La voce nella tua testa, chi è? Sei tu? Quel flusso continuo di parole che non accenna mai al silenzio, chi è? Sei tu? Sei tu che pensi tutte queste cose in continuo. Se sei tu, riesci a far smettere quella voce?
Io non sono né il mio nome, né il mio corpo, né i miei soldi, né nulla che si possa toccare concretamente. Però al contempo, per me e solo per me, ritengo di essere tutto ciò che penso, voglio, amo, odio, spero, temo, dico, faccio, perché tutte queste cose sono manifestazioni del mio essere, una combinazione unica e irripetibile di variabili che compone l'entità in cui mi riconosco, ovvero Io.
Quando mi sono confrontata con la morte, specialmente quando si è trattato della morte di una persona a cui volevo bene, ho avuto la conferma (interiore) di ciò che pensavo: che l'anima, lo spirito, l'essere in senso trascendentale, sono tutte balle. Sarà un pensiero fin troppo prosaico, ma ciò che siamo, ciò che siamo per me, non è altro che il cervello che ci permette di pensare, volere, amare, odiare, sperare, temere, dire, fare, di distinguerci come essere unici. Prendi una persona, spegnile il cervello, cosa resta? Un corpo vuoto e inanimato, senza personalità, ovvero quell'entità impalpabile che contraddistingue ognuno di noi. Dimmi pure che sono banale e superficiale, ma questo è quello che penso ed è quello che continuo a pensare al ricordo delle persone che non ci sono più, che hanno smesso di esistere, caput, andate. Cos'è che è svanito di loro? Il corpo? No. Quello potremmo metterlo anche sotto formaldeide e conservarlo intatto, ma lì dentro non ci sarebbe più nessuno. Non è neppure l'anima, il soffio vitale, perché una persona in coma è ancora tecnicamente viva, eppure nell'essenza è un involucro vuoto.
Quindi molto banalmente ti dirò che, sì, siamo anche i nostri hobby, il nostro credo, la nostra cultura, le relazioni che intratteniamo, le nostre esperienze, i nostri sentimenti, pensieri, desideri, paure e speranze. Siamo questo. Per me, siamo questo.