Terra e Mare

Capitoli 1 e 2

Questo spazio è dedicato alla raccolta di storie inventate.

Terra e Mare

Messaggioda l.pallad » 13/02/2023, 10:55



Questa è una storia con i miei personaggi, Angel e Cosmo, che di certo avrete visto anche nei miei disegni.

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Capitolo 1
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Il sole splendeva alto e luminoso nella città di Terramare, e gli abitanti canini si stavano molto divertendo in spiaggia. Sguazzando, in acqua, prendendo il sole, e facendo castelli di sabbia. Tra tutti, c'era una piccola cagnolina pastore tedesco di appena cinque anni che stava scendendo in spiaggia insieme ai suoi genitori. La coppia faticava molto a tenersi al passo con la loro piccola, che aveva afferrato la zampa anteriore del padre per trascinarlo in spiaggia, verso l'ombrellone, ma lui doveva rallentarla, per rimanere con la moglie, il cui pancione le impediva di fare movimenti bruschi.
Quando infine arrivarono, la piccola si tolse in fretta e furia il vestitino, rimanendo in un bel costume da bagno giallo limone.

«Posso entrare subito acqua papà? Posso? Posso?» Chiese poi la cagnolina con una scintilla negli occhi e la coda che si agitava fuori controllo.

«Non ancora». Rispose il padre. «Abbiamo appena mangiato. Non si entra in acqua con la pancia piena. Prima si digerisce».

Alla cagnolina si afflosciarono la coda e le orecchia a quella risposta, mostrando un'espressione di delusione sul muso. «Va bene papà. Aspetterò».

«Suvvia Angel. Possiamo divertirci comunque nel frattempo. Che ne dici di fare un castello di sabbia insieme?»

Angel in risposta prese paletta e secchiello. «Va bene papà. Diamoci da fare».

E i due si misero al lavoro. Mentre Angel e suo padre, Argo, stavano giocando insieme, la madre, Gaya, osservava dolcemente, la scena, rimanendo sulla sdraio, mentre si massaggiava il pancione.
Presto la famiglia si sarebbe allargata, e la loro piccola avrebbe avuto un fratellino o una sorellina con cui giocare.

«Speriamo che ti piaccia anche a te il mare come alla nostra Angel». Disse rivolta al pancione. «Ti divertirai di sicuro con una sorellona così energica e vivace».

Quando aveva scoperto mesi fa di essere incinta, tutta la famiglia aveva accolto la cosa con gioia, e tutti non vedevano l'ora dell'arrivo del nascituro.

*

Angel, ogni tanto, per tutta l'ora non fece che chiedere con entusiasmo al padre, se poteva entrare in acqua, con quest'ultimo che le rispondeva sempre "non ancora", lasciandola un po' delusa. Quando finalmente le rispose che poteva. Lei non perse tempo e corse a buttarsi in mare.

«Ricorda di non allontanarti troppo». Le disse Argo raggiungendola di corsa. «O gli squali ti mangeranno».

«Non temere papà». Rispose lei «Nuoto più veloce di un pesce. Non mi prenderanno».

«Oh davvero?» Scherzò il suo papà sotrofinandole il muso sulla pancia, facendole il solletico, per poi lasciarla andare a giocare.

Mentre la vedeva nuotare sempre più lontano, Argo si avvicinò a sua moglie, sedendosi accanto a lei, senza smettere di tenere d'occhio la figlia.

«La nostra pesciolina ama proprio il mare». Commentò Gaya vedendola divertisi in acqua.

«Già». Commentò Argo. «Ti ricordi? Quando l'abbiamo portata in spiaggia la prima volta, era insicura se le sarebbe piaciuto o no. Ma quando l'abbiamo aiutata ad entrare in acqua, e poi abbiamo cominciato con le lezioni, si è divertita così tanto che non voleva più uscirne».

«Già. Quel giorno si è praticamente innamorata del mare. Non fa che parlare d'altro. Vuole solo giocattoli che riguardano il mare, e che le leggiamo solo favole legate a quell'argomento. Colleziona conchiglie di ogni forma e colore, ed ogni volta non vede l'ora di andare in spiaggia solo per il puro piacere di tuffarsi in acqua. Ho come l'impressione che non ne uscirebbe affatto se avesse la possibilità di farlo».

«Speriamo che non diventi un'ossessione alla fine».

