Affinità al dolore, desiderio di controllo, sadismo...

(Il desiderio di un consiglio per superare il mio problema con la sessualità...)

L'autolesionismo non è spaventoso. È l'affinità al dolore. E' dar voce ai sentimenti che non riescono a uscire, per sentire il dolore che si ha dentro.
Spesso mosso dal senso di colpa e spesso da parte di chi è troppo duro con se stesso: "Finalmente posso punirmi".
Autolesionismo e masochismo, un immenso dolore che non riesce a uscire se non col sangue!
La sezione è nata per trovare, col dibattito, lo sfogo, e il proprio sentire, il problema alla radice o semplicemente per poter parlare di questo problema è sentirsi meno soli.

Moderatore: elle8n

Affinità al dolore, desiderio di controllo, sadismo...

Messaggioda Paolo76 » 26/01/2019, 12:00



Scrivere questo post significa, per me, lasciare una richiesta di aiuto.
Sono anni che cerco le parole giuste, quelle parole capaci di descrivere il problema che ha sempre fermato, immobilizzato, la mia vita.
So di non essere capace di trovarle. Spesso, c'è il desiderio di essere diretto, dire tutto subito. Altre volte, vorrei essere capace di essere chiaro. Ogni volta che tento di esprimermi, so che le parole che ho, cadono. Al suolo.
Scrivo qui, nella speranza che qualcuno possa darmi un consiglio. Non cerco una risposta. Non cerco una verità. So di soffrire per ciò che provo, mi sento profondamente a disagio per determinati pensieri, ossessioni, desideri e ripensando spesso alla mia vita, alle dinamiche della mia costellazione famigliare, so, forse, quali sono le radici del mio dolore.
Farò una brevissima presentazione di me, qui. Poi, appunterò, velocemente, la domanda.

Il nome non è importante (ho scelto Paolo). Sono un uomo di 42 anni. Sono una persona umilissima, con una vita molto difficile alle spalle. Penso, sento, di essere una persona molto dolce, tranquilla, introversa. Ho sempre amato leggere. Faccio, attualmente, un lavoro precario per lo Stato (potrei perderlo anche domani).
Sono sempre stato molto solo. La mia famiglia di origine fu (mi è rimasto solo un fratello) un "micromondo". Un "microuniverso" in cui - ad eccezione della famiglia 'allargata' - non incontravamo mai nessuno. Mio padre lavorava. Mia madre stava a casa e mandava avanti la nostra realtà. Come scrive una delle curatrici del sito, ho vissuto in modo molto profondo il legame tra Solitudine e Dolore.
Amo leggere, amo il cinema d'essai, conduco una vita normalissima. Ho una compagna. Da poco abbiamo comprato casa. Cerchiamo di vivere il nostro tempo. Di affrontare i giorni che vengono. Non ho figli.
So che ci sono tanti aspetti di una vita che potrebbero essere interessanti. O che magari andrebbero detti presentandosi. Ora, adesso, non riesco a vederli.
Passo ad esprimere il mio problema.

Non riesco a raggiungere l'orgasmo se non dopo aver visto, immaginato, letto, pensato, interiorizzato scene di Masochismo e Sottomissione femminile, di Dominazione e controllo.
Intendo dire che solo dopo aver visionato filmati o fotografie di donne "controllate" e "oggetto di violenza" riesco a 'venire'. Attenzione: tutto questo mi provoca un fortissimo disagio interiore. Mi fa stare male e genera un senso di colpa enorme.
Ho provato ad avvicinarmi alla 'comunità BDSM' ma non è, assolutamente, il mio mondo. Nei fatti sono una persona dolce, molto romantica, serena. Desiderosa di lavorare, di impegnarmi. Capace di emozionarsi, semplice. Amo aiutare gli altri, vorrei che le persone a cui voglio bene, stessero bene. Non sono assolutamente 'dominante' nella vita. Cerco di non giudicare nessuno. Quindi, escludiamo dal nostro orizzonte la realtà sociale AltSex e delle comunità BDSM alternative.

