La storia dell'esperimento 297

fan fiction sul mio cugino di Stitch preferito

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La storia dell'esperimento 297

Messaggioda l.pallad » 13/02/2023, 11:18



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Aprì debolmente gli occhi blu scuro mentre muoveva per la prima volta le sue due piccole antenne e le sue quattro chele usandole per alzarsi sulle sue quattro zampe a fuso. Scosse il suo corpo arancione e, ripresosi dal suo intontimento, cominciò ad avere consapevolezza sé. Lui era vivo. Ed era dentro una campana di vetro. D'innanzi a lui c'era un essere la cui sola testa era più grande di lui, con la pelle rosa pallido sul viso viola opaca sul resto del corpo e con quattro occhi che lo fissavano bramosi.

“È fatta.” Disse l'essere “Tu sei l'esperimento 297, e tuo scopo è sabotare congegni elettronici e meccanici.”

297, nonostante fosse nato da poco, l'esperimento capì fin da subito che era vero. Nel suo cervello vi erano presenti molte conoscenze su come si attuava ogni tecnica di sabotaggio possibile e immaginabile. Guardandosi intorno si accorse che fuori dalla campana in cui si trovava, vi erano apparecchiature complesse e sofisticate di un laboratorio. Nella sua bocca sottile si formò un sorriso di bramosia e cominciò a colpire il vetro con le sue piccole chele.

“Oh, piccolo monello. Vuoi già uscire e sabotare miei macchinari. No temere, ne avrai di congegni da mandare in tilt..”

297 non voleva aspettare. Voleva farlo subito. Sentiva che era quello il suo scopo, la sua missione, la sua ragione di vita. Non c'era altro per lui.

*

Quando venne fatto uscire, non passò molto prima che imparasse a conoscere gli altri esperimenti. Ce n'erano ben altri 296 prima di lui. Alcuni più grandi e con poteri molto più distruttivi di lui. 297 non era poi una creazione micidiale e ambiziosa. Era solo un piccolo sabotatore. Nel profondo era geloso di questo, ma doveva accettarlo, dato che lamentarsi non avrebbe cambiato nulla. Il suo creatore aveva fatto esperimenti dallo scopo più ambizioso del suo, e stava già lavorando ad altri esperimenti più grandi e potenti di lui. Nel profondo era geloso e invidioso di questo, ma non poteva. Imparò anche che il nome del suo creatore era Jumba Jookiba, scienziato e genio del male. C'era anche uno strano gerbillo bianco con un mantello rosso di nome Jacques von Hämsterviel che si occupava di finanziare le loro attività. Ogni creazione di Jumba, passata e futura, aveva il proprio compito, e veniva mandata dove poteva dare sfogo al suo talento e ai suoi desideri distruttivi. 297 ebbe molte missioni, di sabotaggio che portavano caos ovunque andava. Non faceva altro che sabotare e sabotare e più continuava e più faceva esperienza imparando a nascondersi, e sgattaiolare, sfruttando le sue piccole dimensioni per evitare di farsi vedere, e anche come avrebbe potuto liberarsi se fosse stato imprigionato di nuovo nel vetro. Doveva ammetterlo. Anche se fisicamente era piccolo, dentro si sentiva un gigante.
Quando poi fu disidratato e trasformato in un baccello, lui non poté fare niente per impedirlo, nonostante si fosse impegnato con tutte le sue forze.

“Perché è toccato a me essere piccolo?” si chiedeva risentito. “Perché Jumba non mi ha creato più grande?”

*

Il momento dell'idratazione fu una cosa piacevole per lui. Non aveva alcun ricordo di quando era un baccello e il che era un bene. Quando uscì fuori dalle fogne si guardò attorno. Quel posto era pieno di macchinari molto primitivi, ma pur sempre macchinari. Ridacchiò al pensiero dei danni che si apprestava a fare. Improvvisamente si sentì delle dita afferrargli la testa e venne sollevato in aria ritrovandosi d'innanzi ad una grossa balena umanoide vestita di nero, che gli disse:

“Finalmente ho vinto un premio anch'io!” Iniziò poi a toccargli la faccia con il suo dito. “Chissà che cosa sai fare tu?”

