Il trono della fenice

Storia fantasy

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Il trono della fenice

Messaggioda l.pallad » 13/02/2023, 12:16



Storia che ho scritto per un contest in cui dovevo creare una storia di massimo 2000 parole basandomi su questa immagine.

Immagine


Finalmente lo aveva trovato. Yeroc era felice e sollevato a quella vista. Dopo averlo cercato per anni il trono della fenice era proprio d'innanzi a lui, pronto a essere utilizzato. Ricordava ancora quando ne aveva sentito parlare.

*

Yeroc aveva già trangugiato molta birra alla taverna, rimanendo nascosto in un angolo, lontano da tutti e con il volto coperto da un cappuccio. Neanche una sbronza gli risollevava il morale. Ma almeno poteva distrarsi ascoltando le conversazioni degli altri.

“E così ha fatto un bel capitombolo.”

“Già. Una bella caduta.”

“Avrebbe dovuto usare il trono della fenice per salvarsi.”

“Il trono della fenice?”

“Sì. Quel fantomatico trono che, secondo la leggenda, ha il potere di riportare in vita i morti.”

I due che stavano parlando risero fragorosamente.

“Che sciocchezza. Figuriamoci se esiste una cosa simile.”

“Ricordiamoci poi che questa sarebbe roba pagana. E sappiamo come la pensa Lhugo su queste cose.”

E risero di nuovo, mentre in Yeroc si riaccese una speranza.


*

Quei due, chiunque fossero, avevano detto che il trono non esisteva, ma lui lo aveva cercato lo stesso perché era la sua ultima speranza per rimediare al suo sbaglio e uscire dal pasticcio in cui si era cacciato. Ancora gli si spezzava il cuore quando pensava alla sua vita e agli eventi che avevano portato a quel momento.

*

“Un giorno diventerò un eroe ed esplorerò il mondo.” diceva Yeroc ai suoi genitori.

“Certo, sei vivace e pieno di talento.” Le aveva detto sua madre.

“Non vedo l'ora di vederti risplendere come l'eroe che sei destinato a essere.” aggiunse suo padre.

Yeroc allora ritornò a giocare con la sua spada di legno. Aveva solo sei anni ma già sapeva cosa avrebbe fatto della sua vita.


*

“Ottimo lavoro Yeroc.” gli aveva detto il suo istruttore. “Stai padroneggiando benissimo sia la spada che l'arco.”

“La ringrazio signore.” aveva risposto con rispetto e sull'attenti al suo istruttore.

“Uno come te farà carriera in un battibaleno.”

Nei dieci anni passati Yeroc aveva fatto molta pratica con le armi, inizialmente per gioco, poi raggiungendo l'età giusta, si iscrisse all'accademia per esploratori di Xoxo, il suo villaggio, conseguendo degli ottimi risultati e affinando il suo talento con le armi.


*

“Sei sicuro di quello che fai?” gli aveva chiesto uno dei suoi compaesani vedendolo leggere libri sulle zone inesplorate del mondo. “Lhugo dice che quei libri sono sacrileghi e quelle zone non vanno esplorate perché luoghi maledetti.”

“Ma che sciocchezze.” aveva risposto. “Quando sarò pronto andrò in quei posti, scoprirò cosa c'è, e potrò dimostrare che sono solo inutili superstizioni.” concluse riprendendo a leggere.


*

“Assassino!” gli aveva urlato una donna in lacrime, mentre tutto il villaggio lo guardava con disprezzo mentre era incatenato d'avanti a un giudice.

“No! Dovete credermi! Non l'ho fatto apposta, è stato un incidente.”

“Quindi, durante la caccia, in un momento di esaltazione ed esibizionismo ti saresti messo a sparare frecce a caso, e avresti accidentalmente colpito e ucciso il piccolo Ton?”

“È così. Lo giuro.”

“Bugiardo!” gli urlò la madre di quest'ultimo.