Sono arrivato ad un punto di rottura.
Ho bisogno di un consiglio su come distaccarmi da tutto questo. La crisi che vivo è profonda, ho il cuore spaccato a metà. In me, esistono pulsioni sessuali: ruotano tutto attorno all'affinità verso il dolore e soprattutto al rendere una ipotetica partner un "oggetto da controllare completamente" (vestiti, alimentazione, tempo, vita....).
Con la mia compagna, tutto questo non avviene. Chiaramente, ho sempre REPRESSO queste pulsioni. E se mi masturbo, se cedo, lo faccio quando lei non c'è (non c'è altro modo di affrontare la cosa). Io sono apertamente femminista. E se dico che tutta la mia mente è fondata sul più grande rispetto verso le donne, dico ciò sento. La mia cultura, la mia sensibilità, il mio essere ha il più grande rispetto verso tutte le donne, è una verità così ovvia da apparirmi in modo davvero luminoso...
Pure, come onde di un mare nerissimo, tornano queste pulsioni dominanti. Come in una notte odiata, devo collegarmi a siti come PornHub e altri e "cercare" video di dominazione e masochismo femminile.

So di aver scritto "troppo". So di dovermi fermare. So che sto sentendo, ora, questa 'scissione' che mi fa impazzire e non so se sia opportuno lasciare anche un brevissimo secondo appunto su come io penso sia nato questa sofferenza interiore.
Nella mia famiglia (l'ho scritto) mia madre stava a casa, mio padre lavorava e dava i soldi a lei. Questo suo carattere 'freddo' (mia madre non aveva alcun amico, né amica, non ne ha mai avuti), distante, altero mi porta alla mente la figura della "donna sarmatica" di cui parla von Sacher-Masoch.
Avendo avuto una madre fredda, ho pensato io stesso di avere un carattere "sadomasochista" (l'ho scritto: ho cercato un confronto con la comunità BDSM). Pure: tutte, tutte, tutte le mie fantasie ruotano attorno al dolore femminile. Non ho mai avuto un desiderio di una donna autoritaria: anzi, se accade, provo un senso di sconforto, di depressione, di abbandono. Accanto ad una donna autoritaria "mi spengo".
Al contrario, se mi è accaduto di incontrare donne 'sottomesse', "fisicamente", ho sempre provato una sensazione di libertà, di pace, di serenità. Dunque, forse, da bambino ho sviluppato il desiderio fortissimo che mia madre non fosse la donna che è stata. Più mia madre era anaffettiva, dura, distante, chiusa al mondo, più in me nasceva il desiderio che fosse diversa. Il disagio di fronte ad una donna così. Desiderare una donna sottomessa significa desiderare una donna che mia madre non è mai stata.
Essendo una mia lettura è chiaro che può essere solo una "proiezione" della mia psiche e qualcosa di assolutamente sbagliato. Stare su di un forum, significa cercare anche un confronto. In questo periodo, sento che non può essere una spiegazione. Se lo fosse, capirei. E capendo, dovrei provare lo stimolo a "cambiare". Ma non sta accadendo.
Ho scritto qui questo lunghissimo post, perché non so a chi chiedere aiuto. Sono andato in terapia 3 volte. Le risposte sono sempre state coerenti con quanto scritto (costruzione desiderante di una "anti-mamma"). Non hanno mai generato una evoluzione.
Se non riesco a controllare questa parte di me (vorrei solo fare l'amore con dolcezza e venire tra coccole e abbracci), so che impazzirò.
Mi sto infrangendo. Sto morendo interiormente. Ogni giorno di più. Credo, sento, di aver detto tutto.
Pubblico senza correggere neanche una virgola di quanto ho scritto.
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Messaggioda Cold » 26/01/2019, 13:40