«Non credo si arriverà a tanto. E presto la nostra cara Angel avrà un fratellino o una sorellina con cui giocare, sperando che anche a lui, o lei, piaccia il mare». Commentò Gaya guardandosi la pancia.

«Vivendo vicino ad una spiaggia, dubiro che non possa accadere». Scerzò ridendo Argo.

I due poi rimasero a godersi le onde infrangersi sulla spiaggia ed i colori del tramonto riflessi sull'acqua.

*

Angel si era allontanata sempre di più, e si era immersa a fondo dell'acqua desiderosa di trovare delle conchiglie per la sua collezione. Amava così tanto la sensazione di stare a mollo e di sentirsi bagnata. Fosse dipeso da lei non si sarebbe mai asciugata quando usciva fuori dall'acqua. Senza la maschera da sub non riusciva a vedere bene sottacqua, ma nonostante tutto, riusciva benissimo a distinguere le forme ed i colori di ogni cosa. Durante la sua ricerca si imbatté in tappi di bottiglia e lattine, e questo la fece arrabbiare. Come potevano certe persone credere che l'oceano fosse una discarica? Non poter fare niente per cambiare le cose la faceva sentire debole ed impotente.
Si apprestò allora a prendere i rifiuti per buttarli nel cestino, quando sentì qualcosa muoversi d'avanti a lei. Per questo alzò la testa ed intravide, una strana macchia grigia e bianca. Cercando di mettere a fuoco, si accorse che quello doveva essere un cagnolino della sua stessa età, più o meno. A vederlo sembrava un Husky, anche se non poteva esserne sicura. Non riusciva a vedere bene la sua espressione, ma non sembrava ostile. Poi, guardando in basso, si accorse di qualcosa che non aveva notato prima. Era qualcosa di colore verde turchese, e lei riuscì rapidamente a capire cosa fosse. Una coda di pesce! Una vera e propria coda di pesce! E l'aveva al posto delle zampe posteriori! Sembrava una di quelle creature di cui la mamma le aveva letto nei libri delle favole sul mare. Tese la zampa in avanti per provare a toccarlo, quando quest'ultimo, con un colpo di coda, si allontanò via a nuoto. Lei si apprestò a seguirlo, quando all'improvviso si sentì afferrare da due zampe più grandi di lei che la trascinarono di nuovo in superficie.

«Che ti avevo detto signorina? Non allontanarti troppo dalla riva». La rimproverò suo padre. «Su, è ora di andare. Si sta facendo tardi».

«Aspettà papà». Rispose Angel ancora piena di entusiasmo. «C'era un cucciolo sott'acqua, aveva una coda di pesce e nuotava velocissimo. Ti prego, voglio vedere dove va».

Suo padre la fissò incredulo. «Ti sarai sbagliata. Magari quel cucciolo avrà avuto addosso qualche costume particolare, e probabilmente è bravo a nuotare quanto te, mia piccola pesciolina».

«Ma nuotava davvero come un pesce. La sua coda era vera. Ne sono sicura».

«Piccola. Lo sai anche tu che non si vede bene andando sott'acqua senza maschera. Ti sarai sbagliata».

«Ma...»

«Vieni. Andiamo a casa. Torneremo domani».

«E se non lo trovassimo più?»

«Non temere. Se è di queste parti, lo rivedrai».

Angel, dovette cedere, senza nascondere un velo di tristezza. Suo padre non le aveva creduto, ma lei era più che sicura di quello che aveva visto. Sapeva che era vero, ma non poteva dimostrarlo.

*

Nei giorni successivi, rimase in acqua più tempo del solito, per provare a ritrovare quel cagnolino, ma senza risultato. Cominciò a prendere in considerazione la possibilità che forse suo padre aveva ragione, e che aveva visto male ed era solo un normale cagnolino come lei ma, nonostante tutto, non riusciva a toglierselo dalla testa. Se era del posto, o era venuto in vacanza con i suoi genitori, perché allora, quando l'aveva vista, era fuggito in mare aperto? Se aveva dei genitori, loro dov'erano? Questi dubbi continuavano ad attanagliarle la testa ma, nonostante tutto, continuò ad impegnarsi per diventare ancora più brava a nuotare, sperando che forse un giorno lo avrebbe rivisto ed avrebbe avuto risposta alle sue domande.


