La paura appresa nel corso della vita, può essere tramandata geneticamente dai genitori ai figli

Lo dice una ricerca

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La paura appresa nel corso della vita, può essere tramandata geneticamente dai genitori ai figli

Messaggioda Baraddur » 09/09/2015, 12:21



La paura e l'ansia vissute nel corso della vita da un genitore, possono essere causa di una vulnerabilità maggiore alla paura e allo stress in un figlio (se concepito dopo il periodo in cui la paura è stata appresa dal genitore). A dirlo è una ricerca pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica.

Fonte: http://www.lescienze.it/news/2013/12/02 ... a-1911351/

"02 dicembre 2013
Una via biologica per ereditare le paure dei genitori

Topi condizionati a provare paura quando percepiscono uno specifico odore possono trasmettere questo comportamento alle due generazioni successive tramite modificazioni epigenetiche dei geni responsabili della percezione dell'odore nelle cellule spermatiche. La scoperta getta le basi per lo studio dei meccanismi biologici che consentono agli input ambientali di trovare una codificazione più o meno stabile nel genoma e nei suoi meccanismi di regolazione

I topi possono ereditare per via biologica l'informazione appresa dalle generazioni precedenti e codificata da modificazioni epigenetiche del DNA in grado di cambiare la struttura neurale, in particolare nelle regioni responsabili dell'olfatto. È questa la conclusione di un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Nature Neuroscience” da Brian G Dias e Kerry J Ressler dell'Howard Hughes Medical Institute a Chevy Chase, nel Maryland, che introduce un nuovo elemento per la comprensione dei meccanismi biologici che consentono di trasmettere alle generazioni successive non solo il patrimonio genetico ma anche i comportamenti appresi.

Topi di laboratorio: nello studio è stata dimostrata la possibilità di trasmettere per via biologica comportamenti appresi fino alla seconda generazione

Gli stimoli ambientali che un individuo incontra nel corso della vita influenzano il genoma mediante meccanismi epigenetici che regolano l'espressione dei singoli geni. Tuttavia, finora gli studi su una possibile trasmissione dei fattori epigenetici alle generazioni successive hanno dato risultati parziali e non conclusivi, oppure validi solo in specifiche condizioni.

D'altra parte le ricerche comportamentali hanno dimostrato che l'esperienza può essere trasmessa con meccanismi culturali, intesi nel senso più ampio del termine. Esperienze traumatiche o paurose possono essere condivise con i propri simili e quindi tramesse anche con le generazioni più giovani per imitazione.

Dias e Ressler hanno ora dimostrato nei topi che informazioni specifiche possono essere trasmesse alle due generazioni successive tramite le cellule riproduttive, senza alcuna prossimità tra genitori e figli.

Gli autori hanno condizionato alcuni topi di laboratorio a provare paura quando percepivano l'odore dell'acetofenone, una sostanza aromatica che ricorda il sentore di ciliegia. I piccoli di quei topi, anche se concepiti con inseminazione artificiale, hanno mostrato una risposta di paura maggiore all'odore di ciliegia che a qualunque altro odore, benché non fossero mai stati esposti all'acetofenone. Ancora più sorprendente è che lo stesso tipo di comportamento si rilevava anche nella seconda generazione di roditori.

Questi dati hanno trovato conferma da uno studio neuroanatomico e genetico: sia i topi condizionati ad avere paura sia la loro progenie mostravano cambiamenti strutturali nel cervello, e più esattamente nelle regioni deputate alla percezione dell'odore, nonché specifici marcatori epigenetici sui geni responsabili della percezione dell'odore nelle cellule spermatiche.

