«L’idea del suicidio mi ha accompagnato in tutte le circostanze della vita, gravi o frivole. Tutto sommato è stata proprio un’ossessione salutare, dal momento che finora mi ha permesso di resistere all’impulso di uccidermi.» (Cioran)
«Chi si uccide col pensiero (l’arte di uccidersi col pensiero) non è più uno schiavo.» (Cioran)
«Cioran, in effetti era uno tra quelli ossessionati dal suicidio, ma che poi alla fine non aveva commesso. Il suicidio viene preso da Cioran come un atto che dà la libertà, una liberazione in fondo, un atto che viene proibito e che è stato proibito nei secoli a causa di una – come la definisce lui – cospirazione contro il suicidio. Lui, come altri filosofi, sembra aver colto la paradossalità del suicidio. Già Schopenhauer aveva detto che il suicidio è paradossale proprio perché l’ultimo tentativo disperato di affermare la volontà di vivere. Così anche in Cioran è paradossale perché l’uomo che si suicida non si riconosce e non vuole riconoscersi in nessun suo atto, eppure è costretto a riconoscersi nell’atto stesso del suicidio. Capite che genialità questo pensiero di Cioran?» (da
http://filosofia-orconerocapoguerra.blogspot.it, adattando leggermente)
Più che un pensiero geniale – a questo punto – quello di Cioran a riguardo del suicidio non è altro che un altro raffinato sottoprodotto mentale (non malefico, ma illusorio) della sofferenza psichica.
Certo l’illusione (ossessiva) del potersi suicidare, oltre a non essere comunissima, è al top delle illusioni: di quali altre illusioni possiamo essere schiavi dopo aver riconosciuto questa? (oltre a quelle amorose, a quelle sui paradisi in terra, a quelle dei nidi di calore domestico, a quelle delle diverse forme di provvidenza che interverrebbero su di noi, ecc)
Si ricordi che, fra i grandi saggi, anche il Buddha (quello del “tutto è dolore”) aveva le proprie illusioni birichine: credeva nel proprio ruolo di guru liberatore, nella perfezione della propria intoccabile dottrina e nelle rinascite.
Anche l’Ecclesiaste (quello del “tutto è vanità”), nonostante tutto, confidava nel dio.
Si ricordi pure che erano – e siamo – dei primati, cioè scimmie, esseri animaleschi, ad uno stadio evolutivo "da inferiori" (ancora pelosi, con le unghie, barcollanti, ecc), anche se coi vestiti addosso, le unghie pitturate e i pendagli vari.
E Schopenhauer, l’altro grande, che illusioni aveva? Bella domanda! Forse quella legata al valore che attribuiva al proprio sistema filosofico (quando insisteva troppo su certi concetti strettamente filosofici, anche per auto-convincersi della loro verità e rilevanza) e l’idea del raggiungimento del nirvana come un tutto, come oceano di pace, spazio luminoso di serenità e bla bla bla.
Per finire, in tema…
«Quando la morte chiama, il suicida s'offre volontario!» (questa ciambrutta è mia, appena sfornata)