Salve
Leggo con interesse sgomento questi post dove persone intelligenti, sensibili con capacita introspettiva e comunicativa mi trasmettono un angoscia infinita dovuta alla solitudine. Ognuno con la sua storia e le proprie specificità ma tutti accumunati dal terribile male insidioso e persistente come un erba cattiva che, radicata nelle profondità degli animi, lancia tossine velenose in tutto l organismo.
È triste che persone così dotate e manifestamente equipaggiate di raziocinio vivano intrappolate in una , perdonate la parola cruda, non esistenza. Lo statuto umano trova realizzazione e compimento solo ed esclusivamente nel rapporto con gli altri e con il mondo che lo circonda . Essendone privi togliamo le foglie alla rosa che non catturando la luce non potrà sbocciare nonostante acqua e nutrienti.
Non si può privarsene. Siamo del tutto esseri sociali ed è solo entro questo ambito che realizziamo le nostre immense potenzialità che altrimenti rimangono sopite. Un uomo da solo non è un Crusoe che ricostruisce la civiltà nell’ isola selvaggia. È un nulla. Crosue è un mito,figlio di una certa epoca.
La cosa più angosciante è il percepire in questi post un desiderio, una tensione, una brama, un anelito a questa comunanza che però viene incessantemente frustrata per cause apparentemente esterne (sono gli altri che non mi capiscono e mi isolano e non mi vogliono) ma forse il tutto è il frutto di proiezione di mali interni , che proprio per questo assai piu difficili da identificare ed estirpare. Non sempre comunque. Ognuno è un mondo a sé.
Che fare dunque?
Perché ci siamo costruiti una società dove esseri educati colti ed intelligenti sono ridotti a condizioni di vita sub umane , senza contatti , scambi e relazioni? Nel peggiore dei lager i detenuti si aiutavano e qua nella opulenta società dei consumi e della pace si ignorano?
In Giappone c’è una categoria di persone , gli Hikikomori che si ritirano in casa e non ne escono più tenendo rapporti col mondo solo via internet.
Qua ci stiamo incamminando nella solita direzione, nonostante Dante, il Bernini e Leonardo da Vinci?
Come mai?
Mi viene voglia di pensare che tutta questa onnipresente connessione ottenuta tramite dispositivi digitali interconnessi tra loro , che impongono a noi esseri umani le loro modalità di comunicazione e di trasmissione, e in ultimo di pensiero e di modi di agire , non aiuti. Anzi.
Se non la sola penso sia una delle cause della solitudine. Paradossalmente l aumento a dismisura della possibilità di esprimersi , diffondere le ns idee, recuperare informazioni in tutto il globo, di restare in contatto sempre e con tutti riduce la nostra capacità e forse desiderio di parlare con il nostro vicino.
Che me ne importa di parlare con quello dell pianerottolo accanto e comunicare la mia ansia e con essa la mia disponibilità in qualche modo, pure goffamente, se posso farlo con tutto il mondo al sicuro protetto da uno schermo?
Perché impegnarmi con il corpo, con i gesti con il tono della voce le espressioni facciali che non controllo se basta un click? Perché sorridere se ci sono le emoticon ?
Perché rischiare due chiacchiere con la cassiera che magari mi manda al diavolo perche son goffo se posso chattare con tutti con la tastiera?
Perché uscire di casa se ho youporn?
Qualcuno sa che la muscolatura impegnata nel sorriso è automatica ed esclusa dal controllo cosciente? Come è più facile con internet.. click una faccina e via.
Emozioni pret a porter. Ma false.
La connessione totale e pervasiva, con i suoi messaggi continui e suggestioni istantanee , ci sta rendendo tutti superficiali e privi della capacità di concentrarci. Al punto di non ricordarsi l’autore del libro che stiamo leggendo sul tablet.
(A scanso di equivoci io uso molto la tecnologia non sono un retrogrado..ho 3 pc e due tablet oltre al telefono. Ma lo stesso più né faccio uso più mi convinco che non sono oggetti neutri e imprimono il loro modus operandi nelle mie sinapsi che smettono di assomigliare a me e sono sempre più simili ad algoritmi alla Google. Ed il mio io si dibatte contro questo sfasamento).
Leggicchiamo qua e là.. saltiamo da un sito all’ altro ma galleggiano su superficialità senza aver voglia e desiderio di approfondire. E di questo passo né perderemo la capacità. Troppo affamati di stimoli e novità per coltivare piccole cose che genereranno grandi alberi della conoscenza e della consapevolezza.
Siamo sommersi di parole, ma privi di segnali corporei che ci permettano di identificarsi negli altri tramite i neuroni specchio. E a furia di esserne esclusi, facciamo fatica a capire pure i nostri di segnali . Tutto questo ci rende confusi.
E siamo più soli perché sempre più incapaci di vedere entro noi stessi e di impegnarci nel comunicare chi siamo e cosa sentiamo agli altri usando il corpo e non solo la mente . Usando le emozioni e non solo i pensieri raziocinanti. Usando la pancia più che la neurocorteccia.
La superconnessione è un surrogato. Ma talmente potente da farci perdere di vista il piacere e la bellezza di ciò che sta surrogando al punto di diventarne un sostituto. Un alias. E logiche operative del surrogato ,diverse dalle nostre, stanno modificando il ns. modo di pensare e di agire .
La solitudine è una porta aperta per la stanza della tristezza. È giocoforza entrarne e vederne le pareti imbottite contro le quali non serve scagliarsi per sentirne tutta la poderosa oppressione.
Quello che serve è lasciarla aperta quella porta e cercare di vedere il bello degli altri e la meraviglia del mondo al di là di questa. Che sono immensi e incommensurabili e in noi son riflessi. Sono certo che cosi troveremo la forza e l’impeto per uscire all’ aperto e riveder le stelle .
A patto però che non ci portiamo il tablet in quella stanza perché poi penseremo di vederla li l immensità del cosmo , nei ridicoli 9.7 pollici, e non ci interesserà uscirne più.
Stiamo vigili anche se soli e cerchiamo di non abbellirla troppo la cella nella quale ci siamo cacciati o rischieremo di scambiarla per la nostra casa.
Saluti a tutti voi