Usi e costumi diversi per praticare violenza...

Scheletri nell'armadio. Questa piccola stanza di MyHelp è accogliente come una caramella buona.
Sei vittima di abusi? Parlane su MyHelp con chi sa capirti. Potrai aiutare chi si trova nella tua stessa situazione.
Gli stupri e la violenza fisica su donne e minori sono all'ordine del giorno. A chi è, o è stato, vittima di maltrattamenti, diciamo: DENUNCIATE !!! Avete il potere e il diritto di difendervi!! E non sarete soli nel pericolo!

Moderatore: elle8n

Usi e costumi diversi per praticare violenza...

Messaggioda Royalsapphire » 03/04/2014, 22:12



Cambiando Paese cambiano anche le forme di violenza.
E' triste come le donne siano vittime ovunque!
Sempre lì a subire.
Qui in Italia, la donna può essere massacrata a botte, rinchiusa in casa, essere seguita e perseguitata, schiavizzata nel portare i soldi a casa al fine di mantenere un uomo che può vivere alle sue spalle. E può essere stuprata, e lasciata mezza morta sul ciglio di una strada, o abbandonata in qualche campo.
In questo Paese la donna può avere qualche speranza di rifarsi una vita? La risposta è sì, nonostante ci siano mille ostacoli. Come quello di dover sparire dalla propria città senza lasciare traccia, o quello di trovare il coraggio di denunciare il proprio compagno/marito...
In Arabia Saudita la donna non ha nemmeno la possibilità di esprimere delle volontà che qui avrebbe in un modo scontato. Ad esempio, in Italia non esiste che neo-sposi vivano in simbiosi con il resto dei familiari. Cosa che invece avviene nel mondo arabo. Chi comanda sulle vite della famiglia, non è il marito, ma il padre più anziano della famiglia. Ma questa non è solo una regola, della serie che tutti sono "obbligati" a rispettare il costume, quanto uno stile di vita radicato. Qui in Italia, se tuo padre ti rompe le scatole e si rende insopportabile e arrogante (o violento), tu fai le valigie e te ne vai. Se ragionassi come un arabo invece, non arriveresti nemmeno a concepire l'idea di andartene via, e piantare la famiglia.
Non potresti andare al mare, almeno per prenderti il sole! Vestita da cima a fondo, forse i tuoi vestiti potrebbero prendere il sole!!
E quando si tratta di violenza... ancora peggio. Perché lì neanche la legge ti difende. Perché non c'è una legge in merito!! E inoltre... non è come qui in Italia in cui i mass media diffondono le notizie e queste si spargono alla velocità della luce! Lì tutto avviene a porte chiuse. Non perché sia il Paese del terrore ma perché non c'è questa mentalità! Per capire meglio la situazione basta capire che tutto quello che viene fatto in Italia (le manifestazioni di protesta, le leggi, la libertà di parola, di studio, di dare adito a un pensiero, di chiudere la porta alla famiglia...) è tutto frutto di idee che sono state concepite dalle tante menti. Lì invece queste idee non esistono! E' un concetto sottile. Non si parla di idee concepite che vengono represse ma di idee mai pensate! Per le donne arabe, potersi spogliare per andare al mare, sarebbe paragonabile al nostro pensiero di poter fare un viaggio sulla Luna.
Comunque... la violenza sulle donne (e quando ci sono, anche sui figli), è tra i fenomeni più tristi che possano essere causati dall'uomo. E' il prendersela col più debole che è meschino in sé. E' la legge, non del più forte, ma del più arrogante! Che sa bene di essere più forte e che decide di usare questo potere per distruggere qualcuno che sa bene che non può difendersi!
Per quanto non sia un hobby scelto, io credo che ogni donna (a cominciare da quando è ragazza), dovrebbe fare un corso di autodifesa o una qualche arte di combattimento..
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Messaggioda Royalsapphire » 03/04/2014, 22:16



Immagine

Diritti umani in Arabia Saudita
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


La situazione dei diritti umani in Arabia Saudita è considerata generalmente lontana dagli standard occidentali. Sotto il comando autoritario della Dinastia Saudita è stata fatta rispettare rigorosamente la legge della dottrina wahabita (un'interpretazione fondamentalista del Corano). Molte libertà fondamentali messe nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non esistono; la pena di morte ed altre pene sono state applicate spesso senza un regolare processo. Inoltre l'Arabia Saudita è entrata nel mirino per l'oppressione delle minoranze religiose e politiche, per la tortura dei prigionieri e per l'atteggiamento verso gli stranieri, le donne e gli omosessuali. Nonostante le maggiori organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch esprimano ripetutamente preoccupazioni per la condizione dei diritti umani in Arabia Saudita, il regno nega che tali violazioni avvengano.

