La propria ragazza è vagabonda e non comprende delle cose basilari familiari

Rapporto triste con la propria ragazza

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La propria ragazza è vagabonda e non comprende delle cose basilari familiari

Messaggioda Revolution of Species » 12/10/2014, 19:48



Ti ringrazio profondamente xxmarghexx sei stata chiaro e precisa.
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Messaggioda DxShine » 12/10/2014, 23:51



xxmarghexx ha scritto:Io credo che questa ragazza sia "demotivata a darsi da fare" perchè probabilmente è persa.
(Lei probabilmente si sente una schifezza. E quando ti senti così credi che tutto quello che fai lo sia, oltre che inutile.)
Non trovi un senso. Senti di non valere nulla.
Non è con la paura di perderti che la aiuti. Non la conosco, ma da come accenni al suo vissuto, avrà già perso tanto.
Anch'io credo che abbia bisogno di pazienza, sostegno, sentirsi utile e importante.

Io mi sento così... per cui, che senso ha vivere? Ovviamente ha senso solo vivendo... però questa non è una risposta che soddisfa questo tipo di esigenze. Non basta, non è sufficiente. La motivazione per cui vivere è la cosa più importante... mancando quella perde tutto di senso e significato!

Purtroppo la motivazione spesso sono quelle stupide banderuole volubili delle persone, su cui non potrai mai contare davvero, perché prima o poi se ne andranno tutti, puntualmente ed invariabilmente! Ha però più senso e significato che affidarsi alle cose, che restano lì dove stanno...
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Messaggioda xxmarghexx » 13/10/2014, 12:07



DxShine,
non sono sicura di aver ben compreso il tuo messaggio.

Adesso ti scrivo un pò quello che penso, e sicuramente divagherò, perchè il discorso è complesso e un tema tutt'ora aperto.
Credo che da un lato dovremmo prendere in considerazione problemi diffusi e con una visione ad ampia panoramica; dall'altro le storie, i vissuti singoli, soggettivi. Credo che per una visione d'insieme e il più completa possibile, per quanto possiamo fare noi, qui, vada considerato tutto dalla generalità fino alla microrealtà.

Intendo questo: credo, che di fondo e di base, viviamo in un sistema sociale malsano.
E questo lo dicono e lo ripetono un pò tutti. Così come è facile sentire dire che ne siamo parte noi stessi.
I vari aspetti che non vanno sono innumerevoli, ognuno si concentra su quelli che ritiene più deleteri, dall'individualismo agli stereotipi, passando dai mass media alla deriva di verti valori, arrivando persino a temi ancora più ampi, difficili, alcuni controversi e surreali. Potremmo stare ore a discuterne. Il dato di fatto è che ci sono molte persone che vivono situazioni che in un ambiente sociale sano non dovrebbero mai provare. L'altro dato, più difficile da individuare nell'immediato ma mi sembra riscontrabile frequentando ad esempio questo tipo di forum, è che molti tra coloro che ne soffrono tendono ad indossare una maschera (appunto "la nostra vita sotto la maschera"), per i più ovvii motivi, dalla costruzione vera e propria di una doppia personalità per farsi accettare al più passivo e naturale cercare di evitarsi ulteriore dolore. Tutto questo crea il sistema dell'apparenza, e anche qui si aprirebbe un ulteriore argomento.

Adesso accantoniamo la visione generalizzata e passiamo alla microrealtà soggettiva.
Lasciando stare per un momento i condizionamenti sociali, ognuno di noi è (sarebbe?) un individuo di per sè unico. E' un intreccio di aspetti. Da quelli fisici a quelli caratteriali, destinato a investire razionalità ed emozioni, sentimenti e percezioni con più o meno difficoltà nella ricerca di un equilibrio. Ed è un corredo di esperienze, non solo nel senso della loro tangibilità, ma soprattutto in quanto vissute, elaborate e memorizzate in maniera strettamente personale, dettagli talmente sottili passati al vaglio della mente e dell'emotività che è spesso difficile persino descriverli.