Capitolo 2
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Angel stava giocando sulla spiaggia, in acqua, con una cucciola di pastore tedesco più piccola di lei. Le due ridevano e scherzavano prendendosi a spruzzi l'un l'altra.

«Ti stai divertendo Meredith?» Chiese Angel all'altra cagnolina.

«Moltissimo, sorellona». Rispose lei.

Erano passati 11 anni dal giorno del fatidico incontro, e Gaya aveva dato ad Angel una sorellina. Le due erano cresciute insieme ed erano inseparabili.

«Sono felice che tu ami stare qui in acqua con me sorellina».

«Come potrei non farlo. Ti sei tanto impegnata per mostrarmi le meraviglie del mare che non potevo non finirne coinvolta». Commentò allegramente la sorellina.

«Già» rispose lei sdraiandosi facendo il morto a galla. «Sai, come ti ho sempre detto, se potessi rimarrei in acqua per sempre e non ne uscirei affatto».

«Ma così potresti raggrinzirti troppo o rischieresti di annegare». Replicò Meredith.

«Lo so». Rispose alzando le mani in alto verso il cielo, per poi rimirarsele. «Ho sempre detestato il fatto che stare tanto tempo in acqua mi faccia raggrinzire. Ed anche il fatto che se rimango troppo tempo immersa rischi di annegare. Non sarebbe bello se avessi delle branchie, o una coda di pesce? Così potrei rimanere in acqua tutto il tempo senza il rischio di annegare. E potrei nuotare velocissima». Concluse con una scintilla di entusiasmo negli occhi.

Meredith colse al volo cosa intendeva sull'affermazione della coda di pesce «Pensi ancora a quando hai incontrato quel cucciolo in acqua, vero?»

«Come potrei non pensarlo. Aveva una coda di pesce, ne sono sicura. Ma è vero che vorrei averne la certezza di non essermelo immaginato. Vorrei sapere di più su di lui».

«Lo so. Me ne hai parlato. Mamma e papà dicono che lo hai immaginato, ma tu non riesci a togliertelo dalla testa, perché vuoi ancora in una risposta. Spero davvero che tu ci riesca». Rispose saggiamente Meredith. Poi si accorse che il sole stava tramontando. «Non dovremmo andare a casa? Si sta facendo tardi». Disse uscendo dall'acqua.

«Tu va pure. Io resto ancora un po' qui». Rispose lei.

«Va bene, ma tu asciugati prima che si faccia tardi. O ti beccherai un raffreddore». Affermò Meredith mentre si sgrullava l'acqua di dosso per poi passarsi l'asciugamano per tutto il pelo.

Angel ovviamente le diede retta, ed uscì dall'acqua anche lei, sgrullandosi a sua volta l'acqua dal pelo, per prendere l'asciugamano a sua volta per finire di asciugarsi.

*

Il sole era calato, lasciando posto ad una luna piena, ed Angel si era goduta il tramonto, come aveva fatto altre volte. Si era rimessa la gonna da spiaggia, ma non la maglietta. Non sapendo resistere al richiamo dell'oceano, aveva messo i piedi in acqua. Sentiva la freschezza e l'umidità che da lì le attraversavano tutto il corpo, e la carezza delle onde sulle caviglie, così piacevole e rilassante. Alzò lo sguardo per scrutare all'orizzonte, quando improvvisamente, vide qualcosa muoversi d'avanti a lei. Sentì uno scroscio d'acqua, e le parve di vedere una coda di pesce piuttosto grossa.

«Aspetta».

Chiamò cominciando a correre a largo. Gli schizzi di lei che correva le bagnarono la gonna, ma lei non ci fece caso. Doveva assolutamente capire se ciò che aveva visto, di nuovo, era reale oppure no. Ma, quando l'acqua divenne troppo alta, le toccò rinunciare, capendo che ormai, qualunque cosa avesse visto, era di nuovo andata via.

Tornando a riva, rimase ancora qualche ora a fissare l'orizzonte sperando che la cosa misteriosa tornasse di nuovo, ma non ci fu niente da fare.

*

I giorni successivi Angel iniziò ad informarsi, grazie ai libri, o ai racconti marinareschi, sulle leggende del mare, sperando di riuscire a trovare risposte riguardo quello che aveva visto. Per capire se era reale o frutto della sua immaginazione. Iniziò anche a recarsi in spiaggia più tempo del solito, ma non riuscì a trovare nulla.