Mia madre non è mai stata una donna autoritaria anzi..é stata una persona che per il vissuto che ha avuto si appoggiava a me come figlio. Da piccolo non era raro che dovevo consolarla nei momenti di crisi invertendo quasi i ruoli genitore figlio.
Eppure amo sottomettere la donna. Legarla, umiliarla, averla in mio potere, farli fare le fantasie che mi vengono in mente.
Le cose che ho fatto mi davano un senso di libertà come se finalmente fossi davvero io. Come se il mio io si mostrasse davvero. secondo me una persona nasce con determinate inclinazioni poi la vita può o meno portarle alla luce. Lascia perdere sadismo, masochismo, bdsm. master, slave. Sono tutte definizioni. Ogni persona é diversa. Tu sei tu io sono io. Tu non sei sbagliato come non lo sono io. Non ci vedo nulla di male nel provare quello che provo. In quei momenti. É me. É una parte di me.
Devi solo trovare una persona che sia compatibile con te. Che cerchi quello che tu puoi dargli.
Se ami la tua compagna e lei ama e te, parlaci e prova a fargli scoprire questa parte di te. Che non é tutto te ma solo una parte. Io sono arrivato a pensare che anche se ho questa parte di me che vuole controllare ogni cosa dell altra persona. Annullarla in quel modo alla fine non avrebbe senso. Io credo che il patner deve essere tuo complice nelle cose che fai. Non tuo succube. Alla fine quella persona si da a te perché crede in te. Si mette nelle tue mani e ci da il controllo di se stessa. Sceglie di lasciarsi nelle tue mani. Per questo è nostro dovere. Avere sempre la lucidità di quello che facciamo. Per non essere solo dei tiranni che vogliono essere amati incodizionatamente. Ma uomini capaci di dosare ogni parte celata in noi. E quindi essere complici di un gioco consapevole tra due persone.
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Adrien ha scritto:dalla solitudine tocca salvarsi da soli.
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Messaggioda Ofelia69 » 26/01/2019, 15:02



Io ho amato un sadico per alcuni anni. Sessualmente c'era una buona compatibilità e grazie all'incontro con lui ho capito quanto io fossi masochista, ho capito più intimamente me stessa. La complicità era intensa e non ci sono stati problemi di violenza fisica perchè non si oltrepassava la soglia del buon senso, insomma non mi picchiava, non perdeva il controllo, l'obiettivo era raggiungere il piacere di entrambi.
I problemi grossi erano su tutt'altro piano: lui era sadico nel comportamento. Faceva violenza psichica e creava un clima di sospetto e di tensione costante con tutte le persone che per lui erano un riferimento affettivo: me, la sorella, la madre e il figlio (immagino anche le ex). Voleva avere il controllo su tutto ciò che ci riguardava. Era geloso, possessivo e morboso, mortificava e diffidava.
E' stata la persona più deleteria che abbia incontrato in vita mia ed è stato molto difficile riuscire a "salvarsi" da lui, ne sono uscita devastata.

Detto questo penso che tu abbia molta paura di questa tua parte segreta, probabilmente hai paura di sondarla maggiormente, di dargli libero sfogo temendo possa prendere il sopravvento. Se è vero quel che dici, cioè che nella vita di tutti i giorni sei una persona serenamente remissiva e con principi etici solidi, ti consiglio di confidarti con la tua compagna e vedere come va. La maggioranza delle donne hanno una propensione al masochismo. Se scatta l'intesa questa complicità darà maggior forza al vostro legame e tu non dovrai vivere le tue propensioni sadiche con questo senso di colpa che credo ti stia davvero logorando oltre misura.
Buona fortuna
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Messaggioda Cold » 26/01/2019, 15:15



Ofelia questo succede quando quella parte prende il sopravvento. E tu non comprendi il male psicologico che stai facendo alle persone a cui tieni. Anzi forse lo comprendi ma non vuoi accettare di stare sbagliando.
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Adrien ha scritto:dalla solitudine tocca salvarsi da soli.
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Messaggioda DonnaCannone » 26/01/2019, 18:40



