A che scopo vivere?

MyHelp: Forum di mutuo aiuto, di prevenzione del suicidio e di gestione delle crisi.
A volte si pensa di non aver più nulla da perdere, nè più motivi di esistere.
E' facile pensarlo se non si ha qualcuno con cui confrontarsi. La vita è piena di insidie, ed è facile perdersi. Ma spesso basta una mano per rimettersi in piedi.
Ma questo è anche un forum sulla Morte, il più grande tabù nella storia dell'essere umano, la paura più grande.

Re: A che scopo vivere?

Messaggioda Ātman » 05/05/2017, 10:38



Nothingface ha scritto:Negli ultimi messaggi di questa discussione si è continuato a ribadire quanto ci troviamo in una società che ci consente di vivere in condizioni migliori rispetto al passato - e su questo mi trovate d'accordo - però ho l'impressione che ci si fermi al "quanto sto bene io adesso", senza alcuna considerazione di quello che potrà avvenire nel futuro. Al di là del fatto che questo è un benessere esclusivamente "occidentale", quindi non è che ci troviamo in una condizione di benessere universale (anche all'interno dello stesso occidente non è che sia tutto rose e fiori), rimane il fatto che si tratta comunque di un benessere apparente (momentaneo, effimero, inutile). Ci sono problemi sociali, politici, economici ed ambientali, più o meno evidenti, per i quali non si sta trovando alcuna soluzione; non so come la situazione si evolverà, ma sono sicuro che, se le cose continuano ad andare in questo modo, gli effetti saranno catastrofici, forse fatali.


Sì, è come essersi gettati da un grattacielo: finché non impatti col suolo puoi anche godertela e pensare che sia uno spasso, ma alla fine ti spiaccichi a terra.


Considerando tutto questo, io (generico) cosa posso fare? Fare finta di niente e stare a guardare? E' ovvio che la situazione è più grande di me, ma forse è anche troppo grande perché un singolo stato la possa gestire da solo. Ormai sono entrati in moto dei meccanismi e delle operazioni che stanno facendo il proprio corso autonomamente, senza che vi sia dietro una qualche mente che organizza il tutto. Davvero non mi rimane da far altro che badare al mio piccolo orticello crogiolandomi nel constatare quanto stia crescendo bene? Perché io ho avuto questa impressione: quello che mi pare che molti di voi dicano è: "Tu (generico) bada a te stesso e basta". Ma non credo che badando esclusivamente a me qualcosa potrà effettivamente cambiare nel mondo: la macchina che si è messa in moto continuerà a percorrere la sua strada, finché poi non sarà troppo tardi. Magari è giusto così? Dopotutto cosa siamo noi uomini se non dei granelli di sabbia in un deserto? Ognuno di per sé conta così poco, quindi cosa gli può interessare degli altri, del futuro? Perché impegnarsi tanto per qualcosa che non ci riguarda così da vicino?


È vero che ormai certi processi vanno avanti come per inerzia, e il vecchio paradigma non verrà abbandonato finché non ci condurrà alla catastrofe; com'è vero che a un certo punto le leggi della natura e della fisica faranno il loro corso, riducendo di molto le nostre possibilità e la nostra stessa presenza sul pianeta. La speranza è però che non sia un travaglio inutile e che alla fine se ne venga fuori con un po' di saggezza, magari germogliata anche da qualche piccolo seme che, senza farci grandi illusioni, abbiamo piantato noi stessi.
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Re: A che scopo vivere?

Messaggioda .Daniel » 06/05/2017, 11:34



Giuliz ha scritto:
.Daniel ha scritto:
Giuliz ha scritto:Erano diverse perché, nonostante la -mettiamo il caso- "crisi" in cui versavano, c'era sempre e comunque la possibilità di fare concretamente qualcosa, di trovare il proprio spazio nel mondo: vi era la speranza di costruire e cambiare il destino.