L'Arabia Saudita è uno di quegli stati in cui le corti continuano a imporre punizioni corporali, inclusa l'amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per alcuni crimini come la "cattiva condotta sessuale" e l'ubriachezza. Il numero di frustate non è chiaramente previsto dalla legge e varia a discrezione del giudice, da alcune dozzine a parecchie migliaia, inflitte generalmente lungo un periodo di settimane o di mesi. La persona che dà le frustate deve tenere un Corano sotto l'ascella del braccio con cui utilizza la frusta, in modo da limitare la potenza del colpo. L'Arabia Saudita è anche uno dei paesi in cui si applica la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate tramite decapitazione. Alcune persone sono giustiziate in prigione tramite fucilazione. Ci sono state notizie di effettuate lapidazioni e crocifissioni.

Nel 1997, Human Rights Watch ha esaminato il caso di Abd al-Karim Mara i al-Naqshabandi, che è stato giustiziato dopo la condanna per stregoneria contro il suo datore di lavoro. L'organizzazione ha concluso che il sistema legislativo saudita "non riesce a dare le garanzie minime nei processi e dà la possibilità a individui potenti di maneggiare il sistema a loro vantaggio".
Nel 2002 il Comitato delle Nazioni Unite contro la Tortura ha criticato l'Arabia Saudita per le amputazioni e le fustigazioni che effettua per la sua interpretazione del Corano. La delegazione saudita ha risposto che si difende la "tradizione legale" tenuta fin dall'inizio dell'Islam, 1400 anni fa, e ha rifiutato l'interferenza nel sistema legislativo.
Diritti delle donne
« Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba. »
(Proverbio dell'Arabia Saudita)

Rispetto agli standard occidentali, le donne saudite subiscono forti discriminazioni in molti aspetti della loro vita, compresa la famiglia, l'educazione, l'occupazione e il sistema giudiziario. Sulle strade pubbliche alle donne non è permesso di portare una bicicletta o di andarci(questa legge è stata cambiata). È inoltre proibito loro di guidare autoveicoli. La polizia religiosa fa rispettare la modestia del vestito e a volte chiede alle donne delle Forze Armate Americane di rivedere la loro acconciatura. Tuttavia negli ultimi anni molti stranieri che risiedono nel regno hanno segnalato che l'applicazione delle leggi sul modo di vestire è diventata meno rigorosa. Le donne non possono avere accesso ad alcune cariche, come quella di Ministro degli Esteri, né lavorare nel settore petrolifero. È, però, permesso loro di studiare, dalla scuola primaria fino all'università (ovviamente in istituti separati rispetto ai ragazzi), e sono sempre di più le saudite che decidono di lavorare, perché uno stipendio in più in casa fa comodo, e anche per emanciparsi un po' dalla famiglia.



Traffico di schiavi e di esseri umani

Le nazioni della penisola araba sono state tra le ultime a dichiarare fuorilegge la schiavitù. Nonostante questa proibizione formale, persistono casi di schiavitù e di traffico di esseri umani.

Nel 1962 l'Arabia Saudita rese illegale la pratica, liberando circa 10000 schiavi su un totale stimato di 15-3000. La schiavitù fu abolita dal vicino Qatar nel 1952, nella Repubblica Araba dello Yemen nel 1962, negli Emirati Arabi Uniti nel 1963, nello Yemen del sud nel 1967 e nell'Oman nel 1970. Alcuni di questi stati, come lo Yemen, erano protettorati britannici. Gli inglesi lasciarono lo Yemen del sud senza obbligarlo ad abrograre della schiavitù, ma fecero pressioni sugli Emirati Arabi Uniti affinché lo facessero. Nel 2005, l'Arabia Saudita è stata descritta dal Dipartimento di stato degli USA come il 3º paese con più traffico di esseri umani. I primi tre paesi sono "paesi in cui i governi non aderiscono completamente agli standard minimi e non fanno neppure significanti sforzi per ciò".



Diritti degli omosessuali e AIDS

Tutta l'attività sessuale fuori dal matrimonio eterosessuale è illegale. La punizione per l'omosessualità, travestimento da donna o coinvolgimento in qualche cosa che faccia pensare all'esistenza di una comunità gay organizzata, varia dall'imprigionamento, alla deportazione (per gli stranieri), alle frustate e all'esecuzione.