Il tuo post mi ha colpita, forse sono l’ultima persona a poterti dare un consiglio però credo di non sbagliare dicendoti di cercare di non reprimere troppo questa parte di te per non “esplodere” in qualcosa di incontrollato, parlane anche con la tua compagna.. introducendo l’argomento gradualmente, magari come una sorta di “gioco di ruolo” dandoti l’opportunità di condividere con lei in modo costruttivo queste pulsioni. Magari potrebbe sorprenderti e col tempo far affiorare la parte dolce che tanto aneli...male che vada se c’è disagio puoi sempre tornare sui tuoi passi
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Messaggioda Cold » 26/01/2019, 20:03



Il consiglio che li hai dato secondo me é giusto donna cannone secondo me la libertá di essere se stessi é qualcosa di impagabile. E nascondere anche una parte di noi con il tempo crea dolore e frustazione.
Paolo secondo me non dovresti vergognarti di queste pulsioni. Io non me ne vergogno. Sono parte di me. Ti posso dire che per me avere il controllo il dominio di una persona a livello mentale. É anche piu appagante di un orgasmo.
Se tu non riesci a venire. per me venire è addirittura secondario in un rapporto. É quello che faccio che mi da emozione.

È molto bello questo post. Come te anche io ho provato a confrontarmi su un forum di bdsm. Non trovando il riscontro sperato. Anzi ho trovato molta superficialità.
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Adrien ha scritto:dalla solitudine tocca salvarsi da soli.
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Messaggioda Paolo76 » 27/01/2019, 19:14



