Un anno fa ho tentato il suicidio. Era un giorno freddissimo, mi sentivo roso dai sensi di colpa e senza via uscita da una vita fallimentare. Il mio tentativo si è rivelato infruttuoso perché sono stato trovato e portato al pronto soccorso. Quando mi sono risvegliato dopo molte ore volevo solo uscire da lì e riassaporare la vita. È stato uno sprazzo di speranza perché non sono uscito mai dai miei incubi. Anzi, quando ora qualcosa mi va male vedo il suicidio come unica soluzione. Non ho sofferto quando mi sono abbandonato verso la morte e non ho provato nulla. Non c’è agonia, dolore, paura, terrore. Dopo c’è un rasserenante nulla. C’è solo l’oblio. C’è solo il silenzio.
Prendo farmaci, faccio psicoterapia una volta a settimana, vado dallo psichiatra ma sto ancora male. Oggi è un giorno no, in cui vedo che la mia vita è inutile e vorrei solo porre fine a tutto questo. Tanto tutti prima o poi dobbiamo morire, magari mi capiterà un cancro e avrò sofferenze atroci, mentre ora scelgo io il dove e il come.
Chi mi sta vicino non capisce quante profonde siamo le mia sofferenze, hanno radici antiche. È vero che ora apparentemente ho una vita normale, ma in realtà sto male dentro. La cosa difficile è che non posso parlarne. C’è un forte tabù su questo argomento. A lavoro ovviamente non lo sa nessuno e solo i miei familiari ne sono a conoscenza, per gli altri è stato un malore. Vorrei invece parlarne con chi lo ha tentato come me e può capire il mio dolore.
Oggi come dicevo sto male e sto fantasticando su come farlo stasera stessa. Se non oggi prima o poi lo rifarò, è l’unica possibilità che mi rimane per essere al sicuro dal dolore. Sto male.