Magia oltre le stelle

Prologo e capitoli 1 e 2

Questo spazio è dedicato alla raccolta di storie inventate.

Magia oltre le stelle

Messaggioda l.pallad » 13/02/2023, 11:40



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Prologo

La notte si prometteva serena e piacevole nei meandri della foresta. Le fate chiudevano i fiori, i pegasi volavano tra le nuvole, gli unicorni si abbeveravano nel lago al chiaro di luna e i satiri suonavano una musica melodiosa.
Improvvisamente si sentì un corno stonare tra la musica, seguito da una voce che gridava

“Arrivano!”

A quelle parole l'armonia finì sostituita dalla paura. Da lontano si poteva vedere la foresta bruciare e le luci delle fiamme avvolgere gli alberi mentre tutti si preparavano a quello che stava accadendo.
Dopo alcuni dei minuti di grande tensione, uscirono dalla vegetazione dei goblin, che muniti di arco, frecce e daghe, seguiti a ruota da enormi Troll con le clave, seminando devastazione.
In un momento, quello che prima era un luogo gioioso si era trasformato in un brutale campo di battaglia.
Incantesimi di magia di luce e di oscurità venivano scagliati da tutte le parti. I pegasi attaccavano i troll facendo attenzione ad evitare le loro clave, alcuni venivano colpiti e abbattuti come mosche, altri riuscivano a colpire i loro nemici alla testa facendoli cadere. I goblin ingaggiavano duelli contro i satiri, e da entrambe le parti morivano e l'erba era rossa del sangue dei caduti.
Improvvisamente, dalle retrovie delle creature delle tenebre, apparve un individuo ammantato di nero, più grande dei goblin ma più piccolo dei troll, il volto era nascosto da un cappuccio, si vedevano solo due occhi rossi iniettati di sangue. Alzò in aria le mani munite di artigli affilati, e si generarono dei raggi di energia rapidi e precisi che colpirono molte fate e pegasi. Satiri maghi e unicorni provarono a contrastare con la loro magia quella del nemico, ma i loro incantesimi non erano abbastanza potenti, e vennero sconfitti.
Le creature della luce, vedendo la superiorità del loro avversario, batterono in ritirata, troll e goblin cominciarono a guadagnare terreno e la battaglia volse a loro favore grazie al misterioso individuo.
Uno dei satiri stregoni, osservando con orrore che stavano perdendo la battaglia, si lanciò disperatamente verso di lui.

“Manphas!” Intimò a quest'ultimo. “Perché ci fai questo e non vuoi lasciarci in pace?”

“E tu chi saresti?” Rispose lui con indifferenza.

“Io sono Bazel. Colui che ti sconfiggerà.” Rispose il Satiro.

Puntò il bastone contro l'avversario e cominciò ad accumulare potere, sulla punta del bastone si formò una sfera di luce bianca che diventò sempre più grande. Il satiro era sicuro che avrebbe vinto. Improvvisamente il potere accumulato fu tale che il bastone iniziò a muoversi all'impazzata andando fuori controllo. Bazel era in preda al panico mentre i suoi nemici ridevano divertiti da quella scena. Con un grande sforzo riuscì a puntare di nuovo il bastone contro Manphas e riuscì a scagliare la sfera. Quest'ultimo la deviò semplicemente con un gesto del braccio, scagliandola in cielo.

“Dilettante.” Disse con arroganza. “Sei solo un incapace che non vale un secondo del mio tempo”

Prima che il Satiro ebbe il tempo di ribattere, il suo nemico puntò il dito contro di lui, scaraventandolo con un'enorme onda d'urto lontano dal campo di battaglia. Bazel cadde a terra e battendo la testa e perse i sensi, riuscendo, però, a sentire le grida di paura e orrore della battaglia.

*

L'incantesimo che Bazel aveva scagliato non si dissolse, attraversò lo spazio verso una destinazione sconosciuta.


Capitolo 1

Gabriella Ricci stava passeggiando nel parco, infelice e sconsolata. Aveva passato ore al computer cercando di pensare a una buona storia. La sua mente non era stata presente tutto il tempo. Aveva fantasticato su mondi fantastici, maghi malvagi, nobili eroi e creature magiche di ogni tipo. Purtroppo era tutto così caotico, e non riusciva a dare ordine ai suoi pensieri in modo che prendessero la forma concreta e corretta di una storia decente. Infelice e scoraggiata, aveva deciso di fare una passeggiata nel parco nel tentativo di cercare l'ispirazione. Ma, per quanto l'aria aperta le facesse bene, non aveva avuto risultati. Il sole ormai stava tramontando.