Tutto questo per dire: dobbiamo fare i conti con degli aspetti generici, quelli che più o meno tutti possono immaginare, e che qualcuno che li ha provati su se stesso può provare una reale comprensione empatica, e degli aspetti strettamente soggettivi che potremmo spiegare quanto vogliamo ma resteranno in buona sostanza comprensibili solo a noi stessi, a volte nemmeno quello.
Ecco perchè i consigli sono pericolosi e gli assolutismi ancora di più.

Personalmente non conosco la ragazza di Revolution, e nemmeno conoscendola potrei capirla mai totalmente. Come non potrà totalmente farlo lui, semplicemente perchè non ha vissuto dentro di lei.
Tuttavia, esiste qualcosa che umanamente ci accomuna un pò tutti. Ed è il bisogno di appartenenza. Sentirsi realmente parte di qualcosa. E quel qualcosa può essere anche un gruppo di lavoro, ma prima di tutto di solito viene il bisogno di un riempimento affettivo, emotivo. Di essere parte di una famiglia. Di una coppia.

Questo non risolve tutti i problemi di una persona. Tanto più perchè poi quel soggetto si troverà singolarmente ad affrontare se stesso, il suo stesso ruolo di appartenenza e il confronto con la società (che possiamo ignorare ma purtroppo o per fortuna ci circonda e ne facciamo parte anche nell'eventualità di volendocene dissociare). Però credo che chiunque di noi, o quasi, conosce la differenza tra il sapere che a casa c'è qualcuno che ti aspetta, tifa per te, ti sostiene nel bene e nel male e invece l'essere o sentirsi completamente soli.

Se a questa ragazza è venuto a mancare l'ABC (per provenire da una comunità suppongo che non abbia una famiglia alle spalle, o comunque non riconosca in quell'entità una reale appartenenza, ma sto solo ragionando a supposizioni), è umano che si senta persa. Mi piacerebbe capirne di più, ma immagino abbia vissuto gli ultimi tempi della sua vita o una buona parte di questa, con persone che per quanto le possano essere state vicine, avevano a loro volta una famiglia e lei restava in comunità. Si prendevano cura di lei, probabilmente (continuo a procedere per supposizioni), la sorreggevano emotivamente, ma ci si sente realmente a casa laddove si può essere totalmente se stessi, fino al fulcro più intimo dell'anima. E dubito che lei abbia potuto sentirsi realmente a casa con loro. Forse sarebbe da chiederlo a lei.

Revolution non ha descritto molto la situazione, gli fa onore il fatto di volerle stare accanto, anche perchè è una grande responsabilità. Se lui vuole costruire un futuro, una famiglia, con questa ragazza, si ritrova una persona a cui, sempre probabilmente, mancano dei punti di riferimento: lo diventa lui. Sapendo che, come riepeto, comporta responsabilità: se un giorno dovessero lasciarsi, (nel presupposto che lei sia distaccata dalle sue origini) lei non perderebbe solo un fidanzato come le ragazze che hanno alle spalle una famiglia su cui contare, bensì il suo punto di riferimento.

E hai ragione, Dxshine, nel sostenere (sempre se ho ben capito) che le persone ti abbandonano facilmente. Questo si riallaccia al discorso sulla società vista in chiava generalizzato con cui ho iniziato il discorso. Però è anche vero che per fortuna esistono delle persone che sanno ancora amare incondizionatamente e Revolution sembra intenzionato a stare accanto a questa ragazza, spero con la consapevolezza che gli aspetta una gran prova in termini di pazienza, protezione, vicinanza, dolcezza.
Come accennavo, in un certo senso è come se lei fosse una bambina, deve rimparare a fidarsi "del mondo" (il suo è sufficiente), del suo ragazzo, di se stessa, delle sue capacità. E un passo alla volta, sentirsi parte inscindibile di una famiglia: quella che creerà con Revolution (anche una coppia è una famiglia). Verrà da sè che poi, un giorno, sarà motivata a "lavorare" per se stessa e per la sua famiglia, perchè sarà la cosa più preziosa, qualcosa per cui varrà la pena lottare, faticare.