Secondo gli autori, il risultato rappresenta un interessante punto di partenza per comprendere in che modo gli input ambientali raccolti da un individuo possano trovare una codificazione più o meno stabile nel genoma e nei suoi meccanismi di regolazione. In questo campo le ricerche sono ancora agli inizi."
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La paura appresa nel corso della vita, può essere tramandata geneticamente dai genitori ai figli

Messaggioda Baraddur » 09/09/2015, 16:19



Fonte: http://www.lescienze.it/news/2008/07/16 ... si-578866/

"16 luglio 2008

Da una mamma obesa, bimbi più obesi

Le madri sovrappeso danno alla luce bambini sempre più pesanti, in un processo di amplificazione dell'obesità che cresce di generazione in generazione. Lo afferma un gruppo di ricercatori del Baylor College of Medicine a Houston, che in alcuni esperimenti sui topi hanno trovato modificazioni epigenetiche, ossia relative alle modalità di espressione dei geni, nella successione delle generazioni.

"Negli Stati Uniti si assiste a una epidemia di obesità, un fenomeno che sembra peraltro espandersi a livello mondiale", osserva Robert A. Waterlandche ha diretto lo studio e firma un articolo in merito sull' International Journal of Obesity. "Perché si diventa via via più pesanti? Un'ipotesi è che l'obesità materna prima e durante la gravidanza influenzi la determinazione dei meccanismi di regolazione del peso corporeo del nascituro. L'obesità materna potrebbe cioè favorire l'obesità nella generazione successiva."

Waterland e colleghi hanno studiato gli effetti dell'obesità materna in tre generazioni di topi geneticamente identici, tutti con la stessa tendenza genetica a ingrassare. Un gruppo di questi topi era nutrito con una dieta standard, mentre a un secondo gruppo erano somministrati anche integratori - fra cui acido folico, vitamina B12, betaina e colina - in modo da elevare i livelli di metilazione del DNA, una reazione che tende a silenziare i geni.

"Volevamo sapere se, anche fra topi geneticamente identici, l'obesità materna promuovesse l'obesità dei neonati, e se la dieta per una metilazione incrementata influisse su questo processo", ha spiegato Waterland. "Di fatto, i topi con una dieta normale tendevano a diventare sempre più grassi di generazione in generazione, mentre quelli con la dieta speciale no."

"Pensiamo che la metilazione del DNA abbia un ruolo importante nello sviluppo dell'ipotalamo, la regione del cervello che regola l'appetito", ha concluso Waterland.

"Vent'anni fa venne ipotizzato che, come le mutazioni genetiche possono causare il cancro, lo potesse fare anche un eccesso di marcatori epigenetici, le cosiddette epimutazioni. Questa idea oggi è ampiamente accettata e l'epigenetica del cancro è un campo di studi molto attivo. Io penso che si possa fare la stessa affermazione per l'obesità." (gg)"
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Messaggioda Baraddur » 11/09/2015, 10:04



Secondo questo articolo le esperienze vissute nell'infanzia e adolescenza ci condizionano ancora più profondamente di quel si pensa, andando persino a cambiare, entro certi limiti, l'espressione dei propri geni.

Fonte: http://www.lescienze.it/news/2013/07/05 ... a-1730163/

"05 luglio 2013

Come cambia il cervello grazie all'epigenetica

Un particolare tipo di regolazione epigenetica, la metilazione del DNA, in cellule del sistema nervoso centrale emerge durante l'infanzia e l'adolescenza ed è conservato nell'età adulta. Lo ha dimostrato una ricerca che fa luce sui meccanismi neurobiologici alla base della plasticità cerebrale in funzione dell'esperienza. Si tratta di un risultato importante non solo per comprendere meglio in che modo matura il cervello dall'infanzia fino al termine dell'adolescenza e perché si sviluppano patologie psichiatriche, come la schizofrenia, o i disturbi della funzione cerebrale come l'autismo(red)

L'esperienza dalla nascita all'adolescenza, è in grado di plasmare in modo sostanziale conoscenze e comportamento dell'individuo. Ma qual è il substrato neurobiologico di questo cambiamento? Una nuova ricerca pubblicata su “Science” a firma di Ryan Lister, del Salk Institute di La Jolla, in California, e colleghi di un'ampia collaborazione internazionale, ha dimostrato che la risposta va cercata nell'epigenoma, cioè nell'insieme dei meccanismi di regolazione dell'espressione dei geni.

