Cos'è il Disturbo d'Ansia Generalizzato (GAD) ?

Forum di aiuto su Paura e Ansia: Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), Disturbo d’ansia generalizzato (GAD), Disturbo da attacco di panico (DAP), Disturbo post-traumatico da stress, Disturbi del sonno, Fobie sociali o semplici (omofobia, agorafobia, etc).
Di qualunque tipo di ansia o paura si tratti, può essere superato!
L'insonnia è la conseguenza dell'ansia, delle tante peeoccupazioni che affollano la nostra mente, parliamone e buttiamole fuori dal nostro letto!

Cos'è il Disturbo d'Ansia Generalizzato (GAD) ?

Messaggioda Royalsapphire » 12/11/2014, 9:50



Il Disturbo d’ansia generalizzata (DAG) è un disturbo caratterizzato da ansia e preoccupazioni eccessive, relativamente a vari contesti della vita quotidiana, accompagnate da sintomi somatici e neurovegetativi che devono essere presenti da almeno 6 mesi. Il disturbo ha un decorso cronico e invalidante, ad esordio frequente nell’infanzia. Si suppone infatti una continuità tra il “Disturbo Iperansioso del bambino” (bambini timidi, apprensivi, che balbettano, con le mani sempre sudate, che crescendo rimangono tali, sono persone che soffrono e che fanno soffrire cercando continuamente rassicurazioni dai familiari) e il “Disturbo d’Ansia Generalizzata” dell’adulto.
Generalmente questo disturbo, infatti, affonda le sue radici nel temperamento del soggetto e, per alcuni autori, sarebbe un tratto personologico che consiste in “una disposizione temperamentale ansiosa”, caratterizzata da 3 categorie comportamentali:
(i) apprensione cognitiva: preoccupazioni incontrollabili circa situazioni di tutti i giorni, sentimenti immotivati di insicurezza, ipervigilanza e incapacità a rilassarsi.
(ii) arousal autonomico: disturbi gastrointestinali e tensione muscolare.
(iii) comportamento: indeciso, inquieto e irritabile.

EPIDEMIOLOGIA

In genere, l’esordio è insidioso e sfumato con il paziente che riferisce di essere stato da sempre ansioso. Il paziente giunge all’osservazione clinica tra i 20 e i 30 anni, spesso per il verificarsi di complicanze come il sovrapporsi di un episodio depressivo franco. Il rapporto F:M è 2,5:1 con una prevalenza lifetime di circa 6.9 % (9.5 % per il sesso femminile e 3.8 % per il sesso maschile).

DIAGNOSI

Nel DSM II il GAD era incluso nell’ampio capitolo della nevrosi d’ansia. Con l’avvento del DSM III i quadri di ansia critica vennero distinti dalle sindromi ansiose a decorso cronico (GAD) e dall’ansia circoscritta (fobie). Il GAD inizialmente rappresentava una categoria residua per quei disturbi d’ansia che non soddisfacevano i criteri per nessun altro disturbo con i sintomi che dovevano durare per almeno 1 mese; successivamente, nel DSM III-R, viene utilizzato il criterio della “preoccupazione persistente” e, per fare diagnosi, dovevano essere presenti 6 di 18 sintomi proposti per almeno 6 mesi.

Criteri del DSM–IV:

A. Ansia e preoccupazioni (attesa apprensiva) eccessive della durata di almeno sei mesi.

B. La persona non è in grado di controllare i sentimenti di ansia.

C. Almeno tre dei seguenti sintomi:
1) Sentirsi sul filo del “rasoio”
2) Faticabilità
3) Difficoltà di concentrazione
4) Irritabilità
5) Tensione o dolenzia muscolare
6) Difficoltà nell’addormentamento e nel mantenere il sonno

D. Se è presente un altro disturbo dell’asse I, il centro focale dell’ansia e della preoccupazione riferite nel criterio A non è correlato a questo.

