da Titus » 06/03/2024, 23:16
Riguardo ai farmaci antidepressivi e alla psicoterapia, mi sembrava di essere stato chiaro fin dal principio: non intendo servirmene (su questo punto non transigo). Quando invece mi parlate di attività fisica, di smettere di fumare, di bere, o di correggere il mio atteggiamento nei confronti di mia moglie e di mia figlia, sono pronto ad ascoltarvi.
Vi ho detto che soffro di “disturbo depressivo di personalità”, disturbo che, fra l’altro, non appare neanche più nell’ultimo “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”; e già questo fatto dovrebbe far molto pensare sulle prassi catalogative adottate dagli psichiatri americani. Perché prima esisteva, ed ora non esiste più? A costo di risultare noioso, vorrei fare un po’ di chiarezza su questo punto, ché per me è importante.
Prendiamo il mio caso e la mia malattia.
Fino al “DSM-III” io venivo considerato individuo affetto da “disturbo depressivo di personalità”; poi, con l’avvento del “DSM-IV” mi affibbiarono l’etichetta di paziente affetto da “disturbo narcisistico della personalità”; e infine, con l’uscita del “DSM-V” vengo inquadrato come individuo sofferente di “disordini mentali da personalità narcisistica”. Dove sta la verità? Sono stufo di leggere definizioni scritte in psichiatrese!
Mi ritorna alla mente una serie di vicende burocratiche assurde, le quali non c’entrano nulla con la psichiatria, ma che credo siano utili a far comprendere gli ottusi meccanismi della prassi istituzionale (e quindi anche delle cose scritte in “psichiatrese” di cui parlavo prima).
Mia moglie proviene da uno stato post-sovietico, dove ha vissuto fino all’anno 2015. Quindi ha studiato lì, ha lavorato lì, e ha preso la patente di guida lì. Ebbene, nonostante l’Ambasciata italiana abbia prodotto una traduzione ufficiale del certificato di laurea di mia moglie, originariamente scritto in russo, l’Italia le permette di equiparare tale titolo di studio alla sola licenza media (Avete letto bene). “Non ci possiamo fare niente, è la prassi!” mi sono sentito dire dagli impiegati comunali, dopo avere mosso loro delle critiche.
E con la patente di guida?, volete sapere che cosa è successo? La patente russa di mia moglie è praticamente identica a quella europea: vi sono riportate le stesse categorie dei mezzi di trasporto usati qui da noi, il tipo di veicolo che si è abilitati a guidare, perfino la tessera ha le stesse dimensioni di quella europea; ma siccome non ci sono accordi bilaterali con il suo paese d’origine, lei non può convertirla in una patente europea! “Non ci possiamo fare niente, deve sottoporsi all’esame qui da noi, è la prassi!”.
Perché esistono convinzioni e regole tanto diverse, fino ad essere addirittura contrarie al senso comune? La mia risposta è questa: perché ci serviamo di teorie dogmatiche e viviamo immersi in ambiti disciplinari non completamente normati da una “scienza dura”. La fisica, la chimica, la biologia e la matematica sono scienze dure; ma già la medicina e la psichiatria, che usano logica e metodo sperimentale solo in parte, si potrebbero definire scienze molli esse stesse.
Poi ci sono la psicologia, la sociologia, la psicoanalisi e la politica, le quali non sono nient’altro che un’opinione, giacché tutte quante rappresentano punti di vista soggettivi, magari anche condivisi da un largo numero di persone, ma sempre soggettivi restano.
Questo è uno dei motivi per cui non credo nella psicoterapia, e non intendo sottopormici. Non sto dicendo che ho ragione io e che gli altri sbagliano. Chi ritiene di poter trarre beneficio dalla psicoterapia fa benissimo a recarsi dallo psicologo, ma per me sarebbe una tortura.
Già me l’immagino la mia prima seduta di psicoterapia. “Mi parli di lei?”, “Possiamo darci del tu?”. Il terapeuta mi farebbe subito parlare a ruota libera, intervenendo di rado, e solo per dirigere il mio racconto verso i temi a lui cruciali: la famiglia, il lavoro, lo stile di vita, l’orientamento sessuale, i traumi. Alla prima occasione, io gli racconterei che sto facendo carte false per scrivere un romanzo di pregio e diventare uno scrittore rispettato. Incuriosito, lui mi farebbe parlare ancora. Dopodiché, giudicando un simile desiderio come qualcosa d’irraggiungibile, farebbe di tutto per attaccarlo, e farmi cadere in contraddizione. Intendiamoci, non lo farebbe mosso da cattiveria o da risentimento; ad animare i suoi sforzi ci sarebbe una semplice esigenza pratica, quella d’instradarmi verso il posto più idoneo per me in questa schifosa e ipocrita società.
Pensare di poter favorire la mia guarigione, curandomi così? Ma io non potrei mai guarire in questo modo! Io so benissimo come sono, e come desidererei essere; mi sono guardato dentro migliaia di volte, e nel farlo ho sempre cercato di conservare il dovuto distacco critico. Sto male proprio perché non riesco ad essere la persona che vorrei essere. Solo diventandola, posso guarire. Quest’ultima frase è paradigmatica, perché rappresenta qualcosa che la psichiatria e la psicologia non possono accettare, e cioè che esista un individuo che, per natura, sia obbligato a perseguire un unico obiettivo per realizzare il proprio sé.
Perdonate il mio sfogo. Avrei voluto parlare anche di altre cose, ma adesso non mi va più di scrivere; le dirò un’altra volta.
P.S. Da quello che leggo, mi pare di capire che anche voi amiate la letteratura. Allora, vi invito a leggere “Il male oscuro”, romanzo capolavoro di Giuseppe Berto. Si tratta di un’opera completamente autobiografica, scritta utilizzando la tecnica del “flusso di pensiero”. Il protagonista , oltre a soffrire di “disturbo depressivo della personalità”, ha le stesse mie aspirazioni, scrivere un romanzo di pregio (e ci riesce proprio con questo libro).