«Stai esagerando». La rimproverò un giorno suo padre. «Non mangi abbastanza e dormi poco. Ti sembra normale».

«Ma papà» protestò lei «Ho visto di nuovo qualcosa. La prima volta potevo essermelo immaginato, ma due volte non può essere una coincidenza».

«La prima volta era sott'acqua, la seconda era notte. Avrai visto un comune pesce per poi ingigantire la cosa». Insistette lui.

Quelle parole spezzarono il cuore ad Angel. Nessuno voleva crederle. Nemmeno la sua famiglia.

*

Presa dall'esasperazione, un girono Angel prese la barca di suo padre, e partì a largo con essa. Avrebbe trovato le risposte. Costasse quel che costasse.
Iniziando a guardarsi intorno non riusciva ancora a trovare niente.

«So che devi essere qui da qualche parte». Disse tra sé e sé. «Per favore, fatti vedere».

Ma le ore passavano, e lei non trovò né vide nulla. Improvvisamente sentì il fragore di un tuono. Voltandosi si accorse con orrore che delle nuvole temporalesche stavano venendo verso di lei.

«Oh no». Disse con il cuore colmo di terrore. «Doveva esserci una tempesta oggi». Si mise la mano sulla fronte. «Ma perché non ho guardato le previsioni meteo prima di uscire?»

Purtroppo era troppo tardi per evitare la tempesta. E così dovette venirgli incontro nel tentativo di provare a tornare a riva. Purtroppo niente andò come previsto. La tempesta fu brutale e violenta. La pioggia cadeva incessabile, e le onde erano piuttosto alte, e facevano dondolare violentemente la barca provocandole un gran mal di mare. Il cuore di Angel batteva forte per la paura. Poteva davvero riuscire a tornare a casa intera? Purtroppo in quel momento un'onda gigantesca la colse di sorpresa e capovolse brutalmente la barca. Angel, batté la testa a causa del capovolgimento, e sentì che stava per perdere i sensi.

«Devo rimanere sveglia». Pensò, cercando a fatica di rimanere cosciente. «Altrimenti affogherò».

Lo sforzo sembrava vano. Sentiva la corrente che la spingeva sempre più in profondità verso il basso, e di come l'aria le mancasse sempre di più. Avrebbe voluto nuotare verso la superficie, ma il corpo non rispondeva più ai suoi comandi. La fine ormai era imminente. Angel pensò a quanto fosse triste l'idea di morire in quel modo. Da sola, senza i suoi cari, che di certo sarebbero stati devastati quando non l'avrebbero più trovata. E lei rimpiangeva terribilmente di essere stata così stupida ed imprudente, ed il fatto che ora non avrebbe avuto alcuna risposta sul mistero a cui stava indagando.
I suoi occhi cominciarono a chiudersi, quando all'improvviso intravide un'ombra nuotare verso di lei. Non ebbe il tempo di chiedersi chi o cosa fosse, quando sentì un altro muso poggiarsi verso il proprio e da esso cominciò a sentire di nuovo l'aria riempirle i polmoni. Quello fu tutto ciò che riuscì a ricordare prima di perdere i sensi.

*

La cagnolina riprese i sensi brutalmente, avendo la consapevolezza che qualcuno la stava scuotendo. Nel riaprire gli occhi vide sua madre che la stava abbracciando, con le lacrime agli occhi.

«Oh, Angel, pensavamo di averti persa».

Angel si guardò intorno capendo di essere di nuovo in spiaggia, e vide che anche suo padre e sua sorella erano lì, mentre si unirono all'abbraccio.

«Angel, sei impazzita? Come hai potuto uscire in mare aperto senza avvisarci e senza informarti delle condizioni metereologiche? Ti rendi conto di cosa poteva succedere?» La rimproverò Argo quando ebbero finito.

«Mi dispiace papà». Rispose lei con vergogna. «La barca è distrutta».

«Non mi interessa la barca. Sarebbe stato peggio se tu fossi morta». Dopo che tutti loro l'ebbero aiutata a rialzarsi aggiunse. «Per questa tua bravata sei in punizione per due settimane signorina. Non potrai uscire fuori di casa e non voglio neanche sentir parlare del mare finché non avrai scontato la pena».

«Ma...»

«Niente ma. Adesso a casa signorina».

