Sono un uomo di quasi 40 anni e nella mia vita ne ho passate di tutti i colori: solitudine, bullismo, problemi di salute anche invalidanti, problemi familiari, lunghi periodi di disoccupazione, fobie sociali varie. Ma sono riuscito ad uscirne sempre fuori, e nei momenti più bui sono sempre riuscito ad aggrapparmi all'ultimo spiraglio e trovare le forze per rialzarmi. Sono crollato 100 volte, e 100 volte mi sono rialzato. La speranza di un futuro migliore mi ha sempre guidato.10 anni fa mi chiudevo settimane in casa, al buio, a mangiare cibo in scatola per paura di uscire. Oggi non ho problemi ad uscire e a parlare con le persone,.
Ammetto di essere orgoglioso di me stesso per i risultati raggiunti.

Ma adesso è arrivata, di colpo, la consapevolezza di non avere più tempo per realizzare la propria vita. Di aver seminato - a fatica - ma non poter più raccogliere i frutti. In qualsiasi ambito.
- Ho un lavoro mediocre che è lontano anni luce dai miei interessi, dai miei studi e che vanifica tutti i miei tantissimi sacrifici, anche fisici.
- Ho qualche amico, ma hanno famiglia, figli, e la mia vita sociale si riduce ad una pizza o un pranzo al mese
- La mia famiglia - perché vivo dai miei - è un continuo litigio, di cui io subisco le conseguenze. A volte vorrei scappare via, altre volte ho bisogno del loro affetto
- Amore. Inesperienza totale, e col tempo diventa sempre più ingombrante, pesante, difficile da gestire. Le mie potenziali partner sono quasi alla menopausa, divorziate, con figli, con un'infinità di storie ...giusto per capire il confronto impari che mi ritrivo a gestire
Ora è arrivata la sensazione di non avere più speranze di miglioramento, di aver raccolto pochissimo e di non poter ambire a nulla di più. E' un po' come giocare una finale di calcio e trovarsi subito in svantaggio di due reti, pur giocando meglio dell'avversario. Al 90° minuti arriva la consapevolezza di non poter più ribaltare il risultato, arriva la fatica, le gambe si bloccano, si crolla a terra per i crampi, e si aspetta solo il fischio finale dell'arbitro.
Una sconfitta onorevole. Ma pur sempre una sconfitta.