Vorrei ringraziarvi per le vostre risposte.
Nel mio percorso di psicoterapia (iniziato tante volte e, forse, mai finito) mi è stata detta più volte questa verità: sonda questa parte di te.
Confrontati con il dolore e la tua affinità al dolore. Cercalo. Parlane. Incontra persone con cui confrontarti. Non avere paura di narrare, scrivere, rappresentare ciò che vuoi.
In parte, chiaramente, l'ho fatto. Anche se la cosa è rimasta puramente "on-line" e parliamo di tanti anni fa, ho tentato. Ciò che ho compreso è che non mi trovavo davanti ad una risposta.
Tutto ciò che riguarda il dolore mi provoca emozioni di frustrazione, di rabbia, di impotenza, di abbandono, di vergogna. Non farei mai del male "reale" ad una donna. Non la colpirei mai. Non l'ho mai fatto. Non è mai accaduto.
Ciò che so è che attorno ai 14 anni, ho sviluppato una affinità verso il dolore che non riesco a capire. Per spiegarla, sarà necessario fare alcuni esempi. Dagli esempi, forse, sarà possibile capire perché è necessario costruire una DISTANZA da tutto questo.
A 14 anni, primo superiore, la mia professoressa di Matematica entrò in classe con dei lividi attorno ai polsi. Ricordo come se fosse oggi, di aver provato una sensazione di pace. Passai l'intera ora a dirmi che sì, dovevano essere state delle manette o dell corde. Mi accorsi di essere 'emozionato'. Felice.
Oppure: sempre a 14 anni, la mia professoressa di Italiano parlò in classe della violenza di alcuni casi di cronaca (come il caso del Circeo). Tutti, in classe, provarono un senso di schifo, di rifiuto, di orrore. Io provai interesse. Ecco, mi rivedo come il ragazzo di allora. Magro, avevo lunghi capelli neri che cadevano sul viso. E ricordo come la maestra si avvicinò a me e mi chiese cosa pensassi e io risposi che sì, era qualcosa di terribile. Che non avevo parole.
Ora sono qui. In questo forum. Immagino che pochissime persone passino qui e che si pongano la stessa domanda. Ad esempio: le persone autolesioniste trovano davvero "orribile" ciò che fanno? Oppure, ne nasce con un senso di stupore, di incanto, di leggerezza, di pace interiore? Non c'è una risposta. Le risposte sono davvero difficili da trovare e solo dopo anni qualche loro aspetto si rivela a noi. Ciò che sappiamo, però, è che tutto questo - tutta questa PACE - è sbagliata.
E' sbagliata in chi si taglia, è sbagliata in chi è affascinato dalle persone che si tagliano. Così come tutti noi NON DOBBIAMO VIVERE E AGIRE tutto questo, così io ho la lezione che devo confrontarmi con il dolore fisico. Ciò che vorrei capire è PERCHE' esiste anche l'altro lato della medaglia. Cerco testimonianze di persone che sono riuscite ad uscire da questo doloroso vortice e siano state capaci di abbracciare la vita e la sua bellezza e la sua semplicità. Cerco di capire come fare a non sentire più il richiamo delle sirene del Dolore proprio e altrui. Io devo allontanarmi da questa parte di me. Devo trovare un equilibrio, qui, nel cuore. E' importante, è essenziale.
Se sono qui è perché ho iniziato una riflessione su di un effetto 'specchio'. Questo non è un forum di incontri o di confronti. Tutela l'anonimato in modo stretto, parla di dolore e auspica la possibilità di trovare una strada che ci allontani da esso. Ascoltare altre storie, generare la loro narrazione, forse, mi può aiutare a capire. Capire come NASCE questa affinità. Capire perché ci si avvicina al dolore. Perché il proprio corpo può generare un livello di ansia così forte da vedere come unica soluzione di fuga il dolore. Ecco: oggi, rifletto sull'Ansia. Leggendo alcune pagine, qui, leggo come il Dolore sia un modo di stendere al suolo una crisi di Ansia così forte, un Dolore così ingestibile, da risultare un incendio dell'anima.
Io so di essere una persona estremamente ansiosa. Da una scala da uno a dieci la mia ansia è dieci. Quasi sempre. Pure: la controllo disperatamente. Fingo. Sono estremamente autocontrollato. E mi odio per questa falsità. Ma ciò che, davvero, reputo intollerabile è mostrarmi ansioso, saltellare o fare cose stupide o ansimare o chiedere aiuto o altro. Mi controllo in modo ferreo. (Qui la mente rivà alle reazioni di mia madre quando 'eccedevo'. Erano molto repressive e fredde.). E' come se legassi il mio cuore con corde di ferro. Come se sentissi il sapore del sangue, come se recitassi una parte. Devo controllarmi. MI rivedo bambino e vedo come mia madre esprimesse parole di disprezzo quando compivo il più piccolo eccesso. Anche se alzavo la voce, lei mi chiedeva di abbassare il tono. Se giocavo in modo "rumoroso", mi richiamava ad essere tranquillo.
Più tento di gestire, controllare, l'Ansia, più la parte di me che vuole un contatto con la realtà del dolore si fa preponderante. E' come se gli scenari che poi andrò a vedere (e che giustifico in modo stupido e puerile con "tanto sono attrici") fossero un modo di traslare tutto ciò che ho vissuto. Nella mia famiglia, la figura femminile fu preponderante. Dunque, in me, nacque il desiderio di essere "femminile" per riceve l'amore di mia madre. Se le donne erano il "fulcro della casa", ergo esserlo significava essere degno dell'amore di mia madre. Mi sentivo rifiutato in quanto Maschio.
Pure: io sono nato eterosessuale con una identità maschile. Sia chiaro: non ho nulla contro gli esseri umani che nascono con identità femminili. Vorrei dire che io, Paolo, sono nato così. Eterosessuale, maschile. Dunque: ciò che mi chiedeva mia madre era di RIFIUTARE la mia identità. Questa violenza, ha generato, in me, forse, un odio inconscio verso la femminilità. Il quale è, prima di tutto, un odio verso me stesso. Verso la scelta che ho fatto di compiacere mia madre, di essere ubbidiente. Più ero costretto a riconoscere la sua superiorità "femminile", più si generava un odio verso questa, dato dal fatto che farlo implicava negare me stesso.
Oggi, ho presente il punto. Oggi, mia madre non c'è più. Riflettevo su come alla sua morte, forse, tutto sarebbe passato e, pure, tutto rimane. Rimane lì, come parte di me. Oramai implodo. Oramai, alla mia età, sono profondamente stanco di essere richiamato a tutto questo. Non diminuisce, non scompare. Sembra quasi che essere "cresciuto così", abbia informato una parte essenziale di me. Come se gli anni passati in casa, costiuiscano parte della mia stessa anima. Una parte imprescindibile di me. Ciò che vorrei fare è un percorso. Di crescita, di differenziazione. Non so come possa iniziare, non so quale sia la sua caratteristica. Ciò che so è deve iniziare una nuova fase.
Anche oggi, molto ansioso, mi sono rifugiato in racconti e video di controllo e sadici.
Ora, provo un fortissimo senso di colpa.
Come costruire, mi chiedo, una distanza dal dolore? Dalla ricerca del dolore?
Non approfondirò questa parte di me perché sono convinto di NON ESSERE NATO così. Sono convinto che la mia affinità al dolore nasca dalla Solitudine in cui sono stato cresciuto e dal comportamento della mia famiglia di origine.
Se pensassi di essere NATO dominante e sadico, approfondirei la mia natura. Ma così non è. Io VOGLIO CREDERE di essere una persona buona. Dolce. Gentile. Ne ho bisogno.
Se così non fosse, impazzirei ora.
In questo istante.
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Messaggioda Ofelia69 » 27/01/2019, 21:44