E. Il disturbo compromette l’adattamento sociale e lavorativo.

QUADRO CLINICO E DECORSO

Il soggetto vive una condizione di ansia ed apprensione persistente, con manifestazioni a carico della sfera somatica e cognitiva, in assenza di sintomi come attacchi di panico, fobie, ossessioni e compulsioni.
I sintomi psichici sono: continua, eccessiva e spesso immotivata preoccupazione in tutte le situazioni della vita, per la salute e l’incolumità dei propri cari, per la situazione economica, per il rendimento lavorativo; l’ansia è esperita come un sentimento di pericolo vago e non determinato che crea uno stato di allarme cronico ed una condizione di attesa apprensiva. Infatti, il sintomo patognomonico è lo stato continuo di attesa apprensiva con un’anticipazione del peggio non necessariamente legata a problemi specifici.
I sintomi fisici sono: tensione muscolare, tremore, cefalea, tipici sintomi neurovegetativi associati alle condizioni d’ansia tra cui palpitazioni, dispnea, sudorazione, disturbi gastroenterici e pollachiuria (che risultano particolarmente frequenti). Tali sintomi sono lievi e perdurano nel tempo senza assumere connotazioni critiche (non si hanno attacchi di panico).
Ci sono poi sintomi secondari, come astenia, faticabilità, dovuta al fatto che i muscoli stanno più in tensione del normale, si rilassano meno e consumano più energia fino anche a dolori simili a quelli dell’artrosi; bruxismo, ovvero digrignare i denti, con conseguente dolore ai denti o alle mascelle.
I soggetti che soffrono di questa malattia tendono sempre a ripetere quel procedimento mentale comune a tutte le fobie che è: “e se…” ovvero il pensare sempre al peggio, trattare l’improbabile come probabile.
Il paziente con DAG valorizza la componente somatica del disturbo, sottostimando quella psichica, che vede come un proprio modo di essere; egli infatti tende ad affermare “sono sempre stato nervoso”, “è il mio carattere”, “mi preoccupo di tutto”.
Inoltre sono spesso presenti tematiche ipocondriache: il paziente con DAG sostiene di soffrire di una malattia fisica e conferisce dignità di malattia a sintomi fisici di scarso rilievo (quali insonnia, tensione muscolare, cefalea). Per tali motivi, si rivolge al medico curante, spesso pretendendo una serie di esami clinici e strumentali.

Le caratteristiche comportamentali del paziente con DAG sono:
 facies tesa con ammiccamento raro, a volte midriasi;
 gesticolazione esaltata;
 velocità dell’eloquio aumentata;
 tono di voce più alto, quasi stridulo;
 irrequietezza motoria.

I sintomi cognitivi sono:
 indecisione;
 ripensamenti;
 impazienza;
 irritabilità;
 distraibilità;
 difficoltà di concentrazione;
 deficit mnesici;
 bisogno di rassicurazione.
 manifestazioni a carico della vigilanza e dell’attenzione.

Il GAD raramente si presenta in forma “pura” ossia senza altri disturbi psichiatrici associati. I tassi di comorbidità del GAD presentano infatti valori oscillanti tra l’80 % ed il 90 % e i disturbi psichiatrici più comunemente associati sono: l’Episodio Depressivo Maggiore (EDM), la Distimia, l’abuso da sostanze (alcool, stimolanti, benzodiazepine, a scopo autoterapico), la Fobia Semplice e la Fobia Sociale, i Disturbi Somatoformi.
Il decorso della patologia è cronico e generalmente disabilitante fino a compromettere l’andamento sociale e lavorativo del soggetto.

TRATTAMENTO

Il gold standard per il trattamento del GAD è rappresentato dalla combinazione di trattamento psicofarmacologico (SSRI, BDZ, Buspirone) e psicoterapeutico.
Tra le varie psicoterapie si predilige quella cognitivo-comportamentale.

Per quanto concerne il trattamento psicofarmacologico, le BDZ sono probabilmente i farmaci più usati, soprattutto dai medici di famiglia, essendo maneggevoli ed a rapida efficacia. Ma il loro uso dovrebbe essere valutato con attenzione in un disturbo cronico come il GAD per il possibile instaurarsi di condotte di abuso. Una possibile alternativa è l’utilizzo del Buspirone, antagonista 5HT1a, ansiolitico non benzodiazepinico che ha mostrato efficacia senza fenomeni di dipendenza e con scarso effetto sedativo.
Tra i triciclici si usano i composti più sedativi come amitriptilina e trimipramina, mentre tra gli SSRI la paroxetina. Buone evidenze di efficacia anche per la venlafaxina.

Caso Clinico
E. L., una paziente di circa 60 anni, ci descriveva come già da bambina tendesse a preoccuparsi eccessivamente a partire dalla salute dei suoi cari fino a preoccuparsi addirittura della situazione economica della sua famiglia: “Ero sempre in ansia perché il babbo lavorava lontano da noi. Ma quando seppi che sarebbe tornato definitivamente la mia felicità fu oscurata da un’altra preoccupazione: sarebbe stato in grado di mantenerci tutti egualmente? Questo pensiero mi tornava spesso alla mente, ma non osavo parlarne con nessuno”.
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