Inizio col dire che tutte le persone alle quali, seppur con gran fatica, riesco a legarmi, presto o tardi vanno via.
Per ironia della sorte, sono proprio coloro che più amo a farmi a pezzi nel più brutale dei modi.
Come da titolo: probabilmente me lo merito.
La mia vita è un susseguirsi di alti e bassi (anche se gli ultimi sono assai frequenti). Puntualmente, ogni qualvolta mi illudo che le cose possano migliorare ecco che, improvvisamente, mi ritrovo a sprofondare in un abisso senza fine.
Tutto è cominciato a metà settembre dell'anno passato. Mi ero lasciata alle spalle un'estate monotona e opprimente, allietata solo dal fine settimana trascorso in compagnia del mio ragazzo. Credevo che tutto andasse per il meglio, ma con il nuovo mese, iniziarono anche i problemi. Litigavamo quasi tutti i giorni perché non si fidava di me. Fu spesso sul punto di lasciarmi e io sul punto di lasciare che la vita scivolasse lentamente via dal mio corpo. A volte mi distruggeva con le sue parole; altre, farfugliava cose strane. Diceva che si sentiva troppo in colpa, troppo 'sporco' per continuare a stare insieme a me. Io gli dicevo sempre che avrei scordato tutto, che mi bastava averlo accanto; in fondo l'avevo promesso: non l'avrei mai lasciato.
Una settimana e mezzo dopo, scoprii qualcosa che trafisse senza pietà il mio cuore, già di per sé martoriato.
Sei mesi di menzogne e di bugie affiancavano otto mesi di sensi colpa. Quanto amore c'era realmente stato in tutto ciò? Lui mi ebbe tradita con diverse ragazze, e al tempo non faceva che rinfacciava a me il mio unico errore.
Vedetti con i miei occhi quanto la realtà fosse cruda e dolorosa.
Accecata dalla disperazione e dalla rabbia, scrissi dei messaggi deliranti all'unica amica che avevo (sì, perché ormai è andata via). Minacciai di togliermi la vita, di chiudermi irrimediabilmente in me stessa, di non avere più contatti con nessuno, compresa lei, senza però spiegare la causa del mio comportamento. Avevo paura che mi avrebbe giudicata. Sapevo che mi avrebbe consigliato di lasciarlo, e sapevo anche che non avrei potuto farlo mai e poi mai. La 'soluzione' era praticamente a portata di mano; cos'avrebbe pensato di me se non l'avessi attuata?
Un'ora dopo, con la voce ancora tremante ed una pezza premuta sul collo, la chiamai per scusarmi.
Mi ero quasi tagliata la gola, ma mi ero calmata. Il mio ragazzo si scusò, pianse alla vista del mio volto sofferente, mi promise che non sarebbe più accaduto e io gli credetti.
Il giorno successivo non avevo né la forza per alzarmi ed affrontare la nuova giornata, né il coraggio per guardare in faccia la mia amica; così, da brava vigliacca quale sono, ho saltato la scuola.
Non mangiai nulla, ma bevvi molto. Pur non avendolo mai fatto, quella volta ne sentivo il bisogno: avevo bisogno di non pensare a niente...
Con la mia amica le cose peggioravano sempre più. La sentivo allontanarsi, avvertivo il suo rancore ed il suo odio. Le risposte da monosillabiche divennero scortesi e poi addirittura inesistenti. Lasciavo che il tempo passasse, ingoiando il mio dolore e giustificando il suo comportamento, ripetendomi che dovevo aspettare che si calmasse poiché le avevo detto delle cose orribili; ma non sempre il tempo è un buon amico.
Passato un mese, esplosi e le chiesi esasperata di spiegarmi in che modo dovevo comportarmi, ma lei non mi degnò di risposta.
Tentai di ricucire il rapporto finché lei non mi urlò che non teneva più alla mia amicizia. Il giorno seguente trovai il mio banco isolato. Fui accolta solo da mormorii e risatine. Dovetti andar via prima a causa di un attacco d'ansia.
Il mio ragazzo, sentendosi in pena per me, cercò (nonostante io glielo avessi espressamente proibito) di mettersi in mezzo, inviando alla mia ex-amica dei messaggi dove la invitava a ripensare a ciò che faceva.
Poco dopo che fui tornata a casa, ricevetti delle chiamate anonime dove i miei compagni di classe mi riempivano di insulti.
Lei è andata a dire a tutti che io sono pesante, possessiva e che la guardo con occhi inquietanti (forse era il vuoto che ne traspariva a spaventarla...).
Le ho sempre lasciato i suoi spazi, semplicemente mi rifiutavo di unirmi alle uscite con più persone se esse non mi facevano sentire a mio agio (alcuni suoi amici, ad esempio, non facevano altro che parlarmi male dietro).
Qualche giorno dopo, mi si avvicinò per chiedermi di parlarci normalmente, giusto per non mettere gli altri a disagio, ma puntualizzando che era solo ed esclusivamente circostanza. Mi disse anche che le avevo rovinato la vita, che non poteva appiopparsi i miei problemi (sebbene io non lo avessi mai preteso, anzi, cercavo di non doverla mai importunare quando ero triste), né ridursi ad assumere pillole per l'ansia a causa mia.
Mi sentii morire dentro, sapete?
Adesso sono tutti contro di me e io sono divisa tra rimpianto e delusione.
Sono amareggiata e ferita, perché un comportamento così da parte sua non me lo sarei mai aspettato, ma al tempo stesso lei mi manca tanto e non so che darei per riaverla con me.
Sono passati quattro mesi, ma la ferita fa ancora tanto male. Lei sembra così serena, così felice senza di me.
Io invece so solo recitare, solo fingere di essere felice.
Ho smesso di andare in palestra perché sono sempre fiacca, ho ripreso ad abbuffarmi, a trascurarmi, a dormire male, ad avere gli incubi, a soffocare lacrime ed urla contro il solito benedetto cuscino.
Che cosa devo fare...?