non so, credo tu abbia bisogno di un consulto psicologico da parte di persone competenti. Continuo a percepire che ci sia come una scissione/lacerazione nella tua identità. Non credo che reprimere una parte che fa parte di te sia sano, non condivido la tua presa di posizione.
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Messaggioda Cold » 27/01/2019, 22:05



Io penso che il tuo dolore derivi proprio dal fatto che tu ti vergogni di questa parte di te. La reputi sbagliata e quindi reputi sbagliato te stesso. Secondo me questo modo di viverla é sbagliato.
Si può essere buoni anche se si ha simili desideri.
Io avevo 14 anni come te e tutto è nato da un manga hentai. Un manga dove c'era questo dottore che sottometteva un infermiera facendogli fare tante fantasie perverse. E mi trovai affascinato. Solo anni e anni dopo ho compreso meglio.
Amo i lividi e le cicatrici..li trovo affascinanti.
Diversamente da te io ho anche fatto questo cose. Sculacciato, dato schiaffi.
Ma queste cose le ho fatte con una persona che amo. E rifarei tutto.
Ripeto non c'è nulla di sbagliato in questa parte di te. Sei tu.
Il tutto sta come la vivi e come la controlli. Sopprimerla porta solo dolore.

E ti posso dire che smettendo di sentirti sbagliato e iniziando ad accettarti. Inizi a crescere.
Io mi sono odiato per lungo tempo.
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Messaggioda Paolo76 » 28/01/2019, 15:14