Ad Angel si afflosciarono le orecchie per la tristezza, ma dovette sottomettersi ed obbedire. Mentre tornavano a casa, provò a parlare dei suoi genitori di quello che era successo ma, anche questa volta, non volettero crederle.

«Non mi interessa come ti sei salvata». Aveva detto sua madre. «Ti sei salvata. è stato un miracolo, e questo mi basta».

Angel aveva provato ad insistere.

«Io volevo solo risolvere quel mistero».

«Non è rischiando di farti uccidere che lo risolverai» Fu la sua risposta. «Devi darti una calmata e rilassarti. Tuo padre ha ragione. Ci hai fatto prendere un bello spavento Non devi più rifare una cosa simile. Ora calmati e rilassati. Vedrai che andrà tutto bene».

Una volta tornati a casa e arrivata nella sua stanza, Angel si buttò in camera sua sul letto, contemplando nella stanza i disegni sul mare, e sulle cansirene che aveva fatto quando era piccola, insieme a tutti gli articoli a tema marino che erano in essa. La sua mente era sconvolta da tutto quello che le era successo. Aveva rischiato di morire affogata, era in punizione, e ancora continuava a pensare a quel misterioso individuo del mare che continuava ad essere una presenza nascosta nella sua vita. Chi e cosa era? Dove si trovava? Perché non si faceva ancora vedere?

*

Le due settimane di punizione le erano sembrate interminabili per via della noia e il non avere niente da fare, ma infine erano passate. E, la prima cosa che Angel fece appena riacquistò la libertà, fu andare a farsi una passeggiata al porto per riabituarsi all'aria aperta. Mentre camminava pensava a quanto fosse bello fiutare di nuovo fuori, e di quanto le era mancato il mare. Mentre pensava a tutto questo incrociò per caso Fenrir. Lei lo conosceva di fama, essendo il lupo di mare del posto, con la sua pelliccia grigia e il suo completo da marinaio. Era solitario e burbero, ma non di certo una brutta persona. Girava sempre con la sua barca a largo, e quando non lo faceva, rimaneva sempre a riva del mare, come se tenesse d'occhio qualcosa. Ed aveva evitato che i cacciatori di frodo pescassero illegalmente qualche volta. Nonostante potesse essere un tipo che amava il mare quanto lei, Angel non aveva mai avuto la possibilità di conoscerlo davvero o parlarci di persona. Quando le passò a fianco, fece per salutarlo, ma lui la anticipò.

«Sei proprio un cane testardo che quando si fissa su qualcosa non vuole proprio lasciare perdere, non è vero?»

Quella frase la lasciò sbigottita. Provò a chiederle cosa intendesse ma lui continuò.

«Se fossi in te lascerei perdere. Certe cose devono rimanere sepolte, o potresti finire anche in guai peggiori».

Detto questo, salì in barca e fece per metterla in modo.

«Aspetti». Lo fermò Angel. «Signor Fenrir, io voglio solo avere la certezza che ciò che ho visto è reale. Mi è capitato ben tre volte di intravederlo, e voglio solo essere sicura di non essere pazza». La pastore tedesco non sapeva come lui sapesse cosa stava facendo, ma non poteva lasciar perdere. «La terza volta mi ha anche salvato la vita. Quindi non posso lasciar perdere».

Il marinaio rimase un po' in silenzio. Poi prese un sorso di tè e disse «Tu sei diversa da molte persone di queste parti. Hai un cuore buono, cosa rara al giorno d'oggi. Quindi voglio fidarmi di te». Prese un sorso «Ma devi promettermi che quello che sto per dirti non lo rivelerai mai a nessuno».

Angel si limitò ad annuire e poi si avvicino per ascoltarlo. Lui si guardò bene attorno per accertarsi che nessuno stesse origliando, o avesse la possibilità di ascoltare per caso, e poi parlò.

«Quello che hai visto è davvero un cansirena. Loro vivono nella città sommersa di Canatlantide. Nonostante sia diventata una leggenda, è tutto vero».

«Veramente?» chiese lei con entusiasmo ed una scintilla negli occhi.

«Certo». Rispose lui. «Ma devi sapere che i cansirena sono una vera rarità. In troppi cacciatori malvagi ed ambiziosi gli danno la caccia per i motivi più egoistici. Quel cansirena che hai visto è lo stesso che hai visto 11 anni fa quando eri piccola, e che hai rivisto di recente».