Ps. Revolution: se qualche volta dovrai lavare tu i piatti, questo non rende meno donna lei e meno uomo te, semmai ti fa onore.
E quando lo fa lei, abbracciala, baciale il collo e raccontale qualcosa. Il mio ragazzo così mi faceva sentire amata anche stanca, un pò imbronciata e con le mani tra la schiuma. Sono frammenti di quotidianità che da un peso possono trasformarsi in momenti di condivisione.

Scusate se ho divagato troppo, sono discorsi che considero complessi quale la realtà.
Ho cercato di farmi capire, spero sia abbastanza comprensibile il discorso anche se sono sicura che in buona parte le parole non siano sufficienti per spiegare certe cose. Un saluto a tutti, vi auguro la tenacia che vi servirà e la fortuna che vi meritate.
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Messaggioda Anuar » 13/10/2014, 14:49



xxmarghexx ha scritto:Io credo che questa ragazza sia "demotivata a darsi da fare" perché probabilmente è persa.
Ha vissuto in una comunità. Un concetto di "famiglia" negli ultimi tempi non l'ha avuto, forse mai.
Lei probabilmente si sente una schifezza. E quando ti senti così credi che tutto quello che fai lo sia, oltre che inutile.
Non trovi un senso. Senti di non valere nulla.


Credo che tu abbia centrato il problema xxmarghexx, io ho vissuto 3 anni in un istituto femminile (con le suore), diversi anni fra una famiglia affidataria e l'altra poi 1 anno in un istituto misto, infine hanno chiuso gli istituti e ho passato 6 anni in comunità, e lo stato d'animo quando ne esci più o meno rasenta quello che tu hai descritto.
Una piccola correzione devo fartela però, non tutti quelli che vanno in comunità hanno problemi (in senso mentale intendo), il mio unico peccato per esempio è stato quello d'essere stato abbandonato da tutti tranne che da mio padre...Ma il mio QI è parecchio alto, infatti spesso i monaci mi chiedevano di badare agli altri ragazzi che c'erano li, a volte li aiutavo anche a fare i compiti.
L'ho specificato solo per dire che non è detto che abbia problemi mentali, forse come ha detto xxmarghexx è solo depressa e demoralizzata e ha perso la voglia di lottare.

Quindi prova a dargli una spinta, con le piccole cose tenta di responsabilizzarla come ti hanno già detto con amore e non con i ricatti che spesso hanno il risultato contrario a quello sperato
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Messaggioda xxmarghexx » 13/10/2014, 15:30



Ciao Anuar,

premetto che io parlo con il cuore, con la sensibilità, con un senso di compassione/ammirazione e un pizzico di studi in merito, non con l'esperienza, ne saprai sicuramente tu più di me.
No, non penso assolutamente che dietro all'entrata in comunità ci siano sempre e necessariamente problemi di natura psichiatrica o cognitiva, o uno stato di ritardo mentale o simili. Intendo che, di per sè, il fatto stesso di entrare in una comunità (indipendentemente dal motivo) significa essere sradicati dall'affetto familiare. Inteso proprio nel senso pratico: attorno a te ci sono persone che non sono la tua famiglia, le tue giornate le passi con loro.
Questo per me costituisce un problema di natura psicologica (e lo sarebbe anche per la persona che parte da una situazione di totale serenità): tutti, ancora di più da bambini/ragazzi, avremmo bisogno di un posto che sentiamo "nostro", di una casa e di una famiglia. Il condizonale è d'obbligo in quanto in certi casi la comunità può diventare l'unico appiglio, purtroppo. Ma per quanto meravigliosa possa essere (anche se ho letto molte esperienze negative ci saranno anche quelle positive), ma non è una casa, non è altrettanto protettiva.
E secondo me è da sfatare anche il mito che chi cresce in un ambiente protettivo non può diventare un adulto autonomo: crescere senza protezione può avere effetti ben più dolorosi. Grazie per aver raccontato un pò la tua storia. Spero tu stia meglio rispetto al passato.
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Messaggioda Anuar » 13/10/2014, 15:56



xxmarghexx ha scritto: secondo me è da sfatare anche il mito che chi cresce in un ambiente protettivo non può diventare un adulto autonomo: crescere senza protezione può avere effetti ben più dolorosi. Grazie per aver raccontato un pò la tua storia. Spero tu stia meglio rispetto al passato.