Non sono d'accordo. Un tempo se non avevi i soldi o appartenevi ad una buona famiglia non eri nessuno. Il livello di istruzione era molto basso e l'attività principale era il primario, spesso come eredità dei propri genitori. Volevi diventare industriale? Sulla base di quali mezzi? (parlo degli anni '50 e prima). Con gli anni '80 e '90 le cose erano già diverse, ma mai come oggi tutti hanno diritto all'istruzione, hanno internet da cui possono trovare tutto quel che serve per imparare qualsiasi cosa, hanno corsi gratuiti ed una marea di possibili professioni in cui specializzarsi. Basta un click perché le cose cambino anche solo per qualcuno. E ti va magari di fare qualcosa di diverso in prima persona? Ecco che su google trovi associazioni di volontariato a non finire. Io credo che oggi se vuoi qualcosa per davvero alla fine la ottieni. Abbiamo più strumenti di quanto le vecchie generazioni abbiano mai avuto. Credo piuttosto che se di mancato controllo sulla propria vita vogliamo parlare, questo riguardi la maggiore libertà d'azione. C'è la crisi, è vero. Ma non manca mai l'esigenza. Da studente universitario iscritto alla facoltà di informatica, lo dico: c'è lavoro. Spesso non lo si trova perché ci si complica la vita, si acquisisce una mentalità antiquata, ci si iscrive ad esempio a facoltà che sostanzialmente non servono a niente. Chiaramente dicendo questo mi concentro perlopiù sulle nuove generazioni. Si tratta solo di pensare diversamente. Come ho letto in un libro di psicologia, forse oggi non esiste più il modello rigido a cui conformarsi ma la pulsione compulsiva di soddisfare l'esigenza di essere smart, veloci, di ottenere tutto e subito. E' qualcosa di molto subdolo che spesso si può tradurre in ansia, in depressione, nella misura con cui ci si fa travolgere.
Ma questo è discutibile, anzi è una vera e propria generalizzazione dell'argomento. Non credo che tutti abbiano questa esigenza di sentirsi smart, veloci e subito compiaciuti. Forse potrebbe essere valido per le -appunto- nuove generazioni, ma mi esprimo con riserve a tal proposito. Comunque non metto in dubbio quello che dici, infatti trovare i mezzi con cui crearsi qualunque tipo di lavoro è oggettivamente più semplice; oggi ma il fatto che lo sia non significa per forza di cose che sia più soddisfacente. La mia era solo una disamina secondo cui molto spesso i contesti storici e culturali in cui siamo costretti a svilupparci offrono una fetta di mercato, aprono una porta solo ed esclusivamente ad alcuni "settori": nel senso che non c'è davvero così tanta possibilità di dare voce a sè stessi. Lo dico da studentessa universitaria che proviene da una di quei corsi di laurea che tu reputi "poco utili".


Comprendo il mio errore di generalizzazione ma non ancora il tuo punto di vista. Il lavoro non deve essere necessariamente quel che ti esprime. Spesso infatti si suggerisce di trovarne uno che offra opportunità e che piaccia, non che sia sostanzialmente l'espressione unica della nostra persona. Al di là dell'impiego giornaliero, puoi parlare dei tuoi interessi, dei tuoi pensieri in ogni momento, sia con amici che anche con perfetti sconosciuti. Ora scrivi su questo forum e i tuoi pensieri vengono ascoltati da me così come anche da altri membri. Il numero di accessi in questa discussione vedo che è piuttosto ampia, per cui probabilmente, per chi è interessato, il tuo intervento è stato letto anche più volte. E se ti va puoi scrivere un pensiero anche su facebook, creare un tuo gruppo con i tuoi interessi. Le associazioni di volontariato, le iniziative in zona pure sono occasioni per esprimere sé stessi. Tutte queste cose una volta dove erano? Questo mi lascia perplesso, lo ammetto. Non ho vissuto negli anni '80-'90, e tutto quel che so l'ho acquisito da testimonianze di chi ci è vissuto. Però non mi sembra che oggi manchino le occasioni di esprimersi più di prima. Voglio dire, lo vedo. Se poi vogliamo pure discutere dell'effetto "capra" delle masse, c'è però da dire che le eccezioni ci sono e sono super appoggiate. Però di fatto non sei sola e sei ascoltata.
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