«E lei come lo sa di quel che ho visto?»

«Perché ero lì quel giorno. Ti ho sentita mentre parlavi del tuo incontro subacqueo con i tuoi genitori ed ho capito tutto».

«E come fa a sapere tutte queste cose sui cansirena?» Gli chiese lei.

«Diciamo che lavori come il mio ti permettono di scoprire tante cose. Specialmente se lo fai per anni. Ho imparato di chi ci si può fidare e chi no, e tu mi ispiri molta fiducia. Altri hanno intravisto cansirena in passato ma hanno sempre avuto il dubbio se fossero veri o no. Tu sei la prima che si è impegnata tanto per scoprire la verità».

Angel era così emozionata per la cosa. «è pazzesco. Allora non ho immaginato nulla e tutto quello che ho visto era vero. Un vero cansirena. è fantastico».

«Sì, ma non andare a cercarlo. Il mondo terrestre e quello marino devono assolutamente rimanere separati. Non tutti gestirebbero questa informazione con giudizio, come faresti tu. Ti ho detto tutto solo perché potessi metterti l'anima in pace ma, adesso che lo sai, chiudi qui la faccenda».

Angel, riguardo a questo, non gli rispose. Si limitò a ringraziarlo, e poi tornò a casa.

*

Tempo dopo la barca di Argo fu riparata, e Angel una sera, dopo essersi assicurata che questa volta non ci sarebbe stato maltempo, era di nuovo salpata a largo. Dopo essere sicura di essere abbastanza lontana, preparò la rete da pesca collegata alla barca e, premendo il pulsante, la immerse in acqua e cominciò a fare il giro. Sapeva di stare per fare una brutta cosa, ma ormai non le era rimasta altra scelta. Per ore continuò a muoversi senza che successe niente, e quindi si apprestò a fare uno spuntino di mezzanotte, ma improvvisamente udì uno scroscio d'acqua, e la rete cominciò ad agitarsi e le corde si tesero. Qualcosa di grosso si era impigliato ad essa.

«Forse l'ho preso». Pensò con entusiasmo e speranza.

Premendo il pulsante che fece alzare la rete, quel che vide le fece tirare un urletto di sorpresa. Dentro c'era proprio quello che aveva visto 11 anni fa, anche se ormai era cresciuto con lei. Un Husky, dal pelo grigio e bianco, e con una coda di pesce color turchese al posto delle zampe posteriori. Aveva anche degli stupendi occhi azzurri. Era così felice di riuscire finalmente a vederlo bene ed in modo perfetto invece che di sfuggita, e senza metterlo a fuoco.

«Ehi, che ti salta in mente? Liberami subito!» Lesi rivolse rabbiosamente il cansirena.

A quelle parole le orecchie di Angel si afflosciarono per la tristezza. Finalmente riusciva davvero a vederlo, e lui le si rivolgeva in tono così scorbutico.

«Scusami». Gli rispose «è che ci tenevo davvero tanto a vederti. Specialmente dopo che mi hai salvata da quella tempesta».

«Beh, adesso mi hai visto piccola ingrata. Che cosa hai intenzione di fare?»

Angel cominciò a farsi prendere dal panico. Non voleva che lui la odiasse.

«Senti, mi dispiace. è che ti avevo solo intravisto finora. Volevo essere sicura che tu fossi reale e che esistessi. Non mi è venuto in mente altro modo per riuscirci. Ora che ti vedo, mi sento molto meglio. Per favore, non essere arrabbiato con me».

«Vorrei vedere te al mio posto».

«Senti, ora ti libero, ma non andare via. Ci sono così tante cose che vorrei chiederti». Rispose mettendo di nuovo la rete in acqua. «Comunque io sono Angel. Tu come ti chiami».

«Cosmo». Rispose lui mentre si toglieva la rete di dosso.

Una volta libero, i due si scambiarono uno sguardo. Lei era emozionata, e lui la guardava offeso. Pochi secondi dopo cominciò subito ad allontanarsi a nuoto.

«Aspetta». Lo chiamò Angel tuffandosi in acqua e cercando di seguirlo a nuoto.

Dopo essersi allontanata di qualche metro, capì quanto il suo tentativo di raggiungerlo fosse vano e tornò alla barca delusa di come quel primo incontro fosse finito male.