Qualsiasi straniero trovato infettato dall'HIV, il virus che porta l'AIDS (o anche, qualunque altro trovato in condizioni mediche serie) viene espulso e rinviato nel suo paese d'origine. Le opzioni di trattamento disponibile per i cittadini sauditi sono limitate. Solo negli ultimi anni il governo ha cominciato a riconoscere il servizio delle Nazioni Unite nel giorno mondiale contro l'AIDS.
I preservativi sono disponibili in alcuni ospedali e farmacie.



Libertà politica

La libertà di parola e di stampa è limitata per proibire la critica al governo o l'approvazione dei valori "non-islamici". Il governo vieta ufficialmente la televisione satellitare, ma questa legge è in genere ignorata. I sindacati commerciali e le organizzazioni politiche sono proibiti. Le dimostrazioni pubbliche sono anch'esse vietate.



Libertà religiosa
Stato della libertà religiosa in Arabia Saudita

L'Arabia Saudita proibisce il lavoro dei missionari di tutte le religioni tranne che dell'Islam. Ufficialmente tutte le religioni tranne l'Islam sono vietate e le chiese proibite. Non ufficialmente il governo permette che gli operai stranieri siano cristiani, che i cristiani stranieri possano praticare il culto nelle loro case o persino in posti riservati nelle scuole locali, a condizione che non si parli di ciò in pubblico. Questo è un grado di tolleranza ufficiosa che non è dato all'ebraismo o all'ateismo.

In teoria, il governo può cercare nelle case di chiunque e arrestare o deportare i lavoratori stranieri che possiedono icone o simboli religiosi, tipo la Bibbia o il rosario. Tuttavia, questo non è fatto generalmente sui componenti dell'Aramco e la politica più comune per i cristiani stranieri è simile alla vecchia politica delle forze armate degli Stati Uniti per gli omosessuali (Non chiedere, non dire). Il governo tollera la presenza degli operai cristiani finché rimane discreta e occulta.

"La libertà religiosa non esiste", ha dichiarato il Dipartimento di Stato degli USA nel rapporto 1997 sui diritti umani nell'Arabia Saudita. "L'Islam è la religione ufficiale e tutti i cittadini devono essere musulmani. Il governo proibisce la pratica pubblica di altre religioni". "È assurdo imporre a un individuo o a una società straniera la propria religione o i propri principi," ha dichiarato il 6 settembre a New York il Principe Ereditario Abdullah bin Abdul Aziz all'U.N. Third Millennium.

Gli stranieri in pubblico devono essere conformi alle pratiche locali (comunque la preghiera 5 volte al giorno o le pratiche musulmane non sono obbligatorie). Il vestito conservatore è previsto, specialmente per le donne che viaggiano nelle zone rurali. I negozi e i ristoranti chiudono cinque volte al giorno per la preghiera e le esposizioni pubbliche dei simboli religiosi o politici stranieri non è tollerata. Durante il Ramadan mangiare, bere o fumare in pubblico durante le ore diurne è proibito.
Alle scuole straniere è spesso richiesto di insegnare un segmento introduttivo annuale sull'Islam.
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Messaggioda Royalsapphire » 03/04/2014, 22:21



Ma le cose stanno cambiando:

07/06/2013_ Arabia Saudita: inedita campagna online contro gli abusi sulle donne
traduzioni di e. intra e s. gliedman


Un gruppo di giovani sauditi ha lanciato una nuova e originale campagna di sensibilizzazione contro gli abusi sulle donne. Sponsorizzata dall’agenzia di promozione musicale di Gedda Libra Productions, l’iniziativa “Hit Her I Dare You" ("Ti sfido a picchiarla") propone un insolito approccio alla questione della violenza domestica -- raccogliendo raccogliere ampi consensi soprattutto tra gli uomini.
Tanti giovani che rilanciano online le proprie fotografie mentre indossano una sciarpa bianca, in segno di adesione alla campagna del Fiocco Bianco già adottata in oltre 60 Paesi. Ognuno di loro tiene in mano un cartello con un messaggio personale contro gli abusi sulle donne.
I messaggi sono tra i più disparati, tra cui “Nella nostra società poco amore significa tanta violenza” e “Tu debole”. Alcuni hanno persino scelto di citare le parole del Profeta Maometto sulla benevolenza nei confronti delle donne, altri hanno preferito slogan tipo: “I veri uomini non usano la violenza”, “Picchiare le donne sminuisce la tua virilità”.
Sul cartello di Yasir Al-Saggaf, presentatore radiofonico di Libra Productions, si legge: “Parlale e la conquisterai. Picchiala e la romperai”. Con un commento aggiuntivo: “Sono assolutamente contrario alla violenza, soprattutto quella sulle donne. Questa è un’ottima campagna, e non è la prima volta che la gioventù saudita si impegna in un’iniziativa contro gli abusi domestici. Diffondere energia positiva nella società è il mio lavoro, oltre a quello di ingegnere e uomo di spettacolo. Mi è stato insegnato che le donne sono come il cristallo, vanno trattate con cura”.
Ahmed Darwish denuncia quello che a suo avviso è un gravissimo problema della società araba odierna: “Ho visto alcune mie amiche divorziare dopo aver subito abusi fisici e psicologici da parte dei mariti. Ascoltare le loro storie mi ha spezzato il cuore”.

