Ciao a tutti, vorrei dare anch'io il mio contributo, premetto che non voglio essere commiserato ma portare solamente una testimonianza. Una come tante altre.
Tutto ciò che riporto, riguarda il mio passato, userò il tempo presente per rendere più diretta la mia esperienza.
All'epoca avevo venticinque anni.
Ho sempre frequentato compagnie formate da elementi etero e nessuno ha mai minimamente supposto della mia presunta o reale omosessualità in quanto ho sempre rappresentato il classico esempio del tipo "insospettabile".
Da un po' di tempo mi sento strano, a disagio; gli amici mi vanno stretti, vorrei instaurare una relazione con una persona affidabile e discreta ma senza dare nell'occhio. Nessuno deve sapere che sono gay, non tanto per gli altri quanto per me stesso perché la mia condizione non l'accetto.
Ultimamente mi balena nella mente un pensiero ricorrente, prima la consideravo solamente a livello latente una pazzia, un pensiero insano, ora invece si fa sempre più pressante, insistente, opprimente, un chiodo fisso...E se la facessi finita?
Si ingaggia una lotta contro noi stessi e alla fine si è quasi curiosi, come se la faccenda riguardasse un altro, di come andrà a finire...diventa una sfida...Voglio proprio vedere fino a che punto posso arrivare.
Il tempo passa e non ho ancora deciso di passare all'azione e quale metodo utilizzare. Una voce appena percettibile attraversa la mente sussurrando - Sapevo che non l'avresti mai fatto, non hai il coraggio di farlo, ci vuole fegato per certe cose -
Basta! Ho pianificato tutto. Ora non mi resta altro che mettere in pratica quanto mi sono proposto di fare.
...(per ovvie ragioni non indicherò la prassi che ho seguito).
Ora mi sento sollevato è stato meno difficile del previsto. Devo solamente attendere...il buio, poi il nulla.
Mi risvegliai dopo parecchi giorni in una sala di rianimazione dove soggiornai per un mese intero e credetemi non fu per niente piacevole in terapia intensiva: flebo, catetere, catetere femorale, dialisi ecc.
Passa un medico, si avvicina al mio letto (letto n. 5) mi osserva con fare cinico ed esordisce con la frase - Ti abbiamo preso per un pelo! - Io, nei rari momenti di lucidità, ribatto - Tanto lo rifaccio - Lui con cipiglio rimbrotta - E noi stiamo a dannarci l'anima per salvarti e questo è il ringraziamento -. Penso tra me - Ma vada al diavolo lui e tutta la squadra infermieristica, non avete capito niente - Per un aspirante suicida non riuscire nell'intento equivale ad una sconfitta.
E' stato un bene, un male? Chi può dirlo. Sicuramente una cosa mi sento di raccomandare. Ragazzi, fate molta attenzione alle possibili conseguenze di un gesto del genere. Chiedete aiuto, a chiunque, ma fatelo. Il suicidio non è la soluzione, quando sentite il disagio farsi insopportabile, buttate fuori quello che avete dentro, chiudersi in se stessi non serve a nulla. E superata questa apparente montagna insormontabile dell'auto annientamento, vedrete la vita da un'altra angolazione, perché non esiste una sola realtà o una sola verità. La vita è una e val la pena di essere vissuta.
Un abbraccio.