“Ciao Gabriella. Come stai?” Udì all'improvviso, prendendosi un bello spavento.

Voltandosi verso chi la chiamava, vide arrivare verso di lei una ragazza bionda, con gli occhi azzurri e il vestito elegante.

“Ciao Maria. Io sto bene, e tu?” Chiese con un tono un po' moscio.

“Molto bene. Tu che ci fai da queste parti?” Rispose l'altra in tono raggiante.

“Beh, sai, passeggiavo un po' e pensavo a cosa fare.”

“Come procede la tua scrittura?” Gabriella non rispose. “Oh, dai. Non può andare così male. La fantasia ce l'hai. Devi solo scatenarla. Comunque sai la novità? Io e Mario ci siamo appena fidanzati. Dovresti uscire più spesso anche tu e cercare di impegnarti.” Guardò poi l'orologio. “Guarda che ore sono. Si è fatto tardi, meglio che torniamo entrambe a casa. Buona fortuna con il tuo libro.” E corse via lasciandola sola.

Gabriella si allontanò correndo nella direzione opposta. Si sedette su una panchina d'innanzi al lago, stringendosi i capelli lunghi e neri, mentre dagli occhi verdi cominciarono a sgorgare un fiume di lacrime.

“Perché tutti mi dicono sempre cosa fare?” Cominciò a parlare tra sé e sé. “Sempre a farmi pesare come le loro vite siano tanto perfette! Gli piace tanto farmi sentire inferiore e inadeguata? Perché non mi lasciano libera di essere me stessa?” Alzò gli occhi al cielo. “Vorrei tanto potermene andare da qualche parte. Trovarmi un posto sereno e pacifico dove poter stare tranquilla e godermi la vita. Essere libera senza pensieri e preoccupazioni. È chiedere troppo?”

Il tempo passava e lei continuava a piangersi addosso mentre guardava scendere la notte e il cielo riempirsi di una miriadi di stelle. La gente ormai se ne stava andando con suo grande sollievo. Non voleva nessuno attorno in quel momento. Stare da sola nel parco, anche se a notte fonda, sarebbe stato per lei un vero sollievo.
All'improvviso, dal nulla vide comparire una scia luminosa in cielo.

“Una stella cadente?” Sussultò. Forse poteva esprimere un desiderio, come dicono le superstizioni. Non credeva avrebbe funzionato, ma provare non costava nulla. “Vorrei essere libera e serena.” disse con le mani congiunte e occhi chiusi a mo di preghiera.

Rimase in silenzio qualche minuto in quella posizione, ad aspettare che succedesse qualcosa. D'un tratto sentì un rumore in lontananza che si faceva sempre più forte. Non riusciva a capire cosa fosse. Sembrava uno di quei suoni che si sentono nei film quando viene generata energia. Aprì gli occhi, e si accorse con sgomento che quella che credeva una stella cadente era in realtà una cosa luminosa di colore arancione con sfumature rosse, e stava venendo verso di lei!
Istintivamente cominciò a correre per evitare di essere colpita, ma fu tutto inutile. La luce la prese in pieno, scatenando una gigantesca esplosione luminosa.

*

Gabriella, tutta intontita, cominciò ad aprire gli occhi, ma le immagini erano molto sfocate.

“Ma che è successo?” Si chiese. Tutto quello che ricordava era quella luce che la colpiva in pieno, uno strano formicolio in tutto il suo corpo, e poi tutto era diventato buio.