*

Ripensare a quella tragedia era una vera tortura. Anche se era riuscito a convincere il giudice e la giuria che era stato davvero un incidente, la gente del villaggio purtroppo non lo credette, e da allora lo misero alla gogna. Era stato espulso dall'accademia per esploratori perché non volevano essere associati a lui, cacciato di casa dai suoi genitori che lo avevano definito una vergogna per la famiglia, e il prete del villaggio, Lhugo, non faceva che incoraggiare l'avversione che la gente provava per lui dicendo che era un individuo malefico e abbietto. Per Lhugo la morte del bambino e il fatto che intendesse andare in luoghi proibiti e sacrileghi era la prova che avvalorava la calunnia, ascoltata da tutti.
Quando aveva sentito del trono della fenice le sue speranze si erano riaccese. Con quello avrebbe riportato in vita Ton, e tutti avrebbero smesso di colpevolizzarlo per quell'incidente. Certo, si era basato su una diceria senza capo né coda, ma aveva deciso di buttarsi per uscire da quell'incubo e avere di nuovo un futuro.
Aveva fatto dei lunghi viaggi, letto molti libri, sfidato molti nemici, ma alla fine era riuscito a scoprire dove era quel trono. Aveva trovato il dungeon, superato tutte le trappole al suo interno e raggiunto la meta. Era commosso alla vista di quel trono di metallo acuminato, sapendo cosa ne sarebbe derivato. Non solo Ton sarebbe ritornato in vita grazie a quel trono, ma sarebbe anche stato benedetto dalla fenice. Tra le informazioni ricevute nel suo viaggio aveva saputo che c'era un prezzo da pagare per utilizzare il trono. Non sapeva cosa fosse, ma avrebbe fatto qualunque cosa per rimediare al suo errore in modo che tutti smettessero di odiarlo e lo lasciassero in pace.
Aveva letto e sentito che per attivare il trono, l'utilizzatore doveva sporcarlo con il suo sangue, dire il nome di chi voleva resuscitare, e dichiarare di accettare il prezzo da pagare, qualunque fosse. Yeroc si fece un taglio sulla mano versando il sangue della ferita sul trono e sedendovici sopra.

“Trono della fenice. Voglio che riporti in vita un bambino di nome Ton. Non so che prezzo abbia il tuo potere, ma lo pagherò.” disse con la fretta di chi voleva che accadesse tutto il prima possibile.

Dal trono si levò una fiammata. Yeroc sentì la pelle bruciare atrocemente per il fuoco. Tentò di rialzarsi, di togliersi dal trono, ma non ci riuscì, e morì con il corpo ridotto in cenere. Dopo un momento di silenzio interminabile, si alzò un forte vento e le ceneri vennero portate via.

*

Le ceneri di Yeroc continuarono a volare per giorni e giorni, finché non arrivarono al villaggio di Xoxo, fino a posarsi sulla tomba di Ton.
Da essa si levò una fiammata, che poi prese la forma di un bambino in carne e ossa. Aveva sei anni, occhi azzurri, capelli biondi, e delle guance paffute.

“Ma... che è successo?” si chiese confuso guardandosi le mani e toccandosi il petto. L'ultima cosa che ricordava era che stava giocando con i suoi amici nei boschi, quando all'improvviso una freccia era spuntata fuori dal nulla e l'aveva colpito.

“Sei rinato a nuova vita.” disse una voce nella sua testa.

“Cosa?” rispose Ton guardandosi intorno.

“Sei morto, ma ti è stata concessa una nuova vita, grazie al mio trono. Chi lo ha usato è morto perché l'equilibrio del mondo va ripristinato e il prezzo della tua resurrezione è la morte di qualcun altro.”

Ton si avvilì nel sapere questo, ma allo stesso tempo era felice di essere resuscitato.

“Quindi sono di nuovo vivo?”

“Certo. Hai avuto la possibilità di rinascere e di vivere una nuova vita. Non sprecarla.”

“Ma tu chi sei? Perché non ti vedo?” aveva chiesto Ton.

“Sono la fenice, l'uccello della rinascita. Vivo dentro di te e da adesso in poi sarai nelle mie grazie.”

“Bello.” rispose il bambino eccitato.