Come osava toccarlo in quel modo? Gli pizzicò il dito con la chela e, dopo che lo lasciò cadere a terra, si apprestò a scappare. Aveva un compito da eseguire e non aveva alcuna intenzione di lasciare che qualcuno lo fermasse.

*

Seminato il grosso bestione, si apprestò a compiere atti di sabotaggio in quel primitivo parco divertimenti di qualunque pianeta dove si trovasse. Ne ruppe cinque in totale. Al quinto, quando vi uscì, si accorse di una delle abitanti del posto, con insieme un enorme coso blu vestito, ancora più grande della balena di poco fa. Non curandosene all'inizio, corse verso quello che aveva imparato essere il chiosco delle limonate mettendosi sopra di esso e ridendosela fingendo di essere più alto. Improvvisamente il coso blu corse verso di lui inciampando e rompendo tutto, rischiando di fare male a entrambi. Allontanandosi da quel disastro, 297 udì dei passi dietro di lui e, voltandosi, con suo grande sgomento, si accorse che quel grosso coso blu lo stava inseguendo, e cominciò quindi a correre con tutta la forza delle sue zampe. Non poteva permettere che un essere tanto grande lo prendesse.
Durante la fuga, il suo inseguitore sbatté addosso a molte cose, e finì col finire a terra quando una campana gli cadde in testa, stordendolo. Divertito dalla scena, si mise sopra di lui mettendogli addosso un cartello con scritto Fuori uso e cominciò a ridere di lui. Era una situazione così divertente. Improvvisamente si ritrovò dentro un contenitore di vetro.
Come aveva fatto ad essere così stupido da abbassare la guardia?
Mentre guardava con odio la sua intrappolatrice, che commentò ingenuamente quanto fosse piccolo, senza rendersi conto che lo offendeva così, decise anche di cambiare il suo nome in Cortocircuito. La cosa curiosa era che, anche se non le disse nulla, non poteva negare che Cortocircuito era meglio di 297.
Quando poi il coso blu commentò il fatto di essere alto e l'intrappolartice affermò che lo era troppo, nella testa del crostaceo alieno si formò un'unica domanda.

“Ma come ha fatto?”

Mentre lo portavano via dal parco divertimenti e rifletteva sul cercare l'occasione giusta per liberarsi, Cortocircuito imparò i nomi dei suoi carcerieri. La femmina si chiamava Lilo e il grosso coso blu era Stitch. A quanto pareva lui era l'ultima creazione di Jumba: l'esperimento 626. Quella bambina, si era messa in testa di catturare e rendere buoni tutti gli esperimenti. E lui era il prossimo. Portato nella loro casa, venne messo in un angolo di una stanza. E si ritrovò d'innanzi un alieno giallo, magro, con un occhio solo che gli disse:

“Così sei tu il piccolo combina guai.”

Cortocircuito lo allontanò puntandogli contro la chela, offeso di nuovo che anche lui lo chiamasse piccolo.

E dopo che l'alieno lo rimproverò dichiarandosi supplente genio del male, Lilo venne a chiamarlo dicendogli:

“Si è addormentato. È il momento giusto.”

Così i due entrarono nell'altra stanza lasciandolo solo. Quello fu il momento giusto per agire.
Iniziò a colpire con le chele il vetro, cercando il punto più vulnerabile e, dopo averlo trovato, aprì un buco dal vetro. Una volta uscito, decise di combinare loro uno scherzetto, approfittando dell'elemento sorpresa, per vendicarsi del fatto che lo avessero imprigionato.
Entrò quindi nel raggio che stavano per usare e, con sua grande soddisfazione, vi causò un cortocircuito. Le cose crescevano e si rimpicciolivano, con suo grande divertimento. Quando Lilo staccò la spina, fermando il raggio, lui salì sulla finestra e rise di scherno di loro due. Erano così divertenti e ridicoli. Poi si voltò e si apprestò a saltare quando all'improvviso sentì qualcosa spingerlo in avanti. Il suo corpo si illuminò di verde e lo sentì pervadere dal solletico, mentre ruzzolava dalle scale atterrando proprio sulla testa. Ma cosa stava succedendo? Cosa gli stava succedendo?
Doveva essere la confusione per la botta presa. Aveva come l'impressione che tutto stesse diventando sempre più piccolo. Probabilmente doveva solo rialzarsi e riprendersi dall'intontimento. Quando lo fece, la terra tremò al suo movimento. Allora si rese conto di cosa era successo. Non era un intontimento. Non era tutto il resto che era diventato più piccolo! Era lui che era diventato più grande! Si scambiò lo sguardo con Lilo e il monocolo, che erano usciti fuori a cercarlo, avendo la consapevolezza definitiva di questo. Lanciò quindi un ruggito furioso, rivelando di avere ora una voce più profonda e cavernosa.
Era incredibile! Non aveva ancora chiaro cosa fosse successo, ma una cosa cosa era chiara. Lo avrebbe amato per sempre. Quindi si avviò pronto a mostrare al mondo il nuovo gigantesco lui. Mentre tornava al parco divertimenti come tutti scappavano terrorizzati da lui.