Finalmente, frastornata, si accorse che era giorno. Doveva essere rimasta svenuta per ore. Quello strano formicolio che sentiva in tutto il suo corpo non era ancora sparito. Non riusciva neanche a sentirsi le dita delle mani e dei piedi, né i vestiti addosso. Cosa le stava succedendo? Tentò di rialzarsi in piedi, ma non ci riuscì. Doveva aver preso una brutta botta. Cominciò a dirigersi verso il lago, muovendosi gattoni, volendo vedere quanto fosse messa male.
Raggiunto il lago, abbassò lo sguardo, ma vide solo un cavallo dal manto nero, col muso grigio, una criniera bianca come la neve e gli occhi verdi. Ma che ci faceva un cavallo da quelle parti? E dov'era finita lei? Abbassando lo sguardo si accorse che al posto delle mani aveva degli zoccoli. Si voltò in preda al panico e vide sul fondoschiena una coda bianca. Tornando a specchiarsi nel lago, capì con suo orrore che quel cavallo era lei. Si impennò, urlando disperatamente. Improvvisamente, dalla schiena si aprirono due ali dalle piume color argento. Questo la fece urlare di nuovo. Cominciò a correre all'impazzata, facendo movimenti goffi con la sua postura da quadrupede, tentando di rialzarsi in piedi, facendo un capitombolo e continuando ad agitarsi senza alcun controllo.

“Che succede? Che mi è successo? Aiuto! Che qualcuno mi aiuti!” Urlò terrorizzata. “Dev'essere un sogno! È senz'altro un sogno!” Doveva essersi addormentata mentre pensava al suo libro e ora stava sognando. Provò a darsi un pizzico ma si ricordò, con suo grande orrore, di non avere le dita. Allora si diede una zampata forte sul muso, che le fece un gran male, ma purtroppo neanche questo bastò a svegliarla, nonostante il dolore.

Le sue nuove orecchie equine sentirono dei passi e si accorse di un signore che stava facendo footing proprio dove si trovava lei. Gabriella si nascose velocemente in un cespuglio e aspettò che passasse. Non voleva che qualcuno la vedesse così. Era un sogno, ma non voleva mettersi in imbarazzo.
Rimase nascosta per un tempo che le pareva interminabile, mentre le lacrime continuavano a scenderle dagli occhi, bagnandole il muso.

“Ma quanto ci vuole prima che mi svegli?” Pensò. Più il tempo passava, più cominciava a temere che non fosse affatto un sogno.

“Finalmente ti ho trovata!” Udì una voce maschile dietro di lei dal tono preoccupato. Voltandosi, si ritrovò muso a muso con un unicorno. Aveva il manto giallo, la coda e la criniera arancioni. Tentò di urlare di nuovo, ma quest'ultimo le schiacciò il muso a terra. “Fai silenzio.” Le bisbigliò mentre lei continuava ad agitarsi. “Senti, io so cosa ti è successo. Se vuoi delle risposte devi venire con me. Ti spiegherò tutto quando staremo in un luogo più tranquillo.”

“Non ci penso nemmeno.” Le rispose Gabriella indietreggiando terrorizzata. “Non ti conosco neanche. Perché dovrei...” l'unicorno le saltò addosso mettendo entrambi a terra, evitando che venissero visti da una madre con una carrozzina. Guardandosi intorno, Gabriella si accorse che ormai il parco si stava riempiendo di gente. Non aveva nemmeno il coraggio di pensare a cosa sarebbe successo se qualcuno l'avesse vista insieme a un unicorno parlante. “Va bene. Verrò con te. Ma non provare a fregarmi.”

L'unicorno annuì e, alzandosi, fece un cerchio luminoso davanti a sé con il corno, si generò quello che sembrava proprio un portale magico, molto simile a quelli che si vedono nei film.

“Ora entra, presto.” Le disse, facendole cenno di passare. Probabilmente voleva che lei andasse per prima per evitare che scappasse.

Gabriella avanzò verso il portale, guardò la luce a spirale gialla e arancione di cui era fatto, preoccupata per quello che sarebbe successo. Cosa avrebbe fatto se quell'unicorno aveva cattive intenzioni nei suoi confronti? E se la stesse conducendo in una trappola? Stava per tirarsi indietro, quando ricordò che il parco si stava popolando di persone e, immaginando i guai in cui sarebbe finita se quelle persone l'avessero vista, decise di rischiare, fece un respiro profondo e saltò dentro quel portale magico.


Capitolo 2

Il viaggiò fu breve ma spiacevole. Si sentiva trascinare, mentre passava in un corridoio di fasci luminosi. Vide poi una luce bianca alla sua fine e, quando vi passò, cadde a terra su di un prato erboso, in modo goffo e imbranato.

