Morte e Natura

Epico Poema sulla Morte e la sua matrigna malvaglia.

MyHelp: Forum di mutuo aiuto, di prevenzione del suicidio e di gestione delle crisi.
A volte si pensa di non aver più nulla da perdere, nè più motivi di esistere.
E' facile pensarlo se non si ha qualcuno con cui confrontarsi. La vita è piena di insidie, ed è facile perdersi. Ma spesso basta una mano per rimettersi in piedi.
Ma questo è anche un forum sulla Morte, il più grande tabù nella storia dell'essere umano, la paura più grande.

Morte e Natura

Messaggioda gonerxxl » 08/01/2015, 21:24



Poverina, anche la Morte iniziava a sentire il peso della sua esistenza.
Tutto iniziò quando la Natura creò se stessa, quindi il tutto e la vita. Ma la Natura sapeva che ogni essere vivente, un'anima dentro un corpo che si sarebbe deteriorato nel tempo, era destinato a scomparire e a cedere quindi la sua anima ad un altro corpo e così via, finché ella [[la Nat.]] non avrebbe deciso di porre fine a se stessa, un giorno.
La Natura, malvagia e vigliacca, derogò l’importante compito di gestire il riciclo delle anime ad una creatura fantasma e oscura, senza spazio, senza tempo, che vagava tra le terre colme di vita e a suo piacimento sceglieva la sua vittima e operava su di essa. Una dopo l’altra, le sue vittime avrebbero ceduto alla sua falce.
Quello era il suo compito e lo aveva sempre fatto bene; nessuna razza aveva un vero e proprio privilegio in tal senso: aveva deciso di assegnare un tempo limite ad ogni tipo di creatura esistente, ma comunque imprevedibile e letalmente efficace. Persino la sua matrigna era fiera del suo operato.
L'uomo inutilmente la contemplava, ne studiava il suo lavoro, la affrontava, ma niente: quando lei decideva, era fatale; e se mai avesse dovuto fallire per qualche ragione, sarebbe stata questione di poco tempo, ma lei era la destinazione finale di tutti.
Nonostante fosse una creatura immanente, questa iniziava a sentire il peso del suo lavoro che pareva ormai senza fine. Pregava ormai, affinché la matrigna le facesse toccare la stessa sorte che lei donava alle sue vittime. Sì, perché per la Morte, il suo operato era il suo dono per noi tutti. Lei ci invidiava, voleva essere come noi.
La Morte voleva morire.


Questa cagàta l’ho scritta io. Secondo me ha due morali:
1. Ognuno ha un suo ruolo nell’universo. C’è il povero, il ricco, il criminale, il depresso, il presidente della repubblica, l’alieno, il batterio, il mio cane, ecc... (alla povera Morte le toccò quel ruolo)
La vita è una mèrda, non dico il contrario. Ma siamo qui e ce la dobbiamo (sì, DOBBIAMO) prendere così come diavolo è. Anche un eventuale “suicidio” farebbe parte del nostro ruolo.
Da questo punto di vista io credo nel DETERMINISMO. Non vado oltre, ma ci sarebbe parecchio altro di cui dialogare.
2. La morte è un dono. [infatti, chi ha intenzione di togliersi la vita non può proprio negarlo] La morte è una cosa triste, ma anche una cosa bella. La morte è probabilmente la causa principale di tutti i nostri disagi interiori, eppure, paradossalmente, è l’unica entità che possa porne fine.
Io mi sento piccolo quanto un microbo provando a meditarare su di essa.
Vi sono persone che desiderano ardentemente vivere e tra queste ve ne sono alcune che loro malgrado non possono. Allora anche la vita è un dono.
Siamo coscienti, a sfruttare questi doni.




Mi sa che stavolta ho proprio detto un pugno di minchiàte!
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Morte e Natura

Messaggioda Liquidambàr » 08/01/2015, 23:48



Non è vero! è affascinante invece la tua storia, fa riflettere.. :)
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Come una Dea

Messaggioda gonerxxl » 09/01/2015, 15:50



Come una Dea

Ne ascoltavo la quiete
o la sua dolce canzone
e ne coglievo l'odore
nell'infinito splendore
della divina creazione.

Ma in un giorno d'angoscia,
un solo passo bastava
per fare il bel viaggio.
Era in preda a un miraggio
e dall'alto cascava.

La melanconia suonò
quel silenzio tombale,
ma ella immortale
nel mio cuore restò
come una Dea.