«Grazie per avermi salvato». Si rivolse quindi con dolcezza all'orizzonte. «So che sei un bravo cansirena. E non me ne dimenticherò».

Dopodiché virò per tornare di nuovo a riva.

*

Qualche sera dopo Angel era tornata in spiaggia, e si stava godendo una bella nuotata sotto il tramonto. Ormai si era completamente rassegnata all'idea di rivedere di nuovo Cosmo dopo quello che gli aveva fatto, e poteva solo farsene una ragione. A qualche metro dalla riva sentì improvvisamente qualcosa toccarle il piede sinistro. Si voltò colta di sorpresa, ma non trovò nulla. Poi successe la stessa cosa col piede destro. Questo le fece fare un sussulto. Cosa stava succedendo? Terrorizzata cominciò a nuotare verso la riva, ma improvvisamente qualcosa la afferrò per le caviglie e la trascinò sott'acqua. Pochi secondi dopo Angel riemerse cacciando un urlo di terrore. E, poco dopo, emerse anche Cosmo emerse d'avanti a lei che ridendo come un matto.

«Cosmo! Ma sei impazzito? Mi hai quasi fatto prendere un colpo».

«è la mia vendetta per essere stato intrappolato in quella rete». Rispose lui. «Ora siamo pari».

«Non direi». Rispose Angel. «Tu mi hai salvato la vita. Siamo ben lungi dall'essere pari».

Detto questo, schizzò scherzosamente Cosmo, lui fece lo stesso, e i due si divertirono come cuccioli a buttarsi addosso l'acqua l'un l'altro, ridendo e scherzando.

Dopo qualche minuto, Angel nuotò verso uno scoglio, appoggiandosi in esso, per poter riprendere fiato.

«Bella serata». Si rivolse a Cosmo.

«Già. Il mare è bellissimo durante il tramonto. Ma anche con la luna e le stelle è spettacolare». Si avvicinò quindi ad Angel. «Sei la prima creatura terrestre con cui parlo. A parte per la rete, mi sei molto simpatica».

«La cosa è reciproca». Rispose allegramente. Poi, senza alcun motivo specifico, decise di dargli confidenza. «Io amo il mare. Vengo ogni giorno in spiaggia. Mio padre teme che la mia diventi un'ossessione. E forse ha ragione».

«Allora hai una bella ossessione». Rispose lui.

«Già». Convenne Angel. «Possiamo rivederci ancora?» Gli chiese speranzosa.

A quella domanda, il muso di Cosmo si fece serio.

«Io non dovrei nemmeno essere qui». Rispose. «Ai cansirena è proibito avvicinarsi in spiaggia, e parlare ai terrestri lo è ancora di più».

«Ti prego» Insistette lei. «Voglio conoscerti meglio, e continuare a nuotare con te. Nessuno dei miei amici è rimasto a mollo con con me in mare così a lungo».

«Ti capisco. Nessuno dei miei amici mi ha mai accompagnato a vedere la terraferma». Quindi cominciò a riflettere.

Angel continuava a guardarlo speranzosa sperando che trovasse una soluzione. Non voleva proprio separarsi da lui. Specialmente così presto.

Improvvisamente il muso di Cosmo si illuminò. E lei capì che doveva aver avuto un'idea.

«Facciamo così. Vieni qui la prossima luna piena e ti farò una sorpresa». Le propose.

«Una sorpresa?» Chiese lei confusa.

«Esatto. Fidati di me. Ti piacerà. Ma non devi parlarne con nessuno. Non ho mai dato tanta fiducia a qualcuno come sto facendo con te in questo momento».

«Non temere. La mia bocca è cucita». Disse lei.

«Perfetto. Ci vediamo la prossima luna piena allora. Ciao». E, con un colpo di coda, scomparve nelle profondità del mare.

Angel, tornata sulla riva, si recò a casa e si mise a letto. Quella notte non riusciva a dormire. Era così emozionata. Aveva fatto amicizia con un vero cansirena, un essere mitologico del mare. Molto simpatico, poteva aggiungere. Non sapeva quale sorpresa volesse farle, ma sarebbe di certo stato qualcosa di bello. Quindi aspettare fino alla prossima luna piena sarebbe stato più che difficile. Ma doveva tenere duro, e avrebbe potuto giocare ancora con lui.
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