“Non sono proprio portata per gli atterraggi.” Commentò, mentre si rialzava indolenzita. Almeno l'erba aveva attutito la caduta.

Non fece in tempo a rialzarsi che per poco non svenne. Di fronte a lei c'erano delle immense distese di prati, alberi con dei frutti che non conosceva, e case minuscole per quelli che sembravano folletti, fate e gnomi, proprio come li aveva visti nelle figure dei libri mitologici che aveva letto. C'erano anche vari fiumi, alcuni di essi avevano della normale acqua, ma altri sembravano più degli arcobaleni liquidi, cosa alquanto illogica. Perfino l'aria che si respirava era pura e incontaminata e priva di qualunque forma di inquinamento.

“Questo deve essere per forza un sogno.” Commentò imbambolata.

“Ti assicurò che non lo è.” Le disse l'unicorno, che nel frattempo l'aveva raggiunta. “Seguimi, adesso. Ti porto dove potrai ricevere tutte le spiegazioni di cui avrai bisogno.” Aggiunse, facendole cenno di seguirlo.

Gabriella era completamente paralizzata da tutto quello che le era successo e che stava continuando a succederle. Non sapeva più cosa pensare, e temeva che di questo passo le sarebbe venuto un infarto. Ma, se voleva delle risposte, doveva farsi forza e andare con quella creatura. Così lo seguì ovunque stesse andando.
Durante il tragitto, poté farsi un'idea di come fosse quel posto. Non c'erano solo i membri di un piccolo popolo, ma c'erano anche pegasi e unicorni. Se la stavano spassando alla grande, con voli acrobatici o facendo fluttuare le cose in aria con la magia. Altri facevano il bagno o brucavano l'erba.

“Non ho mai fatto un sogno così bello. È come se tutti i miei libri avessero preso vita propria” Disse, cominciando finalmente a rilassarsi.

L'unicorno condusse Gabriella d'innanzi ad una casetta di legno. Bussò alla porta con uno zoccolo e, quando si aprì, vide, con sua grande sorpresa, un satiro vestito da mago con tanto di bastone.

“Spark. Sei tornato. Come è andato il viaggio?”

“Bene.” Rispose l'unicorno. “Bazel, questa è un'abitante della Terra.” Aggiunse, presentandole Gabriella. “Purtroppo è stata colpita dal tuo incantesimo deviato, ed ecco come si è ridotta.”

Il satiro fece cadere il bastone dallo stupore. Poi si mise in ginocchio d'innanzi a lei.

“Scusami, scusami, scusami!” Disse in preda al panico.

“Quindi è colpa tua se mi sono ridotta in questo stato?” Chiese Gabriella cominciando ad arrabbiarsi.

“Sì. Non l'ho fatto apposta. Vedi, c'era una battaglia, io ho scagliato un incantesimo contro il nemico, ma lui lo ha deviato e, per una sfortunata coincidenza, ti ha colpito trasformandoti in una pegaso.”

“E perché avresti dovuto trasformare il tuo nemico in un pegaso?”

“Non era mia intenzione. L'incantesimo serviva ad altro, ma la magia sembra funzioni diversamente nei confronti della gente della Terra.”

“Della Terra? Ma dove sono finita?”

“Ah, puoi chiamare questo posto Apuovia. È un mondo incantato dove le creature magiche vivono in pace e in armonia.” disse Bazel rialzandosi.

“E chi sarebbe il nemico di cui parlavi?”

“Non è piacevole parlarne.” Rispose cupamente il satiro. “Per fartela breve, si chiama Manphas. È un misterioso invasore che attacca vari mondi per depredarli. E noi siamo le sue prossime vittime. Ha già turbato e rovinato il nostro stile di vita e tutto il nostro mondo sta sanguinando a causa delle battaglie che siamo costretti a combattere contro di lui. Questa è una delle zone che per il momento non è riuscito a raggiungere. Ma è questione di tempo prima che arrivi anche qui se non lo fermiamo.”

