Voglio un'emozione forte. Anelo costantemente a qualcosa che riesca a scuotermi, che mi tiri fuori dal torpore della monotonia, di una vita tranquilla, dei buoni voti, delle apparenze, di agire secondo il buonsenso.
Ne ho abbastanza.
Mi annoia dovermi preoccupare di vivere dignitosamente, sperare di arrivare a ottant'anni, aver paura delle conseguenze, pensarci due volte prima di correre un rischio.
Mi spaventa il pensiero di dovermi svegliare ogni mattina per altri trenta, quaranta o sessant'anni. Anche l'idea che arriverà, forse, un dopo domani mi sembra insostenibile, gravosa, opprimente. Settantadue ore a partire da adesso. Sono troppe, sono interminabili, è un periodo lunghissimo.
La vita è noiosa. Si vive ogni sacrosantissimo giorno, mentre si muore solo una volta, per un brevissimo ultimo respiro che si consuma in una manciata d'istanti, e poi più nulla. Vivi tutta la vita aspettando la morte e quando ci arrivi finisce in un attimo. Come l'orgasmo, dura troppo poco.
Per questo preferisco credere di star morendo di una morte straordinariamente lunga, stirare al massimo quell'unico istante, pensare che il futuro non sia la vita che mi aspetta, ma un'estensione dell'attimo prima di morire continuato più a lungo possibile, come un respiro rilasciato lentamente, fino a svuotare del tutto i polmoni.
Non so se provare l'irresistibile impulso di buttarmi giù dal balcone per scoprire cosa si prova al momento dello schianto sia un sintomo di depressione.
Intanto so che domani mi sveglierò pimpante come al solito e farò un sacco di cose produttive, e riderò, e scherzerò, e penserò di essere felice, finché non mi affaccerò di nuovo alla ringhiera chiedendomi con assoluta calma e lucidità scientifica se cadendo mi spaccherò il cranio o mi perforerò i polmoni con una costola rotta.
Dovrei provare tristezza, invece sento solo una noia infinita.
Domani forse annegherò in una disperazione folle e immotivata e penserò alla morte come unica via di scampo.
E il giorno dopo sarò di nuovo felice come una Pasqua.
Odio odio odio tutto questo e non so neanche perché lo sto scrivendo, dato che quando vi risponderò, fra qualche ora, un giorno, o una settimana, non sarò più io, ma un altro io, che non penserà una sola parola di quello che ho scritto.