“Non posso crederci!” pensò in pura estasi “Un'intera vita ad essere più piccolo degli altri, ma ora sono gli altri ad essere più piccoli di me!”

Giunto a destinazione lanciò un altro ruggito. Ormai era completamente libero. Libero di fare tutto quello che voleva. Libero di abbandonarsi ad un atteggiamento più primitivo, disinibito e selvaggio. Nessuno poteva fermarlo ora che era lui il più grande! Afferrò la ruota panoramica e la scardinò sollevandola in aria. Nel suo stato non poteva più infilarsi nei congegni per sabotarli, ma che importava? Perché doveva fare complesse operazioni di sabotaggio quando poteva semplicemente fracassare tutto con le sue chele? Aveva appena sollevato una ruota panoramica! Un tempo non avrebbe mai potuto fare una cosa simile neppure nei suoi sogni più selvaggi.
All'improvviso sentì un rumore. Voltandosi si accorse che era di nuovo Stitch, che era diventato grande quanto lui ed era arrivato per combatterlo. Cortocircuito lo guardò con determinazione

“Che si faccia avanti!” pensò “Ormai la paura è un sentimento che non mi riguarda più!”

Non gli diede tempo di agire che gli scagliò contro la ruota panoramica, per poi ruggire la sua superiorità al suo avversario. Quest'ultimo tentò di corrergli addosso per afferrarlo, ma lui gli fece prontamente lo sgambetto. Dopodiché lo afferrò con una chela e, usando una mossa che aveva appena improvvisato, roteò il busto più veloce che poteva e lo scaraventò via. Aspettò poi che si rialzasse, ma non lo fece. Per cui tornò al suo intento di distruggere il luna park. Tutto crollava alla potenza delle sue chele, afferrò poi una nave e cominciò a stritolarla. Un sorriso enorme si posò sul suo volto mentre lo faceva. Non si era mai sentito così vivo in tutta la sua vita. Era il più grande! Il più forte! Era invincibile! Nessuno poteva fermarlo. Il suo delirio di onnipotenza venne interrotto da uno strano dolore alla zampa. Posando lo sguardo in basso vide che era stato Stitch, che si era notevolmente rimpicciolito, a morderlo. Come osava quel microbo fargli un affronto simile? Ora l'avrebbe pagata! Gli scaraventò addosso la nave per tentare di schiacciarlo, ma lui riuscì a schivarlo. Tentò di colpirlo con le sue chele, ma lui evitò tutti i suoi attacchi facendogliele conficcare nel terreno. Tentò di liberarsi mentre il suo minuscolo avversario si procurava una corda. Alla fine ci riuscì e lanciò un altro ruggito.

“Non posso perdere! Sono il più grande! Nessuno è più grande di me!”

Stitch si insinuò tra le sue zampe avvolgendole con la corda. Cortocircuito lo attaccò ancora con le sue chele, riuscendo a colpirlo. Anche se purtroppo non gli fece alcun danno. Tentò ancora di afferrarlo, per schiacciarlo, ma lui evitò tutti i suoi attacchi, e poi tirò con la corda, facendolo cadere. Il capitombolo fu estremamente doloroso. Eppure, quando era piccolo, cadere non era così doloroso.

“Questo intoppo avrei preferito evitarlo.”