Io penso che voi, Alyen e Ofelia, mi stiate parlando di vita vera, vissuta.
Ho riletto le vostre parole e l'unica cosa che posso dire è che, con la massima umiltà, mi prenderò il tempo per riflettere sul vostro consiglio.
In sé, non è sbagliato. Può apparire paradossale, ma gli psicologi che ho frequentato mi hanno proprio detto qualcosa di simile. Vorrei dirvi che, di primo acchito, mi sembrò qualcosa di assurdo, di paradossale.
Un poco è come consigliare ad una persona autolesionista di "approfondire" il dolore, il masochismo, il "farsi del male". Ascoltare una persona laureata, con venticinque anni di esperienza, che mi diceva: "Parla di queste tue pulsioni su forum a tema, agisci, metti in pratica..." mi appariva come un'assurdità. Come una licenza di "fare del male fisico".
Ancora oggi, non riesco, a pieno, a capirne la logica. In senso p r a t i c o, per diminuire l'ansia, per capire, ha un suo senso che posso capire. Ma in senso p e r s o n a l e ciò che vorrei capire è perché ho un fortissima pulsione a fare del bene. Non voglio fare del male fisico a nessuno. Non l'ho ancora fatto. Non desidero farlo. Pure, è come se il mio corpo, la mia fisicità, la mia fantasia, il mio desiderio mi richiamassero a questo punto.
Nei fatti: nella realtà io NON sono una persona dominante. Non ho un modo di fare aggressivo, non sono diretto, non sono narcisista. Non avanzo mai pretese, anzi. Sembra quasi che la mia identità sessuale sia una "compensazione" di una vita trascorsa all'insegna del lavoro duro e del rispetto verso persone ben più autorevoli di me. Tento di spiegarmi: se penso ad Alyen io penso ad una persona che nella vita ha una personalità dominante. Uno stile di vita che si riflette nel modo di vestire, di parlare, di comportarsi, di agire, di vivere.
Io non sono affatto così. Sento di essere molto intellettuale, pensieroso, chiuso, spesso timido. Non sono assertivo (nel modo più assoluto). Ed essendo nella vita reale, l'OPPOSTO di una persona dominante, mi è sempre parso EVIDENTE che la mia fosse, sì, una compensazione di un'educazione sbagliata. Pure: allontanandomi PER ANNI dalla mia famiglia di origine e dopo ANNI dalla morte dei miei genitori, nulla cambia. E' vero, nella vita sono indipendente e tranquillo. Pure: quelle fantasie rimangono.
Non posso essere veramente così. Se fossi veramente Dominante e Sadico - per personalità e modo di agire - dovrei avere aspetti di narcisismo. Nella vita dovrei impormi. Dovrei avere un tasso di aggressività e di autorevolezza molto alto. Dovrei avere un comportamento spesso "testosteronico".
Ma io sono tutto l'opposto di una personalità "testosteronica". Anzi: sono spesso calmissimo e rilassato. Quasi autistico. Raramente esprimo grandi emozioni (ergo: devo aver imparato a reprimerle). Sono freddo. Distaccato. E mi odio per questo: perché questo modo di agire mi ricorda tantissimo quella distanza che mia madre metteva tra lei e le persone.
Se dovessi descrivermi, parlerei di me come di una persona fredda, anaffettiva, distaccata, autistica. Distante. Incapace totalmente di lasciarsi andare e perdere il controllo (esattamente: non è mai accaduto, a memoria, che ciò accadesse veramente).
Il "controllo" che desidero in una ipotetica relazione diventa coerente con il controllo assoluto che ho di me stesso e dei spazi in cui abito. (RIpenso al mondo).

Sento di essere molto differente da te, Alyen. Così come sono molto differente da chi ha effettivamente sperimentato il dolore sulla propria o sull'altrui pelle.
Il problema è che da trent'anni, mi accompagna l'assoluta consapevolezza che io quel dolore lo cerco. E' la mia dimensione naturale. E' l'unica dimensione che posso conoscere. E' l'unica pace che riesco a trovare.

Qui si tratta di assolutismo.
Del fatto che quando dico di "immaginare" un controllo assoluto su di una persona, io dico ciò che penso in realtà. Diventa una cosa parafiliaca, sbagliata. Sbagliata nella proporzione in cui essa occupa TUTTO lo spazio vitale. Sbagliata nella misura in cui contraddistingue una relazione 24/7. (ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette).
Nessuna relazione tra un uomo e una donna, può basarsi su questo. A lungo andare, una relazione così si spegne e genera solo sospetti e sofferenze e correnti di rabbia e inutile dolore interiore.

Ecco: ciò che non capisco è come NASCA l'affinità al dolore.
E' un comportamento appreso?

Oppure è un comportamento naturale?
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Paolo76
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