Lo studio, il primo che ha considerato questi meccanismi sull'intero genoma di topi e di esseri umani dalla prima infanzia fino all'età adulta, dimostra che un particolare tipo di metilazione, uno dei processi chimici cruciali per la regolazione genica, riguarda in modo specifico i neuroni e viene progressivamente incrementato fino al termine dell'adolescenza, quando la maturazione del sistema nervoso è compiuta.

Il risultato ha un'enorme importanza per chiarire meglio alcuni aspetti di quella capacità di cambiamento del sistema nervoso centrale che va sotto il nome di plasticità neurale. Questa capacità è alla base non solo dell'apprendimento attraverso l'esperienza, ma anche di patologie psichiatriche: recenti studi hanno ipotizzato un ruolo della metilazione nella schizofrenia, nel disturbo bipolare e nella depressione.

Negli ultimi decenni, le ricerche di genetica hanno mostrato quanto siano importanti per la vita di un organismo non solo i geni, in cui sono codificate le informazioni per la sintesi delle proteine, ma anche i meccanismi che regolano l'espressione dei geni, attivandoli o silenziandoli. Uno dei risultati cruciali in questo campo è che la metilazione del DNA avviene tipicamente nei cosiddetti siti CpG, in cui una citosina si trova immediatamente adiacente alla guanina (citosina e guanina sono due delle quattro basi azotate, insieme con adenina e timina, che costituiscono i mattoni elementari di cui sono costituite le molecole di DNA). Inoltre, è stato osservato che questo tipo di metilazione è estremamente diffusa nel genoma degli esseri umani adulti e riguarda addirittura l'80-90 per cento dei siti CpG.

Per questa, che sembrerebbe una regola, c'è tuttavia un'eccezione. Gli stessi ricercatori del Salk Institute, infatti, hanno scoperto in passato che le cose stanno molto diversamente nelle cellule staminali embrionali umane e nelle staminali pluripotenti indotte, in cui la metilazione del DNA si osserva solo nei siti in cui la G non segue la C. Sulle prime si era ipotizzato che questa metilazione “non-CG” dovesse scomparire una volta che le cellule staminali si fossero differenziate in linee cellulari specifiche.

Quest'ultimo studio ha dimostrato che questo non è vero per quanto riguarda il cervello, in cui la metilazione non-CG appare anche nelle cellule differenziate, e va via via accumulandosi durante l'infanzia e l'adolescenza, per rimanere conservate anche nelle età successive. Questo mostra che il processo di maturazione delle circuitazioni cerebrali, e in particolare la formazione di nuove sinapsi, che procede molto rapidamente, è accompagnato da un parallelo processo di riconfigurazione su larga scala dell'epigenoma. In particolare, questi processi riguardano la corteccia frontale, che ha un ruolo cruciale nei processi cognitivi, nei processi decisionali e nell'azione. Tenuto conto che i meccanismi epigenetici sono influenzati dall'interazione con l'ambiente, prende corpo l'ipotesi che proprio i processi di metilazione siano il tramite grazie al quale l'esperienza rimane fissata in modo permanente nel funzionamento del sistema nervoso, anche nei casi patologici.

“I risultati del nostro studio dimostrano che la metilazione del DNA ha un ruolo cruciale nel plasmare le sinapsi, gli spazi comunicativi tra i neuroni”, spiega Manel Esteller, direttore dell'Epigenetics and Cancer Biology Biomedical Research Institute (IDIBELL), ICREA di Barcellona, professore di genetica all'università della stessa città e cofirmatario dello studio.

Il cervello è diviso in materia bianca, la glia, e materia grigia, i neuroni, con diversi tipi cellulari, ognuno con una funzione specifica. Sia i neuroni sia la glia devono regolare attentamente l'espressione del loro codice genetico e questo è precisamente il ruolo della metilazione, riassume Esteller.

"Dal nostro studio risulta che anche nella materia grigia ci sono sottotipi cellulari come i neuroni piramidali e i produttori del neurotrasmettitore GABA che hanno specifici sottoschemi di metilazione del DNA”, aggiunge Esteller.