Senza neanche riflettere, decise di tornare da sua madre. Di certo doveva essersi rattristata nel sapere che era morto, ma ora sarebbe stata felice di sapere della sua resurrezione, e non vedeva l'ora di raccontarle quanto accaduto. Corse quindi per Xoxo ignorando le reazioni e gli sguardi sorpresi degli abitanti del posto.

“Ciao mamma. Sono tornato.” disse allegramente quando la porta di casa si aprì mostrando la figura di lei.

*

“Vi prego, lasciatemi andare.” piangeva Ton legato al palo mentre era stata predisposta la legna per il rogo.

“Ignorate questo demone immondo.” diceva Lhugo.

La gente di Xoxo intanto stava tirando sassi al bambino. Perfino sua madre lo faceva, urlando nel mentre:

“Maledetta creatura infernale. Hai preso il corpo di mio figlio.”

Le cose non erano andate come Ton sperava. Sua madre si era rifiutata di credere che fosse davvero lui, e quando Lhugo, avvertito dalla popolazione, lo aveva visto, aveva subito pensato che fosse opera del demonio, ordinando che venisse messo al rogo.
Tutti gli abitanti, accecati dalla paura e dalla follia avevano obbedito. La sua stessa madre aveva creduto alla cosa accusandolo di essere un mostro con la faccia di suo figlio.
Ton, con il viso rigato dalle lacrime, continuava a discolparsi dalle loro accuse, cercando di spiegare come erano andate le cose, ma nessuno volle ascoltarlo o credergli.

“Essere malefico, abbandona il corpo del mio Ton.” urlò in preda alla furia sua madre accendendo lei stessa il fuoco.

Le fiamme crebbero, e a nulla valsero le lacrime e le grida di dolore di Ton, mentre tutte le persone osservavano con esaltazione il fuoco bruciare il bambino senza opporsi o disapprovare.
Quando il corpo del bambino fu completamente consumato dal fuoco e le urla cessarono, esso si rianimò e si trasformò nella fenice che si erse alta e imponente in cielo.

“Guardate.” disse Lhugo, “Il nostro dio ci ha mandato l'uccello della rinascita per premiare la nostra buona azione.”

“Taci.” disse la fenice. “Voi folli usate una maschera di rettitudine e le divinità per abbandonarvi ai massacri. Vedete il male ovunque, anche dove non c'è e, dove non c'è, lo create col vostro comportamento. Un uomo si è sacrificato donando a questo bambino una nuova vita, e voi avete dissacrato quel sacrificio con la vostra stupidità.”

Nella mente degli abitanti del villaggio si accese finalmente la consapevolezza di quello che avevano fatto.

“Grande fenice, abbiate pietà di noi” implorò Lhugo terrorizzato.

“Zitto. Hai disonorato l'abito che indossi, compiendo atti malvagi in nome di colui che predica pace e amore.” rimproverò al prete. Poi si rivolse agli abitanti di Xoxo. “Tutti voi avete compiuto un atto malvagio privando un bambino della sua seconda possibilità di vita, e rendendo vano il sacrificio di chi gliel'ha data e ora ne pagherete le conseguenze. Che la mia maledizione scenda su di voi.” E a quelle parole la fenice si sollevò in aria.

*

Le cose a Xoxo precipitarono sempre di più, con le coltivazioni che appassivano, e l'acqua che si prosciugava. Lhugo fu ucciso e fatto a pezzi da una folla inferocita, accusato di essere la causa della loro sventura. La madre di Ton fu strangolata da suo marito, che le urlò con disprezzo:

“Maledetta p*****a. Nostro figlio ci era stato restituito e tu me lo hai fatto perdere di nuovo.”

Alla fine follia e paranoia dilagarono ovunque e le persone cominciarono a incolparsi a vicenda per quello che stava succedendo, uccidendosi tra di loro. Alcuni volevano solo sfogarsi, altri credevano che uccidendo dei presunti colpevoli avrebbero spezzato la maledizione, terrorizzati da cosa potesse essere, e altri ancora credevano che con dei sacrifici umani avrebbero posto fine a tutto.
Pazzia e psicosi infettarono tutto Xoxo fino a portarlo all'autodistruzione e alla rovina. Tutto perché gli abitanti non furono in grado di riconoscere un miracolo quando ne videro uno.
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