Le tue belle domande sono tante, e ognuna può avere diverse risposte.
Personalmente direi che la prima cosa da inquadrare, per ragionarci, sono le possibili fonti di guadagno.
Il guadagno può derivare dal lavoro (dipendente o, invece, imprenditoriale/professionale/artistico/sportivo) o, come dice Lanoia, dal malaffare.
Non avrei molto da dire sul
malaffare; tutto ci dimostra che può riguardare tanto l'analfabeta che i "colletti bianchi"; e anche se per l'indole umana credo sia sempre stato e sempre resterà un "mestiere" molto praticato...direi che, tra <retate>, arresti, processi e suicidi, sia un mestiere assolutamente sconsigliabile.
Nel
lavoro dipendente valgono da sempre le stesse regole. Quello del lavoro, infatti, è un mercato come tutti gli altri, e chiaramente si riconosce tanto maggior valore economico quanto più è difficile da reperire chi è idoneo/formato per assolverlo.
Nelle congiunture economiche sfavorevoli, come quella attuale e che dura da quasi un ventennio, se vai a vedere sono tutti "sottopagati" rispetto a 30 o 40 anni fa, ma sempre resta che un carpentiere nel comparto edilizio o navale, così come una tagliatrice nel comparto del pret-a-porter, saranno pagati molto di più di una persona che fa facchinaggio al porto o ai mercati generali!
Perchè?
Perchè di carpentieri e tagliatori ce ne sono pochi, mentre per fare i facchini ci sono le file ogni giorno!
E' quello che in altro 3D definivo "fungibilità" : più si è facilmente fungibili (=sostituibili) e meno sarà remunerata quella mansione lavorativa.
Nel
lavoro indipendente (= imprenditoriale/professionale/artistico/sportivo) ...c'è da poter vendere (anche a caro prezzo) un qualche <portafoglio skills> che...intanto non è da tutti e richiede una dose più o meno corposa di coraggio nell'auto-organizzarsi a proprio rischio e pericolo, e poi richiede perseveranza e lungimiranza, ma anzitutto richiede che ci siano
competenze o talenti da vendere, e richiede anche che questi abbiano un mercato, e che si sia saputo valutare a monte se questo mercato esiste o meno. Direi che non è poco.
I
titoli di studio in che rapporto sono con tutte queste premesse?
Personalmente direi che il rapporto è alquanto ondivago e non generalizzabile, sebbene PER ME resti sempre auspicabile studiare e formarsi il più possibile.
Gli Anni 70 videro il vero boom , in Italia, dello stratosferico successo economico di persone con bassissimissimo grado di scolarizzazione e qualche volta anche ANALFABETI : la congiuntura economica era favorevole e bastava darsi al commercio o all'edilizia per diventare miliardari in lire... (sempre avendo cervello e INIZIATIVA, chiaro!).
Ancora oggi siamo full di persone plurimilionarie in euro che negli sports, come nel cinema, come nella musica, come nelle arti figurative...sono milionarie in euro e magari hanno fatto a stento la terza media (quanti calciatori?

... ma anche quanti rapper?) ...
E comunque sono persone che avevano TALENTI da vendere, anche quando non avevano formazione scolastica specifica.
Non dimentichiamo mai che (per dire) Vasco studiò da ragioniere, ma...nessuno al mondo potrà mai negare che avesse BEN ALTRI Talenti da capitalizzare!
E il compianto Leonardo Del Vecchio, operaio proveniente dall'Orfanotrofio dei Martinitt, forse sarebbe andato in pensione da <capo-reparto> , se non avesse avuto l'acume e l'INIZIATIVA di osare di mettersi in proprio, per fare lo stesso lavoro che aveva IMPARATO E CAPITO da operaio...
Giorni fa sentivo uno stralcio di un'intervista a Nino D'Angelo (terza media scarsa, detto da lui)...ma qualunque cosa dica trasuda Intelligenza e Saper Vivere da paura, e INCANTA UMANAMENTE!
Per chiudere e riassumere : i
lavori umili...
Con tutto il rispetto per qualunque forma di lavoro onesto...non sarò mai così ipocrita da fingere che i lavori umili non esistano: andare a pulire i cessi in autogrill (per esempio) è un lavoro umilissimo e angosciante (per me).
Ma il mondo è pieno di persone che, da ormai benestanti o ricchi e ricchissimi, nelle loro <gavette> ricordano (anche con orgoglio) di aver fatto lavori umilissimi . Ne sono pieni gli USA, ma anche l'Italia non scherza.
E - secondo me - quella che alcuni scambiano per loro "fortuna" è semplicemente la loro DETERMINAZIONE ESTREMA E PERSEVERANTE ad USCIRE da quello status, visssuto e SOFFERTO come necessario IN VIA TEMPORANEA. Fino a quando ci sono riusciti a venirne fuori alla grandissima, e buon per loro che hanno saputo MERITARLO sul campo!
(in questo momento sto pensando a Lino Banfi, che purtroppo non posso dire mi piaccia, ma la sua storia personale è un breviario del "volere, volere, volere diventa potere"; e in parallelo penso a Luca Barbareschi, che invece mi piace immensamente, con una chiarezza di idee da Nobel, su una storia familiare tra le più complicate e anche con il "problema" di essere d'origini ebraiche!)