Questo secondo risultato indica che in qualche modo c'è una correlazione tra la funzione delle specifiche popolazioni cellulari del cervello e i corrispondenti schemi di metilazione, ed è proprio su questo aspetto che secondo gli autori andrebbero indirizzate le future ricerche. "
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Baraddur
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Messaggioda Polar_ » 11/09/2015, 10:09



"Annamo bene" ..
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Messaggioda Boh » 11/09/2015, 12:41



a parte la genetica, credo sia anche una cosa che accade da quando nasciamo. I bambini assorbono come spugne le paure e le ansie dei genitori.
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La paura appresa nel corso della vita, può essere tramandata geneticamente dai genitori ai figli

Messaggioda io sono Nessuno » 11/09/2015, 19:38



Boh ha scritto:a parte la genetica, credo sia anche una cosa che accade da quando nasciamo. I bambini assorbono come spugne le paure e le ansie dei genitori.


Certo,ma diversi mesi prima della nascita già si cominciano ad assorbire le paturnie dei propri cari.E poi c'è un fatto genetico,che risale al concepimento.
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Messaggioda Baraddur » 11/09/2015, 19:57



Boh ha scritto:a parte la genetica, credo sia anche una cosa che accade da quando nasciamo. I bambini assorbono come spugne le paure e le ansie dei genitori.


Sì ma l'esperimento sui topi è stato fatto in modo che i figli stessero lontani dai genitori, quindi non possono essere influenzati durante la crescita, ma solo geneticamente.

Insomma Lamarck in generale si sbagliava, ma in piccola parte aveva ragione. E' un ambito di ricerca ancora agli esordi.

A proposito:

http://www.unipd.it/ilbo/content/il-ritorno-di-lamarck

"Il ritorno di Lamarck?

4 DICEMBRE 2013
Qualcuno già parla, esagerando, di un ritorno di Lamarck. Ma i risultati dell’esperimento realizzato da Kerry Ressler, neurobiologo e psichiatra della Emory University di Atlanta, in Georgia, Stati Uniti, con il suo giovane collaboratore, Brian Dias, mostrano (ma si dovrebbe dire, confermano) che in alcuni casi è possibile la “trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti” teorizzata, oltre due secoli fa, dal naturalista francese. Ma va anche detto che questi risultati non sminuiscono in alcun modo l’importanza che ha la “selezione naturale del più adatto” nell’evoluzione biologica, così come proposta da Charles Darwin."

"La trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti osservata da Ressler e Dias non costituisce una novità. Sono molti anni che i biologi forniscono prove piuttosto fondate sulla trasmissione di alcuni caratteri acquisiti. È stato dimostrato, per esempio, che i bambini olandesi nati da genitori che hanno subìto la fame negli anni Quaranta, hanno ereditato una maggiore propensione al diabete o alle malattie cardiovascolari. E già cinquant’anni fa l’americano Tracy Morton Sonneborn dimostrò che il Paramecium aurelia, un protozoo, può trasmettere alla progenie le cicatrici superficiali che ha acquisito.

Possiamo dunque parlare di una rivincita di Lamarck su Darwin? Senza nulla togliere al genio del naturalista francese, la risposta alla domanda è: certamente no. Per due semplici motivi. Il primo è che la selezione naturale resta di gran lunga un meccanismo evolutivo più universale e potente della trasmissione ereditaria per via epigenetica. Il secondo è che lo stesso Charles Darwin sosteneva che la selezione naturale è il meccanismo principale, ma non l’unico, dell’evoluzione biologica. Il grande naturalista inglese sapeva che nessuno può mettere le briglie alla natura. L’evoluzione è pluralista. E utilizza tutti i mezzi che la natura le mette a disposizione.

