Io non soffro la solitudine, ma più che la solitudine soffro l'incapacità dal poter uscire dalla solitudine.
Mi spiego meglio: io sono sempre stato una persona solitaria sin dall'infanzia, questo principalmente a causa dell'ambiente in cui vivo (ahimè un piccolo comune composto soprattutto da anziani). Questo, con buone probabilità, non mi ha permesso di sviluppare quelle che vengono definite social skills.
Le poche amicizie che ho avuto, risalenti al periodo delle scuole superiori, non sono mai state profonde. Sono state sì cordiali ma per loro sono sempre stato "quello in più". Io con loro mi sono sempre sentito come un pesce fuor d'acqua, eravamo delle persone non tanto affini. Purtroppo quello era ciò che "passava il convento" e ho cercato, invano, di fare di necessità virtù. Io ho provato ad adattarmi a loro, ma da parte loro non c'è mai stata una decisa volontà a farmi integrare.
Un discorso simile lo posso fare sulle nuove amicizie che ho provato a fare durante il periodo universitario. In questo caso non sono mai riuscito ad uscire dal piano della formalità, di fatto i contatti con loro sono rimasti limitati al solo contesto universitario.
La solitudine è uno stato che, se si sta bene con se stessi, si riesce a superare. Tuttavia credo che tutti, o almeno per me è così, anche se stiamo bene da soli e quindi con noi stessi, sentiamo il bisogno ogni tanto di uscire da questa situazione. Come detto nell'introduzione, questa impossibilità ad uscire dalla solitudine è la fonte del dolore, non tanto la solitudine.
Mi auguro di aver espresso in maniera chiara in concetto e soprattutto che anche qualcuno di voi ci si ritrovi.
P.S.: ho letto solo i messaggi del topic risalenti al 2020, perdonatemi se qualcuno in precedenza ha espresso un concetto simile!