***, 9 Gennaio 2015
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Morte e Natura

Messaggioda gonerxxl » 12/01/2015, 13:47



L'angoscia stava sbranando la mia anima come un leone predatore che affonda le sue zanne su di una zebra per strappargli via le carni e ingurgitarle e garantendosi così quel giorno in più e ancora continuare il ciclo di distruzione desiderato dalla Madre malvagia.
L'anima la sentivo quindi soffrire e sanguinare della luce della vita. La sentivo urlare e desiderare la morte tanto era forte il dolore provocato dai suoi brandelli staccati con forza e macinati dalla fredda morsa della melanconia.
L'anima voleva ormai solo un eterno riposo e io decisi in fine di dargliene la concessione da quel ponte che ormai avevo ben conosciuto oltrepassandolo tutti i giorni quando andavo a lavoro.
Un ponte sopra al quale vedevo ogni volta la proiezione del mio dolore che mi richiavama verso il bordo e mi esortava a fare ciò che sarebbe stato giusto per tutti.
[...] e quindi caddi.

Caddi, caddi, caddi, caddi. Oh, la sensazione del proprio corpo che sembrava stare nel vuoto dello spazio interstellare se non fosse stato per l'ammasso di aria che sentivo colpirmi come un forte pugno: al viso, allo stomaco, alle gambe.
Sentivo di essere come un'astronauta bombardato continuamente da minuscoli asteroidi.
Le lacrime facevano fatica a uscire che già mi colpivano gli stessi occhi come dei proiettili.
Doveva essere solo un momento, pochi secondi: come un folle mi feci addirittura i calcoli di quanto tempo avrei impiegato per raggiungere l'asfalto sottosfante e spiaccicarmi ad esso.
Ma qualcosa ora non tornava e in aria impallidii per una paura che neanche il peggiore dei mostri concepibile dalla fantasia possa provocare.
La visione che avevo della strada sottostante che pareva sempre più vicina, sempre più vicina, velocemente cambiò e mi apparve invece infinitamente lontana.
Adesso sentivomi solo sospeso per aria, come in attesa, come in attesa.

Guardavo di fianco alla strada, mi rendevo conto che tutto si vedeva in una scala sfasata; tutto, man mano che si allontanasse dal punto in cui sarei caduto, era sempre più piccolo così che potessi vedere sempre più lontano. Ma la strada era lontana.
Un uccello che volava lì per caso era lontano.
La morte sembrava ben più lontana di quanto mi fossi aspettato.
Tutto sembrava immobile.
L'uccello sembrava immobile, ma in realtà si muoveva molto lentamente, ma sempre più vecolemente, sempre di più, verso di me.
Più si avvicinava a me, più sembrava avere una normale velocità da uccello, finché mi passò accanto e poi, di nuovo, sempre più lento, sempre più lento e poi quasi fermo.
Solo adesso mi rendevo conto che anche i miei movimenti erano diventati strani; mi rendevo conto che avevo la faccia sgorbia dell'effetto dell'aria.
Mi concentrai di nuovo su questa e sentivo, a uno a uno, quasi come potessi contarle, le molecole col quale scambiavamoci i momenti.
Il sogno della morte ben presto diventò un'incubo senza fine. Sembrava fossero passate ore. E poi sembrava fossero passati giorni.
Sentivo il cuore battermi, di tanto in tanto, ma lentamente. Un battito ora, un battito poi. Un battito ora. E dopo aver contato le mille macchine che potevo scorgere da quassù, un battito poi.
Era diventata una prigionia. Non avevo minimamente idea che morire sarebbe stato così atroce. Che gli ultimi istanti di vita sarebbero sembrati così lunghi da diventare effettivamente un'eternità.

Accidenti. E se mi fossi sparato? Così ero lì, ad aspettare, mentre il mio corpo scendeva lungo quel fluido infinito.
Immaginavo una simile scena con un proiettile infilato per metà dentro la testa, ma col tempo che così diventava infinitamente dilatato. E il dolore della perforazione costretto a sentire sempre più forte, sempre più profondo il foro. E il cervello, pian pianissimo lacerato e gli impulsi elettrici, lentamente, che sconquassavano pensieri e movimenti.
O, addirittura, annegando, bruciando vivo, soffocando...
All'infinito, all'infinito...




Questa fa più schifo di quella sopra, specialmente bella condita di errori di grammatica.
Ho omesso una parte abbastanza consistente, ma fine a se stessa.
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Morte e Natura

Messaggioda Liquidambàr » 13/01/2015, 22:29



Questa è più angosciosa, ma forse rispecchia lo stato d'animo che avevi in quei momenti...
Per gli errori sinceramente non ci ho fatto tanto caso
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