“Fantastico.” Commentò Gabriella seccata. “Non solo vengo trasformata in una pegaso contro la mia volontà, finendo in un mondo che neanche conosco, ma mi ritrovo anche nel bel mezzo di una guerra.” Non poteva più negare che era tutto reale, ma ancora le girava la testa per quello che le era successo. Era tutto così sconvolgente. Creature magiche, trasformazioni, magie. Non sapeva ancora quante informazioni poteva assimilare prima di raggiungere il suo limite di sopportazione. “Ti rendi conto di quanto mi sono spaventata?!” Disse poi con rabbia a Bazel “Temevo quasi di morire! Ora, se non ti dispiace, mi piacerebbe tornare a casa dopo aver riavuto le mie sembianze! Fammi tornare normale immediatamente! I miei amici e la mia famiglia potrebbero preoccuparsi se non mi trovano!” Concluse, battendo lo zoccolo a terra con decisione.

“Ehm, non credo sia così facile.” Rispose il mago con imbarazzo.

“Cosa?!”

“Quella che ti ha colpito era una magia molto potente. Ci vorrà più di un semplice contro incantesimo per farti tornare umana.”

Gabriella respirava affannosamente per la rabbia.

“Quindi mi stai dicendo che dovrò rimanere così per chissà quanto?!” Gli urlò, impennandosi d'impulso, pronta a colpire con uno zoccolo il mago terrorizzato.

“Fermati!” Le disse Spark mettendosi tra i due. “Agitandoti non otterrai niente di buono.” Gabriella si rimise a quattro zampe, anche se non riusciva a calmarsi. “Devi solo resistere un po'. Vedrai che troveremo una soluzione.”

A quelle parole non ne poté più. Si voltò e galoppò fuori all'impazzata senza guardarsi indietro, ignorando i due che le gridavano di fermarsi.
Non sapeva dove stava andando, voleva solo che tutto questo finisse. Nella sua fuga arrivò ai piedi di una di quelle cascate arcobaleno che aveva visto in precedenza. Si fermò appena prima di cadere in acqua e, guardando il suo riflesso nel laghetto, si sdraiò in lacrime appoggiando il muso sugli zoccoli in preda alla disperazione.

“Eccoti qui, ti ho trovato” Udì la voce dell'unicorno proprio dietro di lei. Alzando lo sguardo, lo vide avvicinarsi e sdraiarsi accanto a lei, con gli occhi ancora rigati dalle lacrime. “Non dovresti scappare così. Non sai niente di questo posto e dovresti almeno imparare ad orientarti prima di cercare un po' di solitudine e privacy.”

“Ma perché sono così sfortunata?” Fu tutto quello che rispose. “Fra tutti i posti dell'universo, perché quel maledetto incantesimo ha colpito il punto dove stavo io?”

“Su, coraggio.” Cercò di consolarla Spark. “Poteva andarti anche peggio di così.”

“E come?”

“Beh, se ci rifletti, ti sei trasformata in una bellissima cavalla alata. Potevi anche diventare un orribile mostro deforme.” Commentò in tono leggermente scherzoso.

“Già. Ci mancherebbe solo questo.” Convenne Gabriella asciugandosi le lacrime con uno zoccolo.

“Non ti preoccupare. Non è successo nulla di irreparabile, devi solo essere paziente e sistemeremo questo pasticcio.” Poi indicò con il muso la cascata arcobaleno. “Vuoi sapere come funzionano questo genere di cascate?”

“Beh, non hanno solo un colore diverso in termini estetici?” Rispose lei, accettando di cambiare argomento.

“No. Non sono solo belle. Vedi...”

In quel momento, un altro pegaso color verde foglia e dalla criniera azzurra, arrivò in volo e ci passò in mezzo.

“Ma cosa…?” Chiese Gabriella, confusa dal quel gesto.

Il cavallo alato vi uscì fuori allontanandosi in volo, ma non era più uguale a prima. Adesso era rosso, con la criniera e la coda arancioni.

“Vedi, quest’acqua ha il potere di cambiare temporaneamente il colore di chi ci si bagna. Sia pegasi che unicorni la usano quando si ha voglia di cambiare look. Dobbiamo solo pensare a quali colori vogliamo quando ci bagniamo e li otterremo. Poi un'ora al massimo e torniamo normali.”

“Forte!” Commentò Gabriella con sincero interesse.

“Hai visto? Non è così male stare qui. Penso dovresti trarre il meglio da quanto è successo e divertirti finché puoi farlo.”

