Mi trovo a scrivere qui di nuovo. Elaboro. Mi rendo conto.
Mi rendo conto che passo da uno stato all'altro con una facilità disarmante. Una sera penso "ehi,vaff******, posso fare qualsiasi cosa" ed un'altra sera penso " Basta un taglio veloce e 5 secondi netti per smettere di soffrire".
Mi ritrovo ancora qui con una sorta di follia lucida: sono consapevole.
Provo a scrivere sul diario per smorzare il dolore, per sfogare, ma non basta più. Non sorte più nessun effetto. E pensare che potrei essere davvero felice, se non avessi messo questo potere nelle mani di qualcun'altro. Non riesco a riprendermelo, quel potere. Proprio non ci riesco. Mi arrabbio, sbatto i piedi, fingo impostazione, spalle coriacee e sorriso. Mento, mento un sacco, IO che non dico mai bugie. Mento quando posso nascondermi dietro un telefono, quando basta digitare due parole - tutto bene-
Cosa significa davvero lasciarsi andare? Significa lasciare tutto. Significa che non c'è nulla che ti faccia rimanere su, quando su ti tiene soltanto un filo.
Ho scritto una sorta di lettere d'addio in quel diario -unicornoso- che mi ha regalato. Voglio che sappia che a giocare con le persone, si finisce per romperle senza la possibilità di riparale. Desidero che sia cosciente che non è stato un incidente e che lui ha la sua colpa. Sembra molto "thirteen reasons why", ma chi comprende le ragioni che spingono una persona a suicidarsi, non deride, ma abbassa lo sguardo in religioso silenzio, desiderando di poter abbracciare Hanna , come se salvando lei potesse salvare se stesso.
La modalità è la stessa: una fredda lucidità. Degli steps da seguire. Non è un impulso dettato dal momento, lo sai -quando sei arrivata al capo linea-
Come in tutte le storie, c'è sempre quella persona che avrebbe potuto fare la differenza. C'è, ma non la fa. Lo capirà solo dopo. E' buio per entrambi, sai. Per me che non vedo più una luce e per te che ancora non realizzi -la perdita- qui però c'è un paradosso.
In realtà -lui- la conosce benissimo la perdita, anche se non direttamente per causa sua. Forse cosi smetterà di fingere con il mondo e con se stesso.
Io non riesco più a raccontarmi cazzate. Io non sono più la ragazza che ero un anno fa -prima di te-
"Ciò che non ti uccide, ti fortifica" Ecco. Ero riuscita a sopravvivere una volta, ma hai deciso di tornare ad infettarmi. Non riesco a pensare ad un altro giorno in cui fingo, in cui mi prendo per il c*lo da sola. Neanche la stronzata femminista del "noi donne ci salviamo da sole" funziona. Nella mia favola ideale, probabilmente sarei io a chiedere alla strega la mela avvelenata, no anzi. C'è una citazione molto calzante:
"Scegli il Lupo: ti vede meglio, ti sente meglio , ti mangia meglio"
Probabilmente è quello che ha fatto, insinuarsi dentro di me , cominciando a mangiarmi da dentro sino a consumarmi completamente. Rende l'idea?
Ogni dolore che causiamo ha una ripercussione ed io non sopporto più di sopravvivere. Sogno di morire. Sogno di vivere. Sogno che sembra una liberazione. L'ultima volta potevi liberarmi, ma hai scelto di protrarre la bugia ed io ho voluto cullarmi in quel finto tepore. Ho sperato che fosse reale. Ho sperato di poter essere felice, ma questo veleno è talmente in circolo da non aver antidoto funzionante. E' buio è tutto buio.
Attendo che tu sia a casa per consegnarti tutte le bugie che mi hai regalato e finire ciò che un anno fa ho cominciato con la differenza che tagliarsi le vene è -si poetico- ma complicato se non hai determinati elementi, mentre recidersi la carotide, beh inutile dirti che non servirà tamponarmi. Non servirà convincermi. Non servirà mentirmi. Pochi secondi per dire addio. Scegli bene le tue parole, amore.