Mi è rimasta l'intelligenza, l'autonomia l'ho dovuta imparare a 6-7 anni, ma ora a distanza di 8 anni da quando ho lasciato la comunità sono rimasto da solo.
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Messaggioda xxmarghexx » 13/10/2014, 17:29



Anuar,

scusa, non avevo collegato che eri quel ragazzo di cui avevo già letto la storia.

Mi dispiace davvero di tutto quello che ti è successo, e da come accenni sembra che tu non ne abbia la minima intenzione ma... credi di escludere categoricamente di riavvicinarti, magari un giorno, ai tuoi fratelli? O che siano loro a farlo? Hanno mai provato a contattarti?
Hai mai visto i tuoi nipotini? Perdona l'invadenza, se non ti và non rispondere.
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Messaggioda DxShine » 14/10/2014, 3:16



xxmarghexx ha scritto:DxShine, non sono sicura di aver ben compreso il tuo messaggio.

Credo che chiunque di noi, o quasi, conosce la differenza tra il sapere che a casa c'è qualcuno che ti aspetta, tifa per te, ti sostiene nel bene e nel male e invece l'essere o sentirsi completamente soli. [...] Si prendevano cura di lei, probabilmente la sorreggevano emotivamente, ma ci si sente realmente a casa laddove si può essere totalmente se stessi, fino al fulcro più intimo dell'anima.

E hai ragione, Dxshine, nel sostenere (sempre se ho ben capito) che le persone ti abbandonano facilmente. In un certo senso è come se lei fosse una bambina, deve rimparare a fidarsi "del mondo" (il suo è sufficiente), del suo ragazzo, di se stessa, delle sue capacità. Un giorno poi, sarà motivata a "lavorare" per se stessa e per la sua famiglia, perchè sarà la cosa più preziosa, qualcosa per cui varrà la pena lottare, faticare.

Più o meno è come mi sento io... mi è sempre bastato il mio mondo, poiché gli altri non sapranno mai far altro che ferirti sempre puntualmente ed impunemente! Del resto mi hanno sempre lasciata da sola... quindi come si fa a fidarsi di un mondo a cui non è mai importato veramente nulla di te, neppure alle stelle?! Come si fa a contare sulle persone che se ne andranno prima o poi?! Non saranno mai altro che stupide banderuole... Per cui proteggere e difendere me stessa è sempre stata la mia priorità, ad ogni costo, pur di non venire mai più ferita! Cmq sì, hai ben capito... ^_^

Su tutto il resto quoto per filo e per segno!... In effetti il mio messaggio non era molto chiaro, cerco di riformularlo meglio... Volevo semplicemente dire che in questo tipo di situazioni serve soltanto una forte motivazione per cui agire, muoversi, vivere... altrimenti niente ha senso! E purtroppo la si trova soltanto vivendo, ma chi non ha mai vissuto come può trovarla?! (Ti credo che sei apatico-a, ti passa pure la voglia anche solo di muoverti!) Soprattutto quando sai che puntare sulle persone ha molto più senso, dà molto più significato alla propria vita, ma se queste se ne vanno puntualmente ed invariabilmente, che senso ha? Ma d'altro canto affidarsi alle cose è molto più deleterio, perché non ti daranno mai niente... ed allora ti rendi conto che non ti rimane veramente niente su cui poter contare davvero. E ti accorgi quindi di quanto la tua vita, messa così, sia inutile... di quanto tempo stai solo sprecando in questo mondo... alla fine cosa ti rimarrà? Niente...
A me rimane solo questa sgradevole sensazione di rassegnazione, come se fossi un vecchio ormai scorato... Come se fosse tutto diventato inutile... per cosa stai combattendo, vivendo invano? In un mondo che non ti merita, né ti ha mai meritato, accettato?! Neppure per come sei veramente?...
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Messaggioda xxmarghexx » 14/10/2014, 10:41



DxShine,
adesso mi è più chiaro ciò che pensi.