Pietro Greco "

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http://www.gene-abc.ch/it/il-mondo-dei- ... r-lamarck/

"L’epigenetica – una sorta di riabilitazione per Lamarck

Nel 1809 Jean-Baptiste Lamarck descrive la sua teoria dell’evoluzione utilizzando l’immagine di una giraffa che, attraverso un continuo adattamento, può stirare e quindi allungare il proprio collo. Lamarck pensava che questi adattamenti all’ambiente fossero poi trasmessi alle generazioni successive, ma non riuscì mai a produrre una prova a favore della sua teoria. Per molto tempo la teoria evolutiva di Lamarck ha fatto ridere. Sembrava infatti inverosimile che le caratteristiche acquisite durante la vita di un individuo possano essere trasmesse in eredità alla prole. Per esempio, non è che i figli di un maratoneta che si allena molto nasceranno già ben allenati.

50 anni dopo Lamarck, è Darwin a pubblicare la sua teoria evolutiva basata sulla selezione naturale. Secondo Darwin la nascita della prima giraffa con il collo lungo avviene per caso, ma dà a quell’animale un vantaggio selettivo che sarà pertanto trasmesso più efficientemente alle generazioni successive. La teoria di Darwin è stata considerata da allora come quella corretta, sostenuta anche dalla scoperta delle mutazioni genetiche.

Grazie all’epigenetica, la teoria di Lamarck è stata però rivalutata. L’epigenetica sembra infatti confermare in parte la teoria di Lamarck poiché i segni epigenetici acquisiti sono trasmissibili a più di una generazione successiva."
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Messaggioda Live » 12/09/2015, 20:19



Non dovrebbe funzionare anche il procedimento inverso? Premetto che pur essendoci "passato accanto" molte volte, non conosco nel dettaglio i meccanismi epigenetici. Da una parte ho sempre visto l'epigenetica come la dimostrazione che i geni non sono una prigione, ma adesso comincio a vedere anche l'altra parte della lama: ho paura di un ritorno ai luoghi comuni della serie "tale padre, tale figlio".
Finché si escludono questi meccanismi, si trova il coraggio di crescere anche il figlio genetico di due persone violentissime, se il bambino non è mai stato in contatto con i suoi genitori. Ora però viene il dubbio che questo bambino, nonostante ciò, potrebbe dimostrare una propensione innaturale alla violenza.
Tuttavia, come dicevo prima, dovrebbe essere possibile il meccanismo inverso, proprio perché è una questione di espressione dei geni, no? Se anche questo bambino dovesse aver ereditato un "gene della violenza" per mezzo di questi meccanismi, se cresciuto nell'ambiente adatto questo gene non dovrebbe esprimersi. Se il ragionamento che ho fatto ha validità scientifica, allora siamo a punto e daccapo. In poche parole è sempre l'ambiente ad avere l'ultima parola. Ma ripeto, i miei sono solo ragionamenti, ergo favole, finché non mi decido a colmare le mie lacune su questo affascinante argomento.
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Messaggioda Baraddur » 12/09/2015, 20:31



Live ha scritto:Tuttavia, come dicevo prima, dovrebbe essere possibile il meccanismo inverso, proprio perché è una questione di espressione dei geni, no? Se anche questo bambino dovesse aver ereditato un "gene della violenza" per mezzo di questi meccanismi, se cresciuto nell'ambiente adatto questo gene non dovrebbe esprimersi. Se il ragionamento che ho fatto ha validità scientifica, allora siamo a punto e daccapo. In poche parole è sempre l'ambiente ad avere l'ultima parola. Ma ripeto, i miei sono solo ragionamenti, ergo favole, finché non mi decido a colmare le mie lacune su questo affascinante argomento.


Sì, infatti il terzo articolo diceva proprio che l'infanzia e adolescenza influiscono sull'espressione dei geni... viewtopic.php?f=36&t=12286#p127949
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Messaggioda giova90 » 12/09/2015, 22:10



l'ambiente è sempre una sorta di giudice finale. Sempre e comunque. O quasi.
Un determinato ambiente agevola l'espressione di alcuni geni.
Se come temperamento un bimbo/ragazzo è predisposto a manifestare un certo tipo di atteggiamento (livello di attivazione più alto, aggressività, ansia) e l'ambiente, invece di essere "protettivo" nel confronto di queste problematiche, le incentiva la probabilità che si manifestino tende a crescere per forza di cose.
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