Gabriella ci pensò su.

“In effetti non capita tutti i giorni di finire in un mondo magico e di provare le capacità di un corpo diverso.” Dovette convenire “E visto che non rischio di rimanere bloccata qui, direi che dovrei approfittarne finché posso.” Un sorriso si accese sul suo muso e una scintilla si accese nei suoi occhi. “Ok Spark. Mostrami come ci si diverte da queste parti.”

“Come vuoi, ma penso che dovremmo prima finire le presentazioni. Come ormai sai, io sono Spark. Tu come ti chiami?”

“Gabriella.” Rispose lei mentre si alzavano entrambi.

“Piacere di conoscerti. Ora ti mostro una bella pianura dove galoppare, così farai pratica con i tuoi nuovi zoccoli.” Le disse avviandosi, facendo cenno di seguirlo.

“Volentieri.” Rispose lei andandogli dietro.

*

Galoppare era bellissimo, e la pianura scelta era perfetta per l'occasione, liscia e piatta, senza rocce dove inciampare, con un'erba morbida e piacevole al tocco degli zoccoli. Ovviamente non erano gli unici pegasi e unicorni della pianura, ma c'era abbastanza spazio per evitare di sbattere addosso a qualcuno. Gabriella aveva già galoppato prima, quando era scappata. Ma era stata talmente presa dal piangersi addosso che non aveva fatto caso a quale velocità si fosse mossa. Ora, però, stava acquisendo consapevolezza delle sue azioni mentre il vento le accarezzava il muso e le scompigliava la criniera, gli zoccoli che pestavano il terreno, e percorreva grandi distanze senza stancarsi dopo pochi metri. Il cuore le batteva forte per l'adrenalina. Tutti i pensieri e le preoccupazioni scomparvero. Non esisteva più niente in quel momento, se non la frenesia del galoppo.

“Oh, sì!” Esclamò in pura estasi. “Tutto questo è pazzesco!”

“E non hai ancora visto niente.” Le disse Spark che le galoppava accanto. “Una volta che avrai maggiore consapevolezza con il tuo corpo proveremo a farti fare qualcosa di meglio.”

“Facciamo presto, allora! Voglio sperimentare di più!”

In quel momento, udirono una voce dietro di loro.

“Ehi Spark. Anche tu a sgranchirti gli zoccoli da queste parti?”

I due frenarono per poi voltarsi. Un gruppo misto, formato da tre unicorni e tre pegasi, ciascuno di un colore diverso, si stava avvicinando al galoppo o in volo verso di loro. Spark sorrise, gli trottò incontro, e Gabriella gli andò dietro. Il primo unicorno del gruppo che raggiunse Spark, aveva il manto arancio chiaro, con la coda e la criniera arancio scuro.

“Ciao, Summer. Come va?”

“Io sto bene, fratellone. E tu?” Rispose l'unicorno femmina.

“Benone. Stavo galoppando un po' con una nuova amica.” Dopodiché si spostò, mostrando a tutti la pegaso. “Amici, vi presento Gabriella.”

“Ciao, Gabriella.” Le dissero tutti in coro.

“Non ti ho mai vista da queste parti.” Le disse un unicorno color fucsia con la coda e la criniera rosa.

“Devi essere nuova.” Disse una pegaso verde con la coda e la criniera azzurra.

“Ma qualunque amica di Spark è anche amica nostra.” Le disse un'altra pegaso rosso fuoco.

“Vuoi venire con noi a farti sistemare la criniera dalle fate?” Propose una unicorno bianca con coda e criniera viola. “Devi venire da molto lontano, una sistemata può farti solo bene.”

In quel momento, una creaturina piccola dalla forma umanoide e dotata di ali cristalline, comparve da dietro l'unicorno.

“Sarò molto felice di darti una sistemata alla criniera.”

Gabriella era confusa dalla situazione, anche se capì che quella piccola cosa era una fata.

“Beh, come sai, le fate vanno molto d'accordo con pegasi e unicorni. Ci aiutiamo a vicenda. Tra di noi c'è molta armonia.”

Gabriella comprese appieno. Doveva esserci una sorta di simbiosi tra di loro. Ma non capì perché Spark avesse fatto finta che lei già lo sapesse. Perché lo aveva fatto?

