Quasi tentato-suicidio

MyHelp: Forum di mutuo aiuto, di prevenzione del suicidio e di gestione delle crisi.
A volte si pensa di non aver più nulla da perdere, nè più motivi di esistere.
E' facile pensarlo se non si ha qualcuno con cui confrontarsi. La vita è piena di insidie, ed è facile perdersi. Ma spesso basta una mano per rimettersi in piedi.
Ma questo è anche un forum sulla Morte, il più grande tabù nella storia dell'essere umano, la paura più grande.

Quasi tentato-suicidio

Messaggioda Orticoltura » 21/12/2017, 22:15



Salve a tutti, è la prima volta che scrivo. Sono un uomo di 26 anni e qualche mese fa la mia psicologa (dopo due anni di terapia) mi ha diagnosticato una depressione maggiore. Da più di dieci anni penso quotidianamente al suicidio. Qualche mese fa mi è venuta l'idea di attuarlo in modo indiretto, ovvero tentando di compiere imprese estremamente rischiose senza nessuna sicurezza sulla mia capacità di portarle a termine. Lo scopo finale è quello della mia morte naturalmente, ma sul momento l'obbiettivo diventa sopravvivere.
Il 31 luglio ho scalato da solo una parete verticale (prima volta in assoluto) senza imbrago, corde o casco. Sono caduto da 20-30 metri, rimbalzando più volte e rotolando. Ho chiamato i soccorsi appena ho ripreso i sensi e mi hanno portato in ospedale. Avevo cinque fratture alla schiena, due gravi e tre no, e una grossa emorragia, ma dopo cinque mesi circa sono di nuovo apposto.
La mia psicologa, che è venuta a trovarmi tante volte in ospedale, mi ha detto che lei considerava il mio gesto come un tentato suicidio. Voi cosa ne dite?

La cosa peggiore è che dopo l'incidente non cambia nulla. Magari pensi "Sono sopravissuto a questo: cosa ha cambiato questa esperienza?" Non ha cambiato nulla, né me, né ciò che ho intorno. E tutti a dire che sono un incosciente, quando la verità è che avevo piena coscienza del gesto. Ad ogni passo che facevo mi dicevo "Fra poco, probabilmente, morirò. Va bene così".

Non sono molto bravo coi forum, ma spero di poter iniziare una discussione con voi senza le normali autocensure che mi impongo nella vita sociale. A presto.
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Messaggioda kathellyna » 21/12/2017, 22:19



benvenuto.
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Messaggioda Lilli » 21/12/2017, 22:37



Non saprei rispondere con precisione, credo che ci sia una differenza (non piccolissima) tra decidere di saltare attivamente nel vuoto e non fare -passivamente- nulla per impedire una caduta... anche perchè dici che il tuo obiettivo, al momento, diventa quello di sopravvivere.
Fare certe cose, come gli sport estremi, è anche un modo per sentirsi vivi; e penso che tu voglia anche sentirti vivo, specialmente mentre il morire diventa una possibilità molto concreta.

Come ti trovi con questa psicologa? Avete parlato del perchè, dopo due anni che ti segue, ti senti comunque così?
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Ma non ero rassicurato. Mi ricordavo della volpe.
Si arrischia di piangere un poco se ci si è lasciati addomesticare.

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Messaggioda crisbil » 22/12/2017, 2:54



Lilli ha scritto:Fare certe cose, come gli sport estremi, è anche un modo per sentirsi vivi; e penso che tu voglia anche sentirti vivo, specialmente mentre il morire diventa una possibilità molto concreta.


in effetti leggere il post mi ha riportato per qualche motivo alla mente il vecchio film di peter Weir "Fearless"..
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Messaggioda Ensō » 22/12/2017, 8:25



Ciao,

voler morire senza lasciarsi morire. Ci sono persone morte dentro, ancor prima di lasciare il corpo fisico, invece tu, nonostante la depressione, hai energia da vendere, devi solo fare uno sforzo e canalizzarla verso qualcosa di costruttivo e appagante.
Cosa ti piacerebbe fare che ti tenga attaccato alla vita?
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Messaggioda Orticoltura » 22/12/2017, 14:33



Lilli ha scritto:Come ti trovi con questa psicologa? Avete parlato del perchè, dopo due anni che ti segue, ti senti comunque così?


Bene, però purtroppo mi sono trasferito e non la vedo più da mesi. Ho provato ad andare da qualcun altra, ma sono scappato via.
Il motivo dei cicli di distimia-depressione con istinti suicidi sono dovuti, secondo lei, al fatto che da bambino abbia notato la sofferenza di mia madre, che per anni non è riuscita a superare la morte di un figlio precedente, mio fratello insomma. Quindi avrei ricevuto una educazione (quasi un inprinting) orientato verso la sofferenza e il dolore, spinto inconsciamente dal desiderio di emulare i miei genitori che soffrivano. Col tempo ho quindi idealizzato i concetti di dolore e morte come qualcosa di buono e giusto. Per esempio il suicidio non lo vedo quasi mai come una via di fuga o un'azione codarda, al contrario lo vedo come un atto coraggioso, magari inteso come sacrificio o atto eroico.
Tempo fa lessi la notizia di una madre che aveva ucciso la figlia di due anni, violentandola prima, chissà come. La notte avevo pregato di poter provare le sue sofferenze, come se in quel modo potessi salvarla. Mi vergognavo che una bambina potesse soffrire a quel punto e io invece stavo così bene. Alcuni sogni a riguardo rendono davvero l'idea di quello che mi passa per la testa.
Potrei avere un senso di colpa inconscio dovuto al fatto di essere sopravissuto a mio fratello, questa è un po' la teoria più accreditata al momento.



Ensō ha scritto:Cosa ti piacerebbe fare che ti tenga attaccato alla vita?


Piccole imprese, tipo fare l'ironman o fare il giro del mondo in bicicletta. Quest'ultimo se trovassi compagnia lo farei senz'altro, fondi permettendo.
A livello più profondo credo di aver bisogno di un affetto serio, moglie o figli, qualcuno da proteggere. Probabilmente starei coi piedi per terra o potrei dire "Ecco, verrà un giorno in cui dovrò morire per protteggerli, devo essere pronto per quel giorno." Se quel giorno arriva, bene, altrimenti tanto meglio (per loro!).
Detto così sembra facile, ma ho troppe caratteristiche del borderline, anche se non tutte. Inoltre ho un temperamento violento e tendenza naturale all'isolamento. Nella vita pratica è questo il vero problema, magari ne possiamo parlare. Grazie per le risposte intanto.
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