e per il 33% all'esterno, nel liquido interstiziale, nel plasma, nella linfa e nel liquido transcellulare.
Il bilancio dell'acqua è regolato dal cento ipotalamico della sete e dall'ormone antidiuretico che aumenta il riassorbimento nei reni.

L'acqua presente in natura normalmente contiene sostanze disciolte allo stato ionico (sali minerali), allo stato gassoso e in forma non ionica, oltre a composti di natura biologica.

Nei secoli si è osservato che l'acqua possiede un potere terapeutico; la scienza moderna, per fornire le basi per l'interpretazione del potere terapeutico osservato empiricamente nel corso di secoli, ha sviluppato un approccio scientifico, definendo delle classificazioni analitiche chimiche e chimico-fisiche dei vari tipi di acque.

CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE MINERALI

Criteri identificativi delle acque minerali
(Italia - Commissione delle acque minerali, 1933)

Caratteri generali:
colore
odore
sapore
limpidità
colloidi

Analisi chimico-fisiche:
temperatura
densità
indice di rifrazione
abbassamento crioscopico
pressione osmotica
conducibilità elettrica
pH
radioattività

Analisi chimiche:
residuo fisso a 100°C, a 180°C
al rosso scuro
ammoniaca, nitriti, nitrati
ossigeno
idrogeno solforato-grado solfidrometrico
durezza
alcalinità
arsenico
ozono
azione catalitica
reazione al cloridrato di benzidina
gas disciolti


Classificazione delle acque minerali secondo Marotta e Sica
Secondo tre parametri:
temperatura
residuo fisso a 180°C
composizione chimica secondo uno schema che divide le acque in classi e sottoclassi.

La classificazione di Marotta e Sica (1933), malgrado non possa essere considerata una soluzione ai complessi problemi classificativi, rimane ancora oggi la più vicina alle necessità identificative espresse dall'idrologia e rappresenta attualmente in Italia la classificazione cui è subordinata l'autorizzazione all'utilizzo di acque minerali.
In sostanziale accordo a tali parametri le acque sono state classificate come:
acque oligominerali
acque solfuree
acque salsobromoiodiche
acque radioattive
acque salse (cloruro-sodiche)
acque solfate
acque bicarbonate
acque carboniche
acque arsenicali ferruginose


Classicamente, le azioni biologiche delle acque minerali vengono suddivise in specifiche ed aspecifiche, le azioni specifiche sono esposte nelle pagine relative alle singole acque minerali. Il non meno complesso argomento delle azioni aspecifiche viene descritto nella sezione meccanismi d'azione.



MEDICINA TERMALE

La Medicina Termale è quella branca medica che utilizza a scopo terapeutico e riabilitativo i mezzi di cura termali.

Per questo motivo è considerata una medicina naturale. In effetti i mezzi di cura termale hanno dimostrato la loro validità terapeutica specifica con metodi scientifici.
Le cure termali devono essere prescritte e somministrate sotto controllo medico e le stazioni termali possiedono requisiti, regolamenti, compiti e personale che li equiparano ad altri centri sanitari. Agli effetti della Legge 16 luglio 1916, n. 947, sono considerate acque minerali quelle che vengono adoperate per le loro proprietà terapeutiche od igieniche speciali, sia per bibita sia per altri usi curativi.

Si noti che il termine "minerali " riferito alle acque non indica la presenza di sali minerali, ma l'utilizzo a scopo terapeutico . Contengono infatti sostanze minerali anche le acque di rete ma non per questo possono essere denominate "minerali".

I mezzi di cura termali

Sono considerati mezzi di cura termali:

le acque minerali
i fanghi (naturali)
le grotte

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Mezzi di cura termali possono essere utilizzati anche in strutture diverse dalle stazioni termali, ovvero ospedali, centri di cura, etc. e distanti dalle sorgenti, tuttavia le applicazioni crenoterapiche andrebbero sempre effettuate sul posto perché lo stoccaggio, il trasporto e l'imbottigliamento delle acque determina la modificazione delle caratteristiche fisico-chimiche e inoltre grande contributo alla cura termale viene fornito dal fattore ambientale, dall'essere alle terme.

L'acqua di ogni sorgente termale per poter essere utilizzata in terapia deve essere autorizzata dal Ministero della Sanità. Il Ministero che autorizza singolarmente ogni acqua per ogni metodica d'impiego e per tipo di patologia richiede una serie di relazioni e di studi al fine di verificare la costanza nel tempo delle caratteristiche, la presenza dei requisiti igienici ed il potere terapeutico.

Patologie che possono trovare reale beneficio dalle cure termali (D.M. 15 XII 1994)
Indicazioni classiche della terapia termale sono le patologie croniche, cronico-degenerative e/o recidivanti a carico di vari apparati, come indicato:

Malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie
- Rinopatia vasomotoria
- Bronchite cronica semplice accompagnata a componente ostruttiva
Malattie cardiovascolari
- Postumi di flebopatie di tipo cronico
Malattie ginecologiche
- Sclerosi dolorosa del connettivo pelvico di natura cicatriziale e involutiva
- Leucorrea persistente da vaginiti croniche aspecifiche e distrofiche
Malattie dell'apparato urinario
- Calcolosi delle vie urinarie e sue recidive
Malattie dell'apparato gastroenterico
- Dispepsia di origine gastroenterica e biliare; sindrome dell'intestino irritabile nella varietà con stipsi
Malattie reumatiche
- Osteoartrosi ed altre forme degenerative
- Reumatismi extra-articolari
Malattie dermatologiche
- Psoriasi
- Dermatite seborroica ricorrente

Terapie e metodiche di somministrazione dei mezzi termali

La terapia con mezzi termali si definisce "crenoterapia", dal greco "crené" (sorgente). Si distinguono essenzialmente due tipi di crenoterapia: crenoterapia interna e crenoterapia esterna

crenoterapia interna
- idropinoterapia (somministrazione di acqua minerale per bibita)
- irrigazioni
- inalazioni
- insufflazioni
- politzer crenoterapico solfureo
crenoterapia esterna
- baneoterapia
- antroterapia (grotte)
- peloidoterapia (fanghi)

Viene anche illustrata la talassoterapia, una metodica terapeutica che sfrutta l'azione sinergica di fattori ambientali e climatici, clima marino, elioterapia e fattori "crenoterapici", psammatoterapia (sabbiature), balneoterapia con acqua di mare, etc.
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Nutrienti, colesterolo e metabolismo dei lipidi

Messaggioda francesca0589 » 22/07/2019, 15:14



Questo articolo è davvero interessante:

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