Ciao amici, lo psichiatra da cui sono stato venerdì, 300 euro per un'ora, ha fatto una ipotesi di disturbo bipolare di tipo 2.
Questa cosa già mi fu detta da un altro 10 anni fa. Poi altri mi hanno detto depressione maggiore grave, diagnosi retta per anni.
Farò un altro consulto da un altro, non credo che si possa diagnosticare disturbo bipolare in un'ora. Ovviamente propone Litio.
Nella descrizione del D. Bipolare io mi ritrovo, ma una cosa è certa: qualsiasi cosa io abbia, le condizioni oggettive della mia vita sono dei fattori di rischio che mi aumentano la pesantezza del mio stato d'animo: non ho lavoro, ho rinunciato a lavori precari e di sfruttamento per non sentirmi inappagato, vivo con mia madre... Io da sempre mi sento un umore malinconico dentro, con brevissimi periodi di gioia, guarda caso coincidenti con periodi lavorativi intensi. Inoltre ho una rabbia che spesso viene fuori quando mi sento giù. In un attimo posso aggredire verbalmente e rompere cose. C'è una frustrazione in me. Chi senza lavoro non lo sarebbe?
Poi, di certo c'è in me una fortissima autosvalutazione di fondo, e in psicoterapia i motivi sono abbastanza venuti fuori. Il valore che gli altri mi danno supera quello che io do a me stesso. Pur scoprendo questo, e divenendo consapevole di come funziono, l'inconscio mi precede spesso.
Per fare ordine: una predisposizione naturale, una fragilità creatasi nell'infanzia e adolescenza ( bullismo...) + vita precaria e vicinanza a cose innaturali per la mia età ( vivere con mia madre) fanno la persona che sono ora.
Mi sento nel pieno del circolo vizioso: è la mia vita che mi ha causato il disturbo che mi ha rovinato la vita che mi peggiora il disturbo che mi peggiora la vita...e così via. È come chiedermi se sia nato prima l'uovo o la gallina. Prima la depressione o la mia vita precaria? Forse entrambe. In quest'ottica come faccio ad uscire dal circolo vizioso?
A: riparando la mia vita, e ci vorrà del tempo.
B: ritorno agli psicofarmaci, perché così mi sembra di impazzire. Mi sembra una scelta obbligata.
Ancora non ho lavoro, nel frattempo il mio umore va reso più calmo, non posso fare del male a me e a chi mi è intorno. Mia madre è devastata. L'ho mandata in ospedale per un picco pressorio e lei è ischemica. Ho vissuto un senso di colpa immenso, poiché invece di godermi mia madre che è dolce e viva, soprattutto , la sto distruggendo.
Ho una compagna che mi sta aiutando, ma prima o poi cederà anche lei.
La cosa che mi fa male è che c'ho messo due anni per togliere schifezze che non mi hanno curato, ma intontito. Se sedi un elefante per forza sembrerà che è tutto ok. È un elefante rincoglionito, dorme 12 ore. Volevo purificare il mio corpo, perdere il bel regalo di 20 kili causato dagli psicofarmaci.
Data la mia fragilità, se per di più la mia vita è precaria a livelli gravi, io non posso togliere farmaci. Voi cosa ne pensate?
Mi sono detto anche: resisto, voglio purificarmi.
Poi però vedo mia madre che per amore mi accudisce, il lavoro che manca, l'isolamento... E arriva l'ansia da tagliarmi il fiato e l'abbattimento profondo. E pur volendo resistere ( perché non è detto che un precario diventi depresso), i "fattori di rischio", cioè le circostanze ambientali, di vita, e la ia predisposizione fanno un effetto bomba.
Vi prego, cosa ne pensate?