Nour Taibah, studentessa ventenne all’università di Dar Al-Hekmah spiega il significato del proprio cartello: “Tu debole si riferisce agli uomini che picchiano le donne”, aggiungendo che la campagna è rivolta anche alle vittime di violenze, le quali devono agire e denunciare la propria situazione prima che sia troppo tardi.
L’iniziativa gode inoltre della collaborazione di uno studio legale che offre consulenze a chi ne ha bisogno, mentre la Fondazione King Khalid ha appena lanciato una campagna simile in favore di donne e bambini vittime di abusi.
Le immagini vengono condivise su Twitter sotto l’hashtag اضربها (“hit her”), oltre a diverse pagine Facebook. Moltissimi anche i messaggi di chi, pur non condividendo una foto, vuole comunque mostrare solidarietà.

@LauraBash: @LPKSA ha lanciato una campagna contro la violenza domestica اضربها , con un'incredibile partecipazione da parte dei giovani, donne e uomini.



‏ @MahaJB1: I veri uomini con le donne usano il cervello invece dei muscoli.



@Noor_Azzony: "niente è più debole o piccolo di un uomo che ferisce una donna", Lyra Hardy - pic.twitter.com/ltIm81aIYC



@DeemiiM: Perdi il diritto di essere un uomo se colpisci una donna.



@MahaAlagil: L'abuso si manifesta in forme diverse, tutte ugualmente crudeli - pic.twitter.com/Yukrmw5JsX







@DeemiiM: Un uomo non dovrebbe mai alzare la mano su di te, non importa quanto sia arrabbiato. Essere arrabbiato non dà a nessuno il diritto di picchiare una donna.



@Nakar: Solo perchè sei un maschio, non significa che sei necessariamente un uomo.





‏ @BayanAlK risponde ai più scettici: Per coloro che la vedono come una cosa inutile, vorrei sottolineare che il primo passo verso il cambiamento è la consapevolezza.



Infine, su Facebook Af'af Super-Nobody commenta così su questa sistuazione nel suo Paese: "Aumentare la consapevolezza serve alle vittime, non agli aggressori. In Paesi con sistemi come quello statunitense, non esiste il concetto di sensibilizzare l'offensore, perchè è la legge che svolge questo ruolo. Tuttavia anche lì esistono campagne dirette alle donne vittime di violenza, perchè spesso queste hanno paura di denunciare l'abuso, per senso di colpa e mancanza di sicurezza. Da noi invece le donne non denunciano il loro aguzzino perché altrimenti temono di essere arrestate".



Mondo - "Alcune cose non possono essere coperte. Combattiamo insieme la violenza sulle donne". Così la fondazione reale saudita, la King Khalid Fondation, lancia la prima campagna del Paese contro gli abusi sulle donne. La Fondazione si propone di "fornire una protezione legale per le donne e i bambini vittime di abusi in Arabia Saudita" e sottolinea come "il fenomeno delle donne maltrattate nel Paese sia molto maggiore di quanto appaia".

La campagna rappresenta un grande progresso per un Paese dove alle donne non è permesso guidare l'auto e dove la polizia religiosa solo recentemente ha revocato il divieto di guidare moto e biciclette (che adesso è consentito a patto che le donne indossino il velo integrale e siano accompagnate da un parente maschio).
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Messaggioda Aldebaran » 03/04/2014, 23:05



Royalsapphire ha scritto:
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[align=center]Diritti umani in Arabia Saudita

Batman !!!
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Messaggioda Royalsapphire » 03/04/2014, 23:09



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