da Leo6 » 05/05/2016, 16:57
Cari colleghi, vorrei condividere con voi il mio pensiero ormai ricorrente e incontrollato che mi ronza per la testa, ogni giorno sempre di più, come un tarlo. Sono un ragazzo di 20 anni, e dallo scorso settembre ho scoperto di essere affetto da disturbo schizo-affettivo. Sono stato ricoverato un mese presso il reparto di psichiatria, e questa esperienza mi ha segnato al punto da farmi incastrare il cervello sul tema della malattia. Mi dico: sono malato, sì, non c'è niente da fare, sono uno psicotico e voglio uccidermi. Solo che sono troppo codardo per andarmene e troppo incapace per gestire la vita. La mia dottoressa è una cretina (con rispetto parlando) che non capisce nulla, e mi dà molte medicine per sedarmi, perché ha paura che io ricada un'altra volta nella fase maniacale (quella in cui uno spacca gli oggetti, si sente un supereroe e vuole cambiare il mondo avendo in mano un pugno di sabbia). In realtà credo che avrei bisogno di un farmaco anti-depressivo, ma si capisce che anche questo non avrebbe il potere di cambiare i miei pensieri e di eliminare i miei desideri suicidi. Vi farei vedere come vivo: uscire di casa, parlare con gli amici, ordinare un caffè al bar, camminare e semplicemente attraversare la strada sono cose per me insormontabili – ho paura di tutto, rimango muto, ho poco appetito, anche se lo stomaco brucia aspetto che qualcuno mi “imbocchi” prima di mangiare – il mio desiderio più grande è starmene nella mia camera, sopra il mio letto, a contatto con un mondo (virtuale?) inesistente. Non riesco a leggere, non so più come si studia e non riesco a farlo – se vado in biblioteca mi sento osservato dalla gente, perché soffro anche di fobia sociale. Nella mia vita non ho mai fatto un gioco di squadra, ho sempre avuto timore del giudizio riguardo a come mi muovevo, e se proprio dovevo giocare, non mi divertivo ma mi annoiavo e facevo perdere la squadra. La mia insegnante (str***a) delle superiori voleva a tutti i costi che giocassi a pallavolo, ma quando ero sul campo mi invadevano i pensieri psicotici e la mia testa iniziava a risuonare di immagini, voci, suoni e altre insensatezze – e come risultato la palla cadeva a terra e i miei compagni ridevano e mi prendevano in giro. Insomma non so se ho dato un'idea di massima di quello che ho passato, che sto passando e che passerò se continuo a vivere. Non basta uno schermo grande come l'oceano per proiettare la cattiveria della gente, e l'incomunicabilità che intercorre tra me e il mondo. Aggiungo un'altra cosa, tanto per mettere una ciliegina sulla torta. Sono gay, e mia natura mi ha sempre condannato davanti agli altri, e di conseguenza mi ha fatto sempre sentire emarginato. Io oggi accetto la mia sessualità, ma so che per tutte le caratteristiche di cui sopra e per la mia malattia, non troverò mai un ragazzo – quindi per ovviare ai miei bisogni “di natura istintuale”, mi faccio sbattere da uomini cinquantenni insoddisfatti (e anche maniaci, come quello che l'ultima volta si è vestito da boia con un cappuccio nero di pelle) provando un grandissimo dolore al c*lo e una grandissima umiliazione dell'animo – tutto questo perché mi voglio male e non ho alcuna cura di me, e di un corpo giovane come il mio, che dicono sia anche bello e pieno di grazia. Ora chiedo a voi, gentili ascoltatori, se avete letto il racconto di questo giovane codardo e sfortunato: qual è il modo migliore per ovviare alla mia situazione? Qualcuno lo sa? Consigliate la vita o la morte (che sembra così lontana e irreale, e solo il pensiero di poterla attuare determina uno stallo terribile nella vita, al punto che uno si ferma a fissare il muro per ore, senza fare niente, mentendo ai propri genitori sul fatto che non si è sprecato tempo)? Grazie dell'attenzione, spero che qualcuno risponderà.