«Se in terra c’è un inferno, si trova certamente nel cuore di un uomo melanconico.»
Tsè, senti questo, cuore. Se in terra c’è l’inferno – e c’è questo inferno – allora s’è sviluppato di certo nella dipendenza dagli altri.
Hai capito chi intendo. Loro. Gli innominabili.
«Ho le palpebre pesanti come la notte che cala. Quest’anno sono invecchiato molto. Da cosa si capisce che si è vecchi? Dal fatto che … si falliscono tutti i suicidi. Che si diventa dei guastafeste con i più giovani. Il loro entusiasmo ci dà ai nervi, le loro illusioni ci infastidiscono.»
Sì, perché si nutrono di illusioni e tu non ne puoi più. Si nutrono delle loro illusioni senza rendersene conto e non si possono fermare perché sono dappertutto. Sono dappertutto e tu non sei più uno di loro. Allora, senti questa. Mi ritiro in quella foresta che t’ho detto dove farò legna tutto il santo giorno. Farò legna e formaggio e d’inverno quando mi sentirò solo andrò a dormire nella stalla con le capre. Sì, farò così. Che te ne pare?
No, che hai capito, pervertito d’uno zoofilo in calore. Le monterai tu le tue. Io le mie le tratterò da regine. Le mungerò delicatamente e del loro latte mi nutrirò. Questo farò. Sì, proprio questo. Del loro bianco latte mi nutrirò, non d’illusioni.
Latte e diarrea. Diarrea e latte. E sopra a tutto la libertà.
Fine