Come accennavo, personalmente non ho vissuto in una comunità, bensì in una famiglia strutturata, più o meno, come di consuetudine. Questo non significa non essere cresciuta comunque nella solitudine, e tantomeno non aver sofferto molto.
Una Famiglia dovrebbe essere un punto di riferimento reale e non solo di apparenza.
Ci sono genitori che, ahinoi, non sono in grado di essere dei punti di riferimento, purtroppo. Senza mettere in dubbio il ruolo delicatissimo della figura genitoriale, e che tra questi ci sono anche coloro che sbagliano in buonafede e con la buona volontà, resta disgraziatamente il fatto che i bambini/ragazzi che crescono con un vuoto incolmabile sono troppi (a costo di ripetermi: tenendo comunque in considerazione anche la vita sociale, che condiziona la vita, pratica e psicologica, di.. credo tutti). Tuttavia, generalmente, laddove non ci sono espisodi di violenza e/o totale distruzione, fisica e psicologica, o di situazioni in cui una famiglia non riesce proprio a sostenere i bisogni del figlio, tendo a pensare che sia pur sempre preferibile una famiglia ad una comunità, almeno fino ai vent'anni. Poi è anche vero che dipende dal singolo caso, a volte vale il contrario.

Ciò che descrivi assomiglia ad un circolo vizioso. Pensare a tutti gli ostacoli da superare per uscirne, che tra l'altro si sospetta siano inutili e al contempo in fondo di noi resta una vaga speranza indefinita, è un'inquietudine che genera malessere, sofferenza, spesso senso di disperazione. Però dal momento in cui stiamo respirando, tanto vale farlo nel modo più piacevole possibile (senza calpestare gli altri)? Penso che all'inizio il modo più piacevole è il più facile, quello che regala una soddisfazione immediata. Anche una stupidaggine, di cui sentirsi bene, di essere riusciti bene, di cui andare fieri. Piano piano diventando un pò più esigenti.
Questo non ti vieta di continuare a sognare le stelle. Di poterle un giorno raggiungere e sgridarle per non averti ascoltata :)

Rigardo agli abbandoni, ne scrivevo al riguardo ieri con Clementine, e qui se vuoi puoi leggere (viewtopic.php?f=30&t=7175&p=64394#p64394). Li ho provati svariate volte, li ho vissuti come lutti, senza esagerazione.
E sì, sono alquanto sfiduciata anch'io al riguardo. Però al contempo credo che al mondo esistano anche quelle persone che "sono nate per incontrarci". E' solo molto difficile scovarle. Forse è questa una sfida che vale la pena accettare..
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Messaggioda Luce_90 » 14/10/2014, 10:59



E' difficile sia da accettare che da mettere in atto , soprattutto in un caso come questo .
Credimi , sto vivendo non proprio direttamente , ma in famiglia , una situazione simile ... e sai una cosa ?
Certi atteggiamenti e certi risvegli avvengono quando la persona in se viene lasciata a se stessa , senza aiuti in modo che la realtà faccia ciò che deve fare .
Il pericolo maggiore è che le cose vadano peggio di adesso ....so solo dirti che per quanto tu possa dargli l'anima ( e se non te la senti non devi sentirti in colpa più del dovuto secondo me , anche se è un pezzo di te - perchè lo stai facendo anche per il suo bene in primis ) quel giorno in cui farà troppo male da non sentire niente , se ne accorgerà . E guarda , io sono fermamente convinta che la mente umana possa auto guarirsi in certe circostanze.

Non dare niente per perduto , fatti coraggio
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