“Vuoi magari che facciamo un voletto insieme?” Chiese un altro pegaso color bianco con la criniera rossa.

A quelle parole, Gabriella sorrise imbarazzata.

“Ah, ecco... vedete... io...”

“Lei non sa ancora volare.” Si intromise Spark. Le bocche del gruppo si spalancarono dallo stupore. “Vedete... Non ha mai volato quando era puledra perché le sue ali sono cresciute in ritardo. Quindi non ha mai avuto l'occasione di fare pratica finora.”

Gabriella fu maggiormente confusa da quello che stava succedendo. Spark stava nascondendo la verità su di lei. Avrebbe semplificato le cose nascondere la sua provenienza. Volendo reggergli il gioco, annuì, dando ragione alla sua affermazione.

“Ah, dev'essere una seccatura.” Rispose di nuovo il pegaso bianco. “Ma non è un problema. Possiamo insegnarti noi.”

“Vero. Non è mai troppo tardi per imparare.” Convenne un altro pegaso.

Gabriella era molto sorpresa da questa possibilità e si guardò le ali. In effetti, ora che le aveva, non sarebbe stato male imparare ad usarle. Quando sarebbe tornata umana non le avrebbe più avute. Forse avrebbe dovuto godersele finché poteva.

“Non parlarmi così, signorina!” Udì all'improvviso.

Voltandosi, vide un pegaso grigio dalla criniera e la coda nere, che sembrava anche piuttosto anziano, mentre parlava con una pegaso rosa con la coda e la criniera bianche.

“Ma io lo amo!” Disse lei.

“Non m’interessa! Non permetterò a mia nipote di mettersi con un unicorno! Non finché avrò qualcosa da dire a riguardo!”

“Ma che sta succedendo?” Chiese Gabriella confusa.

“E’ solo un problema dettato da una relazione mista.” Disse tristemente Summer.

“Relazione mista?”

“Certo. Sai, i pegaso e gli unicorni non potevano stare insieme in passato, era considerato contro natura. Ovviamente, i tempi sono cambiati e si è più aperti alle relazioni miste. Ma c'è ancora qualche retrogrado contrario alla cosa.”

Gabriella sospirò e osservò la scena rimanendo a distanza. In effetti, anche nel suo mondo tra umani era la stessa cosa. A quanto pareva, la discriminazione e il pregiudizio era qualcosa molto comune anche tra altre specie.

“Andiamo.” Disse rivolta al gruppo, decidendo di risparmiarsi la tristezza di quell'evento. “Sono ansiosa di imparare a volare. Insegnatemi ad usare queste ali.”

“Bene.” Rispose la pegaso rossa. “Così nel frattempo avremo modo di conoscerci meglio.”

Detto questo, il gruppo iniziò a condurre Gabriella nel luogo dove avrebbe cominciato le sue lezioni.

*

In una landa piena vulcani, fiumi di lava e rocce incandescenti, si ergeva un enorme castello di rocce nere. Al suo interno l'ambiente era tetro e cupo. Varie bestie ruggivano e si scannavano a vicenda e, nella sala principale, un orda di troll e goblin stava osservando il loro signore Manpahs mentre saliva su un altare, ergendosi sopra di loro.

“Mie armate.” Disse “I nostri attacchi hanno prodotto risultati positivi. La nostra conquista procede sempre di più e stiamo occupando sempre più territori.” I troll e i goblin lanciarono urla di approvazione. “E quando ci sarà la luna rossa, attaccheremo di nuovo, abbiamo una nuova arma.” In quel momento, un piccolo goblin si avvicinò a Manphas, reggendo un vassoio con sopra un calice con un liquido blu. “Questa,” disse prendendolo “è una pozione che è stata sviluppata dai miei alchimisti più abili. Grazie ad essa diventerò immune alla magia e potrò assorbirla, diventando più grande e più potente. E allora sì che la conquista di Apuovia sarà uno scherzetto.” I suo servi esultavano, affinando le zanne nei pezzi di carne cruda che avevano nell'altra mano, mentre osservavano il loro signore ingerire la pozione, ignorando gli avvertimenti del goblin che gliel'aveva data sui possibili effetti collaterali, per poi emanare un aura di energia azzurra per tutta la stanza, facendo tremare la terra.
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