Ma come era possibile che un essere tanto piccolo fosse così forte? Non fece in tempo a rialzarsi che venne intrappolato da molte corde, rimanendo bloccato. Lilo abbracciò il suo avversario, facendogli i complimenti per la vittoria. In quel momento arrivò di nuovo la balena umanoide di prima, che presentò il suo compagno, diventato ancora più grande di lui. Osservò come Lilo, Stitch, il monocolo e Jumba (si chiese quando fosse arrivato) si abbracciavano terrorizzati dal nuovo gigante, ma esso li ignorò concentrandosi sul panino. Quando tutto fu finito, Jumba disse

“Ora, provvediamo a riportare questi esperimenti genetici a loro normali perfette dimensioni.”

A quelle parole a Cortocircuito si spezzò il cuore.

“Non voglio tornare ad essere piccolo.”

Pensò. Dopo un'esperienza così fantastica, così impossibile da descrivere, non avrebbe potuto più accettare se stesso come era prima. Essere un gigante gli aveva fatto capire cosa si prova ad essere soddisfatti di se stessi, cosa si prova ad essere liberi. Non gli importava di quello che gli alti avrebbero pensato di lui. Voleva continuare ad essere un gigante! Essere alto era perfino più importante di quello che era sempre stato lo scopo della sua vita: sabotare i congegni elettronici e meccanici.
La speranza gli si riaccese quando Lilo si intromise chiedendo a Jumba di non rimpicciolirlo. A quanto pareva aveva in mente qualcosa per lui.

*

Il suo diventare buono non fu così male. Certo, lui aveva meno giustificazioni rispetto agli altri suoi cugini. Non poteva giustificare quello che aveva fatto come gigante dicendo semplicemente che Jumba lo aveva programmato per agire così. Jumba lo aveva creato per essere un abile sabotatore, non un gigante distruttore. Qualunque cosa avesse fatto dopo essere diventato un gigante l'aveva fatta perché era stato lui a volerla fare. Non perché Jumba lo aveva programmato per farla. A parte questo, gli insegnarono che fare certe cose era sbagliato, e che se voleva essere un gigante, doveva comunque imparare ad usare in modo responsabile le sue nuove dimensioni invece che abusarne.
E il lavoro che gli diedero come giostra fu piuttosto bello. Fare il gigante buono non era così male. Buono o cattivo che fosse voleva comunque rimanere un gigante. E divertire le persone lo faceva sentire bene. Anche imparare l'Ohana e considerare gli altri esperimenti creati prima e dopo di lui come dei cugini era bello. E le sue dimensioni furono anche utili tempo dopo quando Hamsterviel mandò quel Leroy a catturarlo, e dovette combattere insieme ai suoi cugini contro i cloni di quest'ultimo. Non fu merito suo se vinsero quella battaglia. Ma da gigante aveva potuto combattere, quando da piccolo avrebbe solo potuto nascondersi e scappare.
Arrivato poi il momento della foto insieme agli altri esperimenti, Cortocircuito ripensò a quanto la vita fosse stata generosa con lui. Aveva imparato cosa significava amare ed essere amato, aveva trovato una famiglia,, ed aveva ottenuto delle nuove fantastiche dimensioni giganti. Non poteva negare che le prime due cose le avrebbe ottenute comunque. Ma per le sue dimensioni giganti era tutta un'altra cosa. Ripensò alle variabili che avevano portato a quel risultato. Se Stitch non avesse deciso che voleva essere più alto. Se Jumba non fosse stato assente per fare servizi sociali fuori dal pianeta. Se Lilo e il monocolo (che aveva scoperto chiamarsi Wendy Peakley) non avessero tentato di rimpicciolire Stitch approfittando del suo sonno. Se lui se ne fosse andato direttamente invece di sabotare l'accrescitore. Se non si fosse messo a ridere prima di saltare dalla finestra. Se il raggio che lo aveva colpito non avesse avuto quello specifico livello di potenza. Se non avesse scaraventato Stitch in quel modo durante la loro lotta. Se in generale non si fosse dimostrato migliore di quest'ultimo ad adattarsi ad essere un gigante e fare sue quelle nuove dimensioni, sarebbe rimasto piccolo per tutta la vita. Jumba gli aveva dato uno scopo specifico, ma alla fine il fato gli aveva dato un'opportunità più unica che rara e l'aveva presa. E quando disse Aloha insieme al resto della sua Ohana, si sentì completamente soddisfatto di se stesso e della vita che aveva ottenuto.
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l.pallad
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